13 - Pudiche

«Non è male sapere che posso baciarti così per tutta l'eternità», borbottò contro le mie labbra, tornando a tempestarle di morsi leggeri. Oltre la porta, lungo il corridoio, giù per le scale, si stava ancora svolgendo la mia festa di compleanno, mentre Alexander continuava a mettere a dura prova la resistenza del mio cuore.

Ridacchiai, staccandomi. Volevo rivolgergli una domanda da qualche giorno, e non ne trovavo mai l'occasione. «Come hai fatto a trovarmi al motel?».

Fu il suo turno di ridacchiare. Mi lasciò con la schiena contro il muro, mentre si dirigeva verso la cassettiera e prendeva una busta di carta dal primo cassetto. Me la porse, divertito.

Non potei non capire la sua reazione, quando lessi la lettera che avevo tra le mani.

Vostra Altezza,

non posso negare di avervi lavato le camicie con il detersivo da donna. È stato uno spasso.

Mi dispiace apprendere che Victoria non sia più Imperatrice, e che abbia lasciato il Palazzo. Ho qualche idea su dove sia andata, ma non credo di volervene mettere a parte. Se per il mio ritorno non sarà ancora tornata, me ne occuperò io stesso.

Con rammarico e tanto detersivo da donna,

il vostro umile servo Andrew

Gli lanciai un'occhiata interrogativa. Lui sorrise, rivelando di nuovo quelle fossette illegali. «Chiamare qualcuno alla corte spagnola è stato facilissimo. Un paio di minacce di morte qua e là, ed ecco che il nome della tua vecchia cittadina spunta».

«Stalker», lo accusai, ma ero visibilmente lusingata.

Lui rise, tornando a prendermi tra le braccia. Fece per dire qualcosa, quando un nobile bussò alla porta.

«È urgente, Maestà», disse, facendo segno di sbrigarsi.

Alexander mi rivolse un sorriso tirato, per poi seguire l'uomo.

Andai in bagno per rinfrescarmi ed apparire presentabile. Che potevo fare, mentre lo aspettavo? Probabilmente la mia stanza non era più quella in fondo al corridoio, e non sapevo se quella che avevo usato al mio primo arrivo a Palazzo fosse disponibile. Perciò, l'unica alternativa era il letto di Alexander. Non che mi dispiacesse.

Mi sdraiai un po' sulle coperte, rimuginando sugli ultimi giorni. Le cose sembravano essersi messe a posto da sole, e questo era solo che un bene.

Osservai la gemma incastonata nel leggero anello che occupava il mio anulare sinistro. Era di un insolito colore verde bluastro, ma al buio pareva un diamante. Ridacchiai come una stupida, capendo l'allusione. Quella pietra era alexandrite.

Quando il mio fidanzato – anche solo pensarlo era stupendo – rientrò, era furioso. Non mi degnò di uno sguardo, mentre afferrava una camicia bianca e dei pantaloni, per poi eclissarsi di nuovo in corridoio.

Preoccupata, lo seguii finché non arrivò alla porta di Wladimir. Ero indecisa se andare dentro anche io o meno, quando una serva uscì con delle pezze macchiate di scarlatto. Sussultai e mi affrettai, per poi entrare nella stanza dell'ex sovrano.

Questo era sdraiato sul letto, con la carnagione cinerea e gli occhi chiusi. Respirava violentemente, con il petto che faceva incessantemente su e giù. All'altezza dello stomaco, una macchia rossa continuava ad allargarsi sulla camicia immacolata. I tratti del volto si tesero con uno scatto in una smorfia di dolore.

Alexander continuava a passarsi le mani fra i capelli, fissando il padre e tremando. Il medico era accanto al letto, e cercava di migliorare la situazione precaria. Ci chiese di uscire in modo frettoloso, e solo allora l'Imperatore si accorse di me.

Lo abbracciai, mentre non smetteva di essere scosso da sussulti, e cercai di calmarlo. «È colpa mia», sussurrò, e nella sua voce il senso di colpa era palpabile. «Quel pugnale avrebbe dovuto colpire me».

Mi irrigidii al solo pensiero. Egoisticamente, fui felice che non fosse lui disteso su quel letto, anche se con Wladimir nel tempo avevo instaurato una sorta di cameratismo.

«C-che è succ...», provai a chiedere, ma lui mi interruppe, stringendomi a sé e continuando a parlare. Sembrava che volesse sfogarsi, perciò cercai di rilassare il corpo affinché mi abbracciasse senza incontrare resistenza.

«I Silentowl si sono rivoltati, rivendicando il loro diritto al trono. Quando mi sono opposto, qualcuno mi ha attaccato, ma papà si è messo in mezzo e...», singhiozzò.

Ricambiai la forte stretta. «Lo ha fatto per proteggerti, è stata una sua scelta», continuavo a ripetergli. Piano piano la sua posa rigida si sciolse, ma continuava a tremare. Si staccò per dire qualcosa, quando i suoi occhi vennero catturati da una figura che si stava avvicinando.

«Mamma, aspetta!», disse, ma Cordelia non lo ascoltò, fiondandosi nella stanza non appena il medico ne fu uscito. L'uomo ci comunicò che sarebbe tornato tra una mezz'oretta, con un po' di morfina e disinfettante. «Non è grave come sembra», disse ad Alexander, cercando di rassicurarlo.

L'Imperatore entrò senza troppe cerimonie, ed io lo seguii, un po' titubante: dopotutto non ero mai stata propriamente di famiglia, mi sentivo di troppo in una situazione così intima.

Wladimir ora indossava la camicia che gli aveva portato Alexander, anche se i pantaloni erano gli stessi di prima.

Cordelia era seduta su una sedia accanto alla sponda del letto, ed aveva una mano sulla bocca. Di Mildred nessuna traccia, ovviamente.

«Ho bisogno di una doccia fredda», sussurrò Alexander al mio orecchio. Era ancora visibilmente scosso. «Aspettami qui».

Annuii, incerta se uscire dal corridoio per lasciare agli ex sovrani un po' di privacy. Per la prima volta, vidi Cordelia vulnerabile. Fissava quello che era stato il marito con un misto di panico e dolore.

Wladimir tossì un po', ed un rivolo di sangue scese dall'angolo della sua bocca, ed aprì gli occhi. Perlustrò un po' l'ambiente intorno, ma non mi vide. Notai come mi fossi istintivamente messa ad un angolino, cercando di non essere invadente. La mia presenza era ambigua, in quella stanza. Moglie o nuora?

Lo sguardo dell'uomo cadde su Cordelia, che ora era in lacrime. Accennò un sorriso, guardandola, ma potevo vedere come i suoi occhi fossero annebbiati. «Qualcosa non va, miss?», le chiese, tornando a tossicchiare.

«Ti stai facendo ammazzare. Per il resto va tutto una meraviglia», rispose sarcastica, anche se nella sua voce potei distinguere una nota di panico.

La donna si voltò ed aprì un cassetto senza pensarci troppo, estraendone un fazzoletto. Il gesto fu veloce, come se sapesse perfettamente dove trovarlo, e con la coda dell'occhio notai come avesse cucite sopra le iniziali dell'uomo, WB. Leggera, come se temesse di fargli male, gli asciugò il rivolo di sangue, mentre Wladimir chiudeva gli occhi.

«Wladimir, svegliati», gli disse Cordelia, dandogli degli schiaffetti sulle guance. «Non osare addormentarti».

L'uomo emise qualche mugolio, ma non rispose né obbedì. Cordelia si voltò verso di me, rivelandomi che sapeva benissimo della mia presenza. «Va' a prendermi del ghiaccio, per favore», chiese, mentre tastava la fronte dell'uomo.

Annuii, fiondandomi al piano di sotto, raggiungendo la cucina. Molti servi mi salutarono, probabilmente ignari di ciò che accadeva di sopra, ma io risposi in modo davvero frettoloso, e non a tutti. Aprii il frigo e presi una vaschetta del ghiaccio ed uno strofinaccio, tornando a correre per le scale.

Tornata alla camera di Wladimir, lui si era già svegliato. Nonostante il buco allo stomaco, pareva aver riacquistato vitalità. «Detesto quando piangi, mi pare di avertelo già detto qualche tempo fa», stava dicendo.

«Sei tu che mi fai piangere, idiota!», disse lei con voce rotta.

Non sapevo che fare. Intromettermi? Mi schiarii la gola, incerta, ma non mi notarono, troppo presi dalla loro conversazione. Chissà da quant'è che non ne facevano una normale.

Wladimir la guardava come se fosse qualcosa di preziosissimo, ma il sorriso divertito non gli lasciava il viso. Da dove mi trovavo, Cordelia mi dava le spalle, perciò non potevo vedere le sue reazioni. «Non merito tutto questo», le disse, cercando di indicare il suo volto, molto probabilmente bagnato dalle lacrime. Alzare il braccio però fu un errore, perché si irrigidii a causa di una fitta allo stomaco.

«Sta' fermo», le disse lei, dandosi un contegno. Invidiavo davvero il suo modo di nascondere le emozioni dietro una maschera di calma apparente. Cordelia sarebbe stata una perfetta giocatrice di poker.

«Promettimi una cosa», sussurrò lui, chiudendo di nuovo gli occhi. «Non lasciare che nostro figlio faccia i miei stessi errori».

«Resta ed assicurati tu stesso che non li faccia», rispose lei, dandogli uno scossone che lo fece stringere i denti per una fitta. «E svegliati, dannazione!».

L'atmosfera divenne troppo pesante per me, troppo intima perché rimanessi nell'ombra. Mi avvicinai, porgendo alla donna la vaschetta di ghiaccio e lo strofinaccio. Lei li afferrò veloce, rovesciando i cubetti nella stoffa colorata ed appallottolandola. Prima di porgermi la vaschetta, la diede in testa a Wladimir. «Giuro che la prossima volta che chiudi gli occhi ti infilo una mano nella ferita», ringhiò.

Afferrai quella che ormai era diventata un'arma, lievemente divertita da come Cordelia avesse assunto il ruolo di balia frustrata, ma prima che potessi chiedere se serviva qualcos'altro, Wladimir mugugnò: «Ma si tratta così un povero malato?».

«Non sfidarmi», gli disse lei con voce perentoria.

Nello stesso istante, il medico tornò. Aveva una valigetta molto più capiente, e si grattava la testa, a disagio. Senza che dicesse nulla, annuii ed uscii nuovamente dalla stanza, seguita da Cordelia che continuava a minacciare l'uomo di evirazione se solo non avesse tenuto gli occhi aperti. La scena in sé era davvero comica, e se Wladimir non fosse stato ferito su quel letto mi sarei lasciata sfuggire una risata, a dispetto dell'austerità di Cordelia.

Poco dopo il medico uscì, ancora più in difficoltà di prima. «Sua Maesta.. beh, no, cioè... il signor... che dire...», continuava a balbettare, non sapendo più come etichettare un Imperatore che aveva abdicato.

Cordelia alzò gli occhi al cielo. «Salti tutti i convenevoli e le frasi di circostanza, non abbiamo tutta l'eternità».

Il medico annuì vigorosamente, grato dell'intervento della donna. «Il problema principale è il sangue che continua ad abbandonare il suo corpo. Perciò vi chiedo», ed alternò lo sguardo tra noi due, confuso, «di rifornirlo costantemente di sangue. Siete le mogli, quindi credo che l'onere spetti a voi, anche se potrei portarvi qualche sacca che usiamo per le trasfusioni. Potremmo provare ancora con il... ehm, sovrano... delle trasfusioni, ma sono molto invasive per il corpo, visto che è abituato solo al proprio sangue ed al vostro», spiegò, probabilmente lieto che la forma di cortesia "voi" fosse abbastanza ambigua da potersi riferire sia a noi due che solo ad una.

La donna accanto a me annuì, congedandolo con un gesto. Forse fu solo una mia impressione, ma l'uomo liberò un sospiro di sollievo mentre se ne andava.

«Vai tu per prima?», chiese frettolosa Cordelia, lanciandomi uno sguardo freddo.

Sbattei le palpebre più volte, imbambolata. «Io e Wladimir non abbiamo...».

Alzò gli occhi al cielo. «Non mi pare il caso di essere pudiche», mi rimproverò.

«Ma è la verità», risposi, intimorita. Davvero credeva ancora che avessi potuto fare qualcosa con lui?

«Davvero? Tu e lui non avete avuto nessun tipo di rapporto?», chiese, avvicinandosi per scrutarmi meglio. Scossi la testa, sostenendo il suo sguardo. Non avevo nulla di cui vergognarmi, a che scopo sottrarmi ai suoi occhi indagatori?

«Allora è davvero un idiota», sbuffò, ricordandomi tanto il figlio. Poi mi stupì, prendendomi una mano fra le sue ed accennando ad un sorriso. «Grazie».

Rimasi impietrita dal suo gesto, tanto che prima di riuscire a riprendermi e rispondere, Alexander si avvicinò, con i capelli ancora umidi.

Fissò la mia mano ancora in quella della madre, aggrottando le sopracciglia per il gesto piuttosto inusuale, ma Cordelia non si scompose, interrompendo il nostro contatto con gentilezza, come se non volesse nascondere quello che aveva appena fatto.

«Ti verrà il raffreddore. Vatti ad asciugare, Xander. A Wladimir penso io», lo rimproverò lei, lasciandomi interdetta per quel soprannome. Mi sarei dovuta abituare a quella nuova realtà famigliare. Ma che nuova realtà, poi? Mi sarei sposata con l'Imperatore, ma il rapporto tra gli ex sovrani mi pareva più... non so, intimo?

«Eddai, ma', almeno in questa situazione non...», cominciò a dire lui, scocciato, quando Cordelia mi rivolse uno sguardo d'intesa. Annuii, capendo cosa voleva dirmi, e presi Alexander a braccetto, tirandolo verso la sua stanza.

«Tale e quale a tuo padre», lo rimproverò lei. «E adesso vai ad asciugarti per bene. In caso contrario, Victoria mi riferirà tutto».


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