⚜ Introduzione alla seconda parte

Il capo della polizia sbuffò quando il computer non rispose per l'ennesima volta ai suoi comandi, maledicendo la tecnologia. Si stava tanto bene con il cartaceo, pensò più volte. La giornata si preannunciava lenta e piena di impegni monotoni, e ora ci si metteva anche quell'aggeggio infernale a peggiorare il suo umore. Aveva bisogno di una sigaretta, ma aveva giurato alla moglie di smettere e sapeva che qualche suo collega avrebbe fatto la spia. Pigiò ancora una volta sul tasto "Stampa" senza successo. Senza degnarsi di alzarsi ed aprire la porta, chiamò urlando il suo sottoposto, che rispose immediatamente.

Il ragazzetto che aprì la porta non poteva avere più di venticinque anni, ma sembravano comunque troppi a guardarlo in faccia: aveva le guance tempestate da una severa acne che gli impediva di essere davvero preso sul serio alla stazione di polizia, nonostante facesse di tutto per essere disponibile ed efficiente per assicurarsi una carriera. E di tutto vuol dire di tutto, per cui anche rispondere al capo della polizia ad ogni sua sbraitata per cose semplici come stampare un documento - e per di più, cose che aveva ripetuto più e più volte e che esulavano dalle sue mansioni. «Sì, signore».

«Stampami questo maledetto verbale e portamelo per la firma».

«Signore, i verbali non possono essere ufficializzati perché non è possibile timbrarli: non ci è arrivato l'inchiostro».

«Come?». Le sopracciglia bianche e folte del capo della polizia si alzarono, deformando la leggera ragnatela di rughe che ogni giorno si faceva sempre più visibile sulla sua fronte, a testimonianza di quante ne aveva viste - ma non abbastanza da raccontare tutti i rospi mandati giù. «Che bisogna fare qui dentro per un po' di lavoro decente?», sbuffò ancora.

Incurante dei disagi del suo superiore, il ragazzo non vedeva l'ora di tornare alla sua scrivania per leggere le pratiche di un caso irrisolto, dato che finalmente qualcuno sembrava ricordarsi della sua esistenza per cose più importanti del portare il caffè. «Signore, è arrivato il contatto dell'incidente della fuga di gas».

L'uomo annuì, svogliato, passando entrambi i pollici sui baffi chiari per stirarli un po'. «Fallo entrare». In tutto quel tempo in cui aveva prestato servizio non gli era mai capitato nulla di simile. Certo, la sua era una piccola cittadina sorprendentemente tranquilla, il massimo a cui aveva potuto assistere era una banda di scalmanati dedita ai furti casalinghi, ma mai oltre quello. Neppure un furto d'auto in trent'anni di lavoro alla stazione di polizia, per cui dover seguire una nuova pratica, un nuovo iter e per di più per qualcosa di così delicato lo faceva sentire a disagio. Lui era il capo, lì, tutti contavano su di lui perché sapeva bene come fare le cose grazie all'esperienza pregressa, il nuovo lo destabilizzava. «Fallo entrare», ripeté.

Ubbidiente, il ragazzo sparì per lasciare spazio ad un uomo vestito in maniera eccessivamente elegante, tanto da far sentire il capo sciatto nella sua divisa stirata dalla moglie con minuzia. Non aveva più di quarant'anni, a detta del poliziotto, e a testimoniarlo stava la totale assenza di peluria bianca tra i capelli, né uno stempiamento che dimostrava l'avanzare dell'età: tutte cose che invece lui notava ogni giorno davanti allo specchio del bagno prima di lavarsi i denti.

«Buongiorno, sono Wladimir Bloodwood», il nuovo arrivato si sfilò un guanto di pelle per poter stringergli la mano. «Sono venuto appena ho potuto».

«Si sieda, signor Bloodwood, io sono Jones». Senza che Jones se ne accorgesse, Wladimir fece una smorfia a sentire il suo nome: sempliciotto. «L'ho chiamata per un fatto particolarmente delicato per cui avrei necessità di una sua risposta».

«Mia?», rispose cordiale, battendo qualche momento in più le palpebre per esternare sorpresa.

«Che rapporti ha con Maximilian Augustine e moglie?».

Wladimir si appoggiò allo schienale per assumere una posizione più comoda: quella domanda poteva portare a parlare tanto, era il caso di rendere la permanenza in quella piccola stanzetta mal illuminata il più piacevole possibile. «Abbiamo passato parte dell'adolescenza insieme, li conosco da prima che si sposassero e cambiassero cognome». Il poliziotto annuì, confermando che quello che aveva appena sentito corrispondesse a verità: poco prima della nascita della loro unica figlia, Maximilian aveva davvero richiesto un cambio di cognome per dare un taglio netto alla vita di prima. «Sa», l'uomo sorrise, rivelando una perfetta dentatura, «Maximilian ha avuto una relazione con mia moglie, prima che ci conoscessimo; Gertrude invece aveva una colossale cotta per me, e non tentava di nasconderlo».

«Quindi siete ancora in contatto?».

«Avevamo un appuntamento ieri sera a casa loro, avremmo dovuto mangiare insieme per ricordare i vecchi tempi, così da permettere anche a mio figlio di conoscere la loro Victoria e aiutarlo un po', i rapporti di amicizia a questa età dopo un trasferimento sono sempre un problema».

«Già», tagliò corto Jones. Poche informazioni, stava ottenendo, e neppure quelle che voleva. «Deduco quindi che andaste d'accordo».

«D'amore e d'accordo», rispose lui con un tono forzatamente innocente, ma che non venne colto. Oh sì, di certo i rapporti tra lui e Maximilian e tra Cordelia e Gertrude erano più che rosei: uno aveva tentato di rubare la moglie all'altro, una aveva tentato di uccidere la moglie dell'altro. Meglio di così era davvero difficile da dire.

«Insomma, signor Bloodwood, l'ho chiamata qui oggi perché risulta essere il contatto di emergenza della loro famiglia, pertanto alla luce della morte dei suoi amici avevo bisogno di parlarle». Finalmente gli occhi poco allenati di Jones colsero qualcosa: Wladimir non aveva cambiato espressione dopo aver sentito che i due coniugi erano morti. «Ma suppongo lo sapesse già», anche se non si capacitava di come.

«Sì, i pettegolezzi viaggiano più velocemente delle comunicazioni ufficiali». Si tolse anche il secondo guanto, per poi tirare fuori un orologio da taschino e aggrottare le sopracciglia nel vedere che si erano fatte già le undici del mattino. «In cosa posso esserle utile, esattamente?». A che pro tutte quelle domande, quando era il loro contatto di emergenza? Questo già lasciava supporre un forte rapporto di base, o perlomeno Wladimir aveva lavorato affinché apparisse così all'esterno.

«Manca ancora poco meno di un anno prima della maggiore età di Victoria, e in mancanza dei genitori avrà bisogno di un tutore legale nel frattempo. È disposto ad assumersi questo incarico? Prima che risponda, ci sono delle doverose premesse che devo fare». Jones aprì il primo cassetto e smucinò con mano pesante tra le inutili cianfrusaglie che ci buttava dentro per non raggiungere la piccola pattumiera vicino alla porta, finché un paio di occhiali da lettura storti non furono riesumati. Ci volle ancora un po' perché potesse continuare, in quanto gli risultava difficile trovare quei fogli che contenevano tutte le condizioni e gli obblighi del tutore legale. Dopo averli trovati e letti con voce a metà tra il solenne e lo svogliato, chiese al suo ospite se fosse d'accordo ad accettare senza remore quell'incarico. «Seguiremo comunque la ragazza attraverso un percorso psicologico per superare il trauma».

Wladimir annuì, con gli occhi che si muovevano impercettibilmente come a seguire il flusso rapido di pensieri. «Ora dove si trova?».

«In ospedale. I paramedici arrivati sul posto dopo la fuga di gas hanno ritenuto fosse il caso di ricoverarla per la notte. Le chiedo di non andare a trovarla, per ora: non ha ancora appreso la notizia e vorremmo fosse il personale qualificato a farlo».

L'uomo annuì, per poi firmare delle carte d'ufficio che accertavano la sua volontà di divenire angelo custode di Victoria. Chiedo venia per il gioco di parole poco felice: attribuire ad un Demone l'appellativo di angelo non solo è davvero poco consono, ma vi sconsiglio di farlo di persona in quanto il suddetto Demone potrebbe davvero adirarsi. E quando si adirano, apriti cielo, per continuare sulla scia di descrizioni poco curate.

Normalmente ci sarebbe voluto un po' affinché Wladimir potesse ufficialmente essere considerato il tutore legale di Victoria, ma con la sua rete di conoscenze e la poca inclinazione all'attesa - compensata con un'abitudinale offerta di mazzette sostanziose - avrebbero fatto concludere tutto entro la settimana.

Ma la parte più complessa sarebbe ancora dovuta arrivare. Maximilian e Gertrude avevano così tanto cercato di rinnegare le loro origini da non aver neppure accennato alla figlia quale fosse la sua natura. Nel tentativo di salvarla da se stessa, paradossalmente l'avevano solo gettata dalla padella alla brace.

Nessuno sapeva come avrebbe reagito ad un cambio così drastico, poiché nessuno prima aveva tentato di allontanarsi dal loro mondo. A che pro, dopotutto, farlo? Entrambi i defunti venivano da grandi famiglie all'interno della società demoniaca, per cui né vizi né denaro sarebbe mai mancato loro. Certo, c'erano quei piccoli episodi che Wladimir aveva accennato nel flusso di pensieri di fronte al poliziotto Jones, ma di intrighi di corte erano pieni i libri di storia e non tutti si erano certo risolti con la morte. Anzi, il Demone era stato anche particolarmente benevolo nel non cercarli neppure per le congratulazioni per il matrimonio, né per la nascita di Victoria. Li aveva lasciati in pace, perché preferiva la loro assenza lontani da lui che la loro presenza sotto la terra che calpestava quotidianamente.

Senza neppure esprimere frasi di circostanza, Wladimir salutò frettolosamente il poliziotto per poi uscire dall'edificio e chiamare un suo collaboratore - come piace chiamarlo agli umani. Bisognava fare in fretta: non aveva intenzione di vedere Cordelia ancora a lungo, nonostante gli enormi sforzi per ignorarsi a vicenda, e quel disgraziato di Alexander risultava ancora irreperibile.

Sì, si tornava a casa, con una Demone in più totalmente incosciente del suo ruolo all'interno della società oscura o del suo potenziale (se poi ne avesse avuto un po', essendo figlia di quelli) e una punizione esemplare per il figlio.

A volte si immaginava come sarebbe stata la sua vita senza tutti quei coinvolgimenti, se fosse nato come un sempliciotto e non all'interno di un gioco più ampio. Ma alla fine lasciava sempre perdere con le fantasie, perché il tempo a disposizione era poco e aveva già tentato in passato di aggrapparsi alla fantasia di una bella vita, con una moglie amorevole e un figlio fedele... e tutti avevano visto come era andata. Ancora oggi lui era sulla bocca di tutti, non sempre in maniera dispregiativa ma questo gli costava un peso invisibile sulle spalle che lo limitava nelle sue azioni. "Pensa sempre a come gli altri reagiscono, e a come distorcono la realtà nel raccontarlo". Sicuramente la notizia della morte di quei due a casa avrebbe destato non pochi sospetti. Lui sarebbe stato il primo sospettato.

Sipassò una mano tra i capelli, tirò fuori dallo stesso taschino dell'orologio unpacchetto di sigarette in alluminio che aprì per estrarne una anonima,completamente nera e la accese con un accendino datato. «Fanculo», rispose aisuoi stessi pensieri, «io sono l'Imperatore».

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