Forse mi sto immaginando tutto.
Forse mi sono lasciata trasportare dal pensiero del fantasma che ho tralasciato l'ipotesi più plausibile, quella di uno stalker.
Mi sono decisa, appena mi dimetteranno dall'ospedale andrò a denunciare i fatti alla polizia.
Basta fantasie da bambini, non è reale.
Mi dimettono il pomeriggio stesso, tranquillizzo i miei genitori, ed io non perdo tempo ad andare alla c'è tra le di polizia.
Cerco un parcheggio, ma l'unico posto che trovo per l'auto è uno vicino ad un vicolo sporco e puzzolente, e per di più entro venti minuti devo andarmene, altrimenti debbo pagare.
La mia solita fortuna.
Attraversare il vicolo mi mette ansia, essendo uno di quei vecchi vicoli sporchi dove alloggiano i barboni.
Vado avanti a testa alta, ma quando mi trovo in mezzo al buio umidiccio dello squarcio fra i due palazzi, qualcuno mi afferra.
Io mi dimeno e urlo, ma nessuno mi sente.
Due fonti mani mi bloccano al muro, tenendomi ferme le braccia dai polsi, stringendo forte e provocandomi dolore.
Il vicolo oscuro si illumina, ed io riconosco quel volto.
Kevin.
Ha una forza impressionante.
Si china lentamente sulle ginocchia, tirando con lui anche me, fino a farmi sedere per terra.
Non mi lascia i polsi.
Abbassa la testa, allunga il volto sul mio ventre, e sussurra "farò sparire te e quella puttana di tua madre".
Scoppia in una risata da maniaco, mentre mi lascia i polsi e mi afferra la faccia.
Mi stringe forte le guance, avvicina la mia faccia alla sua dicendomi "le tue luride mani non toccheranno più nulla!"
Quella frase.
Lurido verme.
Mi riafferra i polsi velocemente, e li piega verso l'esterno.
Si, mi ha rotto i polsi.
In ginocchio, in piena agonia, mi afferra le mani e le bacia.
Si volta e prima di andare chissà dove mi dice "ciao amorino".
Io mi alzo in lacrime, ed esco da quel maledetto vicolo, strisciando come un parassita.
Mi aspetta un altro viaggio in ospedale.
Fratture multiple ai polsi.
Non potrò muoverli, ma soprattutto, non potrò allungarli per sentire il mio bambino.