VI
Quel pranzo era passato più lento e inesorabile del previsto, Eren se n'era stato tutto il tempo nell'angolino in attesa di qualche ordine e a osservare i commensali che bevevano, mangiavano e ridevano in abbondanza. Gli faceva schifo tutto quello, non potette non storcere il naso contrariato ogni tanto.b
Quello non era l'ambiente che faceva per lui, tutta quella aristocrazia era roba di altro livello. A lui piaceva correre a piedi nudi, sentire la terra bagnata dalla pioggia sotto i piedi e lo scroscio del fiume in piena mattina. Sentire il freddo vento che si infilava tra i suoi capelli e gli pungeva le guance al tal punto da fargliele sentire calde. Gli mancava tutto quello, gli mancava stare a contatto con la natura. In campagna, appena fuori la cittadella, non era lo stesso. Era un ambiente fin troppo tranquillo, non vi erano orsi o altri animali che avrebbe potuto cacciare per scuoiarli. Lì c'era solo una vecchia casa di campagna, una coppia che preferiva la tranquillità e tanti animali da fattoria che servivano solo a produrre del latte. Non c'era nessun brivido in tutto quello, solo stancante monotonia. In un batter d'occhio, il pranzo finì. Solo quando il loro ospite si era presentato sulla soglia di casa, Eren si rese conto di chi fosse: Erwin Smith, colui che lo aveva tenuto prigioniero e poi obbligato a fare da schiavo a Levi in cambio di sua sorella. Non si fidava molto delle sue parole, non era nemmeno sicuro che avesse tra le mani Mikasa.
Doveva farselo dire. Colse l'occasione a volo, solo quando vide il biondo alzarsi dalla sua postazione, asciugandosi le labbra con un fazzoletto, e chiese dove fosse il bagno per rinfrescarsi. Dovette ringraziare Petra che gli disse che lo avrebbe accompagnato proprio il ragazzo.
Eren, quindi, in silenzio, lo scortò in uno dei bagno della casa,quello il più lontano possibile dalla sala da pranzo tanto nessuno se ne sarebbe accorto. Sarebbe stato da stupidi però ammazzare il comandante in quel momento, avrebbero dato la colpa sa lui sicuramente.
Il biondo si sciacquò il viso, mettendosi vicino al lavandino, lui intanto se ne stava in piedi con la schiena contro la porta.
Il coltello stretto tra le dita dietro la schiena.
Quando Hanji si era distratta, lui aveva potuto rubarlo.
Avrebbe solo minacciato il biondo, nulla di più.
Gli andò velocemente dietro, dopo aver chiuso la porta con uno scatto silenzioso della chiave nella toppa, e gli puntò la lama contro il collo.
<Non muoverti. Non urlare. Fammi parlare, oppure ti taglio la gola.> Sentiva i muscoli dell'altro tesi, mentre teneva le mani strette lungo i fianchi. La gola si mosse sotto la lama tagliente, probabilmente aveva deglutito dalla sorpresa e dalla paura.
<Dimmi dove si trova mia sorella.>
Sentì l'altro sospirare.
<Mi dispiace dirtelo, ragazzo, ma in realtà tua sorella non l'abbiamo noi. Tu sei stato portato qui per salvarti.>
Cosa voleva dire ?
Eren strinse i denti, tentato di fare affondare quella lama nel suo collo più e più volte ma non lo fece, cercava solo di mantenere la calma.
<Spiegati meglio.>
Ora i loro visi dei osservavano seri dal riflesso dello specchio. Eren dietro di lui, si vedeva a malapena, siccome l'altro era molto più grande e alto, ma era comunque riuscito a metterlo con le spalle al muro.
<Quando siamo arrivati al vostro villaggio...era già raso al suolo...ti abbiamo preso con noi quando abbiamo visto che respiravi ancora , magari chi è arrivato prima ti avrà scambiato per un cadavere. Ma con te non c'era nessun altro, di vivo almeno.>
Non riusciva a crederci. Quindi loro erano i buoni.
<Stronzate.> Sibilò, spingendo il coltello verso la gola dell'omone. <Se avesse voluto salvarmi non sarei stato trattato come uno schiavo.>
<Era per salvare le apparenze.> L'altro sospirò :<io e Levi in realtà siamo degli infiltrati, cerchiamo di salvare più indiani possibili, per dare loro una vita degna di essere vissuta. Nessuno merita di fare del male a un altro uomo.>
<Perché devo fidarmi.>
Sussurrò.
<Se mi dessi del tempo, potrei addirittura trovare tua sorella. Qual è il suo nome?>
Eren fece un sospiro:<Mikasa.>
<Giuro che te la porterò qui.>
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