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-"Pronto?...C-come?! Roman... è..."
Non riuscì a finire la frase, le gambe tremavano, mentre la voce le era morta in gola. Sentì gli occhi inumidirsi e una sensazione di nausea nello stomaco.
Lasciò cadere il telefono e diede libero sfogo alle lacrime, le quali correvano impetuose lungo le guance della ragazza. Andrew capì subito cosa era successo, ma dovette rifugiarsi dietro a una maschera di finto dispiacere. Un po' era confuso, non sapeva come comportarsi in una situazione del genere, voleva apparire preoccupato nei confronti di Karen, ma neanche troppo invadente.
-"Roman è... morto"
L'uomo ebbe la conferma delle sue teorie, Travis quella notte aveva fatto un buon lavoro e il ragazzo finalmente non era più in vita.
-"Oh, mi dispiace tantissimo... Vuoi che ti riaccompagni a casa? I tuoi genitori devono essere preoccupati per te, in fin dei conti sei rimasta qui per molto tempo.” Disse appoggiando la mano sulla spalla della ragazza.
-"Certo, certo, mi dispiace tantissimo..." Lo imitò sarcastico Travis senza farsi sentire da Karen.
-"No, non a casa. Si trovano ancora in ospedale." Disse la mora tra i singhiozzi, asciugandosi le lacrime.
Andrew prese le chiavi della macchina e accompagnò la ragazza dentro l'auto, poi mise in moto e si diresse all'ospedale dove si trovavano i famigliari di Karen.
Roman era nella camera mortuaria, la stessa stanza dove, giorni prima, si trovavano la signora Sanders e la sua piccola figlia. I capelli scuri mettevano ancora più in risalto la pelle pallida del ragazzo.
Karen, alla vista del fratello, scoppiò nuovamente in lacrime, ormai non riusciva più controllarsi e poco le importava. Si mise le mani nei capelli, tra le urla soffocate che provava a fare: aveva perso una delle persone più preziose che avesse mai conosciuto ed era anche per causa sua.
Pensava che se quella maledetta auto avesse preso lei, piuttosto che il fratello, lui sarebbe ancora vivo.
Il professor McCoy la lasciò così, immersa nel dolore e inutilmente consolata dai suoi genitori. Era soddisfatto dalla piega che stavano prendendo i fatti: tutto era a loro vantaggio.
Rientrò in macchina e, tranquillamente, guidò verso la propria abitazione, dove però ad aspettarlo c'era, con enorme sorpresa, Seline.
-"Seline! Cosa ci fai qui?"
-"Ero venuta per passare un po' di tempo con te, ma non c'eri... La donna delle pulizie mi ha detto che eri uscito e così ho deciso di aspettarti qui. Ma dimmi, dove sei stato?"
Andrew sentì le mani bagnate di sudore: se le avesse raccontato di Karen, molto probabilmente avrebbe inscenato uno dei suoi soliti attacchi di gelosia ma, non sapendo che altro rispondere, decise di rischiare.
-"Sai che nel tempo libero do ripetizioni di geografia?"
La donna annuì con il capo, sul suo volto era dipinta l'espressione curiosa di chi vuole avere più dettagli.
-"Bene, in questo periodo sto insegnando a una ragazzina. Purtroppo da qualche settimana il fratello non stava molto bene ed è venuto a mancare mentre era da me. L'ho accompagnata in ospedale." Le disse con la voce più addolorata che riuscì a fare. Anche Seline sembrava dispiaciuta.
-"Oh, mi dispiace tantissimo per lei... So cosa significa perdere una persona cara. Anche se l'ultima volta che ci siamo visti abbiamo litigato, Sam era come un fratello per me e mi manca tanto. Se incontrassi colui che l'ha ucciso, lo strozzerei con le mie stesse mani."
"Ti strozzeresti da sola, mia piccola, dolce Seline?" Pensò sarcastico Andrew mentre a stento tratteneva l’invidia: Sam era morto e lei continuava ancora a pensare a lui? Per fortuna aveva convinto Travis ad ucciderlo...
-"Sei rimasta fuori per molto tempo, entriamo in casa. Scusami ancora per averti fatto aspettare, la prossima volta avvisami, così vedrò di non farti più attendere."
A quell'affermazione Seline sorrise.
-"Sei un vero gentiluomo." E gli diede un bacio sulla la guancia.
***
Anche con la finestra aperta Karen si sentiva soffocare: in realtà non capiva perché era voluta entrare nella stanza di suo fratello, forse perché, stando in mezzo alle sue cose, lo sentiva più vicino a sé, adesso che gli mancava terribilmente.
Quanti ricordi l' assalivano: la foto sulla scrivania di quando loro, da piccoli, erano andati in vacanza in montagna; i dvd che amavano guardare insieme; i suoi libri; i poster; il letto ancora disfatto...
Si stesse nel letto ricordando che, quando era una bambina, se la notte si svegliava per gli incubi, andava a dormire da lui. Insieme a Roman si sentiva sempre protetta, ma adesso la sua prematura morte le aveva lasciato un vuoto all'altezza del cuore, un vuoto così grande da coprire interamente il suo corpo.
Quanto avrebbe voluto che fosse solo un incubo, quanto avrebbe voluto svegliarsi e poi andare da Roman, raccontandogli le assurdità che aveva sognato. Lui ci avrebbe riso su e l'avrebbe presa in giro per un po' e invece quella era la realtà. Tornò a piangere, l'azzurro delle pareti sembravano volerla inghiottire e, forse, questo era quello che voleva anche lei. Perché la vita senza suo fratello non aveva senso ormai. Poteva scomparire anche il resto del mondo, a Karen non sarebbe importato.
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