17 - Lo stesso errore

A detta dell'orologio, dormivamo da nove ore. Mi voltai per osservare Alexander, che non si era ancora svegliato. Era rilassato e non pareva di certo essere un sovrano diciassettenne. Sgusciai delicatamente dal suo abbraccio e mi andai a fare una doccia. Sperai che il getto non lo svegliasse. Uscita, mi arrangiai con il suo accappatoio, per poi cercare qualcosa da indossare. A corto di vestiti femminili – anzi, mi sarei stupita del contrario – aprii piano la porta per chiamare un servo.

Lungo il corridoio, fu Adrienne a venirmi incontro. Annuì alla mia richiesta, senza soffermarsi troppo sul fatto che fossi nella stanza dell'Imperatore, coperta solo da un telo di spugna.

Poco dopo arrivò con della biancheria pulita e un abito grigio piegato, e delle ballerine dello stesso colore. La ringraziai, sussurrando per non svegliare Alexander, e richiusi la porta.

Feci per voltarmi, ma due mani si posarono sui miei fianchi, facendomi sussultare. «Ridammi l'accappatoio».

Mi girò tra le sue braccia, affinché fossi di fronte a lui. Cominciò a baciarmi in modo pigro, come se non avesse fretta.

«Ormai è mio», risposi contro le sue labbra.

«Questo è da vedere», disse, staccandosi da me ed allentando la cinta dell'accappatoio. Il mio cuore cominciò a battere così forte che avrebbe potuto mandare in tilt un cardiofrequenzimetro.

«Mio», ribadii, dandogli una spinta.

«Mi serve», lo indicò, ridacchiando.

«Anche a me. Non posso mica girare nuda».

«E chi si lamenta?», chiese retorico.

«In tal caso», dissi lentamente, afferrando la cinta ed avvicinandomi a lui. Mi guardò imbambolato, mentre io gli sorridevo. Aprì le braccia per accogliermi in un abbraccio, ma io invece di allentare la stretta sul nodo dell'accappatoio, la serrai. «Resta comunque il fatto che mi serve».

Lui mi fissò, tra il divertito ed il deluso. «Starei qui ore a cercare di togliertelo, ma devo tornare da mio padre».

Osservai il suo sguardo stanco nonostante la dormita. «Prenditi una pausa, ci penso io a Wladimir».

«Non vestita così, spero», ridacchiò, entrando in bagno, mentre io gli lanciavo un'occhiataccia.

Utilizzai il cambio che mi aveva portato Adrienne, per poi aprire leggermente la porta del bagno, dove si stava ormai facendo la doccia. «Ti serve ancora l'accappatoio?». Senza ricevere risposta, mi sporsi e lo lasciai sul lavandino.

Uscii dalla sua –beh, nostra – camera e mi diressi in quella di Wladimir. Bussai leggermente, per evitare di svegliarlo, ed una voce diversa da quella di Cordelia disse: «Avanti».

Entrai, trovando l'uomo addormentato e Josefine seduta sulla poltrona, ora molto più lontana dal letto di quando la occupava Cordelia. La donna mi lanciò un'occhiata, per poi farmi segno di avvicinarmi. Lentamente obbedii.

Mi scrutò per un po', per poi dire: «A quanto pare il Fato si è divertito molto. Avevo sperato di imparentarmi con Maximilian, al tempo, ed ora eccomi esaudita». Aveva un tono contrariato, ma io non sapevo proprio di cosa stesse parlando. Aveva desiderato essere imparentata con mio padre?

I suoi occhi caddero su Wladimir, che ancora dormiva. «Dammi retta, ho qualche secolo più di te. I Bloodwood non sono persone da sposare, ma da evitare. Guarda cosa ha fatto Wladimir con Cordelia, ti aspetti forse un trattamento speciale? Il sangue non mente, e tu non diventare dipendente dal loro. Ti attirano nella loro trappola di seduzione e ti lasciano stordita e vuota. Il potere forse ora ti sembrerà un'ottima cosa, ma è peggio di un veleno, ed i Bloodwood non ne sono la cura. Finché non ne sei intossicata, hai la possibilità di vivere felice. Ma la felicità non comprende un uomo della famiglia imperiale».

Mi fissava intensamente, forse per farmi capire l'importanza delle sue parole. «Non fare lo stesso errore di mia figlia. Non fidarti».

«Grazie per il consiglio». Che altro potevo dire? Non avrei di certo lasciato Alexander ora che le cose fra noi sembravano andare bene, men che meno per dare ascolto ad una donna che non lo conosceva, che addirittura aveva pensato fosse una Alexandra, ai tempi della sua infanzia?

«Josefine, ma che piacere», borbottò Wladimir, aprendo gli occhi stanchi e puntandoli sulla donna. Non pareva per nulla contento della sua presenza.

La donna gli lanciò uno sguardo ostile. «Risparmiati le belle paroline, funzionano solo su Cordelia», rispose fredda.

A quelle parole Wladimir si fece ancora più indisposto. «Cosa ti porta tra le nostre umili mura?».

«L'ennesimo matrimonio che manderà in disgrazia una povera anima», rispose Josefine, agitando la mano in aria come se volesse scacciare una mosca.

L'uomo mi lanciò un'occhiata divertita alle parole "povera anima", per poi tornare a concentrarsi sulla suocera. «Suppongo Victoria sappia a cosa va incontro. Non è il suo primo matrimonio». A queste parole, Josefine si voltò verso di me, scioccata. Lanciai un'occhiataccia a Wladimir, ma si stava divertendo troppo per essere scalfito dalla mia reazione.

«E mio nipote ti vuole lo stesso? Nonostante tu sia stata di un altro?», chiese la donna, livida e fredda.

Wladimir intervenne prima che potessi rispondere io. «Oh, e non sai con chi è stata sposata».

Josefine lo guardò, interrogativa, aspettando un nome, ma all'improvviso un'ancora di salvezza chiamata Cordelia si fece sentire, dietro di noi: «Non importa con chi è stata sposata, madre. Prima del nuovo matrimonio sarà sicuramente vedova».

Le lanciai uno sguardo pieno di gratitudine, e lei accennò un sorriso, per poi guardare con rimprovero Wladimir. «Vuoi smetterla?».

«Oh no, voglio sapere tutto», disse Josefine, severa.

Cordelia scosse la testa. «Abbiamo problemi più urgenti. Ludovice è qui».

«Uccidetemi ora», supplicò Wladimir, chiudendo gli occhi e fingendosi morto. Cordelia sospirò pesantemente, e Josefine non mosse un muscolo facciale.

Non sapevo chi fosse questa nuova ospite, ma tutti i tre si fecero nervosi, primo per tutti l'uomo. Sbuffò e riaprì gli occhi, fissando la suocera con intensità. «Cosa può comprare il tuo silenzio?».

Josefine non si scompose. «Possibile che tu non riesca a dirglielo?».

Wladimir attese una risposta, impaziente. Ticchettai sulla coscia per non restare lì impalata, anche se serviva a ben poco se non evitare di sembrare una statua come Josefine.

Cordelia si stava tormentando le mani, alternando lo sguardo fra i due, mentre il silenzio si faceva assordante.

A schiena dritta, ed un sorriso trionfale ma non di gioia, la risposta uscì come una minaccia: «Se volete giocare, non sarò di certo una pedina. Con il re in scacco matto», e guardò Wladimir, «e la regina alla deriva», e rimproverò con gli occhi Cordelia, «voglio il mio posto in questa partita».

«Cordelia, che diavolo aspetti ad uccidermi?!», chiese Wladimir, esasperato. «Se non lo fai tu, lo farà lei. Togliti lo sfizio e non pensiamoci più».

Ma la donna era troppo impegnata a cercare di far ragionare la madre, irremovibile.

Tra lei e questa Ludovice, l'imminente matrimonio sarebbe stato molto più vivace del previsto.


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