LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI
POV DAVID
Dicono che la prima volta non si scorda mai!
Purtroppo è così.
Non potrò mai scordare la prima volta che ho avuto una ragazza. E purtroppo per me non lo scorderà nemmeno lei.
Innanzitutto fare sesso per davvero, non è propriamente uguale a un film porno.
Primo, la ragazza tende a parlare. E malauguratamente non lo fa in inglese come una porno diva. Magari dice anche parole carine, mirate a sciogliere la tensione, ignara però che il maschio in questione è talmente concentrato a mantenere l'erezione che appena sente una sillaba diversa da "oh" oppure da "oh, sì", il suo cervello va in tilt. Stop. Fine dei giochi.
Non si può mantenere l'eccitazione e allo stesso tempo concentrarsi su una frase di senso compiuto. E' umanamente impossibile.
Per una donna probabilmente è diverso, anche perché le sue doti innate del saper fare otto cose contemporaneamente, devono pur trovar radici da qualche parte. L'uomo però non è così: o si parla, o si scopa.
Tenendo sempre a mente che la realtà non è un film porno, le probabilità che nel lasso di tempo impiegato a infilarsi il preservativo l'erezione vada a farsi benedire, sono alte. Dannatamente alte. Soprattutto se tu non hai idea di come si metta un preservativo.
Per carità, ogni uomo dotato di un minimo di cervello trascorre parte della propria adolescenza ad esercitarsi. E' semplice: ci si chiude in bagno, si gira la chiave nella toppa e... via con i tentativi.
Nessuno uomo lo ammetterà mai, ma a vent'anni, con ogni probabilità, sono più i preservativi gettati nel cesso nei vari tentativi di infilarseli che quelli usati veramente per fare sesso.
Il problema poi è che quando stai davvero con una donna, e lei è lì, fissa a guardarti, in attesa solo di un tuo errore, tutti i tentativi fatti fino a quel momento svaniscono dalla tua memoria.
Per ultimo, ma non meno importante, durante la prima volta si ha paura.
Cazzo, se si ha paura.
Questo alone di mistero legato alla sessualità degli uomini deve finire, cazzo! Come anche l'eccessiva pretesa e idealizzazione della performance sessuale.
I tempi per esempio. Sono una gran rottura di palle. Posso capire che alle donne servono anche venti minuti a venire. Voglio dire, se per truccarsi e vestirsi impiegano anche un'ora, figuriamoci se possiamo pretendere che vadano più veloci in una faccenda delicata come il sesso. Posso capirlo. Ma allora perché le donne non riescono a capire che agli uomini bastano due minuti? Se poi la ragazza in questione è Ashley, anche trenta secondi.
Se facciamo durare il sesso anche quindici minuti è solo per mera sopravvivenza, anche perché non sappiamo quando sarà la volta successiva che potremmo avere la grazia di infilarci tra le gambe di una donna. Quindi tanto vale prolungare il momento e approfittarne.
Peccato che non sia così facile.
Non nego che alle volte ho segretamente desiderato portare una donna al limite dell'orgasmo per poi fermarmi e dirle: dai! Prova a non venire!
E poi iniziare a fare il conto alla rovescia.
Lo credo che poi abbiamo l'ansia da prestazione: le donne sono delle stronze!
Il conto alla rovescia... è così che è stata la mia prima volta.
Ho contato mentalmente da dieci a zero e sono venuto.
La ragazza ha riso così tanto che sento ancora la sua voce squillante nelle orecchie. Sono sicuro che l'imene, spezzandosi, faccia un gran male. Ma non è che l'orgoglio, rompendosi, ne faccia meno.
Perciò posso comprendere la tensione di Ashley.
E soprattutto rispettarla. Un rispetto che io, come uomo, non ho mai avuto.
"Da che lato preferisci dormire?", domanda, gettando un indumento di raso sopra il letto.
"Dal tuo", rispondo, avvicinandomi alla sponda e sollevando il misero straccetto. "Cos'è?".
"Il mio pigiama", questa volta il tono è teso.
"Scommetto che è stata Kate a suggerirti di portarlo", le faccio l'occhiolino. "Ricordami di ringraziarla".
Mi punta un dito contro. "Non lo indosserò".
"Ora non fare la sfrontata. Capisco il tuo desiderio impellente di fare sesso con me, ma potresti almeno fingere di voler indossare qualcosa prima di infilarti sotto le coperte".
Fa una smorfia di disapprovazione. "Non sei divertente".
Indietreggio di qualche passo, fino ad affiancarla, e con un gesto delicato le accarezzo il braccio da sopra il maglione. "Rilassati".
Il suo sorriso riconoscente ha il potere di distendere tutti i muscoli del viso, rendendolo quello allegro e spontaneo di sempre. La osservo in silenzio mentre si prende tutto il tempo per riempire i polmoni di quell'ossigeno che aveva trattenuto inconsapevolmente in gola.
"Non ho intenzione di mangiarti", mormoro serio, a un palmo dal suo viso. Quindi le rivolgo uno sguardo malizioso: "Anche se, tecnicamente, è quello che vorrei fare. E possibilmente tra meno di dieci secondi".
"Stupido", ride, dandomi una gomitata nel fianco.
"Hai un pigiama che possa essere dichiarato legale?".
"Non proprio".
"Allora tieni". Le lancio contro una mia maglietta dalle maniche corte. "Copriti, svergognata".
L'afferra al volo e si guarda attorno, spaesata. "C'è un bagno per...".
"Sei seria?".
Si stringe la maglia al petto. "Vuoi che mi cambi qui, davanti a te?".
"Te lo ricordi che fino a un attimo fa volevi fare sesso con me, sì?".
"Quindi funziona così?", domanda con la sua vocina sottile.
Come cazzo è possibile che non capisca che la sto prendendo in giro?
"Devo venire a letto già nuda?".
Scrollo la testa con un sorriso fintamente spazientito, e uso un tono arreso. "Ultima porta del corridoio. Sbrigati, disgraziata".
"Faccio in un minuto", scappa via.
E in effetti per una volta tanto mantiene la promessa, tornando appena mi sono infilato sotto le coperte.
In silenzio seguo i suoi movimenti mentre si arrampica sul letto, gattonando fino all'orlo del lenzuolo e sollevandolo in fretta per raggiungermi.
L'accolgo tra le braccia e i suoi piedi freddi si schiantano contro i miei polpacci, strusciandosi per scaldarsi.
"Hai freddo?".
"Un po'".
Rafforzo la stretta attorno ai suoi fianchi e mi volto su un lato per poterla guardare in faccia.
"E' stato emozionante oggi", commento.
"Credi sia piaciuta ai tuoi genitori?".
"Piaci a me. Automaticamente piaci a loro".
"Non puoi esserne certo".
Sento il suo fiato caldo sul collo e il naso che mi sfiora la clavicola. Strizzo gli occhi, imponendomi di restare concentrato. E calmo. Soprattutto calmo.
"Ho fatto un mucchio di stronzate nella mia vita", attacco a raccontare, "ma alla fine ogni scelta che ho preso si è rivelata azzeccata, rendendoli orgogliosi di me. So cosa voglio e, incredibilmente, ottengo sempre quello che voglio. Forse perché mi sono sempre accontentato di desiderare cose raggiungibili: volevo fare l'università, e l'ho fatto. Volevo un lavoro come professore, e l'ho ottenuto. Volevo una casa mia e sono riuscito ad averla. Poi mi sono in effetti ritrovato a puntare un po' troppo in alto, verso l'irraggiungibile. E infatti ho desiderato te. Ma di nuovo, incredibilmente, ho ottenuto ciò che desideravo".
"Io irraggiungibile?", la sua risata incredula vibra contro la mia pelle.
"Tu così giovane", la bacio in fronte, "tu così libera", passo al mento. "Tu così piena di vita".
Una carezza sul suo fianco le fa trattenere il respiro e decido di lasciare la mano immobile, per permetterle di tranquillizzarsi prima di continuare a guadagnare terreno.
"Credi che non sappia di essere l'uomo più sbagliato per te?".
Ruota gli occhi. "Non è vero".
"Stare con me ti precluderà diverse possibilità".
"Tipo?".
Sistemo un braccio sotto la testa e riprendo con l'altro ad accarezzare il suo corpo, rigido per la tensione.
"Tra qualche mese prenderai il diploma".
"E potremo stare insieme senza più nasconderci", s'illumina.
"O potrai andare al college".
La sua espressione si spegne di colpo. "Non so cosa farò. Non ho ancora deciso. E non voglio discuterne adesso".
"Ne riparleremo", sentenzio.
"Quando sarò il momento".
"Prima, di quando sarà il momento. Forse non te ne sei resa conto ma le domande per l'ammissione al college dovrai effettuarle entro la fine del prossimo mese".
"D'accordo", si arrende, strusciando involontariamente il seno contro il mio petto.
E' piccolo, proporzionato. Stupendo.
"Quindi, se non vuoi parlare...", lascio in sospeso la frase e in risposta sento il suo respiro fermarsi.
"Se non voglio parlare?", chiede.
Sento i miei occhi riempirsi di eccitazione e d'urgenza. So che non può sfuggirle il modo in cui la sto guardando.
"Sei ancora convinta di amarmi?", la prendo alla larga.
"E' un modo carino per chiedermi se sono sicura di voler fare l'amore con te?".
"Una cosa del genere, sì".
"Allora, sì: ti amo".
Con uno scatto dei reni mi sospingo verso di lei, sovrastandola col mio corpo e infilando delicatamente un dito nell'orlo delle sue mutandine, sollevandolo quel poco che basta per farle capire quale sarà la mia mossa successiva.
"Adesso lascia che sia io a dirti quanto amo te".
POV ASHLEY
Oddio! Le sue dita sono... le sue mani stanno...
Oddio!
Mi lascio scappare un sospiro e chiudo gli occhi, beandomi del suo tocco.
"Adoro come mi tocchi", mugolo. "Un po' più su, ti prego. Oh, sì, ancora. Così".
"Ancora un po' e ti consumerò il cuoio capelluto", brontola Kate.
Riapro un occhio e la guardo imbronciata. "Solo un altro po'".
"Non puoi tenere la maschera per i capelli per più di venti minuti, Ashley. C'è scritto qua, sulla scatola. Vedi?", mi sventola la confezione davanti al naso per poi riporla nello scaffale. "Sciacquati la testa".
"Era così rilassante", bofonchio, aprendo il rubinetto del lavandino".
Getto la testa sotto l'acqua tiepida e poi controllo allo specchio di non aver dimenticato di sciacquare qualche ciocca.
Kate è seduta sullo sgabello accanto alla finestra del bagno, intenta a fumare una sigaretta. So che sta aspettando.
"Sono innamorata", esordisco raggiante.
"Innamorata, eh", gongola, perfidamente divertita. "Vogliamo parlare finalmente della tua notte di sesso con il bel professore?".
"E' stato così...", spalanco le braccia con un sorriso beato e mi lascio cadere sul bordo della vasca. "Bé, lui è stato così... e il sesso con lui è così...".
"Quindi fare l'amore con David è: così?!".
"Sì", mormoro trasognata.
Saltello col sedere contro il bordo di marmo per avvicinarmi a lei e acciuffarle le mani.
"David è...".
"Aspetta! Lasciami indovinare: così?".
"Sì", annuisco, chiudendo gli occhi.
"Non ho idea di cosa significhi questo "così" ma suppongo sia un bene. Giusto?".
"Credimi, David è perfetto".
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