8 - Deja-vu
La folla era scioccata, ma Wladimir ci ordinò di seguirlo. Scendemmo dagli scranni ed uscimmo dalla sala, attraversando la moltitudine di Demoni ancora sorpresi per la notizia.
Una volta per il corridoio, gli fummo dietro fino all'ala dei Bloodwood. «Un'altra cosa», disse, fermandosi.
Lanciai un'occhiata preoccupata ad Alexander, ma era visibilmente scosso e non mi badò.
Wladimir mi puntò un dito contro. «Voglio il divorzio. Alexander, domani sarai incoronato ed avrai l'autorità di sciogliere il nostro matrimonio».
Ero troppo stupita per rispondere. Che avrei fatto, adesso? Mi ero rifugiata dietro l'ombra di Wladimir per essere protetta dalle accuse di omicidio, ma ora, tornando una semplice nobile, nulla mi avrebbe fatto scampare ad un processo dove sicuramente avrei perso, per di più con ex Imperatrice e Principe contro.
«Ho delle faccende da sistemare, probabilmente fuori dall'America. Victoria, spiega tu ad Alexander come funziona la faccenda».
«Da cosa stai scappando?», gli ringhiai contro. Mollava tutto, mollava me, per un altro viaggio con l'amante.
Wladimir non rispose, semplicemente si voltò e si incamminò lungo il corridoio. Feci per rincorrerlo, furiosa, ma Alexander mi afferrò per un braccio. «Lascialo stare», disse.
Sospirai. Aveva ragione, era inutile perdere tempo così. Dovevo fare le valigie, andarmene in esilio da qualche parte, lontana dal Regno, prima di un processo. Non ero più l'intoccabile Imperatrice. Annuii, senza guardarlo, e mi diressi verso la mia camera.
Chiusi la porta, appoggiandoci contro la schiena, e mi passano una mano fra i capelli. «Maledizione», sussurrai.
Qualche minuto dopo qualcuno bussò alla porta. Stavo per imprecare – cosa piuttosto strana per me, ma la situazione era davvero fuori controllo – pensando che fosse Alexander, quando Adrienne rise: «È arrivata!».
La feci entrare, non riuscendo a condividere il suo entusiasmo. Mi allungò una lettera stropicciata, che aprii sotto lo sguardo euforico della serva.
Mia cara Imperatrice,
sono passato presso la vostra stanza, poco prima della mia partenza, ma Sua Altezza il Principe mi ha comunicato che eravate indisposta. Devo cominciare a preoccuparmi dei suoi modi distaccati? Purtroppo non ho più la possibilità di lavargli le camicie con il detersivo da donna, altrimenti sarebbe stato un vero piacere.
La Spagna è sinonimo di sole e risate. Il reggente locale mi ha accolto a braccia aperte, in quanto vostro emissario, ed ho cominciato ad attuare il vostro piano.
Mi sono finto cospiratore dell'Impero, e se da prima lui è parso titubante, ora mi svela i suoi segreti.
Privalo della sua carica seduta stante, per favore. Per quanto sia un uomo molto poco socievole, è un bravo oratore e temo che possa sollevare una rivolta.
Con fedeltà,
Andrea Obscurante
«Che racconta Andrew in incognito?», chiese Adrienne, distogliendomi dalla lettura poco dopo aver letto la firma.
«Sta bene», tagliai corto. Mi scusai con lei e mi congedai, andando a bussare alla porta di Alexander.
Aprì guardandomi confuso. «Regola numero uno», esordii, cacciandogli in mano la lettera. «Sii certo della fedeltà dei tuoi sottoposti. Occupati del traditore».
Prima che potesse formulare una domanda, tornai in camera. Adrienne non c'era più, povera piccola: tutto il giorno a sgobbare. Avevo tentato, a suo tempo, di addolcire la situazione, ma Wladimir era stato irremovibile.
Afferrai una grossa borsa dal fondo della cabina armadio e cominciai a mettere alla rinfusa gli abiti più comodi. Senza attendere oltre cercai la torcia, evitando di preoccuparmi di cambiare le batterie. Salutare sarebbe stato solo doloroso, e nel caso di Alexander, controproducente.
Perché un suo sguardo mi avrebbe fatto sicuramente cambiare idea, ma ormai l'accusa di omicidio era davvero dietro l'angolo, e sapevo bene come la pensasse il Principe in merito. Entrai nei cunicoli bui grazie al fondo dell'armadio, facendomi luce.
Il parcheggio, che una volta erano le stalle, era il più lontano. Percorsi i corridoi poco illuminati, contando a mente le svolte per non perdermi. Destra, sinistra, sinistra, sinistra, destra. Con una mano sulla parete per avere più stabilità, nell'altra la torcia e la sacca a tracolla. L'uscita sarebbe stata tre incroci più giù, percorrendo il corridoio in modo rettilineo.
Stavo per avvicinarmi, quando sentii una voce dire: «Ma come osi?»
Sussultai, guardandomi intorno con la torcia, pensando che qualcuno mi stesse seguendo. Solo quando il mio cuore si fu calmato, capii che sicuramente era una delle uscite che si affacciava su una stanza del Palazzo.
«Che altro posso fare?», rispose un altro. La voce era frustrata, sconfitta e... di Wladimir.
«Sparire!», urlò la donna, che riconobbi come Cordelia.
«Ti prego, lo so di aver sbagliato...», cominciò, ma venne interrotto dalla ex moglie.
«Per ben due volte! Non ci riesco, proprio per niente. Esci di qui e torna tra le gambe di quella puttana». Sentirla pronunciare una parolaccia mi stupì: doveva essere davvero adirata, per perdere tutto il contegno che la caratterizzava.
Non sentii una risposta, solo un fruscio, e poi uno di loro due trattenere il fiato.
«Lo hai tenuto per tutto questo tempo?», chiese Cordelia in un sussurro che fu difficile cogliere tra le pareti di pietra, che peggioravano solo l'acustica con il loro eco.
«Deja-vu», rise lui. «E poi, ho un'altra cosa per te».
«Devo spiegarti dove mettertela?», era tornata al suo tono ostile, nonostante prima fosse parsa quasi adorante.
«Tienila accanto all'altra», le rispose Wladimir, per nulla offeso da ciò che aveva appena detto Cordelia.
«Non penserai che... oh, ma allora è un vizio, il tuo!», gridò lei, furiosa, e sentii qualcosa di vetro infrangersi.
«Beh, la prima volta ha funzionato, in Italia», ricordò lui, rendendomi ancora più curiosa. Cosa stavano dicendo? Non capivo.
«Fuori. Di. Qui», ringhiò lei, esasperata. «E riprenditi questo dannato vestitino blu. Maledetto il giorno che non ho chiuso la porta prima di scoppiare a piangere!». Chissà a cosa si riferiva, non riuscivo proprio ad immaginarmela in lacrime...
Silenzio. Forse Wladimir era davvero uscito, forse aveva vinto la discussione, forse Cordelia si era decisa e l'aveva finalmente ammazzato. Sospirai: sarei rimasta con il dubbio.
Prima che le pile della torcia mi abbandonassero del tutto, imboccai l'uscita giusta, ritrovandomi davanti agli occhi una serie di limousine nere. Un autista, vestito in modo piuttosto elegante, si avvicinò e mi chiese se avessi bisogno di una macchina. Annuii, dicendogli la mia destinazione, e lui si affrettò ad aprirmi la portiera di una vettura, in modo piuttosto galante.
Il cuore era come un macigno. Stavo abbandonando una parte di me, quella più incasinata e dolorosa, ma sapevo che mi sarebbe mancata. Che lui mi sarebbe mancato. Ma che altro potevo fare, se non fuggire? Wladimir mi aveva mollata, Cordelia chissà cosa tramava contro di me per la detronizzazione, ed Alexander già si era espresso sull'argomento "Victoria ha uccido Gwendolin". Dovevo ricominciare una nuova vita, lontano dal mondo dei Demoni e di quella dannatissima Corte. All'inizio avrebbe fatto male, ma in futuro avrei gioito per questa decisione.
Dai finestrini oscurati fissai per l'ultima volta la sagoma del grande castello medievale, mentre mi apprestavo ad andarmene per sempre.
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