Rose Garden
AUTRICE: itsaryt
La calma che si prova mentre si è stesi sotto un cielo stellato è una delle sensazioni migliori del mondo. Eryn lo pensava da sempre, sin da quando aveva scoperto quel posto, sin da quando lui l’aveva portata lì, aprendole le porte su un paradiso che da allora era diventato il suo posto preferito. Una finestra sul mondo, così le piaceva immaginare quel piccolo angolo nascosto in una delle città più grandi d’America.
Il cielo, quella notte di piena estete, era più bello del solito, una visione che le ricordava quante cose belle le aveva lasciato Zayn senza nemmeno accorgersene, quanti segni indelebili si portava ancora dietro nonostante cercasse di dimenticarlo, di cancellare la sensazione d’incompletezza che l’assaliva quando quegli occhi ambra non guardavano lei, quando il suo sorriso non era rivolto a lei e quando le sue mani non cercavano le sue.
Quella notte d’estate, mente le stelle la guardavano dall’alto, ascoltando silenziosamente i suoi pensieri, mentre Chicago continuava a correre ininterrottamente e qualcuno festeggiava il giorno del diploma, lei era stesa sul prato di quella piccola serra, ancora avvolta nel vestito verde che aveva scelto per il giorno del suo diploma, i tacchi poggiati alla sua sinistra e gli occhi persi nella distesa di blu più bella che avesse mai visto. La sua vita stava per cambiare e ne stava prendendo coscienza solo in quel momento, lontano dai festeggiamenti, dalla musica che aveva accompagnato quella serata organizzata per dire addio agli anni più belli che avevano trascorso, tra i muri di un istituto che spesso avevano odiato ma che, in fin dei conti, era stata una casa accogliente per un gruppo di ragazzi che stava ancora crescendo. Si era appena concluso uno dei più grandi capitoli della sua vita, quello che raccontava le vicende di una ragazzina dai capelli rossi che aveva incontrato le persone più importanti della sua vita, quelle che era sicura l’avrebbero accompagnata per il resto della sua vita. Raccontava la storia di una ragazzina che in quelle quattro mura si era innamorata, aveva sofferto e poi perdonato. Raccontava la storia di una ragazzina che era cresciuta, che stava per intraprendere la strada che l’avrebbe portata al suo futuro ma mai troppo lontana da quel posto, quello stesso posto che avrebbe condiviso solo con quegli occhi.
Eryn abbassò le palpebre, godendosi la leggera brezza che aleggiava intorno a lei, ispirando con forza l’odore delle migliaia di rose che la circondavano, godendosi il rumore silenzioso del cielo e quello del suo cuore che batteva impaziente del suo arrivo. Era sgattaiolata via dalla festa a posta per godersi quel momento con lui, solo con lui.
«Sei così bella in questo momento.» fu un sussurro leggero, quasi impercettibile, tanto che Eryn credette di essersi addormentata e di star sognando. Sorrise leggermente, senza aprire gli occhi. «So che non stai dormendo Eryn. Apri gli occhi e lascia che io mi perda un po’, per stasera.» una piccola supplica che la rossa fu contenta di accogliere.
Aprì gli occhi con una lentezza disarmante, lasciando che le sue ciglia lunghe accarezzassero le guance prima di lasciarle definitivamente, lasciandosi assalire dalla bellezza accecante del ragazzo che la stava sovrastando con la sua altezza, con un pantalone elegante poggiato sui fianchi e una camicia bianca che gli fasciava perfettamente le braccia. Aveva liberato i primi bottoni dalle proprie asole e alzato le maniche fino ai gomiti, donandosi un’aria tremendamente sexy per un ragazzo di 19 anni. Era bello, bello più di quelle stelle che, adesso, sembravano insignificanti a confronto, bello tanto da bloccarle il respiro e il battito cardiaco. Sentì la bocca secca nel momento esatto in cui notò che, tra le mani, stringeva una rosa che, molto probabilmente, aveva staccato dal suo cespuglio mentre entrava nella serra.
«Credevo sarebbe arrivata l’alba prima che arrivassi.» lo incalzò, assumendo un tono di voce atono mentre avrebbe solo voluto accarezzare la sua mascella pronunciata.
«Ed io credevo di non trovarti. A quanto pare ci sbagliavamo entrambi.» rispose lui a tono, sorridendo beffardamente e allungandole la rosa. Lei si mise a sedere e l’afferrò, se la portò all’altezza del naso e ispirò profondamente.
«Grazie.»
Lui si strinse nelle spalle e poi la raggiunse sul prato, sedendosi al suo fianco e incastrando, di nuovo, i loro sguardi. «Il verde ti dona ma ti preferisco sempre fasciata di rosso.» lo disse dal nulla, accarezzando il corpo di Eryn con lo sguardo, con quegli occhi ambra che facevano sempre tanto rumore.
La guardò attentamente passando in rassegna ogni particolare, come il piccolo neo sulla clavicola che avrebbe voluto baciare lentamente, oppure il modo con cui muoveva nervosamente le mani che lui avrebbe voluto stringere forte. Osservò il vestito verde che indossava, il modo in cui fasciava perfettamente i suoi seni e suoi fianchi, lasciando che la sua mente vagasse e la immaginasse in un modo in cui non l’aveva ancora vista. E si scoprì ansioso di scoprirla, di scoprire quanto fosse dannatamente bella e vulnerabile stretta tra le sue braccia.
«Sta per cambiare tutto.» sussurrò Eryn, alzando lo sguardo verso il cielo. «Le nostre vite stanno per prendere delle nuove strade che ci porteranno a ciò che vogliamo diventare da grandi e…» si strinse forte nelle spalle cercando tra le stelle le risposte che voleva. «e cambieremo anche noi.»
Zayn continuò a guardarla, desiderando ardentemente di poterle dire che si sbagliava e che non sarebbe cambiato proprio tutto, che loro non sarebbero cambiati ma sarebbe stata una menzogna. Desiderò di poter essere più coraggioso, quel poco in più per poterle dire che sarebbe andato via, che quel posto era diventato troppo piccolo per poter ospitare loro due e un amore che sembrava sbagliato, ma solo per lei. Zayn desiderò di poterle dire che avevano poco tempo per amarsi prima che lui partisse, prima che finisse tutto, per sempre. Ma non lo fece. Restò in silenzio, osservando il suo profilo e non le disse che l’amava ma che lui non era abbastanza.
«Non cambierà nulla.» le mentì. «Resteremo sempre noi, seduti suoi nostri sogni in questo giardino di rose.»
«Non siamo noi nemmeno ora, Zayn.» replicò lei, chiudendo gli occhi e assorbendo la veridicità delle sue stesse parole. «Non lo siamo da quando abbiamo deciso di rincorrerci senza fermarci mai.»
Zayn ebbe l’impulso di toccarla ma non lo fece, se ne restò inchiodato al suo posto consapevole che sì, non erano più loro da quando lui aveva scelto un’altra. «E se ci fermassimo? Se solo la smettessimo di correre e ci fermassimo, credi che io possa essere abbastanza da non farti male?»
«Credo che noi possiamo essere tutto ciò che vogliamo insieme.» gli angoli della sua bocca si alzarono in un debole sorriso. «Ma credo anche che tu non sia pronto a ciò che potremmo essere. Tu non sei pronto per noi, Zayn ed è per questo che ti accontenti di una relazione tiepida che non sarà mai come quella che avremmo avuto noi.» finalmente lo guardò e capì di amarlo più di quanto immaginasse, più di quanto una ragazza di 19 anni avrebbe dovuto ma che non bastava. Non bastava a lui.
«Sta per cambiare tutto nelle nostre vite e tu sei l’unica cosa che vorrei restasse uguale.» ammise Eryn, con gli occhi lucidi e la consapevolezza nel cuore che lì, in quel momento, si stava rassegnando ad averlo perso per sempre. «Ma non posso continuare a dividere il tuo cuore con un’altra e dovresti lasciarmi andare, adesso che hai come testimoni le stelle.»
«Penso che loro possano concederci un po’ di tempo in più.» chiuse gli occhi, maledicendosi per essere così egoista nel voler rubare il tempo con lei fino alla partenza, fino a quando non ci sarebbero stati i chilometri a dividere le loro anime comunicanti. «Le stelle sanno e non mi chiederanno questo stanotte, quindi non farlo nemmeno tu.» la supplicò, allungando la mano verso di lei e cingendole la vita, pizzicandole il fianco e attirandola più vicina al cuore. «Non sono ancora pronto a lasciarti andare.» le sussurrò tra i capelli, chiudendo gli occhi e beandosi del profumo di lavanda, che amava tanto, mischiato a quello delle tante rose che li circondavano.
«Sarai mai pronto?» gli chiese.
Mai. «Un giorno.»
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