1.
Nel silenzio calmo di una sera d'estate – spezzato solo dal frinire incessante delle cicale –, una grande luna piena si stagliava alta nel cielo, illuminando appena la figura di un uomo che si muoveva agile tra i grandi alberi, evitando ogni ramo e radice sporgente. I flebili raggi lunari attraversavano a fatica le alte fronde, infrangendosi a chiazze sulla corteccia dei tronchi imponenti e sui bassi arbusti, permettendo ad Akaza di sfrecciare nel fitto della foresta senza alcuna difficoltà. Grazie alla sua "bussola" e al suo istinto demoniaco, riusciva a intercettare la presenza di demoni minori poco distanti dalla zona che stava pattugliando, ma non era quello il motivo per cui aveva iniziato a correre più velocemente, diretto verso un punto ben preciso all'interno del bosco. Aveva percepito la presenza di un Pilastro, uno di quelli forti e che ormai conosceva fin troppo bene: Rengoku Kyojuro si trovava poco lontano da lì, sicuramente in missione per conto della società Ammazza Demoni.
Mentre affrettava il passo e già pregustava il momento in cui lo avrebbe raggiunto, il suo corpo venne attraversato per intero dal fremito tipico dell'eccitazione che provava quando lo affrontava, come la prima volta che si erano trovati a combattere l'uno contro l'altro. Quel giorno aveva rischiato di ucciderlo, ma era riuscito a trattenersi dal farlo, a fuggire via poco prima dell'alba con un grosso sorriso sulle labbra e la promessa di un nuovo scontro a brillargli nelle iridi gialle. In quel momento, si era ritrovato a pensare che sarebbe stato uno spreco, prendersi la vita di Kyojuro. Lui lo voleva con sé, al suo fianco, come demone alla pari, così che avrebbe potuto combattere con lui per l'eternità, senza mai stancarsi o rischiare di ucciderlo. Perché era forte, l'ammazza demoni, e quella sua forza – sia fisica che d'animo – lo aveva attratto sin dal primo momento e continuava ad ammaliarlo inesorabilmente, portandolo sempre più a desiderare di averlo tutto per sé.
Da quel giorno, Akaza aveva iniziato quasi a pedinare il giovane Pilastro della fiamma: non perdeva occasione per rintracciarlo e affrontarlo, per godersi un combattimento vero e autentico, senza esclusione di colpi e dalla capacità di farlo sentire pienamente appagato. Così come non perdeva occasione per chiedergli, ancora una volta, con la stessa tenacia e insistenza, di diventare un demone – ricevendo in risposta il solito e fermo rifiuto. Il loro era diventato quasi un appuntamento fisso – un rito, una sorta di bizzarro allenamento –, tanto che avevano smesso di vedersi come nemici, stringendo silenziosamente un patto di "non aggressione": Kyojuro aveva la possibilità di diventare più forte, affrontando costantemente un demone potente come la Terza Luna Crescente, mentre Akaza poteva godere del brivido del combattimento che tanto bramava e della piacevole compagnia di quel giovane uomo che lo aveva colpito nel profondo con la stessa potenza di un incendio divampante; in cambio, evitavano di uccidersi a vicenda.
Il demone affrettò maggiormente il passo, smanioso di raggiungere Kyojuro quanto prima. Non lo vedeva da diverse settimane e aveva proprio voglia di affrontarlo, di immergersi completamente in una delle loro lotte fatte di pugni e sibilìo di lama. Quando non si incontravano, il tempo sembrava non passare mai, per Akaza, pregno della monotonia che riempiva le giornate e che le faceva trascorrere tutte uguali da decenni. Doveva ammettere che, da quando aveva incontrato Kyojuro, qualcosa era cambiato all'interno della sua vita da demone. Il Pilastro della fiamma aveva risvegliato qualcosa in lui, qualcosa che si era assopito nel momento in cui aveva abbandonato le sue vesti umane, in un punto ben preciso all'interno del suo petto e della sua anima dannata, facendogli provare uno strano calore. Inizialmente ne era rimasto destabilizzato, ma poi si era trovato a pensare che gli piaceva quel guizzo di vitalità che lo scuoteva da capo a piedi quando incontrava lo sguardo ardente di Kyojuro.
Quando capì di essere abbastanza vicino al giovane uomo, si fermò un attimo e annullò ogni traccia del suo intento omicida. Pur avendo stretto quella sorta di alleanza, in lui era sempre presente l'inclinazione mortale tipica del suo essere demone e sapeva che Kyojuro lo avrebbe percepito con facilità. E lui avrebbe voluto coglierlo di sorpresa, una volta tanto. Avanzò ancora per alcuni passi all'interno del sottobosco, cercando di non calpestare rami spezzati, foglie secche e di non fare troppo rumore camminando tra i cespugli. Quando intravide la schiena del Pilastro – coperta dal suo haori bianco con i bordi frastagliati a formare delle fiamme rosse –, Akaza uscì allo scoperto e si lanciò fulmineo contro il suo avversario che si trovava al centro di una piccola radura priva di ombre.
«Kyojuro, combatti con m-»
Il demone non riuscì a finire la frase: Kyojuro, preso alla sprovvista, si era girato verso la voce che lo aveva chiamato, ma non era riuscito a spostarsi in tempo per evitare l'attacco improvviso di Akaza, venendo così travolto dal suo impeto e ritrovandosi sbattuto violentemente contro il terreno umido. Mentre cadeva all'indietro, il giovane Pilastro si era aggrappato di riflesso al corto gilet dell'altro e lo aveva trascinato con sé, finendo così per essere sovrastato dal suo corpo muscoloso. Akaza fissò il viso stravolto dallo stupore di Kyojuro e sorrise mesto, mettendo in mostra i lunghi canini appuntiti. Era la prima volta che riusciva a coglierlo di sorpresa in quel modo, cosa che gli aveva fatto gonfiare il petto di orgoglio.
Era pronto a canzonarlo, a rinfacciargli quella personale vittoria per il resto della sua vita, quando un piccolo dettaglio gli saltò all'occhio: Kyojuro era minuto, quasi esile, e privo della sua solita prestanza fisica imponente. Confuso, Akaza aggrottò le sottili sopracciglia e si spostò appena per far sì che i raggi della luna potessero illuminare l'altro e rivelare così la sua figura. Ciò che vide gli fece sgranare gli occhi in un'espressione di incredulità: il giovane uomo forte e muscoloso che conosceva aveva lasciato il posto a una giovane donna dai lineamenti sinuosi e le forme piene.
Per un attimo, ebbe il dubbio di essersi sbagliato e di aver incontrato la sorella minore della famiglia Rengoku. Poi, però, ricordò che Kyojuro gli aveva sempre e solo raccontato di un fratello più piccolo e del padre che passava il tempo a bere. Mai di una sorella o di una qualsiasi presenza femminile all'interno di quel nucleo familiare. Per non parlare del fatto che la sua bussola non sbagliava mai e che, anche in quel momento, continuava a percepire lo spirito combattivo di Kyojuro provenire dalla figura minuta che lo guardava con un leggero cipiglio divertito dipinto sul viso.
«Kyojuro?» Chiese come a volere una conferma per eliminare tutti i suoi dubbi.
«E chi altri, se no?» Rispose il diretto interessato, mentre il sorriso si allargava sulle sue labbra piene. «Ti facevo più sveglio, Akaza.»
Il demone rimase senza parole, meravigliato da ciò che aveva davanti: i lineamenti del viso di Kyojuro erano sempre gli stessi – solo un po' più dolci e dai tratti meno spigolosi –, così come lo erano i capelli folti e biondi che sfumavano sul rosso, le iridi vivaci e ardenti, il sorriso che gli arcuava le labbra. Le uniche differenze evidenti si potevano riscontrare nel timbro di voce diventato decisamente più femminile e in quelle forme rotonde che spiccavano pur essendo celate dalla classica divisa da Ammazza Demone. Aveva un che di affascinante e attraente, un po' più del solito.
Improvvisamente – e senza un'apparente valida motivazione –, la voglia di allungare la mano dalle dita tatuate per poter stringere uno di quei seni pieni si impossessò di Akaza. Si ritrovò a chiedersi che consistenza avesse e come avrebbe reagito Kyojuro di fronte a un gesto del genere: lo avrebbe colpito con forza, come sempre? Oppure le sue guance si sarebbero tinte del tenue porpora tipico dell'imbarazzo femminile? E poi, fino a che punto il giovane Pilastro era diventato una donna? Voleva scoprirlo. Sentiva la curiosità serpeggiare dentro di sé, pigra e voluttuosa – invitante –, sussurrargli all'orecchio come un diavolo tentatore dalla voce ammaliante e peccaminosa.
«Hai intenzione di startene lì impalato ancora per molto?»
La domanda di Kyojuro riportò Akaza con i piedi per terra, riscuotendolo da quelle strane idee che lo stavano portando a compiere un gesto avventato. Non doveva dimenticare che aveva pur sempre a che fare con il forte Pilastro della fiamma che tanto ammirava – nonché uomo – e non con una giovane fanciulla indifesa che rischiava di cadere preda dei suoi istinti da demone. Scosse la testa e si alzò, passando le mani sopra ai larghi pantaloni bianchi per togliere la terra che vi si era appiccicata sopra. Poi allungò un braccio in direzione di Kyojuro e lo aiutò a rialzarsi, come un perfetto gentiluomo, ricevendo in cambio un'occhiata sorpresa che lo fece sorridere serafico. Quello era un aspetto della sua vita passata che non aveva perso, con il passare degli anni. Le donne andavano rispettate e trattate con attenzione. Erano le uniche persone deboli che tollerava e trattava con un occhio di riguardo, tanto che si rifiutava categoricamente di ucciderle e cibarsene, prediligendo la carne degli uomini forti con cui decideva di giocare.
Eppure, in quel preciso momento, Akaza sentiva dentro di sé la voglia di saltare addosso a Kyojuro farsi forte. Voleva assaggiare la pelle di quel corpo femminile, divorarlo, farlo suo. Diede la colpa al fatto che, pur avendo quelle sembianze, percepiva la forza del Pilastro raggiungerlo in ondate lente e calde, cosa che lo stuzzicava e lo faceva fremere come sempre. Anche quando Kyojuro gli si parò davanti – con le braccia incrociate sotto al petto prosperoso contenuto a mala pena dai bottoni che tiravano la stoffa, il sorriso luminoso sulle labbra piene e la testa che arrivava poco più in basso del mento di Akaza – il demone cercò di convincersi che quell'istinto che sentiva serpeggiargli dentro, con fare lento e lascivo, fosse dovuto solo al fatto di avere davanti qualcuno di forte.
«Come hai fatto a ridurti così?» Gli chiese Akaza, sinceramente incuriosito, mentre provava a concentrare la propria attenzione su qualsiasi altra cosa potesse essere in grado di distrarlo dal desiderio insistente e improvviso di impossessarsi dell'altro.
«Questa è proprio una bella domanda.» Rispose Kyojuro, fronteggiandolo con carisma. «In realtà, non lo so bene nemmeno io.» Ammise poi, piegando appena la testa di lato, con fare pensieroso.
Akaza lo fissò interrogativo, prendendosi attimi interi per sfiorare con lo sguardo la sua figura femminile e sinuosa. Non riusciva a farne a meno, era come se fosse attratto da una potente calamita, proprio come una falena lo è dalla luce delle lanterne. Doveva ammettere che quel nuovo corpo donava una certa eleganza e bellezza al giovane Pilastro, anche se si trovò ben presto a constatare che lo preferiva di gran lunga nel suo solito, possente, aspetto. Il suo pensiero era rivolto principalmente al fatto che, essendo conciato in quel modo, non avrebbero potuto avere uno scontro alla pari. Il corpo di una donna era pur sempre meno forte di quello di un uomo, e anche se sapeva che all'interno dell'associazione Ammazza Demoni erano presenti giovani ragazze talentuose, non si era mai curato troppo di loro. Lo spirito combattivo che percepiva era decisamente inferiore rispetto a ciò che cercava lui.
Certo, quel caso era ben diverso – dato che avvertiva comunque la stessa identica forza di sempre provenire dall'esile figura che aveva davanti –, ma sapeva con certezza che Kyojuro non sarebbe stato in grado di battersi per come aveva fatto fino a quel momento, che sarebbe andato incontro a delle limitazioni dovute a quel cambiamento e che anche lui si sarebbe dovuto trattenere più del solito, per evitare di ucciderlo involontariamente.
«So solo che sono partito per una missione, ho sconfitto un demone e che, durante la battaglia, sono diventato così.» Disse Kyojuro, continuando a raccontare la sua disavventura con il sorriso sulle labbra.
«Allora sarà colpa delle capacità vampiriche di quel demone che hai ucciso, non credi?» Chiese Akaza, con fare ovvio.
«È la stessa cosa che ho pensato io, ma gli effetti non sarebbero dovuti sparire con la sua morte? È da settimane che sono così, nemmeno Shinobu è riuscita a trovare un antidoto efficace.»
Akaza lo fissò pensieroso, preso in contropiede. Effettivamente, Kyojuro aveva ragione ed era strano che le capacità vampiriche di un demone morto continuassero ad avere effetto. Mentre rimuginava, si sedette sopra un tronco abbattuto, e senza mai distogliere lo sguardo dal viso dell'altro, lo invitò ad avvicinarsi e accomodarsi vicino a lui. Il Pilastro si accostò all'albero, senza alcuna esitazione, ma non si sedette accanto ad Akaza: si portò di fronte al demone, a pochi centimetri di distanza dal suo corpo muscoloso, così da poterlo guardare in viso mentre parlavano. Ormai si fidava abbastanza e sapeva che non avrebbe corso il rischio di perdere la vita, anche se il suo istinto e i suoi sensi erano sempre in allerta.
«Descrivimi lo scontro.»
«Perché dovrei farlo? Non dirmi che vorresti aiutarmi a trovare una soluzione.»
Akaza lo guardò con disappunto per un lungo attimo, poi sorrise mellifluo, mettendo in mostra i canini appuntiti.
«Lo faccio solo perché in questo stato non saresti all'altezza di un vero scontro con me. Sei debole, non vorrei ti facessi male.» Lo canzonò con un luccichio sinistro nelle iridi gialle sulle quali spiccavano i kanji "Terza Luna Crescente".
Il sorriso sulle labbra di Kyojuro si spense, lasciando il posto a una linea sottile che esprimeva tutto il suo disappunto. Senza rispondere a quella provocazione, sfoderò fulmineo la Nichirin e si lanciò verso Akaza, con l'intento di fargli vedere che aveva torto. Solo perché si trovava intrappolato in un corpo di donna, non voleva dire che avesse perso la sua forza e fosse diventato debole. Il demone si spostò con un balzo, fulmineo, evitando il fendente e atterrando alle spalle di Kyojuro. Prima che l'altro potesse girarsi e sferrare un altro attacco, gli immobilizzò i polsi, gli fece perdere la presa dall'impugnatura della katana e gli bloccò le braccia dietro la schiena, schiacciandolo poi in avanti con il proprio corpo, facendolo piegare contro il tronco dell'albero. Una scarica di eccitazione lo attraversò per intero, da capo a piedi, mentre guardava le iridi vermiglie di Kyojuro osservarlo da sopra la spalla e un delizioso rossore tingergli le guance piene.
«Visto? Non sei nel pieno delle tue forze, battermi con te non avrebbe senso.» Disse Akaza in un sussurro vicino all'orecchio del Pilastro della fiamma, allungandosi sulla sua figura dalle forme sinuose che teneva ferma sotto di sé, intrappolata tra il suo corpo e la corteccia ruvida.
Quella posizione di sottomissione che aveva fatto assumere all'altro lo fece letteralmente fremere. Ogni cellula del suo corpo demoniaco vibrò, mentre uno strano piacere perverso cominciò a serpeggiare dentro di lui, a partire dalla punta dei capelli rosa fino agli alluci dei piedi nudi. Non era mai riuscito a dominare del tutto sul giovane Pilastro; quella nuova esperienza lo stava facendo eccitare quasi più di un combattimento. Ne voleva di più. Si trovò a pensare che sarebbe stato divertente continuare a prendersi gioco di Kyojuro, fintanto che restava intrappolato in quel corpo femminile.
Quando quel pensiero prese forma, stuzzicandolo in maniera allettante, mollò istintivamente la presa dai polsi dell'altro e scosse la testa, sorpreso da ciò che la sua mente aveva elaborato. Stava per agire esattamente come il Nobile Douma – senza alcun rispetto per le donne e con la semplice, malsana voglia di divertirsi un po' con quell'esile figura finché poteva – e la cosa non fece altro che disgustarlo. Lui non aveva niente a che fare con quella subdola Seconda Luna Crescente o con il suo modo di trattare le giovani ragazze di cui si circondava solo per soggiogarle e poterle divorare con più facilità.
Kyojuro lo fissò interrogativo per un lungo attimo, massaggiandosi appena le braccia doloranti e raccogliendo la Nichirin per riporla nella sua custodia. Intravide lo sgomento dipingersi per un lungo istante sul viso di Akaza, mentre si osservava intensamente i palmi delle mani, per poi vederlo sparire velocemente per come era comparso, scacciato via da una scrollata di spalle e dal solito sorriso sfacciato. Doveva ammettere che, quella notte, il demone si comportava in maniera decisamente diversa dal solito, ma non lo poteva biasimare. Trovarsi davanti il Pilastro della fiamma tramutato in una donna doveva essere stato sconvolgente, per uno che cercava sempre lo scontro con uomini il cui spirito combattivo sfiorava la perfezione.
Kyojuro si appoggiò contro il grosso tronco abbattuto, ripensando a quella strana situazione in cui era finito e a tutto ciò che il demone gli aveva detto pochi attimi prima. Sospirò sommessamente, constatando quanto l'altro avesse ragione, e puntò le iridi guizzanti sul viso di Akaza attraversato dalle linee scure del suo tatuaggio.
«E va bene, non posso darti torto. Effettivamente non mi sento molto in me, dentro questo corpo. In queste settimane ho faticato molto a tenere il passo e vorrei davvero tornare alla normalità. Mi sento così limitato.» Ammise mentre si guardava le mani dalle dita affusolate. «Durante lo scontro con quel demone, credo che le sue capacità vampiriche si siano insinuate dentro di me con il chiaro intento di indebolirmi.»
«Cosa intendi?» Chiese Akaza, portandosi nuovamente vicino a Kyojuro, curioso.
«Stava molto sulla difensiva, sfuggevole come il fumo tra le dita. Era difficile colpirlo pur non essendo un demone forte. Mentre cercavo di arrivare a lui, è riuscito a sorprendermi e ad atterrarmi in una frazione di secondo. Sono sicuro che la sua capacità vampirica fosse legata ai fluidi corporei che produceva, perché quando il suo sudore viscido è entrato in contatto con la pelle scoperta di mani e viso, non sono più stato in grado di muovermi. È stato in quel momento che ho sentito uno strano liquido bagnarmi il volto ed entrarmi in bocca. Non so dirti se fosse saliva o lacrime. Perdeva liquido da ogni poro e io non sono riuscito a proteggermi.» Disse Kyojuro, arricciando appena le labbra e storcendo il naso di fronte al ricordo di quella lotta. «Quando sono stato in grado di muovermi, lui è schizzato via con un disgustoso sorriso sulle labbra, mentre sentivo il mio corpo andare letteralmente a fuoco. È tornato alla carica quando la trasformazione è finita; credo sperasse di avermi indebolito abbastanza da potermi divorare senza troppe difficoltà. Purtroppo per lui, sono riuscito a tagliargli di netto la testa in un solo attimo, proprio perché aveva abbassato la guardia. Solo che, una volta morto, io non sono tornato come prima e non so davvero più cosa fare.» Concluse puntando nuovamente lo sguardo sulla figura di Akaza che lo guardava intensamente.
La Terza Luna Crescente rimuginò su ciò che Kyojuro gli aveva appena detto, storcendo il naso e digrignando appena i denti di fronte all'immagine che si era creata nella sua mente. L'idea che il giovane Pilastro potesse finire tra le grinfie di quel demone secondario, che avesse rischiato di venire usato e poi divorato, gli fece contorcere le viscere dalla rabbia. Era evidente che le capacità vampiriche di quell'essere inferiore erano mirate all'immobilizzare le proprie vittime, a trasformare gli uomini in deboli e indifese fanciulle per assecondare le proprie voglie perverse e poterli divorare senza troppi sforzi. Eppure mancava un tassello. Se Kyojuro non era tornato normale con la morte di quella creatura, voleva forse dire che l'antidoto alla sua trasformazione poteva essere trovato in qualsiasi altro demone?
«Mi è venuta un'idea.» Disse improvvisamente, l'ampio sorriso sulle labbra che metteva in risalto i bianchi canini appuntiti.
«Non so se posso fidarmi o meno delle tue idee. Solitamente sono così assurde che non posso fare a meno di rifiutarle.» Rispose Kyojuro con genuina sincerità, cosa che fece sbuffare sonoramente l'altro.
«Vuoi tornare ad essere un uomo? Allora ascoltami: hai detto di essere diventato così dopo aver ingoiato i fluidi corporei di quel demone, giusto?» Kyojuro annuì di fronte a quell'ovvia constatazione. «Ma che l'effetto non è sparito dopo che gli hai tagliato la testa.» Akaza continuò la sua ricostruzione dei fatti mentre l'altro lo guardava con un cipiglio dipinto sul volto. «Secondo me, quello che ti serve per tornare normale sono i fluidi corporei di un demone, non importa se di colui che ti ha trasformato o di qualcun altro.»
Kyojuro rimase immobile per un lungo momento, lo sguardo fisso in quello giallo e brillante di Akaza. Poi sgranò gli occhi e si scostò dal tronco, così velocemente da cogliere di sorpresa il demone che se lo ritrovò a pochi centimetri di distanza dal proprio volto. Aveva nuovamente il sorriso sulle labbra piene e le iridi vermiglie guizzanti, cariche di aspettative, cosa che fece sorridere di rimando il demone.
«Potresti avere ragione! Facciamo una prova.» Disse con decisione Kyojuro. «Da cosa vogliamo iniziare?»
«Che ne dici del mio sangue?» Chiese Akaza con fare fintamente innocente, un ghigno provocante stampato sul viso.
«E rischiare di diventare un demone? Grazie, ma rifiuto.» Rispose prontamente il Pilastro della fiamma, con fermezza e senza esitazione, ormai abituato ai vani tentativi dell'altro mirati a persuaderlo nel diventate un demone.
«Ci ho provato.» Il ghigno sulle labbra di Akaza si fece più ampio, mentre alzava le mani in segno di resa. «Da quello che mi hai detto, sono convinto che serva qualcosa di abbastanza abbondante, per fare effetto. Escluderei le lacrime e il sudore, ma si potrebbe tentare con la saliva.» Disse poi, dando voce alle sue supposizioni e idee.
«E come avresti intenzione di darmi la tua saliva?» Kyojuro reclinò la testa da un lato, pensieroso, guardando intensamente il demone che aveva davanti.
Akaza ammutolì all'istante, sgranando appena gli occhi dalla sorpresa. Anche se era stato proprio lui a dire all'altro di provare con i fluidi corporei di un altro demone, doveva ammettere che non si sarebbe aspettato una richiesta tanto diretta. Pensava che Kyojuro non si sarebbe mai rivolto a lui con tanta facilità – pur essendo un demone con cui aveva un certo livello di confidenza e intimità dovuto ai loro allenamenti –, ma lo aveva decisamente sottovalutato e la cosa l'aveva fatto fremere impercettibilmente di malcelata eccitazione. Immaginò mille modi diversi per dargli ciò che voleva, ma solo uno era balenato all'improvviso nella sua mente e l'aveva occupata con persistenza, scacciando via ogni altra idea superflua.
Akaza fissò le labbra di Kyojuro per un lungo momento, sentendo la voglia di catturarle con le sue farsi più forte e impellente, alimentata dalle immagini che gli stavano affollando la testa come un'esplosione caleidoscopica di colori sgargianti. L'idea di baciare il giovane Pilastro l'aveva stuzzicato sin dall'inizio e continuava a farlo con insistenza. In fin dei conti, quello era l'unico modo con cui avrebbe potuto dargli la sua saliva in maniera diretta e subitanea; e chi era lui per tirarsi indietro di fronte a un'occasione del genere servita direttamente su di un piatto d'argento.
Senza rispondere alla domanda di Kyojuro, Akaza lo afferrò saldamente dai fianchi morbidi e se lo tirò addosso, facendo aderire totalmente i loro corpi fino a sentire con chiarezza il seno pieno premergli contro il petto. Prima che il Pilastro potesse capire cosa stesse per accadere o quali fossero esattamente le intenzioni del demone, Akaza si fiondò sulle sue labbra e le intrappolò con le proprie. In un primo momento, Kyojuro poggiò istintivamente le mani contro i pettorali nudi e tatuati dell'altro e provò a divincolarsi da quel contatto decisamente troppo diretto e intimo. Poi, ricordandosi del reale motivo per cui il demone lo stava baciando, interruppe ogni tentativo di spingerlo via e si abbandonò totalmente al suo volere.
Le labbra di Akaza si muovevano decise sulle sue, fredde ma sorprendentemente morbide. Sentì i canini pungergli appena la pelle del labbro inferiore, senza ferirlo, e la lingua scorrervi sopra in un chiaro invito a dischiudere la bocca per potervi avere libero accesso. Kyojuro esitò un attimo, lievemente combattuto, poi strinse maggiormente le palpebre e si decise a far scontrare la propria lingua con quella dell'altro. Il sapore forte di Akaza gli invase il palato, mentre questi faceva in modo di passargli quanta più saliva possibile tramite quel contatto. La cosa non lo disgustò per come era successo con quel viscido demone secondario, tutt'altro: una strana e lenta sensazione aveva iniziato a scorrergli nelle vene, in ondate di calore sempre più crescenti. Il bacio di Akaza era sì guidato dalla decisione di volerlo aiutare a tornare normale, così da potersi battere nuovamente con lui senza riserva, ma era decisamente troppo irruento e passionale per essere solo un favore.
Quando la lingua di Akaza indugiò più del dovuto contro il suo palato, sfiorandolo lascivamente, Kyojuro sentì il piacere esplodergli dentro, improvviso e irruento. Sgranò gli occhi quando avvertì le gambe cedere e le guance andargli letteralmente a fuoco, non capendo come fosse possibile provare una tale eccitazione per un semplice bacio dato, tra l'altro, da un demone per cui avrebbe dovuto provare ribrezzo: che fosse dovuto ai cambiamenti – non solo fisici – ai quali era andato incontro con quella trasformazione in donna? Si aggrappò alle braccia muscolose del demone che continuava a tenerlo stretto a sé e si scostò, interrompendo il bacio con l'intento di prendere aria per far smettere alla propria testa di girare vorticosamente e fare chiarezza in quel turbinio di sensazioni nuove. Con il fiato corto e il cuore che gli batteva nel petto con il suono di mille cavalli al galoppo, puntò le iridi sul viso di Akaza, trovandolo altrettanto stravolto ma sogghignante. Prima che il giovane Pilastro potesse mettere insieme due parole di senso compiuto, Akaza tornò a impossessarsi delle sue labbra, donandogli un altro bacio più passionale del primo. L'espressione con cui Kyojuro l'aveva guardato lo aveva fatto capitolare, facendogli mandare in aria anche il più piccolo barlume di buoni propositi: con le guance deliziosamente rosse, le iridi rese liquide dal piacere, la bocca gonfia e umida, il petto che si alzava e abbassava freneticamente al ritmo del cuore che batteva come impazzito; il Pilastro aveva decisamente un aspetto invitante a cui Akaza non avrebbe potuto resistere. Non più.
Si baciarono a lungo, portando a livelli estremi quell'eccitazione che entrambi sentivano scorrere nei loro corpi come lava incandescente, quasi dimentichi del reale motivo per cui avevano iniziato a scambiarsi quelle strane effusioni. Solo quando si divisero nuovamente, si diedero il tempo per rimettere insieme i pensieri e fare il punto della situazione.
«Noti qualche cambiamento?» Chiese Akaza, mentre si passava un pollice sulle labbra per asciugare un rivolo di saliva, senza staccarsi del tutto dal corpo formoso di Kyojuro che teneva stretto a sé con un braccio avvolto attorno alla curva invitante dei suoi fianchi.
«No.» Rispose solamente il Pilastro, anche se qualcosa di diverso in lui la sentiva eccome.
Quei baci gli erano piaciuti, tanto che continuava a fissare incessantemente le labbra del demone desiderando di sentirle di nuovo a contatto con le sue. Il piacere che pochi istanti prima aveva sentito serpeggiare nelle vene, in quel momento si era concentrato in un punto ben preciso tra le gambe, trasmettendogli una strana sensazione di umido. Anche se non era mai stato con una donna, sapeva esattamente cosa fosse ciò che gli stava bagnando l'intimo e se ne imbarazzò a livelli esponenziali. Si disse che era colpa di quei cambiamenti che il suo corpo aveva subito e che, in normali circostanze, non avrebbe mai provato attrazione nei confronti di un altro uomo, per giunta demone.
«Immaginavo non avrebbe funzionato. La saliva non basta, per quanta ne possa produrre. Dobbiamo provare con altro.» Disse Akaza, aumentando la presa con cui teneva Kyojuro contro di sé e fissandolo intensamente negli occhi, come a volergli sondare l'anima.
«E con cosa? Abbiamo già escluso lacrime e sudore. Il sangue è fuori discussione. Cos'altro rimane?» Chiese ancora il Pilastro della fiamma, avvertendo una strana sensazione dentro di sé.
Lo sguardo del demone era intenso – troppo intenso – e capì che non doveva porre quella domanda quando lo vide sorridere serafico, mettendo in mostra i canini. D'istinto, poggiò di nuovo le mani sul suo petto scolpito e cominciò a spingerlo lievemente, con l'intento di allontanarsi da lui.
«In realtà, resterebbero altri due tipi di fluido corporeo.»
A quelle parole, Akaza si premette maggiormente contro il corpo di Kyojuro, facendogli avvertire perfettamente la presenza ingombrante del proprio membro contro il ventre. Il giovane Pilastro capì subito a cosa l'altro si stesse riferendo e sgranò gli occhi, esterrefatto.
«No e no! Non puoi propormi una cosa del genere. Mi dispiace, ma non dirò di sì. A nessuno dei due.» Rifiutò Kyojuro con decisione, alzando la voce di diverse ottave e diventando letteralmente bordeaux per l'imbarazzo.
«Suvvia, Kyojuro. Se vuoi tornare ad essere un uomo, devi scegliere tra uno dei due.» Gli sussurrò Akaza dritto contro un orecchio, stuzzicandolo con il suo alito caldo. «Lo sai che dovresti ringraziarmi perché ti sto aiutando e, soprattutto, ti sto dando la possibilità di scegliere? Fossi stato un altro demone, ti avrei già fatto tutto quello che mi sta passando per la mente, senza chiedere nulla. E lo sai bene.» Concluse con voce bassa e gutturale, continuando a stringere i fianchi di Kyojuro con decisione.
Il Pilastro della fiamma sentì dei brividi percorrerlo per intero, scorrergli lungo la colonna vertebrale e concentrarsi nuovamente tra le sue gambe. Trovava il modo di parlare di Akaza maledettamente sensuale. Aveva le orecchie bollenti e il fiato del demone contro il suo padiglione auricolare destro lo faceva fremere senza ritegno. Quasi gemette, quando le dita tatuate di Akaza gli spostarono una ciocca di capelli finendo per sfiorare la pelle accaldata di quel punto.
«E va bene! Ma solo perché non ne posso più di questo corpo che fa ciò che vuole, che mi va stretto e non mi fa sentire me stesso.» Acconsentì Kyojuro, abbandonandosi nuovamente al volere del demone.
Akaza lo fissò con un sorriso sornione sulle labbra, compiaciuto per la facilità con cui l'altro aveva dato il suo consenso. Aveva provato, in un certo senso, a resistere all'impulso di prendersi gioco di lui, a non sfiorare quel corpo femminile che lo aveva chiamato a gran voce sin da quando l'aveva visto, come una sirena ammaliatrice, ma la voglia di vederlo arrossire deliziosamente e di saperlo in balia di un vortice di sensazioni ed emozioni diverse dal solito aveva preso il sopravvento. Il pensiero che da lì a breve lo avrebbe avuto tutto per sé – perché aveva già deciso che l'altro fluido corporeo con cui avrebbero provato altro non poteva essere se non il suo sperma – lo fece fremere, mandandogli scariche di piacere dritte tra le gambe, dove la sua erezione si stava già risvegliando.
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