XVIII
Era in quella camera da un bel pezzo ormai. Mikasa non accennava ad aprire occhio, lui era stato spogliato di qualsiasi strumento utile per tagliare quelle corde che lo tenevano legato alla sedia. Le sue domande non avevano trovato ancora nessuna risposta e Levi sembrava essere sparito chissà dove. Non riconosceva nemmeno quella casa, poi, a un tratto, l'unica porta presente in quella stanza si andò ad aprire.
Riconobbe la donna, sulla soglia di essa: era Petra. Non aveva più quel sorriso cordiale di quando l'aveva conosciuta, sembrava completamente una persona diversa; il suo viso era serio, senza nessun accenno di un sorriso. Si avvicinò a lui.
<Sei fortunato ad essere ancora vivo.>
<Cosa ci faccio qui ?>
La voce di Eren uscì quasi in modo strozzato. Sentiva la gola secca.
<Il tempo per le domande non è ora. Ti tocca ascoltare ciò che ho da dirti.>
Lei si avvicinò un po' a lui, al suo viso.
<Come ha fatto Levi a innamorarsi di un indiano come te. Una razza così inferiore.
Non mi ha mai guardato in quel modo e poi, da un giorno all'altro, sei sbucato tu.
Quanto ti odio. Mi fai schifo.>
Uno schiaffo andò a colpire il suo viso, facendogli girare la testa dall'altra parte. Quindi...ciò che voleva lei era solo l'attenzione di Levi. Ma non era mica colpa sua dopotutto.
Si erano innamorati l'uno dell'altro e si erano voluti.
<Non è colpa mia se non ti vuole. Magari perché sei una stronza psicopatica. Te lo sei mai chiesto che sia per questo motivo ? A nessuno piacciono le donne che sparano a caso dei ragazzi.>
Rispose Eren, un altro schiaffo raggiunse nuovamente il suo viso tanto da fargli voltare la testa dall'altra parte.
<Peccato che il figlio sia suo.>sussurrò lei, sorridendo in modo fiero. Ma lui sapeva la verità, infondo.
<No, il figlio non è il suo. A te piace fare la puttana con tutti.>
Ridacchiò il ragazzo, mentre una serie di schiaffi raggiunsero il suo viso fino a farlo pulsare. Molte volte si andò a girare con la testa ma lui la rimetteva sempre apposto, per poterla guardare e ridere di lei. Successe a ripetizione, fino a quando non cessò tutto quanto. Pensava che si fosse fermata di sua spontanea volontà, ma andandosi a girare nuovamente vide Mikasa. Si era liberata dalle corde che la tenevano costretta sulla sedia, e in quel momento era in piedi, teneva il polso di Petra stretto in una mano.
<Lascialo stare.>
Le parole di lei uscirono come delle stilettate dalla sua bocca, profonde ma sicure, il viso cupo. La voltò verso di sé e le tirò una testata sul viso, facendole perdere i sensi.
<Come stai Eren ?>
Sussurrò poi la corvina, avvicinandosi a suo fratello per slegare le sue corde.
<Io sto bene.> Rispose lui, accerezzandosi i polsi dolenti :<dobbiamo uscire da qui.>
Si alzò dalla sedia.
< però dobbiamo legarla, prima che si svegli.> Lei prese la corda e andò a legare la donna dai capelli ramati, dopodiché uscirono entrambi dalla stanza, poi sigillarono la porta con la chiave.
<Pensi che Levi ci abbia teso una trappola ?>
Camminavano uno a fianco dell'altra. Era stata la ragazza a fare quella domanda.
<No, ma tutto può essere possibile. Petra non mi ha detto niente a riguardo, ne con chi lavora.>
<Sembrava sincero lui quando aveva detto di volerci salvare. >
<Ma dov'è lui adesso ? Dovrebbe essere qui se ci vuole salvare.>
Disse Eren, preso dalla rabbia. Levi non era lì, quindi ciò valeva proprio a dire che c'era una probabilità che avesse architettato tutto con Erwin e Petra. Anche se...
<Petra voleva essere considerata da Levi.>
Eren pensò, poi a un tratto si guardarono entrambi in faccia.
<Erwin.> Dissero all'unisono.
<Giusto. Questa è casa sua.> Continuò la corvina, guardandosi intorno.
Non ci aveva fatto nemmeno troppo caso.
<Quindi è probabile che anche Levi sia qui.>
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