Il paziente della 324
AUTRICE: knuttie
Cara Maisie,
ti scrivo con le mani che tremano per l’emozione. Mi scuso fin da questo momento se la lettera che sto scrivendo sarà illeggibile, se le ‘a’ sembreranno ‘o’, se le ‘m’ parranno ‘n’ e così via.
Ho sempre pensato che la calligrafia illeggibile fosse una prerogativa dei soli medici, invece oggi ho scoperto che potrebbe essere anche un po’ mia, anche solo per pochi minuti.
Quando l’emozione andrà via, ritornerò ad essere solo Leonard, il paziente della camera 324, quel ragazzo che, a ventitré anni suonati, scrive ancora con una grafia tondeggiante e controllata. Ma per ora, soltanto per qualche altro minuto, voglio essere un Leonard inedito, così come lo è la mia grafia, tremolante e allungata.
Ti chiedo scusa se queste parole ti arriveranno su un foglio di carta stropicciato e rosa, ma la dottoressa Cally non ha trovato nulla di meglio da darmi.
Perdonami anche per la penna viola e per quella che sembrerebbe una Hello Kitty stilizzata in fondo al foglio. Come ti dicevo nelle righe precedenti, non ho avuto altra scelta.
Mary, la tua collega infermiera, mi aveva proposto di aspettare, mi aveva detto che avrebbe potuto procurarmi una vera carta da lettere, quella bella, bianca, lucida, che si addice a uno scambio epistolare tra adulti.
Ma io non posso aspettare.
Si è offerta di prestarmi il suo cellulare, perché come ben sai non ne possiedo uno qui, ma non avrei mai potuto chiamarti.
Ho troppe cose in testa, al momento. Non avrei trovato le parole giuste, avrei divagato come al mio solito, anzi, lo sto facendo anche in questo momento, mentre scrivo queste parole.
Mi è stato detto che la lettera ti arriverà entro domani se sono abbastanza veloce da spedirla entro questa sera: ora capirai perché mi sia accontentato di quella carta, di Hello Kitty e tutto il resto.
Domani è mercoledì, è il tuo giorno libero e non sarai, come ogni altro giorno, in ospedale a prenderti cura di noi.
Già ti immagino: sarai sul divano a rilassarti, magari a leggere uno dei romanzi rosa che ami tanto e a coccolare quel gatto che ho visto soltanto in foto.
Qualcuno suonerà alla porta: chi sarà mai, ti chiederai. Sbuffando, perché so che non vuoi essere disturbata durante il tuo giorno libero, ti alzerai dal divano e andrai ad aprire. Guarderai accigliata la busta bianca prima di leggervi il mio nome e accennare un sorriso.
Poi ti siederai sul divano, accanto al tuo gatto. E farai bene a sederti, perché ciò che starai per leggere forse ti emozionerà, forse ti farà tremare così come tremano le mie in questo momento.
Mi dimettono, Maisie.
Finalmente, dopo due anni di cure, di flebo, di operazioni, mi dimettono.
Potrò ritornare ad essere me stesso, il ragazzo che studia Architettura a Liverpool, e abbandonare le vesti di ‘Leonard il paziente’.
Certo, dovrò tornare ogni tanto per fare dei controlli, per controllare ogni organo del mio corpo che ogni tanto farà di testa sua. Ma se questo è il dazio da pagare per riappropriarmi della mia vita, di me stesso, io lo farò. Farò qualsiasi cosa.
Sei emozionata? Spero di sì, perché io lo sono.
Ma ora viene il bello, ora strabuzzerai gli occhi e penserai che io sia matto, che le cure non siano andate a buon fine e che il mio male abbia raggiunto anche il cervello.
Mi sono innamorato di te, Maisie.
Cosa? Ti chiederai.
Mi sono innamorato di te! L’ho scritto, ormai non posso più tornare indietro.
Perché? Perché mi sono innamorato di te?
Forse perché mi rivolgevi un sorriso rassicurante, mi stringevi la mano mentre i dottori complottavano sulle mie condizioni fuori dalla mia stanza.
Forse perché nonostante il mio corpo non avesse la forza di fare nulla, tu mi spingevi sempre oltre le mie possibilità. Quando sembrava impossibile perfino alzare il braccio per portare la forchetta alla bocca, tu mi facevi ricredere addirittura della mia forza: montavo su quella carrozzina e ci aggiravamo nei meandri dell’ospedale fino a quando l’altoparlante non faceva risuonare tra quei corridoio i nostri nomi e la voce arrabbiata della dottoressa Cally.
Io l’ho odiato questo ospedale, lo odio ancora, ma la tua presenza mi ha reso meno amara la permanenza. Ho odiato ogni stanza in cui mi hanno portato, ogni corridoio che ho percorso, ma tu me lo facevi vedere sotto un altro punto di vista.
“Diventerai un architetto, giusto? Allora cerca di immaginarlo come vuoi tu… tu come lo progetteresti?” mi dicevi ogni volta che ti dicevo quanto mi facesse schifo questo posto. E allora io parlavo e parlavo, trattenendoti anche oltre il tuo turno, ma tu non ti sei mai lamentata.
Mi sono innamorato di te perché mi raccontavi ogni pazzo venerdì sera che trascorrevi con i tuoi amici affinché mi divertissi anche io in quel letto d’ospedale. Sognavo di viverli con te quei venerdì sera.
Sognavo di potermi alzare dal letto, di sciogliere le catene e raggiungerti in quel pub tra Maple St. e Luke St., di divertirmi, di bere una birra di troppo, di vivere tutti quei piaceri che la mia malattia mi aveva negato per troppo tempo.
Mi sono innamorato di te perché sei stata la mia salvezza in questi anni, perché sei stata il mio pezzo di paradiso in un inferno durato fin troppo, perché ti sei presa cura di me come nessuno lo ha fatto mai.
Ora vorrei prendermi io cura di te.
Ma procediamo per gradi: vorrei chiederti un appuntamento.
Ti porterei in uno di quei posti eleganti che fanno vedere nei film, poi ti chiederei di fare un giro in città al chiaro di luna.
Non ti ho ma visto illuminata dai raggi lunari, ma posso immaginare che sarai bellissima, che i tuoi lineamenti delicati e i tuoi capelli rosso rame sono fatti per essere accarezzati dalla luna e dalle stelle.
Poi ti prenderei per mano e ti avvicinerei a me: accarezzerei quelle guance morbide e lentamente accorcerei la distanza che ci divide, inevitabilmente il mio sguardo cadrà sulle tue labbra morbide e piene.
Prima di assaporarle, prima di perdere tutto me stesso in quelle labbra, ti guarderei negli occhi per capire le tue intenzioni. Le mie sono già chiare in questo momento.
Vorrei mostrarti come sono, come è il vero Leonard. Vorrei mostrarti che c’è un ragazzo in carne, ossa e passioni oltre al paziente della 324. Ti prego, accetta il mio invito.
Accetta di vedere il vero me, quello che il mondo non ha mai visto, ma che potrebbe mostrare la sua vera essenza solo a te, Maisie.
Sempre tuo,
Il paziente della 324
o meglio, da domani, soltanto Leonard
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