20 - Doveri

Era passata una settimana da quando la signorina Paddington e la sua dama erano arrivate a corte. E sebbene Folksir avesse visto molte volte in quelle lunghe giornate la prima ragazza, non poteva certo dire la stessa cosa per la seconda. Da quella prima volta nella sala del trono aveva incrociato Iris di sfuggita solo altre due volte: fuori dalla casa della divinità celeste, e quella mattina stessa, quando aveva visto le due giovani passeggiare insieme nel parco approfittando del raro tepore del sole che, in quella stagione fredda, faceva raramente la sua comparsa da dietro le nuvole sempre cariche di pioggia o neve.

Folksir non aveva quindi avuto ancora modo di presentarsi, né tantomeno di scoprire se il cammino di lei si fosse già incrociato con quello del principe Noah.

Sapeva che formalmente non si erano ancora incontrati – Iris aveva passato molto tempo con la principessa Odette e la regina durante i tè pomeridiani, ma si era ritrovata al cospetto di tutta la famiglia reale solo una volta da quando era arrivata, e Noah non c'era stato. Questo però non garantiva che non l'avessero fatto in altre circostanze.

Il fatto che il primogenito degli Hudson passasse da una settimana tutte le sue giornate al galoppo lontano da quelle mura, e che Iris sembrasse prediligere passare il suo tempo da sola piuttosto che stare con altre dame e avere così più probabilità di incontrare la nobiltà, erano cose che facevano sperare Folksir che quel primo contatto non fosse ancora avvenuto, e che una buona dose di fortuna stesse ostacolando il corso del loro destino.

Ma anche se così fosse, non era altro che rimandare l'inevitabile. Sarebbe accaduto.

Rilasciando un sospiro pesante, Folksir guardò la lettera che gli era arrivata la sera precedente e che aveva conservato nel cassetto della sua scrivania. Era la risposta a quella che lui aveva inviato sere prima, all'arrivo di Iris Larson alla corte degli Hudson, e, esattamente come lo era stata la sua, era breve, due sole parole impossibili da equivocare.

Sto arrivando.

Sapeva che non aveva il potere di fermarla, eppure desiderava farlo, desiderava chiudere le entrate di quella reggia alla regina madre Nora del vicino regno dei Valsecchi per proteggerla da qualsiasi altra idea la sua mente aveva macchinato. Aveva già perso troppo, aveva già rinunciato a troppo, e non c'era motivo che andasse lì per essere testimone del suo fallimento. Non c'era più niente che avrebbe potuto fare, non c'era mai stato niente da fare.

Folksir scosse la testa, tristemente, e riaprì il cassetto per riporre al sicuro la lettera. Lo chiuse a chiave e, come al solito, se la mise poi al collo, al sicuro. In quel cassetto c'era una vita di cui la famiglia Hudson non era a conoscenza e di cui mai avrebbe dovuto venire a conoscenza.

Il tempo di compiere quel gesto che la porta del suo studio si spalancò senza nemmeno un preavviso, e Folksir alzò lo sguardo sull'uscio, sorpreso di vedervi entrare a grandi passi il principe Noah, lo sguardo nero e furioso.

«Noah» lo richiamò, guardingo. «È successo qualcosa?»

Il ragazzo si fermò al centro della stanza, piantando le iridi nelle sue. «Tu lo sapevi?» gli chiese, irato.

Folksir inarcò un sopracciglio ma, prima di potere chiedere spiegazioni, dalla porta lasciata aperta entrò Re Mikael, lo stesso sguardo irato del figlio, e la regina Lisa, trafilata e mortificata.

«Non ti permettere più di andartene in quel modo!» sibilò il re, rivolto a suo figlio. «Neanche quando avevi sei anni abbiamo dovuto rincorrerti in questo modo! Dov'è finito il tuo rispetto?» domandò, alzando il tono di voce quasi fino a urlare.

Gli occhi del principe saettarono sul volto del padre. «Rispetto?» ribatté, allibito. «Proprio voi due parlate di rispetto, padre? Dov'è finito il vostro?» continuò, facendo passare lo sguardo su entrambi i genitori.

«Per l'amor della divinità celeste!» esclamò il re, e l'esasperazione soppiantò l'ira. «Ti rendi conto che ti stai comportando da bambino?»

La regina Lisa fece un passo in avanti, come a volersi mettere tra i due per mitigare l'aria bollente che avvolgeva padre e figlio. «Stai esagerando» esordì, rivolta a Noah. «Tutta questa rabbia per una notizia di poco conto...»

«Poco conto?» la interruppe Noah, allibito. «Tu lo sapevi?» gli chiese di nuovo, riportando lo sguardo su lui.

Folksir, ignaro di quello che stava accadendo, guardò il re quando lo intravide scuotere la testa.

«No, Noah. Folksir ancora non ne sa nulla. La comunicazione è arrivata un'ora fa.»

Noah scoppiò in una risata sarcastica. «Certo, metà della corte dei Valsecchi è già in viaggio ed è a qualche giorno di distanza da qui, e nessuno ne sapeva niente fino a stamattina» replicò, pieno di stizza. «Queste cose non si programmano dal nulla.»

Folksir ingollò un respiro pesante. Era di quello, allora, che si trattava. Doveva essere appena arrivata la lettera della regina Nora che comunicava il suo imminente arrivo a corte, una decisione improvvisa senza alcun apparente motivo. Era stato Folksir a fornirgliene uno otto sere prima, e la Regina si era messa subito in moto, senza neanche perdere tempo ad avvisare in anticipo la corte degli Hudson.

Gettò un'occhiata veloce al cassetto straripante di colpe.

«Non sappiamo il motivo di questa sua decisione» ammise la regina, dolce come sempre si era rivolta ai suoi figli. «Sarà curiosa di mettere gli occhi prima di tutti sulla sposa di Simon» continuò. Più sulla sua dama, pensò Folksir, amaro. «O forse qualche comunicazione di vecchia data è stata perduta e questa visita non è in realtà così improvvisata, ma decisa da mesi.»

Noah rimase in silenzio, l'espressione funeraria e gli occhi che continuavano a saettare senza sosta sui volti dei suoi genitori, non propenso a credere e a dare fiducia alle loro parole.

«Per la divinità celeste!» esclamò esasperato re Mikael. «Folksir, glielo dici tu che non stiamo complottando un matrimonio anticipato per lui e la principessa Valsecchi, per favore?» domandò, portando lo sguardo irritato su di lui.

Noah si irrigidì, punto sul vivo della questione.

Folksir spalancò gli occhi, cercando però di non fare trasudare la sua sorpresa. Nora stava portando a corte anche Livia? Per quale motivo? E se un matrimonio anticipato fosse proprio quello che aveva in mente? Secondo una logica fallace, quella soluzione avrebbe effettivamente potuto contrastare il progresso di quella profezia. Ma era solo un'illusione.

Non si può sfuggire al destino.

Cercando di tenere celati tutti i suoi dubbi, Folksir guardò Noah, che ora aveva occhi solo per lui, in attesa del suo responso. «Davvero credi che i tuoi genitori farebbero una cosa del genere senza dirtelo?» gli chiese, perché se nell'aria stava vorticando davvero l'idea di anticipare le nozze, sarebbe stata unicamente partorita dalla regina Valsecchi, non dai reali Hudson. Erano onesti, e avevano sempre tenuto conto, nei limiti del possibile, dell'opinione e dei desideri dei loro tre figli.

Noah si lasciò andare a un grugnito poco elegante. «Hanno deciso il mio matrimonio prima che nascessi» mormorò tra i denti. «Fai un po' i tuoi calcoli.»

Re Mikael sospirò esasperato. «Non ricomincerò un'altra discussione con te su questo argomento» ribatté, duro. «E poi, anche se stessimo prendendo in considerazione di farti sposare prima, cosa cambierebbe?» incalzò. «Tanto dovrà succedere.»

Lo sguardo tagliente del primogenito corse a suo padre, che lo sostenne con tutta la forza e l'eleganza del suo titolo. «Non prima ancora di un anno e tre mesi.»

Il re inarcò un sopracciglio e schiuse le labbra come pronto a ribattere, ma sua moglie intervenne posando una mano sul suo braccio. Scosse la testa in segno negativo, e Mikael serrò la bocca, limitandosi ad alzare gli occhi al soffitto.

«Lo sai che non prenderemmo nessuna decisione al riguardo senza prima consultarci con te, Noah» disse la regina, la voce rassicurante. «Ricordatelo.»

Noah considerò quella frase per diversi istanti di silenzio, poi slacciò le braccia che aveva tenuto strette al petto per quasi tutta la conversazione e rilasciò un sospiro arreso. «Certo, madre» proferì, sconfitto. «Vi chiedo scusa per la mia reazione» continuò, avvicinandosi a loro. «Mi ritiro nelle mie stanze, sono stanco. Spero perdonerete la mia assenza a cena.»

Il sorriso sulle labbra della regina raccontava della stessa tristezza che le si era fatta avanti anche negli occhi, ma annuì. «Vai, figlio mio. Buona notte.»

Il principe scoccò un bacio sulla guancia della madre e diede una leggera pacca sulla spalla del padre. «Buona notte» mormorò, con quella voce che aveva perso ogni accenno di combattività. Poi si voltò verso di lui. «Scusami il disturbo, vecchio mio.»

Folksir scosse la testa. «Nessun disturbo, Noah. La mia porta è sempre aperta per te.»

Noah gli riservò un sorriso cordiale e si mosse verso la porta che per tutto quel tempo era rimasta spalancata. Fortunatamente le sue stanze erano su un piano della reggia appartato e riservato. Quella conversazione irata dai toni alti non doveva essere arrivata alle orecchie indiscrete di nessuno.

Prima di uscire, Noah si fermò sull'uscio. «Non aspettatevi che sarò disponibile ogni giorno per dare attenzioni alla principessa Livia» chiarì. «Anzi, perché non le dite che sono oltreoceano per un'importantissima missione diplomatica?» domandò, il tono pacato ora colmo di scherno.

Nonostante avesse deciso di arrendersi per quella litigata, non si sarebbe mai arreso con facilità alla questione.

Folksir osservò il re alzare nuovamente gli occhi al soffitto. «E ti nasconderai nelle tue stanze per tutto il tempo della sua visita?»

Noah girò il viso sulla spalla, mostrando a loro il suo profilo e il maestoso ghigno che aveva preso posto sulle sue labbra. «Mi nasconderei per tutta la vita nelle mie stanze, se questo mi potrebbe impedire di sposarla.»

Consapevole che suo figlio non potesse vedere la stanchezza del suo volto, Mikael chiuse gli occhi. «Non testare ulteriormente la mia pazienza, Noah. Per oggi l'hai fatto abbastanza.»

Noah si raddrizzò in una postura perfetta da soldato. «Agli ordini, Vostra Maestà» ribatté, derisorio.

Uscì dalla stanza prima di dare tempo a suo padre di rispondere, chiudendosi dietro la porta.

Una volta rimasti soli, Mikael si lasciò andare a un sospiro molto pesante, palesando tutta la stanchezza che aveva abilmente tenuto sotto controllo davanti a suo figlio. Lisa, che non aveva mai distolto la mano dal braccio del marito, gli diede una lieve carezza di incoraggiamento.

«Ci è andata bene con il matrimonio di Simon, non possiamo aspettarci di vincerle tutte, vero?» mormorò Mikael, risollevando le palpebre. Un'espressione inorridita contrasse il suo volto improvvisamente bianco quanto il latte. «Non voglio immaginare quando toccherà a Odette» aggiunse, in un mugugno.

La regina rise leggiadra. «Non capisco perché Noah provi tutta questa avversione all'idea di dovere sposare Livia» disse poi, la voce stanca quanto quella del marito. «Cosa ne pensi, Folksir?» gli chiese, portando le iridi, scure quanto quelle del figlio, alle sue.

Che il destino di Noah è legato irrimediabilmente a quello di un'altra persona, così come il suo cuore. E che io ve lo sto nascondendo dal giorno che sono arrivato davanti a queste porte. Ma presto ve ne renderete conto anche voi.

Folksir represse il terribile desiderio di spiegare e si strinse nelle spalle. «Il principe è un idealista.»

«Più un inguaribile romantico» ribatté Mikael, tetro.

Folksir annuì mentre faceva passare lo sguardo su entrambi. «Ha avuto un ottimo esempio» disse, chinando leggermente il capo in segno di rispetto.

Il re sospirò, sempre più stanco. «Quello che non capisce è che neanche noi ci amavano quando i nostri genitori hanno combinato il nostro matrimonio» insistette, stringendo il braccio della moglie che, accanto a lui, annuì. «Quello che non capisce è che all'amore bisogna dare il tempo di sbocciare. Lui non ha mai dato una possibilità a Livia. Persino quando erano piccoli è sempre stato a debita distanza da lei.»

«L'ha sempre considerata una bambina, Mikael» replicò Folksir, non preoccupandosi delle formalità.

Quando erano soli, quelle cadevano. Erano stati proprio i reali a insistere per anni, e alla fine Folksir si era abituato a rivolgersi a loro con quel tono informale e amichevole.

Mikael fece un gesto spazientito con la mano. «È più giovane di lui di soli quattro anni. C'è molto di peggio.»

Folksir sorrise, amaro. «Noah aveva otto anni quando ha capito il significato di promossa sposa. E lei quattro. È sempre stata piccola, ai suoi occhi. Pensateci, ha la stessa età della sua sorellina» spiegò loro, cercando di fargli vedere quello che sapeva passasse nella mente di Noah. «Hai ragione, quattro anni non sono tanti, ma nell'età della giovinezza sono un divario enorme.»

Entrambi considerarono a lungo le sue parole, e Folksir vide le loro espressioni farsi sempre più preoccupate. Erano sempre preoccupati, quando si parlava di quell'accordo preso vent'anni prima. Quando si parlava di Noah.

«Ma non vi dovete preoccupare» si sforzò di aggiungere. «Noah sa perfettamente quali sono i suoi doveri. Non ne verrà a meno» concluse, cercando di dare loro una rassicurazione a cui non credeva in prima persona.

Era un dato di fatto che Noah fosse devoto alla sua famiglia, alla corona, ma l'arrivo di Iris avrebbe potuto cambiare molte cose.

Mikael annuì, pensieroso. «Spero che tu abbia ragione.»

Lo spero anche io, pensò Folksir.

«Andiamo, Mikael» disse Lisa. «Abbiamo già rubato molto tempo al caro Folksir, e noi ne abbiamo pochissimo per preparare la reggia al meglio delle nostre possibilità per questo... inaspettato arrivo.»

Folksir si inchinò. «Tra quanto arriveranno?»

«Due giorni» rispose Mikael, ancora assorto, ancora preoccupato.

Due giorni.

Giorni in cui Noah avrebbe potuto scoprire il dolce gusto della libertà, mandando al diavolo tutti i suoi doveri ancora prima che quelli arrivassero a bussare alla porta sotto forma di una giovane ragazza che, per quanto simile, non era lei.

Sempre che non l'avesse già fatto.

I reali uscirono e Folksir rimase solo con i suoi rei pensieri.

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