12||this is the best way
"Quando si trova una persona con la quale si ha una grande sintonia si viene condizionati dalla persona stessa. Forse anche troppo."
Quando tornarono nel riformatorio erano entrambi più rilassati, più leggeri. Entrarono nell'atrio e là trovarono Ginette che parlava con Gabriele. In realtà lui la stava consolando, lei era in lacrime. Appena Amber se ne accorse aumentó il passo verso i due, raggiungendoli.
-Ginette, Gab, che è successo?- chiese lei poggiando una mano sulla spalla della ragazza.
-Ha avuto un attacco di panico.- sentenzió Gabriele, smuovendo i capelli davanti agli occhi.
-Dovuto a cosa?- Gab stava per rispondere quando notó Lorenzo dietro di lei, e prese Amber per le spalle.
-Amber attenta!- gridó lui togliendola da davanti lui, suscitando un'aggrottamento della fronte del moro.
La bionda si districó dalla presa dell'amico per andare da Lorenzo, circondandogli il busto con un braccio, e lui fece lo stesso con il piccolo busto della ragazza, stringendolo a sé con due braccia, fissando trucemente Gab.
-Gab rispondimi, dovuto a cosa?- chiese lei scandendo la frase. Lui parló lentamente, senza distogliere lo sguardo dal moro.
-Amber, per favore. Lo conosco. Reagirebbe male se lo dicessi e tantomeno se lo vedesse- Lorenzo fece per andargli incontro ma Amber gli si piazzó davanti, bloccandolo.
In seguito si rigiró verso Gabriele, il quale stava abbracciando la rossa.
-Gab. Parla o ti farà male. Non posso calmarlo in eterno- si fissarono a lungo negli occhi, prima che si decidesse a parlare.
-C'è stata un'irruzione da parte di cinque rapinatori... Che ora sono in aula magna...- si bloccó qualche millisecondo -e tengono in ostaggio Ida, Alice e Marzia-
Al suono di quei nomi ad Amber si geló il sangue nelle vene, il corpo di irrigidì e senza pensare prese a correre verso il luogo predestinato. Improvvisamente non ci vide più chiaro, tutto era focalizzato su quello che Gabriele aveva osato dirle. Spalancó la porta dell'aula magna e trovó cinque individui vestiti di nero, delle mascherine a forma di teschio erano legate attorno alle loro facce, dei mitragliatori in mano.
Appena la porta si spalancò tutti i presenti si girarono ed Amber si chiese dove fossero andati a finire i carabinieri e le guardie.
Uno dei cinque prese a battere le mani guantate molto lentamente, quasi fosse una presa in giro -ma bene bene bene, chi abbiamo qui? Proprio la nostra Amber Hamilton- ridacchió lui, degli occhietti verdi la scrutavano dall'alto in basso -della serie: parli del diavolo e spuntano le corna- fece ridere i suoi compari.
-Dove tenete gli ostaggi? È come sapete il mio nome?- chiese lei cautamente.
-Zitta, sono affari nostri- gli rispose lui in modo rude.
Sentì un contatto freddo sulla sua schiena e lo associó ad una canna di un'arma da fuoco. Ora la stava spingendo verso il capo, quello dagli occhi verdi. Quando fu giunta ad un palmo di naso lui la strattonó tramite un braccio a terra, e sparó al lato del suo braccio prendendola di striscio.
Questo fece urlare la ragazza, la quale si portó il braccio al petto e si raggomitoló su se stessa, assumendo la posizione fetale. Gli occhi sgorgavano lacrime che le rigavano le guance, nonostante lei facesse di tutto per trattenerle. Questo faceva ridere gli altri che le continuavano a sparare ai lati, non colpendola, ma spaventandola parecchio, fino a che non fermó i suoi movimenti e rimase immobile a stringersi il braccio insanguinato e a singhiozzare.
Sobbalzó quando sentì un dolore atroce alle costole, la stavano prendendo a calci. In tutta quella confusione riuscì a capire una frase che le fece spalancare gli occhi e alzarsi immediatamente da terra.
-È un' idiota come la sorella-
Ora stava squadrando tutti con sguardo truce, la bocca piegata in un ghigno, il braccio sanguinolento stretto con troppa forza, il naso arricciato.
-COME CAZZO L'AVETE CHIAMATA?!- urló lei e loro ridacchiavano.
-Lei era un' idiota come te, è una cosa risaputa in giro- fece lui. Sotto la maschera Amber potè giurare che si nascondesse un ghigno.
-E voi siete dei vigliacchi, fronteggiare una ragazza contro cinque, armati con delle mitragliatrici; è una cosa rivoltante-
Detto questo loro si scambiarono qualche occhiata divertita e buttarono le armi lontano, producendo un rumore fastidioso.
-In cinque ci rimaniamo lo stesso, piccola, vogliamo avere tutti la stessa dose di divertimento- e si scrocchió le dita, avanzando verso di lei.
Ad un tratto piombó davanti a loro un corpo in ginocchio, i denti stretti, la fronte aggrottata. Quando si alzó si potè denotare un ragazzo alto, magro, i riccioletti attaccati alla fronte per il sudore.
Due dei ragazzi in nero scapparono a quella vista, per averlo riconosciuto.
Gli altri tre si stavano letteralmente cagando in mano. Il ragazzo dagli occhi verdi rimpianse il fatto di non avere con sè la mitragliatrice.
Il moro si scrocchió le mani lentamente e prese ad avanzare verso di loro, nella specifica verso il capo. Lo sovrastava di parecchio e lo guardó a lungo, prima di mollargli un pugno in pieno viso e farlo rotolare a destra. Un ragazzo, in un impeto di coraggio corse verso di lui, ma fu steso a terra da una gomitata in faccia mandata con una forza impressionante da Amber. L'ultimo rimasto, alla vista dei due che lo guardavano fulminandolo con lo sguardo scappò a gambe levate, suscitando una strana sensazione nello stomaco della bionda. Soddisfazione? Può darsi.
Il capo dei tizi in nero si mise a carponi tenendosi il naso sanguinante con una mano e appena si ristabilì in piedi sentì prendersi per la giacca e sbattere al muro con una grande forza. Riaprì gli occhi puntandoli contro il moro, che intanto lo teneva appiccicato alla parete. Amber arrivò al lato dei due, con una mano si stava tenendo il braccio grondante di sangue. La staccò ed abbassò la mascherina al ragazzo, che rivelò un piercing al labbro. Lei lo riconobbe subito e perse un battito.
-T-tu...- riuscì solo a balbettare. In un'attimo la sua mente fu invasa da una miriade di pensieri fra le quali il motivo per cui era lì. Assunse poi un'espressione di disgusto e recuperò un pugnale dal tipo svenuto, portandolo alla gola del ragazzo dagli occhi verdi, premendo leggermente, facendo uscire un rivolo di sangue.
-Amber!- gridò Elise, bussando più volte alla sua porta.
-Vai via!- gridò la bambina dai lunghi codini biondi, che ora era raggomitolata sotto il davanzale della finestra.
La porta si aprì lo stesso, rivelando una bambina con i capelli sciolti, il cerchietto verde le teneva a bada un ciuffetto ribelle. Richiuse la porta e si avviò a passi lenti verso la sorellina, che ora aveva messo la testa fra le ginocchia,messe erano circondate da delle piccole ed esili braccia. Elise si sedette accanto a lei a gambe incrociate, aspettando che la sorellina si calmasse un po'.
-Sai- iniziò lei a parlare -secondo me dovresti affacciarti dalla finestra- e le sorrise.
-Per cosa?- la biondina si passò una mano sotto il naso, tirando sù -per vedere Billy che mi prende in giro anche da camera mia?- guardò la sorella. In quel momento aveva un sorrisetto complice.
-Per me dovresti dare un'occhiata lo stesso, dammi retta- quindi, anche se un po' restia a farlo, Amber si affacciò da essa spostando le tendine rettangolari che adornavano da sua cameretta e spalancò i suoi grandi occhioni blu quando vide quella scena.
Billy che veniva sgridato dai propri genitori per aver sporcato il completino nuovo di fango e i suoi amichetti che gli ridevano dietro.
Amber si girò verso la sorella, la quale le fece l'occhiolino ed un ghigno. La biondina saltò giù dal davanzale della finestra per correrle incontro e la abbracciò stretta a sé, ringraziandola in tutti i modi possibili.
La stava stringendo forte a sé. Era davanti a lei, quegli occhioni verdi con aria complice, ben vividi nella sua mente, che la guardavano compiaciuti. Erano ben diversi dagli occhi spenti ed impauriti che aveva davanti. Erano velati e le lacrime scendevano copiose. Scosse più volte la testa ritornando con la testa a terra, spesso le capitava di rivivere talmente tanto bene i propri ricordi da sognare ad occhi aperti. Ma non si sarebbe mai immaginata di fare questo.
Il corpo del ragazzo, ancora sostenuto da Lorenzo, il quale la guardava normalmente, pieno di graffi profondi. Sulle braccia, scendevano dalle spalle fino ad arrivare alle dita, sulle cosce, dall'attaccatura della gamba fino alle ginocchia. Qui si rese conto che aveva marcato i punti dove Elise si tagliava. Aveva associato il dolore di Elise infliggendolo al ragazzo. E solo ora si stava accorgendo di star premendo sulla sua gola con troppa forza, formando un'ennesimo rivolo di sangue. Lasciò il coltello di scatto, il quale cadde a terra con un sonoro tonfo lancinante.
Le lacrime scendevano copiose molto velocemente dai suoi occhi rossi, il suo corpo tremava mentre si allontanava a passi lenti dai due ragazzi. Infine si mise a correre a perdifiato, singhiozzando. I suoi singhiozzi rimbombavano per tutte le trombe delle scale, fino alla sua testa e al suo cuore. Aprì la porta della sua camera ed andò in bagno, prendendo la lametta del rasoio tascabile che le era stato offerto dal riformatorio stesso.
"Forse anche loro vogliono che me ne vada..." Rifletté lei.
Si marchiò tutte le braccia, i polsi, le cosce. Movimenti orizzontali per far sì di non ripetere lo stesso verso dei tagli precedentemente fatti sul corpo del ragazzo. Ad ogni taglio si sentiva meglio, come se con quelle azioni si punisse e di conseguenza si sentisse bene. I tagli erano profondi, per bilanciare il vuoto che aveva dentro di sé. Dopo aver finito si lasciò distendere sul freddo pavimento del bagno piastrellato, per poi chiudere gli occhi, sperando in cuor suo, anche se non aveva premuto così tanto, di morire.
Forse anche Elise si era sentita così, forse era una piccola rivincita verso quelli che la assillavano ogni giorno.
Forse era la via migliore.
Una via dolorosa, ma migliore.
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