29 - Noah Hudson
Iris si era sorpresa quando, rientrando in camera, aveva trovato due giovani ragazze della servitù ad attenderla con il compito di aiutarla a prepararsi per la cena.
Nessuno si era mai preso cura di lei in quel modo e, passato il primo imbarazzo, Iris si era lasciata svestire e rivestire, acconciare i capelli in una pettinatura che non avrebbe mai potuto farsi da sola, ed era persino rimasta immobile mentre una delle due ragazze aveva applicato minuziosamente sul suo viso del trucco che non aveva mai toccato la sua pelle prima di quel momento.
Quando un paggio andò a bussare alla sua porta per portarla alla sala dove si sarebbe svolta la cena, Iris era già pronta da diversi minuti, incapace di distogliere lo sguardo dalla sua figura riflessa nello specchio.
Sono davvero io?
Faceva fatica a riconoscersi dietro quella maschera: non aveva mai indossato un vestito del genere, elegante e raffinato, e non era mai stata curata in quel modo nell'aspetto.
A Intelli era stata solita indossare sempre comodi e semplici vestiti di cotone, non aveva mai avuto il tempo di imparare l'arte del trucco e i suoi capelli neri le erano sempre caduti disordinati sulle spalle, nessuna acconciatura elaborata se non per una pratica coda per cercare conforto contro il caldo.
Gettando un'ultima occhiata allo specchio, Iris dovette ammettere che non le dispiaceva affatto quella nuova immagine di sé: le dava un'aria matura, quella di una giovane donna perbene e, contrariamente a quanto si era aspettata, non se ne sentì a disagio.
Si sentiva, incredibilmente, sé stessa.
Prese un ultimo respiro profondo e andò alla porta, per poi uscire e seguire il paggio lungo il corridoio. Si fermarono a recuperare Victoria che, quando la vide, le sorrise entusiasta e la strinse in un abbraccio senza preoccuparsi di spiegazzare il suo vestito.
«Sei fantastica, Iris» le sussurrò all'orecchio.
Iris ricambiò la stretta, e quando si allontanarono osservò l'elegante e maestoso abito dorato che aveva addosso: insieme al suo viso angelico e i suoi capelli biondi, contribuiva a donarle quell'aria da futura principessa come mai le aveva visto prima.
«Tu sei fantastica» ribatté, sorridendole genuina.
Victoria si strinse nelle spalle. «Possiamo essere fantastiche entrambe» le rispose, facendole un veloce occhiolino.
La prese sottobraccio e poi si incamminarono dietro il paggio, seguendolo per i corridoi e le scale in religioso silenzio. L'ansia di Iris accrebbe a ogni passo nuovo che la avvicinava alla sala grande.
A differenza di Victoria, lei non era stata cresciuta e educata a cene sontuose, a intrattenere principi e diplomatici, ad apparire perfetta all'etichetta. Un conto era affrontare una cena tra dame della sua stessa età e intrattenersi per i tè in compagnia di Victoria, un altro era sedersi a tavola con una ventina di facce importanti e sconosciute.
«Andrà tutto bene» le sussurrò Victoria, una volta giunte davanti alla porta, come se fosse riuscita a percepire i suoi pensieri dalla postura rigida.
Le lasciò il braccio per fronteggiarla, gli occhi verdi splendenti di felicità.
«Verrai in mio soccorso se ce ne sarà bisogno, vero?» le chiese, la voce tesa quanto il corpo.
Victoria sorrise. «Sempre.»
Iris abbozzò un sorriso di ringraziamento, e poi si raddrizzò per cercare di trovare una postura il più possibile adeguata.
«Voi potete già entrare» le comunicò il paggio, spostando lo sguardo scuro solo su di lei.
Iris strabuzzò gli occhi, per poi lanciare un'occhiata impaurita a Victoria. «E tu?»
«Devo essere annunciata insieme al principe Simon» le rispose, dispiaciuta. «Ma è solo una questione di pochi minuti» aggiunse, prendendole le mani e stringendogliele forti per infonderle coraggio. «Arrivo subito.»
Iris deglutì, terrorizzata, e Victoria le fece un ultimo sorriso incoraggiante per poi darle le spalle e seguire il paggio dentro a una stanza che si affacciava dall'altra parte del corridoio.
Iris chiuse gli occhi.
Ce la puoi fare. Sapevi che avresti affrontato delle situazioni del genere quando hai deciso di seguire Victoria.
Il suo auto incoraggiamento le bastò per fronteggiare la grande porta chiusa. Fece un cenno con il capo ai due paggi che vi erano davanti e loro si spostarono, aprendo le due ante con un profondo inchino.
Iris entrò.
Quando una settimana prima era entrata nella sala dei troni, Iris aveva pensato che non potesse esistere una stanza più bella di quella ma, nel momento in cui i suoi occhi corsero attraverso la sala grande, si dovette ricredere. Dove la prima era di una semplicità e naturalezza disarmante, per il probabile intento di lasciare solo all'importanza dei troni la parola, la seconda era un tripudio di elementi che urlavano di essere guardati.
Le pareti di marmo lucente non erano lisce e naturali, ma ricoperte di ordinati bassorilievi che dovevano sicuramente raccontare una storia: Iris avrebbe voluto fermarsi e scoprirla, ma dalla quantità di immagini non avrebbe saputo da dove iniziare. I suoi occhi corsero poi all'alto soffitto, che era ricoperto invece di delicate decorazioni d'oro, molte delle quali richiamavano il sole dorato e i suoi raggi infiniti, lo stemma degli Hudson.
Una musica leggiadra faceva da sfondo all'ambiente reale, echeggiando in maniera perfetta sul parlottio degli ospiti.
Iris si sforzò a distogliere lo sguardo da quelle mura di storie per cercare la tavolata, che era disposta al centro della sala: vi erano già radunati i commensali, immersi in qualche chiacchiera tra vicini.
Nel momento in cui le porte si richiusero dietro di lei, molti degli sguardi si spostarono sul suo viso, rimanendovi poi fissi per scrutarla con vivo interesse. L'animo di Iris iniziò a pizzicare di aspettative e disagio, e sorrise nella speranza di riuscire a dimostrare la stessa sicurezza che emanavano gli altri ospiti, che apparivano ai suoi occhi perfetti per quel luogo.
Ricambiò i loro sguardi, facendo scivolare il proprio lungo i loro visi con una spavalderia che non sentiva veramente sua, ma nel momento in cui percepì che la loro attenzione si era spostata alle sue iridi, il sorriso di Iris iniziò a traballare e, con più disagio che appartenenza, allontanò velocemente gli occhi dalla tavolata alla ricerca di un punto fisso inanimato su cui soffermarsi.
Per sua fortuna, Linette la distolse dall'imbarazzo prima che si palesasse alla vista di tutti.
«Iris» la richiamò, facendole anche un gesto della mano per catturare la sua attenzione. «Da questa parte» continuò, quando i loro occhi si incrociarono. «Il tuo posto è proprio di fronte al mio e vicino a Isabel.»
Iris le sorrise, grata, e riprese i suoi passi per avvicinarsi alla sedia indicatele, mantenendo lo sguardo fisso in avanti.
Sono pronta per questa cena. Appartengo a questo posto tanto quanto loro, si disse, sorprendendosi poi per l'intensità e la sicurezza con cui la sua mente aveva portato in primo piano quel pensiero.
«Grazie, Linette» le disse, una volta raggiunto il suo posto.
La dama di compagnia della principessa Odette le sorrise amichevole, e poi si voltò verso la giovane donna alla sua destra che Iris non aveva mai visto prima di quel momento.
«Veronica, questa è la signorina Larson, la dama di Victoria Paddington» spiegò alla ragazza, che spostò curiosa lo sguardo su di lei. «Iris, lei è la signorina Berberi, la dama della principessa Livia Valsecchi.»
Iris inchinò leggermente il capo. «È un piacere.»
«Anche per me» le rispose Veronica, sorridendole radiosa. «Non ho mai avuto il piacere di conoscere qualcuno del regno dei Monvisi. E sono davvero curiosa di conoscere la futura sposa del principe Simon.»
Isabel si sporse in modo confabulatorio verso di lei. «Tu come il resto della corte dei Valsecchi, a quanto pare» le sussurrò. «Siete letteralmente corsi.»
Veronica rise leggiadra. «Sì, la decisione improvvisa della regina ha preso alla sprovvista anche noi. Ammetto che sono curiosa anche io del motivo per cui siamo dovuti correre qui. La principessa Livia ha le sue congetture, ma sua madre non ha rivelato niente.»
Isabel si raddrizzò. «E quali sono le congetture della principessa?»
Vanessa sorrise cordiale, facendo passare lo sguardo anche su Iris. «Quelle che immagino anche voi vi siete fatte, a un certo punto.»
Iris incrociò lo sguardo di Linette e capì che, come lei, doveva star pensando a quanto avevano discusso durante cena di qualche sera prima.
Vuole davvero anticipare il matrimonio di sua figlia per farla sposare prima del secondogenito?
Iris si sentì dispiaciuta per il primogenito degli Hudson: non solo sarebbe stato costretto a sposare una ragazza che non amava, ma adesso, all'improvviso, si stava anche formando la possibilità di doverlo fare prima di quanto si era aspettato.
Quanto si stava sentendo impotente?
Ci credo che era nero in volto, Victoria, pensò, ricordando a quanto le aveva detto la sua amica qualche ora prima.
«Io non ne sono convinta, onestamente» riprese Veronica. «O meglio, magari sarà anche per quel motivo, ma tutta questa fretta è comunque una sorpresa» spiegò. «Siamo venuti a conoscenza di questo matrimonio e dell'imminente arrivo della signorina Paddington più di un mese fa, come tutti, e la regina non ha mostrato alcun segno di interesse a venire qui a Huron. Poi, improvvisamente...» si interruppe, stringendosi nelle spalle.
Iris inarcò un sopracciglio davanti a quella considerazione a cui nessuno aveva effettivamente fatto caso. Avevano avuto un mese di tempo per annunciare il loro arrivo e mettersi in viaggio con la dovuta calma. Perché, invece, sembrava avessero deciso in tutta fretta di venire solo una settimana prima?
La musica leggera dell'arpa si interruppe, e una molto più potente e cerimoniale risuonò al suo posto.
«Stanno per entrare» sussurrò Matilde, seduta accanto a Veronica.
Il chiacchiericcio intorno a loro andava pian piano a diminuire, e Iris portò lo sguardo alla porta, smossa da curiosità ma anche da orgoglio: Victoria stava per fare la sua entrata in scena, presentandosi per la prima volta al fianco del principe Simon, e lei non stava più nella pelle nel vederla prendere con fierezza quel ruolo che l'aveva tanto spaventata.
Le porte si aprirono, e Maximillian fece il suo ingresso, spostandosi poi di lato per lasciare libero il passaggio.
La musica cessò.
«Re Mikael, regina Lisa e principessa Odette, della casata degli Hudson, e regina madre Nora Valsecchi» annunciò.
Quattro figure si fecero avanti nella sala, e Iris si trattenne dall'allungare il collo per avere una meglio visuale dell'ultima annunciata.
Accanto alla regina Lisa c'era una donna che non mostrava più di quarant'anni, una tiara splendente di diamanti intrecciata tra i suoi lunghi capelli neri. Le scivolavano sulla schiena come una cascata notturna, e Iris si sorprese della stretta che le chiuse lo stomaco quando osservò i suoi lineamenti affilati, le sue labbra tirate in un sorriso serio e i suoi grandi occhi ghiaccio che ostentavano regalità.
Agitata da quella forte emozione che si diramava dalle viscere ed echeggiava in tutti i suoi organi, Iris continuò a fissarla spaesata, attratta da qualcosa che non riusciva a identificare: era un volto sconosciuto, Iris non aveva mai visto di lei neanche un ritratto, eppure i suoi lineamenti le risuonarono conosciuti.
La regina Nora si avvicinò al tavolo senza guardare in faccia nessuno, come se stesse evitando di incrociare gli sguardi di quegli ospiti che si erano riuniti per festeggiare il suo arrivo, e prese a camminare nella sua direzione. Iris immaginò che il suo posto a sedere, e quello della regina Lisa che le camminava affianco, fosse uno di quelli liberi accanto a lei.
«Il Principe Simon Hudson e la futura principessa di Huron, Victoria Paddington» continuò Maximillian.
Iris, però, lo percepì appena, così come si perse l'entrata della sua amica che aveva aspettato con ansia, perché il suo sguardo non riuscì a distogliersi dai movimenti della regina di Rocheforte, che ormai aveva raggiunto la sua altezza.
Per quel motivo, e per quella sensazione viscerale che la incatenava a lei, Iris rotò il proprio corpo per non perderla di vista, e diede le spalle al tavolo. Fu a quel punto che la donna voltò con uno scatto il viso alla sua sinistra, lo sguardo sorpreso come se non fosse stata padrona di quel gesto, e quando le loro iridi entrarono in contatto, la regina si fermò sul posto come se avesse incontrato davanti a sé un ostacolo che le aveva bloccato la marcia fino a quel momento sicura.
Una sensazione di calore si espanse nell'animo di Iris per tutto il tempo del loro contatto visivo, mentre l'espressione regale della donna andava velocemente in frantumi sotto il suo sguardo, riempiendosi di umanità: le sue iridi azzurre si colmarono di amore, tristezza, dolore, e Iris percepì tutti quei sentimenti sulla propria pelle, che iniziò a fremere per l'intensità di quanto stava provando.
Nessuno se non le dirette interessate sembrò accorgersi del loro momento condiviso, e quando Victoria e il principe Simon le raggiunsero, la regina Nora abbassò le palpebre e distolse lo sguardo con lentezza, come se le stesse costando fatica.
Poi risollevò le palpebre e riprese la strada verso il suo posto senza più esitazione.
«Il principe Noah Hudson e la principessa Livia Valsecchi, futura regina di Huron» trillò Maximillian.
Victoria si sistemò al posto accanto al suo. «Stai bene?» le sussurrò.
Iris, che aveva continuato a girare su sé stessa per non perdere i passi di Nora Valsecchi, si ritrovò faccia a faccia con Victoria.
«Sì» mormorò.
La regina era arrivata alla sua sedia, lo sguardo chino al tavolo.
«Pensavo non vedessi l'ora di vedere la creatura mitologica» continuò Victoria, abbassando ancora di più il tono della voce per non dare modo a Simon di sentirla.
Iris strabuzzò gli occhi, cercando di ritornare in sé. Ma il suo cuore scombussolato sembrava continuare a chiederle di non distogliere lo sguardo da quel volto, non ancora.
Dopo solo un altro istante, però, Iris fu costretta a farlo perché il principe Simon prese posto accanto a Victoria, oscurandole la vista della regina.
Iris guardò Victoria, che la stava scrutando interrogativa, e si affrettò ad annuire, per poi voltarsi in direzione della porta.
Si sorprese quando vide che quella era già stata chiusa. Maximillian era scomparso dalla postazione in cui l'aveva lasciato, così Iris ripercorse con lo sguardo la tavolata fino a quando, accanto all'anziano che aveva già riconosciuto come il Monsignore, incontrò il volto di una giovane ragazza dagli stessi bei lineamenti affilati, gli stessi grandi occhi azzurri e gli stessi capelli notturni della regina Nora.
Livia Valsecchi.
La somiglianza con la madre era strabiliante, e Iris pensò che dovesse essere un accurato ritratto della giovinezza della donna.
Lo stesso senso di calore e familiarità che aveva provato nel guardare il volto della regina intorpidì il suo animo ma, a differenza di quest'ultima, la principessa non la guardò: il suo sguardo, interrogativo e in parte preoccupato, era fisso in avanti, al punto dove Iris sapeva si era sistemata la regina.
La presenza di Simon e Victoria, però, non le permise di vedere l'espressione sul volto della regina che aveva acceso di timore i tratti della figlia.
Iris abbandonò il volto della principessa per guardare il ragazzo che le era accanto, e dovette alzare il viso a causa della grande differenza d'altezza che separava i due.
Quando i suoi occhi misero a fuoco i lineamenti del primogenito, il corpo di Iris si congelò come se la tempesta di neve che imperversava all'esterno da quel pomeriggio avesse trovato uno spiraglio d'entrata nelle mura di quella sala marmorea e fosse arrivata per avvolgerla nella sua fredda presa.
Noah?
La sua mente galoppò mentre cercava di accostare l'immagine trasandata e informale con cui quel ragazzo si era mostrato a lei le volte in cui l'aveva incontrato, con quella perfetta e maestosa che stava invece indossando in quel momento. E nonostante la sua mente incredula e gli abiti differenti, il volto nella sua memoria e quello presente nella realtà si unificarono come unico.
Noah Hudson.
Iris si sentì mancare, e con uno scatto afferrò il polso di Victoria, impaurita di cadere a terra senza alcun sostegno a mantenerla in equilibrio. La sua amica sussultò, sorpresa da quella ferrea stretta.
La voce di re Mikael, però, le impedì di porre qualsiasi domanda. O forse la fece e lei non riuscì a sentirla, proprio come il discorso che il re aveva iniziato: Iris non percepì che un indistinto brusio di voci che non arrivarono però alla parte cosciente del suo cervello, gettato nel caos.
Il suo sguardo colmo d'orrore era fermo sul volto di Noah, che aveva invece il suo fisso in avanti. Iris, involontariamente, provò a seguire la sua traiettoria. Stava guardando le finestre, la notte rischiarata dalla candida neve.
Con uno spasmo di dolore, Iris ricordò la notte che avevano passato alla serra, quando, una volta usciti, erano stati sorpresi dalla neve e di come era stata rapita dal modo in cui lui aveva alzato il viso al cielo per farsi baciare dai fiocchi.
Noah Hudson.
Riportò lo sguardo al ragazzo, il respiro sempre più frammentato. Riusciva a vedere la rigidezza del corpo di lui, la stessa con cui l'aveva accolta la sera in cui si erano incontrati nel corridoio, la stessa con cui l'aveva lasciata l'attimo dopo il loro quasi bacio.
Con quel nuovo ricordo a occuparle la mente, le sue viscere si contrassero come se avessero preso a mangiarsi tra loro, e la sua mente si svuotò di ogni cosa se non delle notti passate con lui: le loro conversazioni si susseguirono velocemente alla ricerca di qualche possibile indizio che le era sfuggito, nella speranza di trovare un appiglio, un qualcosa.
Poi il respiro le si fermò del tutto quando si rese conto che non c'era niente da trovare, e che lui le aveva deliberatamente nascosto chi fosse.
Aveva sempre rifuggito le domande sulla sua occupazione, aveva liquidato la storia della sua infanzia affermando che era cresciuto lì perché i suoi genitori erano da sempre stati servitori della Corona, e lei si era rivista in quella breve storia, aveva rivisto sé stessa e i suoi genitori che erano stati sempre al servizio dei Paddington, e aveva sorriso quando aveva pensato che le loro storie avessero un punto in comune: anche lei era cresciuta nella casa di qualcun altro.
Ora, davanti all'evidenza, si rese conto che quella frase era stata un eufemismo: i suoi genitori erano la Corona.
E lui ne era l'erede.
Mai la sua mente aveva sfiorato quel pensiero, neanche una volta.
Per quale motivo avrebbe dovuto farlo?
L'aveva conosciuto sul tetto della reggia, evidente luogo della servitù degli Hudson, l'aveva incontrato sempre libero dalle sue vesti e, inoltre, nel breve tempo in cui era stata lì aveva conosciuto almeno quattro Noah differenti, cosa che non l'aveva sorpresa più di tanto. Aveva presto capito che era un nome molto utilizzato in quel regno, perché era il nome del suo futuro re.
Perché era il suo nome.
Noah Hudson.
Il cuore di Iris prese a martellare talmente veloce contro la gabbia toracica che pensò che presto sarebbe scoppiato.
Si era preso gioco di lei, non le aveva detto la verità nonostante doveva essere stato sicuramente al corrente che sarebbe stata presente alla cena, e ora non la stava degnando neanche di uno sguardo.
Sussultò quando Noah si girò verso destra e, contro ogni suo volere, l'animo le scalpitò di speranza.
Ma il ragazzo, il principe, non si voltò per guardarla, bensì per aiutare la ragazza di fianco a lui a sedersi.
E altre due realizzazioni scoppiarono all'interno della sua mente, una che aveva momentaneamente dimenticato e una che ancora non aveva preso in considerazione: la ragazza che aveva appena aiutato era la principessa di Rocheforte, la sua promessa sposa.
Iris si portò la mano che non teneva in ostaggio il braccio di Victoria allo stomaco, pensando che avrebbe potuto rimettere il suo animo su quella tavola ricca ed elegante.
«Iris» bisbigliò Victoria. «Sei sicura di stare bene?»
Iris, troppo impegnata a deglutire forsennatamente per rimandare indietro bile, animo e parole, non riuscì a risponderle.
In qualche modo, il sussurro della sua amica sembrò giungere alle orecchie di Noah, e Iris vide uno spasmo attraversargli il viso ancora piegato verso la principessa Livia.
Il ragazzo, il principe, si raddrizzò e, deglutendo, portò i suoi occhi scuri su di lei.
Nel momento in cui le iridi di lui trovarono le sue, la sua espressione, che fino a quel momento era stata rigida e tesa, si ruppe in un sentimento che Iris, troppo occupata a sopravvivere alla propria devastazione, non si preoccupò di decifrare.
I loro occhi si scontrarono per pochi secondi e poi Noah raggirò la sedia, come ad aver preso la decisione di muoversi, ma quando lo sguardo di lui si spostò dietro le sue spalle, si fermò.
L'attimo dopo, Iris sentì un tocco leggero posarsi sulle sue braccia, un contatto che la fece ridestare quanto bastava per farle rendere conto che tutti i commensali si erano già seduti e che i loro sguardi curiosi erano puntati nella sua direzione.
In piedi, accanto a lei, vi era Victoria, impossibilitata a sedersi a causa della sua mano che ancora le arpionava il braccio.
«Signorina Larson» la richiamò una voce pacata alle spalle che Iris riconobbe come quella del principe Simon. «Permettetemi di aiutarvi.»
Sotto il suo tocco rassicurante, Iris riuscì a lasciare il polso di Victoria, fidandosi ciecamente del principe, sapendo che non l'avrebbe fatta cadere a terra. L'aiutò a sedersi e la lasciò solo una volta sicuro che fosse ben ancorata alla sedia.
Poi aiutò allo stesso modo Victoria e prese il suo posto accanto a lei.
«Diamo inizio al banchetto!» esclamò re Mikael.
Solo quando la servitù si avvicinò a sciami verso la tavola per portare vassoi pieni di delizie creando confusione, Iris trovò il coraggio di riportare gli occhi su Noah, il cuore in gola.
Si era seduto e il suo sguardo, nuovamente teso e rigido, era tornato a guardare il più possibile lontano da lei.
.
.
.
Hi!
Breve intrusione per scusarmi dell'assenza! Sono stata via qualche giorno e non ho avuto modo di aggiornare. Da oggi, si torna regolari!
A presto,
G.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top