Chapter 6: Sul Tetto, sotto al Sole
Katsuki non era mai stato una persona in grado di ingoiare l'orgoglio e porgere la propria guancia per le dovute scuse. Dopo quell'episodio fuori il liceo, Izuku sembrava aver messo un muro con lui.
Aveva smesso di salutarlo festosamente nel cortile della scuola, non lo guardava più in classe o in palestra e non veniva neanche sul terrazzo a mangiare il pranzo.
L'Omega aveva passato la gran parte delle prime ore a fissarlo senza neppure nasconderlo, con il mento appoggiato sulla mano. Ma Izuku non aveva mai incrociato il suo sguardo; rimaneva rigidamente seduto, con lo sguardo vuoto e freddo puntato sulla lavagna.
Si è arreso, cazzo!
Katsuki si era messo a sogghignare, felice e trepidante per essersi scollato di dosso una simile cozza con la chioma come un groviglio di alghe ma dopo due giorni aveva a malincuore compreso che iniziava a fargli male.
Senza Izuku era sprofondato nella sua solitudine. Intorno a lui, i compagni di classe gli scorrevano dinanzi e nessuno veniva a salvarlo, tendendogli una mano, per farlo uscire dalla sua teca di cristallo.
Izuku invece veniva attorniato dalle comparse - specialmente ragazze - ma sorrideva di poco. Era evidente che avesse qualche problema.
– Che succede, figliolo?
Katsuki sussultò all'improvvisa voce di suo padre, fermo nel traffico. Si era estraniato ancora. Il suo psicologo gli diceva spesso che doveva concentrarsi e non perdersi in ricordi o brutti pensieri. Ma era complicato. A volte non gli dispiaceva toccare l'oscurità per capire se e quanto era divenuto più forte.
Il cielo che s'intravedeva nel tettuccio era cupo e dal finestrino poco aperto arrivava un odore di smog e umidità. Tra non molto sarebbe venuto a piovere.
Katsumi stava ancora poppando al suo petto ma aveva rallentato ed ora aveva gli occhi socchiusi. Si sarebbe presto addormentata con la pancia piena.
– Che fine ha fatto quel simpatico ragazzo dai capelli verdi che ti accompagnava sempre alla mia auto o a quella della mamma?
L'Omega incassò la testa nelle spalle, visibilmente colpevole. Masaru non lo guardava, ma nel suo sguardo mite si leggeva che avesse già capito tutto. E mentre canticchiava una canzoncina di un cartone animato che guardava sempre Katsumi durante la mattina, batteva le dita sullo sterzo.
– Ci ho preso, allora.
– L'ho trattato di merda.
Katsuki raccontò tutto; per la prima volta decideva di denudarsi totalmente e spiegare ogni cosa, dalla rabbia immotivata provata per l'eccessiva vicinanza di Izuku a sua figlia, al senso di colpa che stava provando da giorni e infine a quello di vuoto che lo stava divorando.
Solo in mezzo a tanti.
O meglio, tante comparse.
Masaru gli scompigliò i capelli quando finì, i suoi occhi non si erano staccati neanche per un momento dalla strada. Aveva finalmente iniziato a piovere: il parabrezza si riempì velocemente di goccioline simili a tanti frammenti di diamanti e l'asfalto si dipinse del rosso e del bianco dei fanali posteriori delle auto.
– Vorresti scusarti ma non sai proprio come fare.
Katsuki annuì solenne. Katsumi si era addormentata.
– Prova a parlargli semplicemente.
Facile a dirsi. Izuku sembrava inafferrabile per i suoi gusti!
– E come?
– Troverai la risposta, figliolo. Stasera la mamma cucina il sukiyaki.
– Perchè? Mica si festeggia qualcosa?
Masaru non gli rispose mai; aveva ripreso a cantare.
Katsuki si mise a guardare fuori dal finestrino...
... improvvisamente gli era venuta un'idea.
Prendere per la gola l'Alpha!
***
Il cuore di Katsuki riecheggiava sotto lo sterno con la stessa forza di un batterista che batte sui tamburi.
Il motivo? Non era abituato a cercare gli altri, specie per condividere qualcosa. Al sol pensiero, i suoi cupi occhi caddero sul bento tra le mani che tremolavano un po'.
Si era alzato prima del previsto, aveva cucinato diverse cose gustose, dagli onigiri, alla frittata a rotolo, i wurstell a forma di polipo, alle mele-coniglietto. Katsuki sarebbe morto di imbarazzo se avesse saputo che i suoi genitori l'avevano guardato in silenzio e ridacchiato al suo buon cuore.
La porta ignifuga si aprì cigolando e una chioma verde fece capolino.
Katsuki si alzò in piedi, con uno sguardo di chi attende una sentenza. Incrociò quelli un po' spenti di Izuku e tra di loro seguitò un lungo momento di silenzio e rigidità.
Il biondo era baciato dai raggi del sole; le sue ciocche sembravano risplendere e ricordavano il color dell'oro. I suoi bei rubini rossi si erano trasformati in gemme dai filamenti arcobaleno.
Izuku, invece, era all'ombra. I suoi occhi sembravano quasi nerastri, come ossidiane e i capelli umidi grondavano gocce d'acqua che prima di sparire nel colletto della camicia riflettevano il cielo azzurro come gemme.
L'Omega era colpito dai capelli tirati indietro del giovane, sembravano più lunghi ora che pendevano verso il basso e non immaginava che l'Alpha avesse una tale bella fronte larga.
Al sol pensiero sentì le guance improvvisamente e misteriosamente bruciare.
– Ho cucinato io, tu mangi!
Izuku e lo stesso Katsuki ebbero la medesima impressione: sbigottimento. Quelle poche e perentorie parole erano sbucate dalla bocca dell'Omega così velocemente che lui stesso faticava a rendersene conto e a trovare almeno un valido perché. Aveva anche urlato tra l'altro.
Dopo tanti giorni, un sorriso sbocciava sulle labbra di Izuku.
Il giovane lasciò velocemente le ombre e al sole brillò come il più prezioso dei diamanti. Katsuki fu costretto a fare un passo indietro, accecato, e con una mano stretta sulla camicia, proprio dove il cuore era in procinto di esplodere.
– Davvero, Kacchan? Io ho dimenticato il pranzo.
– Perfetto. Allora ti mangi quello che ho preparato senza fare storie!
Katsuki stava facendo di tutto per non mostrare le guance rosate dall'imbarazzo - e una certa immotivata gioia -. I due si sedettero accanto, sotto il bel sole caldo.
Quando l'Omega aprì il bento, gli occhi dell'Alpha non solo brillarono stupiti ma il suo stomaco gorgogliò rumorosamente. I due si guardarono per un momento, per poi scoppiare a ridere. Improvvisamente, quella barriera tra di loro era scomparsa.
Tra le bacchette scure Katsuki aveva preso un generoso pezzo di frittata al cavolo e ora la teneva a mezz'aria, con l'altra mano pronta a evitare di far cadere in terra il buon cibo. Izuku inclinò il capo come un docile cagnolino.
– Itadakimasu!
Il cibo sparì nella sua bocca e il cuore dell'Omega si mise di nuovo a galoppare. Nervosamente aspettò che l'Alpha assaporasse e deglutisse.
Izuku si leccò le labbra stavolta come un micio e un enorme sorriso sbocciò sulle sue labbra umide.
– E' la frittata più buona che io abbia mai mangiato! Complimenti, Kacchan!
E le gote del biondo diventarono rosse esattamente come le bucce delle fette di mela. A nulla valse il tentativo di nasconderle girando altrove il capo e incassando un po' la testa nelle spalle. Izuku stava guardando il resto del cibo con fame crescente.
Katsuki quel giorno non toccò cibo ma nonostante tutto si sentì felicemente sazio. Imboccò il verdino e a cibo finito scoprì che la sua compagnia gli era misteriosamente mancata.
Era il momento di chiedere perdono...
– Scusa, va bene?
Izuku non ebbe bisogno di farsi spiegare il motivo di quelle parole. Allungò timidamente la mano sul suo capo e accarezzò i setosi capelli con uno sguardo addolcito.
– Non preoccuparti. Ero stato troppo precipitoso.
Katsuki scosse leggermente il capo. Poteva rivelargli il segreto di Katsumi? Forse no. Probabilmente stava abbassando troppo la guardia e Izuku l'avrebbe ferito quando meno se lo sarebbe aspettato.
D'un tratto, il verdino gli toccò la mano con dolcezza, cercando i suoi occhi. Katsuki ne rimase colpito ma non si pronunciò.
– Non so a cosa tu stia pensando ma puoi fidarti di me.
Il biondo si alzò improvvisamente, raccolse con furia le sue cose e lasciò Izuku da solo, sbattendo la porta.
L'Alpha si passò una mano tra i capelli umidi e guardando l'azzurro cielo sospirò con un po' di gioia. Era felice di essere riuscito a riavere l'amicizia di Katsuki.
– Gochisosama deshita...
Izuku si sfiorò le labbra e uno sguardo tenero. Katsuki lo aveva colpito con una facilità disarmante. E non vedeva l'ora di accrescere sempre più quella magnifica amicizia...
Katsuki ansimava pesantemente, appoggiato con la schiena contro il muro e con lo sguardo rivolto alla seconda porta che conduceva all'interno della scuola. Era scappato come un tornado ma non era riuscito ad allontanarsi totalmente.
Stringeva il bento vuoto al petto dove il cuore non accennava a placarsi.
Perché si sentiva le gambe come gelatina e di svenire?
Ora che iniziava a rendersi conto di aver imboccato Izuku come una brava mogliettina, comprendeva quanto fosse stato imbarazzante. Lasciò in silenzio la rampa di scale e si allontanò a passo cadenzato lungo il corridoio dei piani più alti del liceo.
Nonostante tutto, però...
... non gli era dispiaciuto.
Katsuki si mise a correre: i suoi occhi brillavano come pietre preziose e il suo Omega interiore faceva le fusa. Dopo tanto tempo...
... posso avere davvero il diritto di sorridere?
*Gochisosama deshita = Grazie per il pasto.
Angolo di Watchie
Piano piano, un pezzo alla volta e quella teca di cristallo non ti racchiuderà più.
Grazie per tutti coloro che seguono questa storia, le prossime e le passate. Mi rende felicissima! Prossimamente le cose si faranno decisamente movimentate, quindi Stay Tuned!
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