24 - Spine ♛
Avete ragione. Fanculo a quella troietta che mi ha copiato!
Grazie per i commenti e i messaggi di supporto, a chi si è proposto di aiutarmi a segnalarla, magari non un grazie a quella tizia che mi ha insultata dicendo che sono io che copio le storie altrui e non ha neanche spiegato dopo la mia domanda. Bello tirare il sasso e nascondere la manina, eh, amica che si occupa della pubblicità?
Detto questo, ho dato troppa importanza a 'sta tizia insulsa.
Ma... voi lo sapete che dopo questo capitolo c'è l'epilogo, vero? Cioè, la fine della saga? Fine fine? Qualche personaggio comparirà nello spin-off Aggelos, ma non pensate che lì la mia sadicità si sia presa una vacanza... ♥
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Era strano vedere Ludovice con in braccio Helena, c'era un divario di generazioni che avrebbe fatto invidia a chiunque. Ma noi eravamo Demoni, nonostante non riuscissi ancora bene a comprenderlo.
Alla fine, Cordelia l'aveva avuta vinta: era riuscita a convincere la suocera ad indossare un abito diverso. E questo abito era stupefacente. Lo avevo intravisto solo una volta, la donna lo lasciava ben nascosto perché era una sorpresa. Quando ne parlava si illuminava, doveva essere importante per lei.
«Con nonna sta muta, la canaglia», borbottò Alexander, distogliendomi dai miei pensieri. Per la prima volta, mi trovavo in quella costruzione molto simile ad una chiesa gotica senza essere la sposa.
Se le prime nozze erano state frettolose, e le seconde troppo incasinate, ora potevo godermi i dettagli di quel posto quasi mistico. Entrava molta luce grazie a grandi vetrate, i cui toni variavano tra i colori più scuri. Lo sviluppo era circolare, e quindi le sedie erano intorno a quella piattaforma sopraelevata in marmo – che in una chiesa cristiana sarebbe stato l'altare, o al più il fonte battesimale – dove ora si trovava Wladimir, nei vestiti tradizionali dello sposo: smoking nero e cravatta bianca.
Quella che avevo sempre erroneamente considerato una navata, era solo un passaggio lasciato libero.
Era una cerimonia privata, a cui presenziavano pochi intimi: la madre e i fratelli dello sposo, i figli della coppia e Sigfrid insieme al suo braccio destro – di cui non riuscivo mai a ricordare il nome.
«Con questo atteggiamento, non andrete mai d'accordo», lo rimproverai, continuando a guardare le vetrate colorate.
«È lei che ha cominciato», rimbeccò Alexander, sbuffando.
«In questo momento è più matura di te», lo presi in giro.
«Solo perché non può parlare. E comunque si lamenta anche con mio padre, se non l'avessi notato».
«Ha due mesi, Alexander», gli ricordai, alzando gli occhi al cielo. A volte era proprio un bambino.
«Per essere così fastidiosa a soli due mesi ha talento».
«È di famiglia, fidati». Mi beccai un'occhiataccia, ma era la pura verità.
Tutte le teste si voltarono, e calò il silenzio. Eravamo seduti in prima fila, perciò ci volle un po' prima che vedessimo Cordelia avvicinarsi, in quel bellissimo abito.
Era blu notte intenso, sembrava di un'altra epoca, ma era tenuto così bene che era ancora nuovo. Le avvolgeva il corpo come una seconda morbida pelle, ed era impreziosito da perline dello stesso colore dell'abito, che si intrecciavano in fantasie al bordo della lunga gonna e sul corpetto.
Quello che non mi sfuggì fu l'espressione di Wladimir. Sgranò gli occhi, e gli si stampò un sorriso in faccia che non gli avevo mai visto. Quando la donna raggiunse la piattaforma, l'Imperatore disse: «Quello è mio: me lo sono ripreso tempo fa».
Cordelia rise, mentre noi ci guardavamo confusi, nella speranza di trovare qualcuno degli invitati che conoscesse la situazione e ci spiegasse il perché di quelle parole.
Il celebrante cominciò, ma non lo ascoltai perché ero troppo rapita da come i due si guardavano, sembrava come se non avessero bisogno di sbattere le palpebre: l'importante era non perdere il contatto.
Si scambiarono il sangue da una coppa e poi il celebrante bruciò una ciocca di capelli ciascuno. Quando il matrimonio fu formalmente finito, Wladimir e Cordelia scesero dalla piattaforma, e la famiglia si fece loro più vicina, chi per complimentarsi, chi per scherzare.
«Tutto qui?», ci chiese Sigfrid, alzando un sopracciglio.
«In che senso?». Era stato Gideon a parlare, e se la storia di Wladimir ed Edmund era stata perdonata e dimenticata, i Bloodwood non avevano mai visto di buon occhio il Re degli Angeli. Dopotutto era stato lui a patteggiare con l'Imperatore, e conoscere i dettagli della missione dell'allora Principe ereditario e decidere come agire.
«I nostri matrimoni durano giorni interi», spiegò l'Angelo, cercando di non apparire scortese.
«Allora dovremo constatare di persona al tuo», rispose Wladimir, generando dei sorrisi complici tra i due.
«In effetti, in Scandinavia un raggio di sole non farebbe male», rimbeccò lui, prendendosi un'occhiataccia dallo sposo.
Cordelia si intromise, incrociando le braccia al petto e guardando il marito. «Ecco che mi ero dimenticata. Cos'è questa storia del raggio di sole?».
Wladimir fissò truce l'amico biondo, mentre tutti intorno attendevano una risposta. A salvare l'Imperatore da quella situazione fu una guardia, che entrò in quella specie di tempio tutta trafelata.
«Vostre Maestà, vogliate scusarmi. Fuori dalle mura c'è un uomo che chiede con insistenza di avere parlare con voi. Le sue parole precise sono state "Devo assolutamente avere udienza con il principe Wladimir e il generale Sigfrid"».
I due interessati si guardarono, interrogativi, per poi scusarsi e seguire l'uomo in uniforme.
Cordelia sospirò, allungandosi a prendere la piccola Helena. Alexander andò a parlare con il braccio destro di Sigfrid, che se ne stava in disparte, e io lo seguii.
«Mai un attimo di pace», stava dicendo l'Angelo.
«Siamo stati fin troppo tranquilli, ultimamente», constatò il Principe.
«Come sta Bjorn?», chiesi, dato che la conversazione pareva morta.
«Ultimamente è strano. Sembra un altro, da quando è tornato. Più espansivo, disponibile», disse.
«Se questo viaggio poteva cambiare gli eredi in meglio, purtroppo ci è riuscito solo con uno», sbuffai, trattenendo un sorriso. L'Angelo ridacchiò, ed Alexander mi diede un pizzico.
Un'ennesima guardia arrivò e chiese al braccio destro di Sigfrid di seguirlo insieme al Principe Alexander. Il resto degli invitati, me inclusa, cominciarono ad essere ansiosi. Chi poteva presentarsi il giorno delle nozze dell'Imperatore? Un deja-vu mi fece rabbrividire, pensando che anche al matrimonio di Alexander si erano presentate persone non invitate.
Gideon e Vivian cominciarono a litigare come bambini, e questo alleggerì l'atmosfera generale di tensione, rendendo quasi piacevole la vista di Ludovice che li sgridava mentre continuava a molleggiare le braccia per far dormire Helena.
Cordelia si avvicinò a me e sussurrò, per non farsi sentire: «Sai niente di tutto questo?», indicando la porta dove gli uomini erano usciti.
«Purtroppo no, anzi, sarebbe strano il contrario», sospirai, lanciando occhiate alle perline che le ricoprivano il corpetto.
«Questo non fa che avvalorare la tesi che quando Wladimir era solo un Principe tutto era più semplice», si confidò lei, incrociando le braccia scocciata.
Capivo benissimo quella sensazione, l'avevo provata anche io quando Alexander era diventato Imperatore: era come se il tempo continuasse a sfuggire ancora ed ancora solo per il gusto di vederci soffrire la lontananza.
«Credo sia per questo che Alexander non prende più bene l'idea di tornare sul trono», le confessai, mentre Helena cominciava a piangere, dall'altra parte della piattaforma.
Si mise una mano sul cuore, affranta. «Non ha avuto il tempo di godersela, povero piccolo. È diventato maturo troppo presto, quando doveva invece crescere con la consapevolezza che avrebbe avuto ancora tempo per il peso del trono». Doveva essere un tasto dolente per lei quanto per me, ma prima che potessimo cominciare a ricordare quel brutto periodo, Ludovice si avvicinò e disse: «Cara, tieni la tua prole che io devo occuparmi della mia», mezza divertita.
Cordelia prese tra le braccia Helena, ancora un po' irrequieta, mentre l'ex Imperatrice si avvicinava a Gideon e Vivian, che continuavano a litigare su qualcosa che non avevo ben capito. Su una sedia, Jordan fissava la madre e lo zio ridendo a crepapelle.
«Ah, la famiglia», sbuffò bonaria Cordelia. «Tanto una gioia quanto una spina nel fianco».
«Spine più o meno fastidiose», aggiunsi, e ci ritrovammo a ridacchiare entrambe, pensando a chi fosse diretta la mia frecciatina.
«Anche se in ritardo: benvenuta fra noi, Victoria», mi sorrise la donna. E per la prima volta in quasi due anni da quando ero arrivata a Corte, mi sentii ben voluta da tutti, o almeno, da chi contava per la mia serenità.
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