Mi rigiro nel letto, non riesco a dormire stanotte. Strano, non ho mai sofferto di insonnia.
Sono sudato, nonostante senta un gran freddo. Nemmeno un rumore, neanche quello di una macchina, eppure abito in una strada trafficata.
Il telefono squilla, sento il comodino tremare per la vibrazione. Per poco il mio cuore non cessa di battere: Avevo lasciato lo smartphone a caricare in salotto perché scarico. Come era arrivato fin lì?
Molto lentamente lo afferro, leggendo il nome sullo schermo.
Impossibile, non puo’ essere vero.
VERONIQUE. Come? È morta una settimana fa, che razza di scherzo è?
“Che cazzo significa? Non è divertente!” Rispondo seccato.
La linea è disturbata, uno strano rumore di sottofondo, come una donna che grida e si lamenta.
“4:37. 4:37.”
Pesanti brividi mi attraversano, ho un mancamento. È la sua voce, la voce di Veronique. Solo sembrava così inumana…
Un sogno, non poteva che essere un sogno. Anzi, un incubo.
La chiamata si chiude con un urlo straziante, allo stesso momento la lampada sul comò esplode, ferendomi la mano con pezzi di vetro.
Mi giro di scatto verso la sveglia: Le 4:35. Due minuti all’ora che quella cosa aveva detto.
Sento l’ansia che mi assale, i battiti aumentano e il mio respiro si fa più pesante.
Le luci in camera iniziano ad accendersi e spegnersi, come impazzite. Il telefono suona nuovamente. Sullo schermo sempre il suo numero.
Rispondo trattenendo a stento le lacrime. Cosa stava succedendo?
“Sotto le aiuole. Sotto le aiuole.”
Dio, se fosse stato uno scherzo, come facevano a sapere il loro segreto?
Guardo la sveglia, le 4:37.
Sento la pesante porta di casa sbattere, nonostante l’avessi chiusa. Passi veloci dal piano di sotto, seguiti da un respiro veloce e affannoso.
Rapidamente mi alzo, per andare ad accendere la luce.
Vado con il dito sull’interruttore, ma quello che tocco è un’altra mano…
Mi ritrovo davanti Veronique, sfigurata che mi guara con odio. In testa il buco del proiettile con cui l’avevo uccisa…
“Sotto le aiuole, sotto le aiuole.”