CONFIDENZE
POV ASHLEY
Ora che il menù della mensa è stato completamente stravolto, sono sempre meno gli studenti che preferiscono andare a pranzo alla tavola calda qua di fronte.
Se non altro l'intervento di David -anche se da una parte ha fatto morire di me per l'imbarazzo- ha fatto sì che molti di noi potessero risparmiare i buoni pasto, convertendoli in sigarette e abiti di contrabbando.
Qua al liceo si vende di tutto, a volte sembra una bisca clandestina: vestiti di marca, alcool, sigarette, marjuana, giornaletti porno, adesivi per le auto, profumi... una volta Trevis ha persino cercato di vendere un preservativo riciclato. Comunque nessuno glielo ha comprato.
E le scommesse poi... si parte da una base di dieci dollari per una puntata massima di duecento. E si scommette su tutto: su chi ha perso la verginità prima dei sedici anni, su chi ancora non la persa ( il mio nome grazie a Dio non è mai saltato fuori) su chi riuscirà ad uscire con Jason (stranamente il mio nome non è uscito fuori nemmeno in questo contesto), su chi tradisce chi, su quale professore schiatterà per primo...
Anche ora.
Appena entro in mensa la bisca è appena iniziata. Un ragazzo di quinta sta raccogliendo le mazzette, usando un foglio arrotolato a mo' di microfono per richiamare l'attenzione dei ritardatari. La gente si accalca su di lui, sventolando pezzi da venti e spintonandosi per arrivare in prima fila. La scommessa? Chi riuscirà a portarsi a letto David Sentfhort.
Grandioso!
"... io so che se la fa con la prof di francese...".
"... ma non diciamo cazzate, quella ha la forfora fin dentro le scarpe...".
"... e quel Lucas? Quello che da supporto sessuale agli studenti? E' vero che è un suo amico?...".
"... per me esce con la prof di greco. Oggi li ho visti bere un caffè insieme...".
Okay. Basta! Mi sento troppo a disagio ad ascoltare questi discorsi. Forse dovrei andarmene alla svelta, ma questo probabilmente attirerebbe l'attenzione su di me.
Mi sollevo sulle punte dei piedi e cerco Kate: è in fondo alla mensa, concentrata a sfogliare un libro di storia. Non sembra nemmeno essersi accorta della bisca clandestina.
Appena mi scorge solleva il braccio e mi fa cenno di avvicinarmi.
"... sicuramente, uno come lui, non se la fa con una studentessa...", sento la voce amareggiata di Lucy Anderson.
Il mio piede rallenta di botto, incespicando sulle piastrelle lucide. Non devo ascoltare. Non devo ascoltare.
Non devo ascoltare!
Sono superiore a tutte loro.
"... infatti... io credo che...".
Cos'è che ha detto quella gallina? Ma perché non può parlare un po' più forte? Raddrizzo le orecchie e rallento ancora il passo, fingendo di cercare qualcosa nello zaino.
"... ma ce lo vedi un uomo così sexi con una di noi? Sicuramente avrà una sfilza di donne pronte a togliersi le mutandine e lanciargliele contro...".
Per un istante mi trovo a pensare che cosa accadrebbe se mi avvicinassi con venti dollari e dicessi: "Veramente tra meno di due ore ho un appuntamento con lui!".
Resterebbero tutte sbalordite, cambierebbero finalmente atteggiamento nei miei confronti, vedendomi come una dea scesa sulla terra e...
Ma chi sto prendendo in giro? Non mi crederebbe nessuno.
"... probabilmente, se uscisse con una di noi è solo perché ha voglia di carne fresca. A quale uomo non farebbe gola una diciassettenne? La userebbe per un po' e poi tanti cari saluti. Scommetto che sa bene come sedurre una donna e anche come raggirarla...".
"Io mi farei usare volentieri...", ride una ragazza.
"Certo", ribatte il ragazzo con il microfono improvvisato. "E in cambio tu useresti il suo conto in banca".
"Dite che è ricco?".
"Secondo me è un milionario".
"E secondo te un milionario farebbe il professore?".
"Secondo voi come sta messo là sotto?".
Okay, basta.
Affretto il passo e raggiungo Kate. Quando le siedo di fronte mi fa cenno di aspettare che termini il capitolo ed io ne approfitto per aprire il mio yogurt.
Solo che qualcosa non va nel movimento delle mie mani. Perché tutto ad un tratto stanno tremando?
"Ehi!". Kate mi fissa all'improvviso, chiudendo il libro con un tonfo. "Stai bene?".
"Certo".
"E allora perché stai piangendo?".
Mi asciugo in fretta una lacrima che sta rotolando verso la punta del naso e arraffo la forchetta. "Non sto piangendo".
"E' per quelle stupide, vero?", indica la bisca con un cenno della testa. "E' da mezz'ora che non la piantano di starnazzare. E David di qua... e David di la...", si blocca per osservarmi, "... e tu ovviamente hai sentito tutto".
"Non è la scommessa in sé a farmi male". Abbasso le palpebre, travolta da un'altra ondata di mortificazione. "E' quello che hanno detto dopo. Io non sono niente di speciale".
"Ma certo che lo sei".
Tiro su col naso e lo asciugo col dorso della mano. "No, invece. Guardami! Sono solo una ragazzina senza esperienze di vita e...".
"Abbiamo già affrontato questo discorso".
La ignoro. "Aveva ragione Lucas. Gli uomini come loro non vedono le cose sotto la nostra stessa prospettiva. E David Sentfhort non è mai stato interessato a me. Mi vuole solo usare. Vuole solo... carne fresca", cito Lucy Anderson.
"Non puoi esserne certa".
"Sì che lo sono. Ne sono certissima! Se non gli avessi spifferato tutte quelle cose su di me non mi avrebbe nemmeno guardata. Invece stupidamente ho attirato la sua attenzione. Ma non centra niente l'amore. Lui non vuole una relazione. Non l'ha mai voluta. Si è solo ritrovato a portata di mano una ragazzina da raggirare e portarsi a letto senza poi doversi impelagare in una relazione duratura".
"Come fai a dirlo?".
Senza preavviso mi sfugge un singhiozzo. "Kate, sul serio, quale ragazza di diciassette anni esigerebbe da un uomo una proposta di matrimonio? A lui questa situazione calza a pennello. Può divertirsi senza impegno. E io stupida ci sono cascata con tutte le scarpe". Fisso il mio piatto ancora intatto. "Avrei dovuto capirlo. Avrei dovuto capire che un uomo importante come lui, adulto e con una carriera avviata, non poteva interessarsi a una come me".
Kate mi passa un fazzoletto e resta per un attimo a fissare la bisca clandestina. Infine scrolla la testa.
"No", dice decisa. "Non ci credo. Non ci credo che la sua sia tutta una messinscena. Mentre stavamo prendendo il caffè è stato tutto così romantico".
Gli occhi mi si riempiono ancora di lacrime e le ricaccio indietro. "Non è stato romantico. E' stato solo un caffè".
Kate si sporge sul tavolo per acciuffarmi entrambe le mani. Il sorriso che mi invia è quasi rincuorante. "A chi ha dato per prima il bicchiere di caffè?".
"E questo cosa centra?".
"A chi l'ha dato?", non demorde.
Ci penso un po' su. "A me".
"A chi ha gettato il bicchiere di plastica nel cestino?".
Corrugo la fronte. "Non lo ha buttato il tuo?".
"Me lo sono dovuta gettare da sola. Lui ha aspettato che tu finissi e poi te lo ha afferrato dalle mani, dimenticando completamente il mio... e non è che io non glielo abbia allungato. Sono rimasta lì come una deficiente".
"D'accordo, va bene", sbuffo. "Ma comunque...".
"A chi ha parlato?".
Raddrizzo le spalle. Non mi serve pensarci su. "Ha parlato solo a te".
"Esatto". Sorride soddisfatta.
"E questo è un bene?". Non sono certa che lo sia.
"Lo sai quante volte mi ha guardata negli occhi mentre mi parlava?".
Mi stringo nelle spalle. "Non lo so. Trentadue?".
"Mai!", esclama decisa. "Mi ha parlato per tutto il tempo e per tutto il tempo ha guardato te".
"Solo perché vuole portarmi a letto". Mi scappa una risata nervosa. "Pensa che sorpresa se scoprisse che sono vergine".
Taccio e per qualche secondo c'è un silenzio penoso. Lo sapevo. Sapevo che David Sentfhort mi avrebbe portato un mare di guai. Lo dice pure Lucy Anderson, e lei sa bene come ragionano i maschi.
"E' strano", la voce di Kate mi raggiunge vicina. Troppo vicina.
Alzo la testa di scatto e mi accorgo che si è alzata per spifferarmi qualcosa nell'orecchio.
"E' strano perché solo dieci minuti fa ho scoperto che Andrew è stato sospeso".
"Cosa?", sbotto.
"A quanto pare qualcuno ha fatto una piccola soffiata con la prof di greco. E guarda caso lei lo ha trovato mentre stava falsificando il suo test. Quindi, te lo chiedo per l'ultima volta: sei proprio sicura che David voglia solo usarti?".
POV DAVID
La cameriera si avvicina al nostro tavolo, litigando con il lungo grembiule che le fascia i fianchi un po' troppo larghi.
"Potrebbe portarmi un'altra birra?", ordino, poi mi volto verso Lucas e lo trovo intento ad ammiccare seducente verso di lei. Imbecille! "Tu prendi qualcos'altro?".
Finge di pensarci un po' su, scorrendo gli occhi sul menù, poi li sposta lascivi verso la cameriera. "Speravo ci fosse questa deliziosa ragazza tra le ordinazioni".
Sollevo gli occhi al cielo. Ci mancava anche questa. Lucas non si può proprio portare in giro.
"Lo scusi", borbotto imbarazzato.
Onestamente non mi dispiacerebbe se qualche ragazza tirasse fuori le unghie, schiaffeggiandolo come meriterebbe. Ma so già che è un desiderio vano.
L'ultimo ceffone che abbiamo ricevuto risale ai tempi del liceo, quando ancora non avevamo idea di come ragionassero le donne. Nemmeno ora lo sappiamo, ma dalla nostra ci sono anni e anni di esperienze che ci permettono di comprendere quando è il caso di stare al nostro posto o al contrario di provarci spudoratamente.
Non è poi così difficile. Le donne sanno essere un vero libro aperto, suddiviso in capitoli ben strutturati. Il linguaccio del corpo le frega sempre. Non importa se hanno la faccia incazzata, se marciano come soldati o se inarcano le sopracciglia con l'intento di farci sentire degli idioti. Basta un gesto della mano tra i capelli, un respiro più affrettato, un umettarsi le labbra per capire se sono lusingate o meno.
E il novanta per cento delle volte lo sono.
Il loro problema è che, a prescindere dall'età che hanno, non sono in grado di etichettare le lusinghe. Sono così concentrate a trovare l'uomo perfetto da non rendersi conto che in quel novanta per cento di lusinghe, raramente si nasconde un vero interesse da parte dell'uomo.
Si illudono di non essere delle prede, dimenticando che nell'indole di ogni uomo si nasconde una parte congenita che lo spinge a cacciare.
"Vi porto una birra", si congeda.
Appena si allontana, scoppio a ridere, dando una gomitata a Lucas. "Sei proprio uno stronzo".
"Che ho fatto?", si difende.
Scrollo la testa e osservo il cellulare, gettandolo in malo modo sul tavolino quando mi accorgo di non aver ricevuto nessun messaggio. Quella ragazzina mi ha ridotto così male che mi ritrovo a sperare che mi scrivi pur non conoscendo il mio numero. Sono senza speranze.
"Quindi, hai sistemato l'idiota?", si informa, riferendosi chiaramente al parassita di quinta D.
"Tutto a posto".
"Che hai fatto?".
Osservo l'orologio sul polso. "A quest'ora dovrebbe essere nell'ufficio del preside. Ho fatto sì che la prof di greco lo beccasse mentre falsificava il test".
Lucas scoppia a ridere, concludendo con un colpo di tosse. "Lo ammetto, la tua gelosia alle volte è fantastica".
"Non sono geloso".
"Ah, già, è vero. Tu sei completamente, fottutamente e irreparabilmente possessivo".
Ecco che comincia con la sua paternale...
"Anche se ti stimo per la genialità del tuo piano, perché obiettivamente quell'Andrew sta sulle palle pure a me, come pensi che reagirà la tua bimbetta quando scoprirà che lo hai fatto sospendere?".
Mi stringo nelle spalle. "Non mi importa più di tanto".
"Sai che non la prenderà bene...".
"Che palle, Lucas! La pianti?".
Ci manca solo lui a farmi venire altri dubbi.
"No", schiocca la lingua due volte. "La perderai se continui così".
"Ma se non è nemmeno mia!".
Mi fissa scettico. "E tu mi hai preso a pugni per una donna che non è tua?".
"Diciamo che è mia, ma lei ancora non lo ha capito bene". Scrollo la testa, frustrato. "E' un po' ottusa, la ragazzina".
Ma perché poi non le ho dato il mio numero? Se lo avessi fatto, adesso avrei potuto chiamarla e urlarglielo che è mia. Invece devo aspettare che termini le lezioni. Invece devo starmene qui a bere birra in una schifo di tavola calda con Lucas che rompe le palle con i suoi predicozzi moralisti.
Madonna che nervi!
"Non è stato divertente, oggi, arrivare in studio con la faccia pesta", rimugina tra sé e sé.
Lo guardo storto. Cos'è? Si aspetta di farmi venire qualche maledettissimo senso di colpa? Lui vuole vedere nuda la mia donna, e sono io a dovermi sentire in colpa? Ma per favore.
La cameriera torna con la mia birra, ancheggiando di proposito quando gli occhi di Lucas registrano la sua presenza. Ci sorride cordiale e lascia lo scontrino sul tavolo. Con la coda dell'occhio noto che sul margine sinistro c'è appuntato un numero di telefono. E figuriamoci se non lo nota pure quest'altro imbecille.
"Tesoro!", l'apostrofa, languido. "Devo supporre che stai lasciando il tuo recapito al mio amico, dato che è lui a pagare?".
La ragazza solleva il mento, fissandomi di sfuggita. "Se per avere te devo avere anche lui...". E lascia la frase in sospeso.
Ma che cazzo...?
Non ci credo.
No. Dai.
Io e Lucas ci scambiamo un'occhiata d'intesa, trattenendoci dallo scoppiarle a ridere in faccia. Nei nostri sguardi passa il dubbio di aver capito male, ma è solo un attimo. Questa qui ha davvero una gran voglia di essere scopata.
"Se volete chiamarmi...", ci strizza l'occhio e si allontana.
"Oh, lo farò, stanne certa", le urla dietro Lucas.
"E Mary Anne?", mi sorprendo.
Lucas è così, non da mai troppa importanza alle proprie relazioni, eppure questa volta ero davvero convinto che avesse intenzioni serie. Non che lui mi abbia fatto chissà quale confidenza, ma a volte è così, nonostante l'aria spavalda si fa prendere dalla timidezza. Comunque mi basterà farlo ubriacare una sera e mi confesserà tutto.
"Mary Anne cosa?", fa il finto tonto.
"Credevo uscissi con lei".
"Abbiamo rotto".
"Sul serio?". Ma mi prendi per scemo?
"Troppe complicazioni".
Scoppio a ridere. "Parli di complicazioni a me? Che rischio la galera ogni volta che parlo alla mia donna?".
"Senti... è complicato. E onestamente preferirei che tu ti facessi i cazzi tuoi".
Sorseggio la birra e scrollo le spalle. "Come vuoi".
Dio, che curiosità. Devo assolutamente farlo ubriacare una sera di queste.
Afferro lo scontrino per andare a pagare e lui si alza contemporaneamente a me.
"Stai... offro io", gli faccio cenno di rimettersi seduto.
"Aspetta, non ti segni il numero di telefono?".
Mi irrito. "Non ho intenzione di chiamare quella troia".
"Sai da quand'è che non ci scopiamo la stessa ragazza?", abbassa il tono per non farsi sentire dalla coppietta che è entrata da poco.
"Da un po'".
"Ma che cazzo, David, guardala", mi tenta.
Mio malgrado adocchio la ragazza mentre si sta incurvando sopra il bancone, mettendo in risalto un seno prosperoso. Cazzo, quella che si porta dietro è sicuramente una quarta!
"La sto guardando", mi mostro indifferente.
Dio, è di una bellezza latina, formosa e smaliziata. Le fisso il seno, calcolando velocemente quanto debba essere sodo. Questa qua non è scema. Questa qua sa di piacere. Eccome se lo sa.
"Quella potrebbe darti ciò di cui hai bisogno", continua a martellarmi. "Cose che Ashley non si sognerebbe mai nemmeno di immaginare. Da quant'è che non ti porti a letto una donna?".
Ma che gli prende oggi a Lucas? Parla più della prof di greco. E che cavolo!
"Da un po'", resto vago.
"Cos'è? Ti si è incantato il disco? Se vuoi una storia di solo sesso sarà meglio che tu non vada a cercarla in una ragazzina".
Ma guarda cosa mi tocca sentire, vacca miseria!
"Chi ti dice che voglia solo sesso?".
"E che altro può darti una ragazza di diciassette anni? Credi sia smaniosa per una relazione che porti alla convivenza o...", finge di rabbrividire, "al matrimonio?".
Oohh, ma un attimo di silenzio si può avere, Cristo?
"Adesso posso andare a pagare?", sbuffo.
"Ti stai incasinando la vita, David".
Mi passo le mani tra i capelli, nervoso. "Ma che cazzo! Credi non lo sappia? Credi che non abbia cercato di starle alla larga? Non ce la faccio. Va bene? Non ci riesco. La voglio, punto. E' un concetto piuttosto semplice da capire".
"Io capisco solo che per toglierti uno sfizio stai mettendo a rischio la tua carriera".
Di colpo non capisco più niente. Incurante delle persone che ci stanno fissando mi sporgo sul tavolo e lo afferro per il bavero della giacca.
"Lei. Non. E'. Uno. Sfizio!", gli ringhio in faccia. "Parla di lei ancora in questi termini e io...".
"Tu cosa?".
Lo guardo serio. "Non farmelo dire".
"Ma smettila". Con un strattone si libera della mia presa. "Dì piuttosto che le mie parole ti hanno colpito. Guarda in faccia la realtà, David, e ammetti con te stesso che qualunque siano le tue intenzioni, probabilmente andrà a finire che quella ragazzina ti userà. Sei il sogno proibito delle tue studentesse, credi che non me ne sia accorto di come ti sbavano dietro? Vogliono tutte farsi dare un colpo da te".
Stringo i denti. "Ashley è diversa".
"Ashley ha diciassette anni e tu quasi trenta. E poi...", si mordicchia il labbro, fingendo teatralmente di rimuginare su qualcosa. "... non eri tu a sostenere che Ashley avesse chissà quante esperienze? Quindi dov'è che si differenzia dalle altre?".
"Adesso basta, Lucas, questo è l'ultimo avvertimento".
Afferro il portafogli per tenere le mani occupate e lontane dal suo naso.
"Te lo chiedo di nuovo: altrimenti cosa fai? Continuerai a prendermi a pugni finché non capirai che stai facendo un'enorme cazzata?".
Oddio, non è che mi dispiacerebbe...
Eppure non faccio niente. Perché dentro di me comincio a sentire che ha ragione.
Cazzo se lo sento.
Ashley non ci azzecca niente con la mia vita. Lei merita molto di più che una relazione con un uomo di quasi dieci anni più grande di lei. E merita un uomo abbastanza maturo che capisca quando è il caso di lasciarla andare.
E si presuppone che io sia maturo. Si presuppone...
"Che cazzo, Lucas!", sbotto fuori di me. "Fammi la cortesia di stare zitto. Vuoi? Oggi hai più capacità del solito di rompermi i coglioni".
"Okay, calmati", alza le mani in segno di resa. "Volevo solo farti capire cosa può pensare Ashley".
Farmi capire cosa? Cosa perdio? Ashley è la mia donna. Saprò cosa pensa, no? So tutto di lei. So cose che con molta probabilità non ha avuto il coraggio di scrivere nemmeno sul diario. So che adora le patatine. So che gli danno fastidio gli assorbenti interni. So che è buona. Che è dolce.
So che è mia, cazzo. E non deve essere Lucas a venirmi a dire quello che lei pensa.
E poi perché deve mettersi in mezzo? Già vuole visitarla, poi che farà? Uscirà con lei al mio posto? Che si facesse un po' di cazzi suoi!
"Ho bisogno di una sigaretta", butto lì, fissando il mio orologio. "Tra dieci minuti devo andare a prenderla, è meglio se ci sbrighiamo".
Mi segue a ruota fuori dal bar, sollevando il braccio in direzione della cameriera per farle intendere che tornerà subito.
"Le dirai che hai fatto sospendere Andrew?", mi chiede.
Oddio, eccolo che ricomincia.
Nervoso sfilo una sigaretta e gli passo il pacchetto ormai quasi vuoto. Accendo la mia e aspiro il fumo, pregando di calmarmi.
"Allora?", mi incalza.
"Neanche morto".
"Coda di paglia, eh?".
Poso le spalle al muro esterno del bar, nascondendo gli occhi dietro un paio di occhiali da sole. E' nuvoloso, d'accordo, ma sul serio faccio fatica a guardarlo in faccia.
Chi si crede di essere per farmi una paternale simile?
"La porterai da me, più tardi?", attacca di nuovo.
E perché vuole morire così giovane?
"Questa visita è proprio necessaria?".
"Sarebbe meglio".
"Quindi non è necessario?".
"Dipende".
"Cazzo, Lucas, ora non ti ci mettere pure tu. Deve farla questa visita oppure no?".
Non che mi importi il suo pensiero, ma d'altra parte se è un ginecologo ne saprà qualcosa.
"Io, fossi in te, gliela farei fare".
"Umm".
"Era un sì?".
"Era un ummm".
Solleva gli occhi al cielo, esasperato. "Non la toccherò, David".
Mi volto di scatto. "Come dici?".
"Ma che cazzo, David. Sbianchi ogni volta che qualcuno la guarda troppo da vicino. Le farò una visita approssimativa, contento? Ma devi promettermi che la farai vedere da qualcun altro".
"Che infezione hai detto che aveva?".
"Il ph era alterato".
"E perché si è alterato?".
"Rilassati".
"Sono rilassatissimo".
"Ah, sì? E allora perché ti si è appena sbriciolato il filtro della sigaretta tra le mani?".
Abbasso lo sguardo e getto via il mozzicone, spegnendolo sotto la suola della scarpa. Prendo il pacchetto e sfilo un'altra sigaretta.
"Pensi che si sia alterato per qualche rapporto non protetto?".
"Non lo so, dimmelo tu".
"Le motivazioni possono essere tante. Sono un po' meno quelle che ti spingono a credere che lei abbia chissà quale vita sessuale".
"Se non ha una vita sessuale mi dici perché dovrebbe rivolgersi ad un ginecologo?".
"Guarda che le donne arrivavano vergini al matrimonio nel lontano diciottesimo secolo".
"Non mi importa cosa fanno le altre donne. Mi importa quello che fa la mia".
Un cliente della tavola calda mi passa accanto e si ferma a pochi passi da noi, voltandosi pensieroso. "Sa dirmi che ore sono?".
"Le due meno dodici minuti", rispondo senza nemmeno guadare l'orologio.
Dodici minuti e sono da lei... dodici minuti e mi tolgo dalle palle Lucas.
"Secondo te perché l'ho fatto?", chiede tra una boccata e l'altra.
"Eh?".
"Perché non ho fatto altro che provocarti qui dentro?", indica la tavola calda.
"Perché sei un cazzo di grillo parlante?".
"Ero stufo di sentirti parlare così di Ashley".
"Così come?".
"Come se fosse come tutte le altre".
"Ma che cazzo stai dicendo?".
"Quanti ragazzi credi abbia avuto?".
La rabbia torna. Per la miseria se torna. Al solo pensiero che un altro l'abbia avuta, che l'abbia anche solo sfiorata... io... io... Voglio avere anche un solo suo ex per le mani. Mi basterebbero cinque minuti. E quando ce l'avrò tra le mani Dio solo sa cosa gli farò. Lo rovino cazzo! Lo rovino.
"Non voglio saperlo", taglio corto.
"Ma dai per scontato che lei...".
"Senti! E' un discorso che mi fa incazzare. Quindi se proprio non riesci a stare zitto, almeno arriva al punto".
"Ti ho stuzzicato per essere certo che con lei tu abbia serie intenzioni. Non si merita un stronzo che la raggiri".
"Se non sbaglio, fino a cinque minuti fa sostenevi che fosse lei a usare me".
"Volevo solo scatenare una tua reazione".
"Un po' masochistico da parte tua, dato che le mie reazioni prevedono sempre un tuo occhio nero".
Mi spintona e butta fuori una boccata di fumo. E non aggiunge altro.
Dopo qualche istante lo fisso guardingo. Non è da lui stare zitto per più di dieci secondi di fila. E non è da lui avere lo sguardo perso nel nulla. Che stia pensando a qualcosa di serio per la prima volta in vita sua?
E' possibile.
Credo...
Oh, ma che palle! Devo capire che cavolo gli sta passando per la testa.
"Che ti piglia ora?".
"E' scorretto".
"Cosa?".
"Parlarti di una mia paziente".
"Tu non mi stai parlando di una tua paziente. Mi stai solo dicendo un mucchio di stronzate, e credimi, anche questo è scorretto".
Finge di non avermi sentito. Si strofina la faccia e infine espira lentamente. "Ashley è una brava ragazza".
"Lo so".
"No, intendo, è davvero una brava ragazza".
"Lo so", ripeto un po' più lentamente. Ma è sordo?
"E mi sta sulle palle che pensi male di lei. Per questo ti ho provocato. Volevo essere certo che tu non le facessi il filo solo perché la consideravi una preda facile. Perché non lo è".
Mi scappa un sorriso compiaciuto. "Ho cominciato a sospettarlo quando ho dovuto quasi gettarmi in ginocchio ai suoi piedi per poterle offrire un cavolo di caffè".
"E io non dovrei dirtelo", continua a blaterare confuso. "Non dovrei proprio".
"A parte il fatto che mi sta sul cazzo che tu ti senta in diritto di difenderla, un diritto tra l'altro che non ti concedo, vuoi per favore parlare un po' più chiaro? Avrei un appuntamento tra sette minuti".
"E' vergine", esplode, quasi furioso.
Mi guardo attorno registrando passivamente alcune ragazze che passeggiano sul marciapiede dall'altro lato della strada. "Ma chi?".
"Ashley".
"CHI?", la sigaretta mi scivola dalle labbra.
Oh. Mio. Dio!
"Io non te lo ho mai detto".
"Ashley... è...".
"Sì, testa di cazzo. Perciò togliti quel sorrisetto compiaciuto dalla bocca e vai da lei, trattandola per la donna seria che è".
Imbambolato fisso un punto sul suo volto senza vederlo realmente.
"Non me l'ha toccata nessuno", mormoro tra me e me.
"No", conferma. "Non te l'ho detto prima perché volevo metterti alla prova e capire se ci tenevi realmente. Capisci?".
"Non me l'ha toccata nessuno", ripeto in un sussurro.
"Guarda che fai tardi...".
"Non me l'ha toccata nessuno", dico a voce più alta.
"Noo. Nessuno. Ora, magari vai da lei".
"Cazzo! Non me l'ha toccata nessuno", scoppio a ridere, retrocedendo velocemente verso la mia auto. "Cazzo. Cazzo. Cazzo".
"Vai, idiota", ride quando rischio di finire addosso ad una signora.
Stringo una mano in pugno e la sbatto sopra il cofano. "Non me l'ha toccata nessuno".
"Ci vediamo dopo in studio", mi saluta.
Ma io non lo sto più sentendo. Salgo in macchina e metto in moto, guidando veloce verso la felicità.
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