cap 28: LOVE DON'T COME EASY TO US

poco prima del blackout...

JONATHAN'S POV
"Cameron ora meglio se te..."
Ero lì nella stanza insieme al mio gemello e, a quel punto della situazione, lo invitai ad uscire da lì il prima possibile, prima che D.M. tornasse nel suo appartamento e si accorgesse di lui e si scatenasse un gran putiferio.
Purtroppo non terminai la frase: i dieci minuti che D.M. mi diede per prepararmi, erano terminati e lei era già qui.

"Jonathan sei pronto?" mi chiese non appena fece capolino all'entrata.

"Ehi ciao. Be', come sto?" girai su me stesso, per farmi notare da lei, mentre Cameron riuscì a nascondersi appena in tempo e pregò affinché lasciassimo la stanza all'istante.

"Bene, perché ho un buon gusto!" sentenziò lei.

"E io che credevo che fosse il modello a rendere questi vestiti più belli. Okay! Dove si va?" domandai.

"Aspetta solo un secondo, prendo su il cellulare ho bisogno di controllare alcune cose!"

"Ehm, no cara! Questa serata romantica è solo per noi, il cellulare non ha l'invito. Non si offenderà tranquilla!" esclamai prendendole l'oggetto di mano.
Lo posai su un mobiletto basso, almeno, sarebbe stato molto più facile per me dargli un colpetto per farlo finire a terra.
Come previsto, non si accorse minimamente di nulla, aprii la porta e la invitai ad uscire, io la seguii subito dopo, richiudendola frettolosamente.

"Okay. Hai vinto! Come posso dirti di no. Però se vuoi potremmo rimanere ancora un per una decina di minuti qui, cosa ne dici?" mi propose in modo provocatorio, facendomi finire contro la porta e appiattendo il suo corpo contro il mio, avvicinando a quel punto il suo viso al mio, dandomi un tenero bacio sulla bocca.

"Sai, sinceramente ho tanta fame ora, cioè... intendo... che ho una voragine al posto dello stomaco e non mi dispiacerebbe addentare qualcosa, qualcosa di diverso rispetto a quanto pensi tu."

"Andiamo allora!" parve un po' delusa per via del mio rifiuto, tuttavia mi prese ugualmente per mano e mi condusse verso il tetto.
Mi augurai che a quel punto Cameron uscisse dal suo improvvisato nascondiglio e raggiungesse gli altri.

"Ta-da!"

"Ehi, mi vuoi rubare la battuta?" le chiesi mentre guardavo esterrefatto tutto ciò che lei aveva fatto per me.

Aveva sistemato due tavoli: uno apparecchiato per noi due con un elegante tovaglia bianca, piatti in porcellana e un discreto centro tavola; mentre nell'altro si poteva ammirare la vasta e gustosa scelta di portate della serata, cucinate con molta probabilità da uno chef importante e acclamato della città.

La mia attenzione passò dai viveri alle numerose candele disposte qua e là per la superficie del tetto piano, che fungeva da enorme terrazza, infondevano in quello spazio la quantità di luce necessaria per riempire l'atmosfera di romanticismo. Infine c'erano un comodo divano, una radio accesa che dava canzoni romantiche e un numero discreto di piante.

"Wow.... è... è stupefacente. Grazie, a cosa lo devo?" chiesi, quasi senza parole.

"Questo per avermi salvato la vita." mi rispose guardandomi intensamente negli occhi.

Solo in quel preciso istante mi accorsi di quanto fosse bella quella sera: i capelli mossi le donavano tanto, per non parlare delle sue labbra rosse, mi invitavano e tentavano, di sicuro non avrei voluto fare altro che baciarle e baciarle ancora. Finalmente aveva addosso quel bel vestito che tanto mi piaceva e mi faceva impazzire: nero, lungo e a sirena che le lasciava gran parte della schiena scoperta.

"Piccola sei bellissima! Sai non ti facevo così romantica, ti sei impegnata così tanto per rendere questo posto così stupendo e pensare che è un tetto, adoro tutto ciò. Hai fatto tutto questo solo per me? Grazie lo apprezzo davvero! Ammettilo: in fondo in fondo a questa tua dura corazza esiste un cuore." le sussurrai, mentre prendendola per mano la feci roteare su sé stessa.
Poi le cinsi la vita e l'attirai vicino al mio corpo, iniziammo a danzare al lento ritmo della musica, quest'ultima sembrava proprio dedicata a noi.

«love don't come easy to us... and this is killing me....»

Lei si strinse più forte a me, come a volersi sentire protetta. Cercava rassicurazione e col suo sguardo mi fece capire tutto l'amore provato per me.

Mi desiderava e, sicuramente fosse stato per lei, non mi avrebbe più lasciato andare via, ora finalmente ci eravamo uniti. Mi pregò di non lasciarla una volta che la nostra missione fosse giunta al termine, lessi nei suoi occhi la speranza che lei nutriva in un mio eventuale coinvolgimento amoroso per lei. Avevamo del feeling, questo lo dovevo ammettere, ma sarei stato veramente in grado di perdonarla?

«So I was just wondering
Could you tell me is it all a waste of time?»

Non avevo mai conosciuto una donna tanto forte come lei che per amore abbassava la guardia e mi dava quasi la possibilità di mallearla come pongo.
Questo andava tutto a mio vantaggio, scatenando in me emozioni contrastanti: da una parte, non potevo e non volevo farmi sfuggire un'occasione del genere, tanto che l'avevo quasi in pugno, ma dall'altra dovevo ogni giorno combattere sempre di più con i miei sentimenti che provavo verso di lei. Inizialmente, quando era iniziata questa improbabile "alleanza", mi ero ripromesso che non mi sarei mai e poi mai innamorato di una come lei, nemmeno se fosse stata l'ultima donna in questo mondo, eppure nel giro di qualche mese mi dovetti ricredere.

Mi gettò le braccia al collo e, a quel punto avvicinai, il viso al suo, la baciai con molta passione, lei ricambiò con la stessa moneta.
Con una mano le accarezzai dolcemente i suoi soffici capelli mentre con l'altra mano, ferma poco più giù della vita, la tenevo stretta.

«Baby say the word and let me go... just let me go.... just let me go... Baby say the word and let me go!"

Continuammo a baciarci persino dopo gli ultimi versi della canzone e, se in quel momento non ci fossero stati un cameriere ed un sommelier, avremmo saltato di brutto l'intera cena e saremmo passati direttamente al dessert.
Chissà se avrebbe compreso panna e fragole, ne avevo una voglia incredibile.

"Ehm... scusate!" ci interruppe il sommelier, dopo che furono passati alcuni minuti dalla fine del nostro ballo, "Prima di iniziare con la cena, volevo farvi assaggiare questo superbo champagne. È il migliore sul mercato, è proprio quello il quale aveva chiesto, madame!" e ci porse i due bicchieri.

"Ma come ti permetti di disturbarci? Non vedi che siamo occupati? Io ti ho pagato per scegliere il vino, non per essere distratta da un sommelier alle prime armi come te. Vattene subito da qui, non ti voglio più vedere e di sicuro manderò un reclamo al tuo superiore, affinché prenda provvedimenti!" sbraitò piena di collera la donna.

"Certo, come vuole, madame!" rispose con tono dispiaciuto ma rispettoso lui.
Mentre si allontanava, notai il suo viso incupirsi per il flop appena commesso e la possibilità remota di perdere il proprio lavoro.

"Ma poverino. Richiamalo subito, poteva essere benissimo il suo primo giorno e tu l'hai trattato come se non valesse nulla. Non gli hai nemmeno dato la possibilità di dirci il vino da lui scelto per accompagnare la nostra cena. Comunque se devo essere sincero... probabilmente lo avrai confuso tu con la tua bellezza." le strizzai un occhio.

"Se vuoi lo richiamo. Ma sei sicuro che tu non preferisca rimanere da solo con me il prima possibile?" mi domandò con fare provocatorio, accarezzandomi un braccio.
Il suo tocco scatenò una serie di brividi che mi percorsero la schiena.

"Oh bene, allora vediamo di sbrigarci a mangiare la nostra cena romantica, così potremmo passare al dessert tra una mezz'ora e tra l'altro non rischiamo di far raffreddare il cibo. Comunque che cosa c'è come dessert? Per piacere dimmi panna e fragole." esclamai esaltato.

"Non penso che la cena si raffredderà. Potrebbe darsi Jonathan, hai per caso intenzione di fare qualche giochetto interessante?" mi rispose, lanciandomi qualche sguardo subliminale il quale, con difficoltà, potevi interpretare male.

"Già, infatti hai ragione. Tra l'altro sto morendo di caldo. Oh, questa sì che è una bella notizia. Mi piace la ragazza!"

Sorrise, era felice per tutto ciò e per tutta risposta avvicinò il viso al mio e mi baciò.
Il contatto durò solo pochi secondi, poi alzò il suo bicchiere e mi invitò a fare lo stesso, per poi farli tintinnare l'uno contro l'altro.

"Allora a cosa brindiamo?" domandai, sorseggiando la cosa più buona mai bevuta prima d'allora.

"A noi e alla nostra partnership. Siamo una bella squadra, non trovi?" allungò una mano verso di me.

"Andiamo alla grande!" risposi stringendogliela.

"E soprattutto alla verità!"

"Hai scelto oggi per vuotare il sacco?" domandai incredulo. Ormai avevo perso ogni speranza nel poter scoprire ogni suo segreto.

"Te l'avevo promesso amore, ricordi?" annuii, "Però prima mangiamo qualcosa."

"D'accordo, piccola!" esclamai, notando il suo sorrisetto che le spuntò in faccia dopo averla chiamata con quel nomignolo.

"Chiami piccola anche me... so di certo che chiamavi così pure la tua ex."

"Sì, perché? Cosa c'è di male? Mi piace la parola piccola. Se non ti piace... bè... ti posso chiamare in qualunque modo tu voglia." esclamai.

"No, è perfetto così!" 

"Come hai saputo di questo dettaglio?" domandai curioso.

"Guardami per bene, Jonathan!" alzai gli occhi dal piatto squisito il quale stavo mangiando, "Veramente non mi riconosci? In questi anni ci siamo incontrati non immagini quante volte..."

"Veramente no!" dissi tranquillamente, addentando una tartina condita con del caviale.

"Ogni giorno pranzavi allo stesso ristorante e io ti servivo al tavolo, in ogni caso, tu eri sempre impegnato ad elaborare i piani che ti proponeva Cameron e tu li rendevi perfetti per il vostro show. Altre volte eri lì con Dina a sbaciucchiarti con lei. Vi osservavo anche quando andavate nei diversi locali a divertirvi e a ballare, io sono sempre stata davanti ai vostri occhi, Jonathan. E se vuoi sapere altro, vi ho persino aiutato in diversi vostri numeri. Sì, ero sempre travestita e ogni volta ne avevo uno diverso addosso. Ormai sai bene che sono brava a cambiare il mio aspetto e a rendermi quasi irriconoscibile. Comunque speravo realmente che tu mi notassi o che ora saresti stato in grado di riconoscermi."

"Mi dispiace ma no. Non ho mai fatto caso a te prima di quest'anno."

"Lo sospettavo!" mi rispose leggermente dispiaciuta.

"Allora, oltre a spiarci per tutti questi anni... quando hai trovato il tempo di girare tutta l'Europa, per andare alla ricerca di William Arcer e di collaborare con dei mafiosi?" chiesi.

"Il giorno è formato da ventiquattro ore, non lo sai questo, amore? E in ogni caso la mia collaborazione con quelle persone è iniziata molto prima, da quando ero una ragazzina, oserei dire. Ti devo forse ricordare di essere la figlia della miglior ladra in circolazione? Bè, essendo la sua unica erede, mi istruii sin da piccola, nel fare questi lavoretti e mi fece conoscere molti boss importanti con cui fare affari."

"A proposito, questo tuo tatuaggio rappresenta la tua appartenenza a un qualche clan?" domandai accarezzandole l'avambraccio, dove aveva quel marchio di appartenenza che sarebbe rimasto indelebile su di lei.

"Purtroppo sì! Non ne vado certo fiera, ma non avevo alternative. Non ho mai provveduto a cancellare il tatuaggio perché voglio che mi portino rispetto e che mi temano, essendo il simbolo di uno dei gruppi mafiosi russi più pericolosi e importanti di tutti. Però ora ho chiuso con questa parte della mia vita, ho scoperto di potere avere di meglio!"

"Comunque, dato che siamo in tema di confidenze: cosa ne dici di parlarmi della foto che ho trovato sul tuo pc?"

"Tu sei proprio un bravo investigatore." mi rispose allusiva, aveva capito che la risposta già la conoscevo, tuttavia volevo avere conferma da lei.

"Quindi con quest'affermazione vorresti dirmi che i miei dubbi erano fondati: in realtà tua madre e mio padre stavano insieme? Quindi è per questo motivo che quella sera a Reykjavik ci ha proibito di vederci non voleva che..."

"Che suo figlio o i suoi figli si invischiassero in loschi affari con gente poco di buono, dato che, lui ne faceva parte. Vi voleva vedere con la fedina penale pulita, non gli sarebbe piaciuto vedere i suoi figli imboccare la strada presa da lui."

"Be', io avrei detto che non voleva che mi vedessi con te perché magari per via della loro relazione... lui era o sarebbe stato un patrigno per te e noi due fratellastri e in effetti, come cosa entusiasma poco pure me. Ma se è come dici tu... bè, ti prendo di parola. Cameron come sempre è riuscito nell'intento, io, invece da bravo ragazzo ribelle, gli ho disubbidito, finendo addirittura in prigione!" aggiunsi sarcastico.

"Il destino ci ha fatti incontrare, ci ha separato e ora siamo di nuovo insieme. Ancora non lo hai capito, Jonathan? Anche se tuo padre non avrebbe approvato la nostra relazione, noi siamo destinati a stare insieme!" 

Proprio in quel momento il cameriere ci portò a tavola i dessert... già il dessert! 

Io avevo in mente un altro genere di dessert, ciononostante... la notte era ancora lunga e ci sarebbe stato tempo per qualsiasi cosa.

"Ehi cameriere." dissi alzandomi di scatto, "Ottimo servizio e le portate sono state squisite. Ora ce la possiamo cavare benissimo da soli, abbiamo finito di mangiare quasi tutto, siamo già arrivati al dolce. Quindi le do il permesso di finire prima il suo turno!" a quelle parole il signore ci salutò goffamente, aprì la porta e sparì dalla nostra vista. Una volta soli la invitai a sedersi vicino me sul divano.

"John, come mai tutto d'un tratto, hai tirato fuori il discorso di Reykjavic? Vuoi per caso farmi sapere che ti ricordi di quella bambina conosciuta durante quei giorni?" disse accarezzandomi e giocherellando con il bottone del mio frac.

"Certo, mi ricordo di lei! E mi ricordo di un altro dettaglio di cui solo io e Cameron siamo a conoscenza: quando ero piccolo, mi ero ripromesso che non appena avessi avuto la possibilità sarei tornato lì, in quel posto, dove ho conosciuto questa bella bambina dagli occhi azzurri, e che l'avrei sposata."

Sorrise felice per questa mia confessione, si avvicinò un po' di più verso di me e per le nostre ginocchia fu inevitabile sfiorarsi, e d'impulso appoggiai una mia mano su una sua gamba tonica, mentre lei mi accarezzò dolcemente una guancia.

"John! Devo farti le scuse per aver rovinato un anno della tua vita." prese la mia mano e la strinse forte, "Non volevo... non volevo incastrare te. Cameron doveva finire in carcere non tu e quando l'ho scoperto era già troppo tardi. Sarà difficile per te perdonarmi per il male che ti ho fatto e mi dispiace seriamente. Magari, se non mi fossi comportata così, mi vedresti in un modo completamente differente, chissà se sarebbe potuto nascere qualcosa tra noi. Purtroppo per te non esisteva che Dina e non l'avresti mai lasciata per me. In più, avevo bisogno della vostra attenzione per poter accedere al tesoro che stiamo cercando e incastrando un gemello per omicidio sono riuscita ad ottenerlo. Ho intrapreso una strada facile fino ad ora e adesso ne pago le conseguenze, perché, per poter arrivare al tuo cuore dovrò percorrere la strada più lunga e più difficile. E ti capisco bene se una volta ricchi non ne vorrai più sapere di me e mi lascerai. Sappi che non ti obbligherò a rimanere con me se tu non mi vorrai, in fondo me lo merito!"

Non le risposi mi limitai ad ascoltare per bene ogni sua parola.
Quando capii che era realmente seria e che quelle parole provenivano dal suo cuore, non mi restò che prenderle il viso tra le mie mani e baciarla passionalmente. 

"Mi perdonerai mai per ciò che ti ho fatto?" mi domandò, allontanando momentaneamente la sua bocca dalla mia.

"Se inizierai a comportarti bene, non solo con me, ma anche con i miei amici, potrei farci un pensierino. Comunque ora mi hai raccontato tutto tutto? O hai altri pesi di cui ti vuoi liberare?"

"Ci sarebbe un'ultima cosa. In realtà io ho collaborato con tuo padre più di quanto tu possa credere e tra l'altro davanti agli occhi tuoi e di Cameron è stato commesso uno dei più grandi inganni... non sempre ciò che si vede è la realtà e ancora voi credete in ciò che avete visto. Lo dovresti sapere meglio di me, alla fine dei conti sei un grande illusionista, Jonathan."

"Che cazzo significa tutto questo." domandai, non riuscendo a capire dove volesse andare a parare.

Cercò di rispondermi eppure, in quel momento, accadde una cosa del tutto inaspettata: tutte le luci della città si spensero. Piombammo nell'oscurità più profonda, si era appena causato un blackout totale.

"Che è successo?" chiesi allarmato, mentre pian piano i miei occhi iniziarono ad abituarsi all'oscurità della notte.

"Niente di buono, John. Forza ce ne dobbiamo andare via il prima possibile." mi rispose agitata.

"Perché? Stiamo così tanto bene qui. È solo un blackout, tranquillizzati e spiegami bene ciò che mi hai detto prima!"

"Non c'è tempo ora. Forza andiamo a prendere le chiavi della macchina, qualche ricambio, il portafoglio e scappiamo."

"E dove hai intenzione di passare la notte?"

"Nascosti in macchina, amore. Domani penseremo ad un nuovo alloggio."

"E non potremmo invece rimanere qui almeno per qualche altra ora?" domandai speranzoso.
Amavo tutto quel lusso.

"Assolutamente no!" 

Scendemmo e con enorme fatica raggiungemmo il nostro appartamento.
Impacchettammo il minimo necessario e, con mio enorme stupore, poco prima di andarcene, lei distrusse il suo portatile, giustificandosi, dicendo che non gli serviva più.
In quel mentre mi incitò a seguirla e a me non rimase altro se non eseguire i suoi ordini.

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