Chapter 18: Lì, sulla Spiaggia
Le cicale rumoreggiavano, il vento caldo faceva muovere la campanellina appesa alla porta che conduceva sul giardino. Katsuki era seduto sul davanzale della finestra del soggiorno, quella del piano inferiore e guardava Katsumi che sedeva su una tovaglia sull'erba e giocava con il panda.
I giorni si erano susseguiti, tramutandosi in settimane lunghe e prive di qualunque stimolo.
A volte stringeva strettamente l'orsetto che profumava più debolmente di Izuku, in altre si diteggiava e rigirava distrattamente il braccialetto che non aveva tolto una singola volta. Se lo avesse fatto avrebbe certamente reciso l'ultimo filo sottilissimo che ancora lo legava a Izuku.
Quando alzava gli occhi ed era preda del suo dolore, non vedeva niente del mondo esterno bensì un mare nero. Sotto i suoi piedi nudi un lieve alone di luce bianca e il filo trasparente che correva in avanti. Ma lui aveva paura di superare quel mare di tenebre in cui, curiosamente, si era sempre rifugiato.
Quello di Katsuki era ormai un universo vuoto, plasmato dall'apatia più totale. Aveva smesso di parlare, mangiava solo se forzato e se ne stava sempre in camera sua, a guardare il nulla mentre accarezzava il braccialetto del verdino che mai aveva tolto. I suoi genitori si occupavano di Katsumi ma quando la piccola piangeva, lui la teneva tra le braccia e la dondolava, senza fare altro, finché il pianto non smetteva. I suoi occhi rossi, puntati al nulla, si riempivano di lacrime ma queste non cadevano.
Quando riacquistava un guizzo di vitalità, controllava se magari l'Alpha gli aveva scritto qualcosa. Ma non c'era nulla, neanche una chiamata o uno squillo per sbaglio. Il biondo aveva perduto Izuku e niente avrebbe cambiato le cose.
— Povero Katsuki...
Mitsuki non sopportava più di vedere suo figlio in quello stato catatonico che tanto gli ricordava il buio periodo post-stupro.
— Masaru! Dobbiamo cercare di parlare con Izuku e risolvere la situazione!
— Ascoltami, cara... Sono andato a casa del ragazzo ma non c'era nessuno. Mentre me ne stavo andando, una gentile anziana mi aveva detto che madre e figlio erano partiti per una breve vacanza, ma non so dove.
— E quando ci saresti andato?
— Ieri pomeriggio. Non ho voluto dirti nulla perché speravo di avere qualche buona notizia soprattutto per il nostro Katsuki.
— Tu e le tue manie di fare sorprese...
Mitsuki gli prese dolcemente il volto tra le mani e lo guardò teneramente, nonostante l'avvolgente penombra del piano superiore. I primi gradini della scala erano illuminati dalla luce che proveniva dalla vetrata del salotto.
Suo marito aveva il dolore negli occhi, non si rassegnava al fatto di aver quasi permesso una tragedia con la loro nipotina. Aveva anche contribuito a sfaldare il bel legame tra Izuku e Katsuki e non c'era giorno in cui non se ne sentisse in colpa.
— Mi dispiace tanto, tesoro mio... cosa posso fare per risolvere tra i ragazzi?
— Onestamente non lo so, Masaru, ma ho un'idea. Perché non portiamo Katsuki e Katsumi al mare? Magari staccare la spina farà bene a tutti quanti noi.
L'uomo si appoggiò al palmo della moglie, con gli occhi socchiusi. Era una buona idea, tra l'altro aveva a disposizione ben due settimane e mezzo di ferie arretrate da usare. Sua moglie gli accarezzava teneramente le guance.
— Non piangere, caro. Non è colpa tua. Risolveremo in qualche modo.
Masaru affondò il viso nella spalla di sua moglie. In quei momenti si sentiva davvero fortunato ad avere una donna così nella sua vita.
Quando si era fermato dinanzi al condominio dove abitava Izuku - Katsuki aveva parlato per tutto il giorno di quanto fosse accogliente l'appartamentino nonostante l'apparenza di tante abitazioni tutte uguali e lui aveva capito l'ubicazione - aveva tentato di presentarsi improvvisamente a casa Midoriya.
Solo che poi, quando aveva parlato con l'anziana donna e l'aveva aiutata a portare fino dinanzi alla porta due pesanti confezioni d'acqua, si era reso conto che avrebbe fatto un buco nell'acqua. Madre e figlio erano temporaneamente andati via.
— Dove ci porterai di bello, papà?
L'uomo baciò la donna sulle labbra, adorava essere chiamato in quel modo perché gli ricordava quando Mitsuki gli aveva mostrato il loro Katsuki appena nato e gli aveva detto "Che cosa ne pensi del nostro capolavoro, papà?".
— In un bel posto.
— Allora inizio a preparare i bagagli per domattina. Partiremo presto. Compreremo qualche costumino per la bimba strada facendo.
— Certamente. Intanto vado a vedere come sta Katsuki.
— Io riprendo Katsumi; si sta avvicinando l'ora della merenda.
Masaru rimase ancora un attimo a guardare sua moglie che correva a braccia aperte verso la bimba e la faceva ridere, per poi sollevarla in braccio e dondolarla.
Sono così fortunato di avervi nella mia vita...
L'uomo aveva la speranza di trovare suo figlio magari un po' più vispo, invece scoprì che questo si era steso sul divano, con un braccio sugli occhi, che dormiva. L'orsetto di Izuku era ancora tra le sue braccia e nascondeva metà del volto del ragazzo, accompagnato da lacrime ormai secche.
— Risolveremo, figliolo. Stanne certo.
— Izuku...
L'uomo sussultò un po', a quanto pare le sue carezze ai morbidi capelli biondi erano sembrate quelle di Izuku. Delicatamente gli cancellò una lacrima dalla guancia. Tutto quello che voleva era far ricongiungere suo figlio a quel bravo ragazzo che aveva salvato Katsumi... e lo stesso Katsuki dalle tenebre.
***
https://youtu.be/cms8htVpv_o
Katsuki era completamente estraneo a ciò che lo circondava.
Lui e la sua famiglia erano partiti in piena alba e non aveva fatto altro che vivere a rallentatore le prime luci di un nuovo giorno, la sosta al centro commerciale per rifocillarsi, svuotare la vescica, nutrire e cambiare Katsumi e gli acquisti compulsivi di sua madre per dei costumini per la piccola.
Non aveva mai prestato attenzione, neppure quando suo padre lo aveva aiutato a mettersi un bermuda verde, con delle foglie di palma aranciate e l'aveva dolcemente spinto verso degli ombrelloni.
Il mare azzurro aveva brillato per tutto il giorno e ora si era tinto dell'arancio del tramonto. Il vento soffiava, il rumore delle onde crepitava e l'odore degli okonomiyaki di un chioschetto poco distante si districava in invisibili scie nell'aria.
Katsuki chiuse le palpebre, il mare era rimasto impresso nei suoi occhi e ora lo vedeva anche con il potere dell'immaginazione. In una folata di vento caldo delle lacrime rigarono le sue guance smorte.
Gli faceva così male il cuore che non poteva più respirare, soffocava sotto il peso del dolore e di un rifiuto che forse mai avrebbe imparato ad accettare.
Izuku gli mancava ogni giorno di più e niente avrebbe cambiato la sua punizione.
Improvvisamente, un odore portato dal vento s'insinuò beffardo nelle sue narici. Katsuki spalancò gli occhi, forse incredulo, forse colpito... dinanzi a lui non c'era che sabbia, qualche sporadico ombrellone e qualcuno che camminava.
Dischiuse la bocca, annaspando.
La prima crepa nella sua teca di cristallo che lo proteggeva dal mondo esterno si fratturò.
Fece un passo, scavando nella sabbia.
Poi un altro, i granelli dorati erano pesanti sotto ai suoi piedi e caldi.
Un'altra rottura: i suoi occhi acquistarono più vitalità.
Stava già correndo, con qualcosa di zampillante in fondo al cuore: la speranza. Se quello era un sogno non voleva più svegliarsi e finché avrebbe avuto la forza di correre, lo avrebbe raggiunto.
Katsuki protese la mano; improvvisamente quella schiena nuda non gli sembrava così lontana. Si fermò, con la guancia contro la pelle calda, il battito di un valoroso cuore in un orecchio e un odore mai dimenticato nelle narici.
— Izuku...
Finalmente il cristallo si era infranto rumorosamente, i frammenti cadevano intorno a lui come pioggia e l'oscurità veniva bucata da linee nette di luci. Una gli colpì un occhio ma non fece male: Katsuki era pronto ad accogliere l'alba nel suo cuore.
Varcò lo strato di tenebre, si lasciò inondare e avvolgere dalla luce e quel filo svanì in una luce nel suo petto.
L'Alpha sembrava avere i capelli leggermente più lunghi sulla nuca e si era forse allungato in altezza? Giusto qualche centimetro in più rispetto all'Omega. Era rimasto uguale, forse più snello: lo vedeva dalla vita, senza un filo di grasso.
Izuku non si voltò, era semplicemente rimasto fermo con le mani lungo i fianchi e aperte. Katsuki gli prese timidamente un mignolo.
— Non scappare, ti prego. Voglio spiegarti come stanno le cose. Ascoltami, non chiedo altro. Rimani anche così, non c'è bisogno che tu mi guardi.
Katsuki lo fece, senza aspettare un consenso o un diniego. Vuotò il sacco. Raccontò ogni cosa e per la prima volta lo fece di sua spontanea volontà; narrò del suo terribile stupro, dalla gravidanza accidentale, alla nascita di Katsumi e ancora, di quanto fosse stato sempre spaventato di dire la verità. Gli spiegò di come inizialmente il verdolino l'avesse infastidito con i suoi tentativi di stringere amicizia con lui, un Omega sporco e rotto ma poi ben presto lui l'aveva portato via dal suo mondo di tenebre.
— Quando mi hai raccontato della violenza subita da tua madre avrei voluto dirti della mia ma avevo paura. Non ero pronto.
Izuku, durante il racconto, gli aveva stretto dolcemente la mano nella sua e solo adesso Katsuki se ne stava rendendo conto.
— Grazie per aver salvato Katsumi. Era ciò che volevo dirti... oltre al fatto che ci ho pensato su bene e sono arrivato alla conclusione che non è amicizia la mia... ma qualcosa di più verso di te, Nerd. Non so cosa sia, so solo che mi fa stare bene... e senza di te non può funzionare.
Izuku si voltò lentamente, il tramonto colorò il suo occhio sinistro d'arancio e per Katsuki fu come ammirare un tesoro prezioso.
— Mi dispiace, Kacchan... ho sbagliato, ho veramente pensato che tu...
— Lo so, avrai dato ragione alle parole di quella sgualdrina. Settimane fa, Capelli di Merda mi aveva scritto che quella stronza si era inventata tutto ma puntualmente non poteva sapere che in parte era vero.
Izuku lo abbracciò improvvisamente, con le lacrime che scorrevano libere sul suo viso. Katsuki s'irrigidì sotto al suo tocco che gli era così tanto mancato. Il tono con il quale erano uscite le parole dal biondo non erano state velenose o come un'accusa, bensì rassegnate e accompagnate da un amaro sorriso.
— No, non è vero. Tu non sei né sarai mai così, Kacchan. Ora capisco molte cose! Dimmi, quando ci siamo baciati e sei scappato... era stato per la tua cicatrice, non è così?
Katsuki non rispose, Izuku capì che ci aveva preso.
— Ne, Izuku... Lo pensi davvero?
Che non sono quel tipo di Omega? Rotto o facile?
Lo pensi davvero, Izuku?
— Non solo lo penso davvero...
Izuku gli prese il volto tra le mani e in un baleno lo baciò dolcemente. L'Omega gli si aggrappò ai polsi, forse un po' incredulo, forse perchè aveva paura. L'Alpha gli portò un braccio dietro alla schiena senza mai lasciarlo.
Le labbra schioccarono quando si lasciarono, solo per il fastidioso bisogno di prendere aria. E probabilmente - anzi, sicuramente - lasciar agli occhi il compito di accertarsi che quello non era un sogno.
— ... io lo so. So chi sei e so quanto vali, Katsuki Bakugo. Ti avevo promesso che, anche con mille segreti, non ti avrei lasciato ma...
All'Omega, per la prima volta, non importava di farsi vedere in lacrime: dopotutto erano di gioia. Gli mise la mano sulla bocca, scuotendo il capo.
— L'ho capito. Anche io sarei andato via.
— Ma questo non cancellerà mai il fatto che sia stato doloroso.
— Non solo per me...
Izuku gli baciò ancora le labbra che si erano colorate di rosa acceso.
Non solo per te, Kacchan...
E' stato terribile.
— Mi sei mancato tanto, Kacchan. Mi dispiace davvero tanto per tutto...
— Sì, anche tu, anche a me. Ma me la sono cercata. Non avrei mai dovuto mentirti.
Izuku lo strinse ancor di più tra le sue braccia. In quel momento, temeva di poter vedere Katsuki scomparire da un momento all'altro. Quando si era allontanato dal biondo, qualcosa in lui aveva tirato dolorosamente nel petto. Per un attimo si era voltato per vedere che cosa ed aveva scorto un filo sottile che conduceva verso la scuola. Rabbiosamente, colmo di collera e con il cuore che si sgretolava, lo aveva afferrato ed era riuscito a strapparlo. Un sordo dolore nell'anima lo aveva costretto in ginocchio ma si era ugualmente allontanato rapidamente.
Izuku non pensava che venire al mare - idea di sua madre, tra l'altro - gli avrebbe permesso di ricongiungersi a quell'Omega mai dimenticato.
Inko aveva capito che la sofferenza di suo figlio era dovuta all'amore. L'aveva guardato ogni giorno, dopo la fine della scuola, fino a che non aveva più potuto rimanere in silenzio e impotente. Aveva abbracciato teneramente suo figlio al petto e baciatogli i capelli.
— A volte, abbiamo bisogno di una pausa. Izuku, che ne diresti di andare al mare?
Il ragazzo dagli occhi vuoti e il cuore polverizzato nel petto non disse nulla.
— Cambiamo un po' aria, tesoro mio. Ne abbiamo bisogno tutti e due.
Izuku strinse con forza l'Omega improvvisamente così piccolo contro il suo corpo. Aveva voglia di piangere ed urlare, implorare perdono e vomitare via quell'asfissiante colpevolezza che stava crescendo nel suo corpo.
D'un tratto, capì. Il filo era sempre stato collegato a Katsuki!
Ma se l'aveva strappato...?
Izuku non avrebbe mai saputo che quel filo si era ricostruito giorno dopo giorno, per mezzo del suo amore e dei suoi sentimenti. E così come quello di Katsuki, allo stesso modo. Le estremità si erano ritrovate e poi unite, divenendo un solo barlume di speranza per farli ricongiungere.
— Che cosa mi avevi detto sul tetto della scuola?
Il verdino spalancò gli occhi arrossati da nuove lacrime non versate.
Le spire scure si ritirarono velocemente nel suo petto, sbriciolandosi.
Guardò Katsuki, bellissimo e tenero, con un lieve broncio. Era bastato solo sentire la sua voce per uscire da quel covo di ombre?
Gli veniva da sorridere.
Izuku espirò dolcemente dal naso: era ora di ammettere anche lui un segreto. I capelli di Katsuki erano così soffici che non resistette ed accompagnò una piccola ciocca dietro un orecchio. Una fusa risuonò dal petto e la gola del biondo. Imbarazzato, aggrappato alle spalle dell'Alpha, chinò la testa ma l'altro sorrise teneramente.
— Che mi piacevi moltissimo.
Katsuki deglutì, gli occhi ampi e spalancati, le mani strinsero di più sulle spalle dell'Alpha gentile.
— O... ora non più?
Izuku gli cancellò una lacrima dalla guancia e scosse il capo. Il cuore dell'Omega si fratturò un'altra volta ma in fondo se lo sarebbe dovuto aspettare. Essere perdonato da Izuku così facilmente? Quel bacio non aveva significato nulla!
Pianse a denti stretti, incredulo e addolorato, tradito dalla sua stessa flebile speranza di riavere l'amicizia di Izuku.
Il verdino espirò ancora, quant'era dolce Katsuki?
— Ora non è più la stessa cosa.
Izuku gli sporse verso l'altro orecchio, esitando un po'.
— Ora ti amo più che mai.
Katsuki guardò l'Alpha negli occhi...
... non una menzogna! Era tutto vero! Davvero?
Non era un sogno, giusto? Ma sì! Sì, che stava solo sognando! Non era possibile!
Guardò di nuovo, Izuku non gli stava mentendo; tra l'altro i suoi occhi luccicavano di quel nobile sentimento.
Non sto sognando!
Katsuki deglutì, i suoi occhi erano così grandi e vividi adesso, come quelli di un micio. Non era l'amicizia quella che voleva in fondo... ma amore. I suoi occhi si fecero lucidi più che mai e gli vibrò il cuore nel petto.
— Fin dal primo momento che ti ho visto ho capito che eri, sei e sarai sempre il mio Omega.
Quindi è questa la sensazione che mi faceva stare bene?
Katsuki fissò incredulo Izuku, mentre si poggiava la mano sul cuore. L'Alpha annuì. Era proprio amore.
So che cosa fare, Izuku...
— Mordimi!
Izuku sussultò per via di quella richiesta improvvisa; stavolta nello sguardo color rubino aleggiava una grandissima determinazione che lo spaventava e ammaliava allo stesso tempo.
L'Omega sbuffò un po': perché il verdino stava esitando? Brutalmente, gli afferrò i lati del viso e si portò la bocca sulla sua ghiandola nuda.
— Mordimi, Izuku! Perché non voglio altri Alpha al di fuori di te! Io ti amo, stupido Nerd, hai capito? Ti amo fottutamente troppo!
Le palpebre dell'Alpha erano socchiuse, celavano in parte i suoi smeraldi pregni di gioia. Il sorriso sulle sue labbra era innamorato. Annuì lentamente.
Basta indugiare!
Izuku obbedì a quella richiesta, con un lacrima di commozione lungo la guancia.
In quel giorno di agosto, sulla spiaggia, con un tramonto meraviglioso come sfondo, un Alpha e un Omega suggellarono un patto importante.
Diventarono una cosa sola, uniti da un legame che non si sarebbe mai più potuto spezzare...
Angolo di Watchie
Ufficiamente questa è la fine della storia ma c'è ancora un piccolo pezzettino.
Domani l'epilogo, con il 19esimo ed ultimo capitolo.
Ho in programma diverse storie, quindi con un po' di pazienza le porterò tutte.
Mi farò attendere con il sequel, perché devo capire come strutturarlo. Watchie vi terrà compagnia!
Grazie micini affettuosi! A domani!
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