4 - Atlante ♕
«Dovreste riposarvi anche voi», le disse in tono dolce Sigfrid il giorno successivo. «Restare qui a vegliare su di lui non lo aiuterà a rimettersi».
«Aiuterà me», chiarì Cordelia, continuando ad accarezzargli i capelli come faceva quando da piccolo si addormentava nel suo letto. Ancora non riusciva a credere che fosse vivo dopo una ferita simile, ma quello che era considerato il Guaritore l'aveva rassicurata più volte, continuando a ripetere che «solo alla morte non c'è rimedio, e questo non è il caso».
«Almeno lasciate che vi vengano cambiate le bende», chiese lui in tono gentile.
Cordelia scosse la testa. Avrebbero dovuto concentrarsi su Alexander, lei stava già troppo bene. «Non capisco perché ci aiutate», spiegò, posando i suoi occhi in quelli dell'Angelo. Erano così limpidi, dubitava che ci si potesse nascondere qualche segreto. «Siamo nemici giurati».
«Oh, no, signora», disse lui come se stesse parlando ad un bambino. «Nella prima guerra tra Angeli e Demoni vostro marito mi ha salvato la vita. Abbiamo legato molto durante il conflitto. Da allora siamo rimasti in contatto clandestinamente, e poco tempo fa ero arrivato in America con i miei fratelli ed ho ricevuto una lettera dove mi chiedeva aiuto contro un gruppo di rivoltosi. È stato un gesto estremo, a quanto pare, perché non sapeva che ci fossi io a capo dell'esercito. Un altro al mio posto avrebbe attaccato senza scrupoli. Mi dispiace solo di non essere arrivato in tempo per evitare questo», ed indicò Alexander con un gesto di rammarico.
Cordelia si alzò e gli mise una mano sulla spalla. «L'importante è che siate qui ora», lo rassicurò, accennando un sorriso. Nell'ultimo periodo arricciare le labbra in qualcosa di diverso da una smorfia contrariata era diventato più facile. Forse perché Wladimir si stava sforzando di fare ammenda per quegli ultimi diciassette anni. Qualche giorno prima della ribellione le aveva dato in mano un pugnale e le aveva chiesto di ucciderlo.
«Non ci riesco a vedere quel dolore nei tuoi occhi, e sapere che ne sono io la causa», aveva detto.
Lei con un gesto di stizza aveva buttato la lama a terra. «Ci sei riuscito per diciassette anni», gli aveva fatto notare.
Wladimir aveva scosso debolmente la testa. «Non capisci? Io non ti guardavo. Sarebbe stato troppo difficile starti lontano».
«E perché avresti dovuto starmi lontano? Wladimir, non ricordi forse quanto ti amassi, quanto non volessi mai separarmi da te? E tu invece te ne andavi in giro con Mildred», aveva risposto fredda, cercando di non far trapelare all'uomo la propria sofferenza. Si sarebbe sfogata una volta che quello che era stato l'amore della sua vita fosse uscito dalla stanza.
«Tu non capisci le azioni deplorevoli che ho fatto», aveva detto lui, arcuando le spalle come se dovesse sostenere tutto il peso del mondo. E dopotutto, anche lui era un traditore, esattamente come Atlante.
«E quali sono?!», non era riuscita a trattenersi da urlare. La risposta sarebbe arrivata poco tempo dopo, quando l'ex sovrano avrebbe confessato di aver indirettamente ucciso il fratello Edmund.
Wladimir aveva semplicemente scosso la testa ed era uscito, lasciando il pugnale ancora lì a terra, come a farle intendere che avrebbe potuto ucciderlo in qualsiasi momento, e non gli sarebbe importato.
Tornando al presente, Cordelia si ritrovò a sentire la mancanza del Principe Wladimir, non dell'Imperatore Wladimir. Dopo il trono era andato tutto a rotoli, tutto aveva perso un senso.
I suoi occhi tornarono su Alexander, che ora aveva una smorfia vagamente sofferente. Sperò che fosse solo un segnale che si stava risvegliando. Il Guaritore le aveva spiegato che era stato buttato dalle mura come la carcassa di un animale indesiderato, ma che i traditori avessero fatto così tanto trambusto - eccitati dall'idea di vedere il sovrano deposto umiliato anche nella morte - che avevano allertato gli Angeli, riuscendo inconsapevolmente a salvarlo. La donna soffriva per quello, il suo bambino era troppo piccolo per le imprese che tutti si aspettavano da lui.
Sigfrid si congedò in modo molto cortese. Cordelia non aveva chiesto nulla, ma aveva capito che fosse lui il capo, da come tutti lo guardassero con ammirazione e rispetto. Tornò a sedersi accanto ad Alexander, continuando ad accarezzarlo.
«Smettila, ma'», borbottò lui, girando la testa dall'altra parte.
«Xander, svegliati», le ordinò lei in tono deciso.
«Già arrabbiata di prima mattina», sbuffò lui, non aprendo gli occhi. «Che ho fatto stavolta? O meglio, cosa hai scoperto che ho fatto?».
«Ma perché devo sempre ripetere le cose due volte?», lo rimproverò lei, ma sul volto aveva un sorriso.
Alexander aprì gli occhi e li posò su quelli della madre, alzando le sopracciglia come a dire "contenta?". Poi perlustrò con lo sguardo dove si trovava, finché l'occhio non gli cadde sulle bende. Trattenne il fiato, e poi disse amareggiato: «Pensavo fosse un maledetto incubo».
Cordelia avrebbe tanto voluto che lo fosse. «Che diavolo fai?», sbottò, osservando il figlio che cercava di scendere dal letto. «Torna sdraiato!».
«Devo andare da Victoria», rispose lui, con le labbra piegate in una smorfia di dolore.
La donna comprendeva i suoi sentimenti, nonostante in quanto madre sperasse sempre che il figlio non fosse mai vittima emozioni negative. Non aveva forse provato lo stesso istinto di protezione verso Wladimir, quando i Silentowl lo avevano ferito?
«Rimettiti giù», gli disse, addolcendo il tono di voce. «Chiederemo a Sigfrid di cercarla», promise.
Alexander gli lanciò un'occhiata confusa, non conoscendo la persona chiamata Sigfrid. Scosse la testa e si alzò in piedi, con grande disappunto di Cordelia. Il figlio era sempre stato impulsivo - tale e quale al padre - ma ora comprendeva che non era l'indole a guidarlo, ma l'amore.
La donna stava per fargli notare che la sua ferita si sarebbe riaperta e non sarebbe stato di aiuto, men che meno a Victoria, quando il Guaritore entrò nella tenda.
Alexander si parò davanti alla madre, come a farle da scudo, mentre mostrava i denti a quello che aveva individuato come una minaccia. L'Angelo alzò le mani in segno di resa, e Cordelia afferrò il braccio del figlio.
«Non sono nemici», lo rassicurò lei, ma l'Imperatore continuava a fissare l'uomo biondo come se fosse la peste nera.
«Gli Angeli non sono nemici, gli asini volano ed io non ho un buco nella schiena», sbottò lui, continuando a non togliere lo sguardo dal Guaritore.
Una risata proruppe, rivelando che la tenda era aperta e Sigfrid si era affacciato. «Stesso tono da delinquente di Wladimir», e la donna non poté che dargli ragione.
Alexander assottigliò gli occhi, e Cordelia sentì il braccio che ancora teneva fra le mani tendersi, come se il figlio si stesse preparando ad uno scontro frontale. Impulsivo, appunto.
«Sigfrid, suppongo», disse tagliente l'Imperatore dei Demoni, assottigliando gli occhi.
«Tu devi essere Alexander», ipotizzò l'Angelo in questione, annuendo e porgendogli la mano, che il ragazzo strinse titubante, lanciando uno sguardo alla madre. «Beh, caro mio, abbiamo molto lavoro da fare».
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