cap 44: IN TRAPPOLA

DINA'S POV
"Forza, venite a vedere questo cofanetto! Sono sicuro che contenga qualcosa di importante." Cameron richiamò la nostra attenzione.

Indicava uno scrigno posto sopra ad una scrivania, tuttavia, proprio in quell'istante, Jordan ne indicò una simile posta nella parte opposta a quella in cui si trovava l'illusionista, sopra ad essa era presente la stessa identica scatolina.

"Adesso cosa si fa? Le dobbiamo aprire con un ordine ben preciso? Magari nello stesso momento? Oppure l'ordine è del tutto irrilevante?" domandai a raffica.

"Be', c'è un modo per scoprirlo ed è aprirle. Semplice come cosa!" esclamò esaltato il gemello del mio ex.

"Chissà, potrebbero contenere il tesoro?" ipotizzò Gunter, avvicinandosi al biondo.

"Non credo, la mappa segna altre due tappe."

"Solo due? Poi saremmo ricchi? Grande!" esultò il più giovane di tutti noi, alzando l'oggetto per osservarlo meglio, nel compiere quel gesto qualcosa lo tagliò, da questo capimmo che non era possibile spostarle, "Ahia!"

"Bene, almeno è successo a te e non a me!" lo prese in giro Cameron.

"Ahaha, ma quanto sei simpatico!" sbottò quello ferito, "Se ti fossi fatto male poi che avresti fatto? Pianto?"

"Sai Jordan? La costante influenza di Gunter ti sta facendo male!"

"Ehi! Resta concentrato, io non voglio morire in questa stupida stanza per colpa di due stupidi!" lo riprese l'altro, dandogli una sonora pacca sulla schiena, esortandolo a sbrigarsi.

"Io mi unisco a te, Gunter! E' indispensabile aprire le scatoline? Sicuri non si tratti di una trappola? Perché io non mi fiderei molto." rincalzai.

"Se siamo sopravvissuti fino ad ora perché mai non dovremmo superare questo test? Non mi sembra difficile alla fine dei conti, no?"

"Se lo dite voi!" ero ancora riluttante nonostante ciò mi fidai dei miei amici.

Mi avvicinai alla postazione del ragazzo dagli occhi a mandorla e, notati dei cerchi su ogni angolo del tavolo, non potei non chiedermi a cosa servissero, ne sfiorai uno.
La leggera pressione esercitata dalla mia mano, causò un suono metallico proveniente però dal soffitto dell'edificio.

"Avete sentito?" domandai guardandomi attorno con fare circospetto.

"In realtà no!"

"Io neppure, però ho una buona notizia tra non molto potrò vederne il contenuto. Tu a che punto sei?"

"Non mi manca tanto."

"Certo, perché hai imparato dal migliore!" si vantò il mago, gettando un'occhiata al ragazzino.

"Volete rimanere da soli a flirtare oppure darvi una mossa, Pivelli?" l'omaccione li mise ulteriormente sottopressione.

Dal canto mio, più gli attimi passavano e più percepivo un gran senso di agitazione dentro di me. Avevo uno strano presentimento come se da lì a breve sarebbe capitato qualcosa di pericoloso.

"Io non aprirei e non toccherei niente." li avvertii dopo aver udito per una seconda volta un rumore simile a quello di qualche minuto antecedente, alzai lo sguardo e purtroppo scoprii che i miei sospetti avevano fondamenta.

"Perché dici questo, Dina?" vollero sapere, ancora del tutto ignari.

"Perché?" ripetei sconcertata.

"Vuoi dircelo oppure no?"

"Ragazzi, non c'è bisogno che io dica nulla. Potete valutare voi stessi cosa sta accadendo, guardate in alto!" li misi al corrente.

"Aspetta solo un attimo in quanto adesso farò scattare la serratura. Et voilà! Les jeux sont faits, mes amis! Ta-dà!" e attraverso queste parole, susseguite da un click, l'illusionista ci informò di essere riuscito nell'intento.
Seppure gli eventi furono propizi, i grandi neon, locati nel soffitto, si accesero di una coloratissima luce rossa incandescente. L'effetto che sopraggiunse fu senza dubbio sensazionale.
Le pareti che fino a quel momento era di un triste colore topo e i nostri volti assunsero delle tonalità del medesimo riflesso.
Quando tutto ciò accadde i tre si resero finalmente conto di essere finiti all'interno di una trappola di Alistar.

"Se le luci fossero state blue allora potevo supporre di essere divenuto un Puffo, però hanno scelto il rosso... quindi cosa potremmo essere?" sdrammatizzò Jordan, quel giorno era in vena di fare tante battute.

"Questo non mi piace, non mi piace proprio! Ve l'avevo detto che non era una buona idea quella di curiosare." borbottai con nervosismo, non distogliendo minimamente lo sguardo dalla parete dall'aria inquietante.

"Si trattano solamente di fari, mica altro di cui temere." cercò di calmarmi il biondo.

"Come sarebbe a dire mica altro? Noi stiamo rischiando la nostra esistenza per cosa? Nessuno di noi ha la certezza di trovare qualcosa di significativo al termine della caccia al tesoro. Non potrebbe trattarsi si una farsa?" a quanto pareva persino qualcun'altro la pensava come me.

"Hai intenzione di mollare, Gunter?"  

"Non mettermi in bocca cose che non ho detto! Sto dicendo che a parere mio, la nostra amica ha ragione e bisogna agire con prudenza. Quando hai aperto quella pacchiana stupidaggine le luci si sono accese. Magari è presente uno schema per andare avanti." ci illuminò l'omaccione, "Guardate quel mappamondo, non vi sembra che voglia comunicarci qualcosa? Tutti questi post-it che vorranno mai dirci?"

"Cosa c'è scritto?" domandai.

"Se uscire vorrai, suonare dovrai."

"Eccomi, sono riuscito ad aprire la seconda scatola. Cam, che..." non terminò la frase in quanto dei doccini spuntarono qua e là nella parte più alta del sito, il tutto fu accompagnato da altri lugubri rumori, i quali in questa circostanza tutti noi udimmo, "... che... hai trovato?"

"Io nulla, tu?"

"Un medaglione."

"Ehi, che cosa sono quegli aggeggi?"

"Nulla di cui preoccuparsi, è decisamente peggio decodificare queste arcane parole: Se uscire vorrai, suonare dovrai. Qualche idea?" ci interrogò quello pelato, ritenendo la sua preoccupazione di maggiore importanza rispetto ai miei timori.

"Forse dovremmo imbastire un piccolo concerto con queste bottiglie? Si possono suonare, lo sapete?" valuto il più creativo di tutti noi, e per verificarne la veridicità, issò una bottiglia, posta su un tavolinetto.

Neanche a farlo apposta, dai condotti apparsi, iniziò a sgorgare dell'acqua bollente, fortuna volle che l'emissione d'acqua non durò a lungo, eppure bastò per bagnarci da capo a piedi.
Ero certa che da quel momento alla risoluzione del problema avremmo commesso altri sbagli, essi purtroppo non c'avrebbero risparmiato e con sicurezza la situazione si sarebbe aggravata.
Saremmo stati in grado di superare anche la medesima prova?

"Sicuramente non è il sistema adatto. Mi sembra troppo facile!" dissi con voce tremula, ero in preda all'angoscia.

"No, infatti! Non è quello che vuole dirci l'indizio. Pensiamo a qualcosa e in fretta!" alla mia preoccupazione si unì il moro, rendendosi finalmente conto del pericolo in cui eravamo incappati.

"Uhm... allora forse le dovremmo percuotere da dove sono posizionate ora, senza spostarle, e creare una sinfonia adatta."

"Potrebbe essere un'idea, ma sta di fatto che non sappiamo strimpellare." puntualizzai.

"Conosci la canzone preferita dal tuo avo Alistair?"

"Aspetta un attimo, Jordan. Ora interpello la mia sfera di cristallo poi potrò rispondere a quanto tu mi hai chiesto. Certo che no, non lo so! Come potrei saperlo secondo te?"

"Bè, è un tuo discendente!" si intromise Gunter.

"E cosa vuol dire? Non conoscevo i gusti di mio padre Sebastian, come potrei sapere quelle di una persona mai frequentata?"

"Allora cosa intendi fare con le bottiglie?"

"Strimpellare qualcosa a caso. Perché? Non vi sembra un buon piano?" ci fece sapere il ragazzo biondo.

"Niente affatto!" gli dicemmo in coro.

"Non credo abbiamo altro in mano. Quindi non ci resta che azzardare."

"Però se sbagli, finiremmo col divenire dei polli arrosto. È questa la tua brillante idea per scappare da questo inferno?" proferì con estrema schiettezza Gunter.

"Chi ha in mente altro?"

"Io! Potremmo andarcene usando la botola dalla quale siamo entrati." suggerii.

"Certo, sarebbe la strada migliore da fare... peccato si sia richiusa dietro di noi." ci mise al corrente Jordan.

"Cosa? Perché non l'hai detto prima?"

"Perché non l'ho ritenuto rilevante."

"Non era importante per te? Come sarebbe a dire? Guarda Nanetto, io non passerò l'eternità bloccato qui, soprattutto se dovrò stare con voi." sbraitò l'uomo pelato.

"Non potrai rimanere qui in eterno, lo sai?" disse Cameron.

"Giusto, in quanto tu troverai la soluzione, non è così?"

"Quello era implicito, Dina."

"Sento che stai per aggiungere un Ma."

"Mi riferivo al fatto che nessuno di noi vivrà in eterno, a meno che non si è in possesso dell'elisir di lunga vita. Ti consola la cosa?"

"Fatelo tacere, sennò dovrò pensarci io stesso e ciò non ti piacerà, Pallone Gonfiato. Ora, non perdere tempo e fai quello che devi."

La persona in questione percosse in maniera disordinata le varie bottiglie dalle diverse fisionomie le quali contenevano quantità disuguale di liquido.
Comunque la situazione peggiorò, l'acqua sparata dai doccini posti nel soffitto divenne più calda e persino la durata del nostro "bagno" fu maggiore.
Non essendoci fenditure o inclinazioni lungo la pavimentazione, il liquido incandescente ristagnò lì.

"Proviamo a spostare qualche libro, non si sa mai, potrebbero emettere qualche suono." indico il più piccolo di tutti noi.
Ottenemmo lo stesso risultato, anzi fu peggio: il calore dell'acqua divenne quasi insopportabile, sembrò di avere il fuoco sulla pelle e come se non bastasse l'acqua iniziò a salire, arrivò all'altezza della caviglia.
Quante altre combinazioni avremmo potuto tentare prima di morire lì?

D.M.'S POV
"Me ne vado. Non ho bisogno di nessuno!" esclamò con rabbia Jonathan, non appena vide le notizie al tg, le quali lo riguardavano, lo ritennero il responsabile per l'uccisione del parroco.

"Ti prego, non fare così!" lo scongiurai, "Non ti permetterò di oltrepassare la soglia!"

"Ma fammi il favore!" disse, "Io me ne vado, che tu lo voglia oppure no."

"NOO!" urlai, afferrandolo per un braccio.
Lui dal canto suo si scostò malamente, lasciando l'appartamento e abbandonando me, seppure continuassi a richiamarlo con disperazione.

Non cambiò idea, nemmeno si girò per gettarmi un'occhiata, mi sarebbe andata benissimo anche una piena di odio, me lo meritavo, tuttavia non accadde.

E rimasi lì, proprio come l'aratro in mezzo alla maggese.

Lo attesi, sperando vivamente che tornasse sui suoi passi, lo avrei accolto a braccia aperte, non perché ci eravamo da poco sposati, il motivo era solo uno, rappresentava un sentimento nobile: era l'amore.
Ormai mi era difficile nasconderlo e sarei stata disposta a cambiare affinché lui potesse credermi e iniziare così a vedermi non solo come compagna di malefatte.
E ora l'avevo perso prima del previsto e non potevo fare altro sennonché incolpare me.

A causa dell'ira afferrai il televisore, in un certo senso era la causa della nostra rottura, e lo scaraventai a terra, lo schermo divenne nero mentre alcune strisce bianche orizzontali disegnavano esso.

Non doveva e non poteva finire così con lui, dovevo trovare una soluzione e trovarla in fretta, dovevo assolutamente scusarmi e farmi perdonare tutto.
C'era un sistema per avere il suo perdono, quella era l'unica cosa da fare.
Era la scelta giusta, il gesto che avrebbe determinato una svolta a qualsiasi cosa, avrebbe dato la possibilità di aiutare almeno in parte Johnathan.

Lo staccai dalla presa, ormai era inutilizzabile, infine aprii un cassetto chiuso a chiave.
Il mio cuore prese a battere all'impazzata mentre una sensazione di sollievo e liberazione mi pervase, la mano tremò quando strinsi l'oggetto tra le dita, si trattava di una chiavetta USB.
Non una chiavetta qualsiasi, ma QUELLA contenente la prova dell'innocenza di Jonathan a proposito del mio presunto omicidio.

Per quanto riguardava la nuova accusa, avrei cercato fin quando non avrei trovato prove per attestare al mondo intero la sua innocenza perfino in quest'ultimo fattaccio.

"Jonathan ma dove ti sei cacciato?" tamburellai le unghie contro la superficie del tavolo, tichettarono nervosamente.

Presi a quel punto la mia giacchetta, il mazzo di chiavi contenenti quelle di casa e della macchina, e i miei occhi caddero sulla piantina con le tappe per la caccia al tesoro.

Controllai bene le ultime rimaste e stranamente il mio intuito mi consigliò di recarmi nei sotterranei della città.

Il tragitto non durò più di dieci minuti e arrivata in prossimità dell'area parcheggiai la vettura.
Studiai il luogo esatto dal quale poter entrare, non ci misi molto a localizzarla, quindi varcai la soglia di soppiatto, senza che nessuno se ne accorgesse.

Forte era l'odore di chiuso il quale si percepiva, l'umidità era tale da passare attraverso gli strati di tessuto ed arrivare alla pelle.
L'edificio era spoglio e completamente degradato, colmo di murales, alcuni erano variopinti e immensi, altri erano piccoli e altri ancora rappresentavano una scritta o una firma, ogni muro era la testimonianza di tutti i writers passati per quell'ambiente.
Tutto era abbandonato e quel poco che rimaneva era stato rubato, le porte erano state scardinate come tutto il resto, portato via, rimanevano solamente le vecchie finestre, "addobbate" da una miriade di ragnatele grosse e spesse.

Tutto era immerso nel più totale silenzio, ciò che spezzò quella quiete fu un rumore metallico, sopraggiunto all'improvviso, il quale mi fece sobbalzare.
Esso non mi piacque affatto e il tutto fu susseguito da una voce che conoscevo benissimo.
Un fortissimo e disperato "no" giunse alle mie orecchie, accompagnato da delle parole poco decorose, le quali solitamente le trasmissioni censuravano con un sonoro ed elegante "BIP".
Mi precipitai verso quella direzione e mi trovai dinnanzi ad un Jonathan intrappolato in una grossa gabbia in vetro antisfondamento e delle solide grate in ferro.

"John! Che cosa ti è successo?" dissi con angoscia.

"Tu? Cosa ci fai tu qui!"

"Sono venuta a cercarti."

"Bene, ora che mi hai trovato puoi andare." ribadì con arroganza.

Non gli risposi, bensì mi guardai attorno e concentrai la mia attenzione sulla serratura.
Lui non poteva manometterla in alcun modo, non era in grado di arrivarci con le mani, quindi sarebbe stato un mio dovere aiutarlo.
Per sbloccarla mi sarebbe occorsa la combinazione esatta, inserendo otto numeri.
Tentai, tuttavia non accadde nulla.

"Sarà del tutto inutile!" il tono della sua voce assunse inizialmente un'aria annoiata per poi prenderne una frustrata, "Sono nuovamente in prigione, contenta? Tanto sei tu che mi vuoi vedere dentro ad ogni costo."

"Sto cercando di aiutarti se non l'hai capito."

"E dovrei ringraziarti? Oh... bè... grazie! Grazie a colei la quale mi ha rovinato l'esistenza." esclamò con il solito cinismo, un suo tratto caratteristico.

"La tua vita era già uno schifo ancora prima della mia entrata in scena." gli rinfacciai.

"Se volevi sedurmi e costruire qualcosa con me, ci saresti riuscita senza ricorrere a sinistri sotterfugi. Avresti potuto fare breccia nel mio cuore, non saresti passata inosservata." si sedette, voltandomi le spalle e facendo aderire perfettamente la schiena contro il vetro, l'unica cosa che ci divideva.

Che gran bella prima notte di nozze!

Proseguii con il mio intento, ciononostante l'esito fu negativo. Avvilita mi misi a sedere, poggiando il mio tronco contro quello di lui.

"Mi dispiace! Dico sul serio e parlo di tutto."

"Hai una grossa forcina?" mi domandò, eludendo alle mie scuse.

"Come? Io mi scuso e chiedo il tuo perdono per tutto quello che ti ho fatto passare e tu? Vuoi sapere se posseggo una forcina?"

"Sì o no? È una risposta facile da dare!" incalzò.

"Sì. Cosa devo fare?"

"Liberarmi, è palese, no?" ribadì.

La estrassi dalla mia borsa e grazie alla sua supervisione tentai di forzare il chiavistello, solitamente in televisione e nei video di YouTube, la facevano sembrare semplice, non lo era affatto, tant'è che fallii.

"Merda!" sbraitò nell'istante in cui essa si spezzò.

"Forse tu ci saresti riuscito, non a caso sei l'esperto Houdini."

"No, quello era il mio gemello. Io ho sempre avuto quello che lui ha usato meno..."

"La bellezza?" sdrammatizzati e ci riuscii, perché almeno per un breve lasso di tempo lo feci sorridere.

"Soprattutto quella." stette al mio gioco, "Comunque mi riferivo al mio cervello, io ero il migliore in fatto teorico mentre lui sulla pratica. Quando nostro padre ci faceva esibire era lui quello che attuava con destrezza le varie fasi affinché il numero potesse svolgersi con adeguatezza, io ero quello con meno compiti, il bambino che spariva, il quale tutti credevano trattarsi di lui. Negli anni successivi alla morte di Sebastian, fui io quello che si occupava dei numeri e li perfezionava, Cameron li eseguiva."

"Non ti è mai piaciuto questo mondo, eh?" ne trassi conclusione.

"Purtroppo mi ci sono ritrovato. Il mio destino era già stato scritto ancora prima della mia nascita, chissà cosa avrei fatto se la mia famiglia non avesse scelto questo ramo." sospirò.

"Se ci pensi... terminato tutto questo potrai fare quello che più ti piace fare."

"Sempre se non morirò qui dentro!" replicò piccato.

"Vedrai che non accadrà. Toglimi una curiosità: come sei finito qui dentro?"

"Stavo solo curiosando. Volevo vedere se ci fosse la possibilità di accedervi senza dover affrontare la prossima sfida e passare quindi direttamente all'ultima. A quanto pare non è possibile!" mi spiegò.

"Questo lo vedo. Hai fame?"

"Sì grazie. Quale prelibatezza hai per me?"

"Un panino con tonno e senape."

"Perché c'hai messo quella salsa? Sai che io la odio. Perché non hai portato il mio piatto preferito?"

"Forse perché non avrei mai creduto di vederti dietro a delle sbarre per l'ennesima volta? Quello che ti sto offrendo in realtà sarebbe stata la mia cena, a me invece piace. Però mi sono accorta che qui in questo cunicolo non possono fare la consegna a domicilio quindi per oggi andrà così: prendere o lasciare, amore!"

"Touché!" lui controvoglia fu costretto ad accettarlo.

Il passaggio fu alquanto complesso, nella gabbia era presente una piccola fenditura, era possibile fare passare i viveri e tramite essa al prigioniero era possibile respirare, se ne fosse stata priva, la morte del malcapitato sarebbe sopraggiunta in un breve lasso di tempo.
Lo prese e lo mangiò, non risparmiandosi strane smorfie.

"Allora dove sei stato oggi?" volli sapere, lui cercò di rimanere sul vago ciononostante fui in grado di farmi dire le cose da lui scoperte.
Quando appresi tutte le novità mi alzai, pronta per ripartire.

"Dove credi di andare ora? È così che tratti tuo marito la prima notte di nozze? Non potresti almeno intrattenermi? O quantomeno tenermi compagnia. Mi annoio da solo. Tu me lo devi, anche se non voglio che ti monti la testa, questo non influirà né in negativo né in positivo con il tuo onore nei miei confronti. Spero ti sia chiaro."

"Cristallino!"

"Allora vuoi rendere partecipe tuo marito dei tuoi subdoli piani?"

"Cerco di farti evadere da lì il prima possibile e se la prossima sfida si terrà in quella sala da ballo, allora non mi resta altro sennonché trovare un ballerino competente. A domani!"

"Mi raccomando portami qualcosa di commestibile da mangiare, tipo una pizza, del sushi... sono un essere umano dopotutto!"

"Non ti preoccupare. Ci vediamo presto!" esclamai, recandomi all'uscita, non prima di averlo guardato per un'ulteriore volta, era bello come sempre.
Seppure fosse notte avevo un'altra meta a cui fare tappa e mi sarei dovuta giocare ogni carta pur di arrivare poi al mio scopo.

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