7 - Lealtà
Mildred scrollò le spalle, osservandoci maligna. Aveva avuto la sua occasione e l'aveva sfruttata. «Tua moglie non è più vergine».
Alexander si intromise, impedendo che la donna potesse continuare. «È ovvio che non lo è, è sposata!».
Wladimir alzò una mano, intimandogli il silenzio, e mi lanciò uno sguardo che non seppi interpretare. Nonostante lui se la spassasse, io durante le nozze avevo giurato che il mio sangue ed il mio corpo sarebbero stati suoi; un altro paio di maniche era che lui non li volesse. Ma Mildred si era spinta troppo oltre, io ed Alexander ci stavamo solo scambiando il sangue! Il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, mentre cercavo una buona scusa, invano.
La spiegazione continuò. «Sono entrata per sbaglio nella sua stanza, ero troppo stanca e credevo fosse la mia porta...».
«Balle, sono alle due estremità opposte!», tentai di dire, ma la paura mi smorzò le parole.
E Mildred non si fermò. «... e l'ho trovata avvinghiata ad un Demone sul letto».
Mi immobilizzai quando lo sguardo di Wladimir si posò su di me, furioso. «È la verità?».
«No», sbottai. «Non è assolutamente vero!».
«E che bisogno avrei di avanzare una tale accusa, se fosse falsa?», chiese retorica la donna. «Wladimir, sappiamo entrambi che non hai mai sfiorato Victoria. È ancora pura, in linea del tutto teorica».
L'Imperatore si avvicinò a me e mi afferrò per un braccio. «Che fai?», chiesi in preda al panico. I suoi occhi erano di un nero pericoloso. «Lasciami!».
Mentre mi trascinava fuori la terrazza, per le scale, lo sentii ringhiare: «Andiamo a scoprire se quello che dice Mildred è vero».
Impallidii e cercai di sciogliermi dalla sua presa. «No! Me lo avevi promesso!».
«Come tu mi avevi promesso fedeltà. Non ricordi?», ebbe qualche difficoltà a parlare, visto che mi dimenavo come un'anguilla.
La mia stanza era la più vicina, e spalancò la porta. Prima che potesse entrare, portandomi con sé, Alexander gli sbarrò la strada. Mi ero dimenticata della sua presenza, era stato silenzioso per le ultime frasi che erano state dette.
«Padre, cerchiamo di ragionare», disse, alzando le mani e lanciandomi un'occhiata allarmata.
«È una questione coniugale. Fatti da parte», rispose, stringendo di più la presa sul mio braccio.
«No», replicò duro Alexander. Da dietro Wladimir scossi la testa, cercando di fargli capire che non era il caso. Il ragazzo mi rivolse uno sguardo deciso. «Papà. Lasciala. Andare».
L'Imperatore mi mollò il braccio e gli assestò un pugno in piena faccia. «Non disobbedirmi!». Alexander cadde di peso sul pavimento, e gli ci volle un po' per rialzarsi. Dal mento colava un rivolo di sangue, ed i miei occhi lo fissarono, calamitati.
Percepii Wladimir voltarsi verso di me ed afferrarmi di nuovo, ma non riuscivo a smettere i fissare la linfa rossa che Alexander cercava di pulire. L'ultima volta mi aveva sfiancata troppo, ed il bisogno di morderlo mi fece bruciare la gola.
Mildred si intromise, sicuramente si stava gustando la scena. «Guardala! Fissa il sangue di tuo figlio come un pesce lesso».
«Vattene», disse freddo Wladimir. Mi sforzai di alzare gli occhi, temendo che dicesse a me, ma la sua attenzione era rivolta all'amante.
«Ma io...».
«Sparisci», le intimò, implacabile.
Lei, visibilmente offesa, ringhiò: «Stai facendo un tremendo sbaglio».
«Ne ho fatti così tanti, ormai. Uno in più non cambierà nulla», spiegò a denti stretti. Poi, senza degnarla più di uno sguardo, si rivolse a me ed Alexander. «Voi due. Entrate».
Titubanti, lo assecondammo.
Ma lui cambiò idea quando vide il pugnale sul mio comò, quello che usavamo per scambiarci il sangue. Lo afferrò, rigirandolo tra le mani e si sporse in corridoio per chiamare Mildred. La donna comparve, imbronciata come una bambina di sette anni, e lui le sorrise. «Ho cambiato idea, amore. Hai ragione tu», le disse. Sentire il padre chiamare la donna "amore" fece irrigidire Alexander.
L'Imperatore si avvicinò alla donna e cominciò a baciarla senza ritegno, e quando le movenze divennero più spinte l'uomo si staccò ed afferrò saldamente la lingua di Mildred, per poi reciderla con il pugnale.
Osservai scioccata, mentre il sangue macchiava il pavimento. La donna urlò isterica e fuggì tappandosi la bocca, e così ci lasciò soli.
Mi sedetti sul letto, e lo stesso fece Alexander, continuando a massaggiarsi la mascella. Ero davvero terrorizzata da quello che aveva appena fatto, ma il ragazzo accanto a me sembrava non averci fatto caso.
Wladimir invece di era seduto su una poltrona e ci guardava intensamente, oltre allo spazio ci divideva il sangue di Mildred, riverso a terra. Chiusi gli occhi, risentita, ma Alexander continuò a lanciare occhiate di fuoco al padre. Stavo morendo di paura. Se aveva tagliato la lingua alla donna, cosa lo avrebbe fermato dall'uccidermi per tradimento?
«Quando è cominciato?», ci interrogò tranquillo, come se non avesse appena mozzato l'amante.
Tremante ed testa bassa, risposi: «La notte della morte dei miei genitori». Repressi un conato di vomito, chiedendomi dove fosse finito il moncherino di Mildred.
«Abbiamo provato a resistere, ma non ci siamo riusciti», si giustificò il Principe. Gli occhi di Wladimir erano tornati i soliti freddi e criptici.
«Immagino», disse lui, senza alcun accenno di sarcasmo. Rimase per qualche minuto in silenzio, ad osservarci. «Bene», disse poco dopo, facendomi gelare il sangue. Che avrebbe fatto? Mi avrebbe ripudiata, trattata come Cordelia? Stavolta però non si sarebbe lasciato convincere dal trattamento di grazia riservato alla prima moglie: nonostante avesse lo status di serva, viveva nel castello in una camera tutta per sé, e più che sguattera sembrava essere tornata una semplice nobile. «Non lo faccio per voi mocciosetti. Ma così potrò prendere due piccioni con una fava. Al terzo piccione ho appena impedito di volare».
Lo guardammo, stupiti, e lui si alzò, comunicando ad una guardia per il corridoio che si sarebbe svolta un'assemblea d'urgenza nella sala comune.
Fece segno di seguirlo, ed io ed Alexander ci lanciammo uno sguardo mezzo spaventato e mezzo sollevato. Attraversammo i corridoi in silenzio fino al grande salone al pian terreno. Mi chiedevo che diamine avesse in mente. Esecuzione in pubblico? Oh, Dio.
La sala era già occupata da qualche curioso, che aveva risposto subito all'appello di Wladimir. Noi tre ci sedemmo sui nostri troni, ma continuavo a lanciare occhiate preoccupate a Wladimir.
Dopo qualche minuto avevamo almeno un centinaio di persone di fronte. «Possono bastare», sussurrò l'uomo. Si alzò ed allargò le braccia. «Fratelli, ho un'importante annuncio da farvi. Ho deciso, dopo due decenni di comando, di lasciare che siano i giovani a plasmare il nostro mondo. È quindi con sicurezza che abdico in favore di mio figlio, Alexander I Bloodwood. Come saprete, in quanto coppia attualmente regnante, sia io che Victoria Augustine Blackeye Bloodwood verremo sollevati dal nostro incarico di Imperatore ed Imperatrice».
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