2 || I Almost Do (Taylor's Version)
And I confess, babe
In my dreams you're touching my face
And asking me if I wanna try again with you
And I almost do
CAPITOLO 2 || Nostalgia e Rivelazioni
La mattina seguente, Ethan si svegliò presto, avvolto nel silenzio ovattato di Winterford.
Il freddo che filtrava dalle finestre a ricordargli immediatamente che la calda coperta della sua infanzia non c'era più: ora toccava a lui scaldare quella casa, prendersi cura di sua madre e restituire a quel luogo un po' del calore che gli era mancato negli ultimi anni.
Scese al piano di sotto, un po' assonnato, sbadigliando ad ogni passo, ed accese il vecchio camino con qualche difficoltà. Rimase a fissare le fiamme per un momento, come se stesse raccogliendo il coraggio per affrontare la giornata, e poi, con un sospiro, decise di mettersi a lavoro.
La lista delle cose da fare era lunga, del resto: decorare la casa, fare la spesa per il pranzo di Natale, prendersi cura della legna che sua madre di solito sistemava prima dell'inverno.
Ma, prima di tutto, c'era una missione ben più urgente.
Sua madre gli aveva parlato il giorno prima di un mercatino natalizio in piazza, dove avrebbe potuto trovare gingillo e qualche regalo per rendere più accogliente la casa.
Il messaggio subliminale era stato recepito con chiarezza: come prima cosa sarebbe andato lì e poi si sarebbe dedicato a qualsiasi altra attività.
Recandosi in cucina, il bel calore che ancora proveniva dal soggiorno, si fece velocemente un caffè, sedendosi subito dopo al tavolo.
Non era uno di quelli che faceva colazione la mattina - non ci poteva fare niente, non era mica colpa sua se il cibo gli rimaneva bloccato in gola -, perciò si limitò a sorseggiare dalla sua tazza, il ricordo del giorno prima, il ricordo di Lucas, che gli bruciò nel petto in maniera improvvisa.
Quasi come fosse uno scherzo del destino, il suo cellulare prese a squillare neppure tre secondi dopo: il nome del suo fidanzato a troneggiare in prima linea, mentre il suo faccione buffo completava l'enorme spazio dello schermo.
«Ciao King Kong!», lo salutò Chris, già ridendo, non appena la videochiamata venne accettata.
Si prese un secondo per osservarlo, sbattendo le palpebre, poi esordì con un: «Ma ti sei svegliato bene stamattina? No perché hai una faccia da culo più evidente del normale.»
«Grazie per i complimenti, Chris, di cuore», ribatté lui, ironicamente. «Non c'è che dire, a furia di stare con te ho ripreso le tue caratteristiche.»
«Ah ah, divertente.»
«Hai cominciato tu!»
«Ti ho detto niente infatti?», l'altro scrollò le spalle. «Come sta tua mamma?»
«Sta molto bene, ed anzi ti saluta. Hai chiesto quando hai intenzione di venirci a trovare, aggiungendo un testa di cazzo.»
«Sempre iconica, tua mamma.»
«Beh, ti ricordo che il suo spirito guida è la ragazza che sta con Hamilton.»
«Ahh sì, ho capito. La spagnola corvina, no?»
«Sì, potrebbe essere sua figlia, ma... tanto non le importa, dovesse scegliere tra me e lei sceglierebbe lei.»
«Onesto, lo farei anche io.»
Ethan scosse il capo, ma quell'alone di tristezza che gli velò le iridi non passò inosservato al suo fidanzato.
«Sei sicuro di stare bene, tesoro?», gli chiese dolcemente, con quello sguardo da cerbiatto tenero (quando voleva) che avrebbe sciolto qualsiasi anima al suo cospetto.
Sfogliando distrattamente il libro su Girolamo Savonarola che aveva tenuto poggiato sul tavolo dalla sera prima, il professore sospirò.
«È così tanto evidente?»
«C'entra chi credo c'entri?», mormorò Chris, non smettendo mai di sorridergli. «Non avere paura di dirmi la verità, tesoro, lo so quant'è stato e quant'è importante per te.»
«Sono passati sette anni...»
«E quindi? Non c'è un limite alla portata del cuore delle persone, specie al tuo. È stato anche il tuo primo amore.»
«Non dovresti essere arrabbiato, tu?»
«Tesoro, lo sapevamo entrambi dall'inizio di questa relazione che sarebbe stata solo ed esclusivamente per superare le nostre passate fiamme, per me quella stronza di Marylin, a cui auguro ancora gentilmente una dissenteria pesante, e tu... com'è che si chiamava quel tizio? Merlino?»
«Ma che Merlino, sei scemo? Henrique!»
«Ah Henrique, giusto. Comunque, siamo amici da anni, Ethi-Ethi, lo sapevo già che nel momento in cui saresti tornato a Winterford saresti tornato anche da Lucas. E mica mi posso offendere per una cosa che già sapevo! Che amico di merda sarei?»
«Dovresti essere il mio fidanzato, infatti.»
«Dettagli.»
L'altro alzò le spalle. «Se vuoi farlo ingelosire un bel po', digli che ti ho proposto un'inculata fenomenale, vedrai come marca il territorio! Secondo me ti piscia addosso.»
«Che schifo, Chris!»
Sbottò lui schifato, una smorfia bella stampata in volto.
«A parte gli scherzi, amico mio, è stato un bell'anno e vista la nostra bellezza abbiamo fatto rosicare chiunque, ma lo sapevamo entrambi che non sarebbe durata. Capisco che ti senti incerto verso Lucas, e secondo me lo puoi far penare un po', per capire se veramente ancora ci tiene a te, e poi puoi fare buca in uno.»
«Non so se farti i complimenti perché finalmente hai capito come si gioca a golf o schifarmi per quello che hai detto.»
«Perché non entrambi?»
«Ha senso», asserì il professore, curvando leggermente l'angolo della bocca verso l'alto. «Chris?»
«Sì?»
«Lo sai che non ce l'avrei mai fatta senza di te per tutti questi anni, vero?»
«Awwww ma come sei sentimentale! Mi sciolgo!»
«Perché hai iniziato a parlare così?»
«Boh, ho guardato Heartstopper e tutti i commenti sono tipo cose del genere.»
Dio santo, che soggetto che era.
«Puoi essere serio un secondo?»
«Sì, scusa», Chris si ricompose. «Sei il mio migliore amico, Ethan. E sono contento di averti dato due botte ogni tanto, ma non siamo anime gemelle. A noi è sempre andato bene questo tipo di rapporto, ma meritiamo di meglio di un amore che non è corrisposto al 100%, no?»
«Sì, hai ragione, ma...»
«Tesoro, non sentirti in colpa. Se non fosse successo a te, sarebbe sicuramente successo a me. Ciò non cambia la nostra amicizia, e di questo puoi esserne certo.»
«Verrai comunque a trovarmi qui? Ho bisogno del mio migliore amico.»
Chris sorrise maliziosamente. «Dammi tempo di licenziarmi e arrivo!»
«Licen... in che senso licenziarti?»
Ma prima che potesse ricevere una risposta seria, Chris alzò la mano per salutarlo e gli attaccò il telefono in faccia.
Non servirono a niente i cinquecento messaggi che gli mandò, a nessuno dei tanti ottenne risposta.
Così, certo che provarci sarebbe stato inutile, preparò la colazione a sua madre e, dopo averle baciato la nuca, bardandosi per coprirsi dal freddo, uscì in direzione del mercato.
Appena si chiuse la porta alle spalle, il gelo lo assalì, portandolo a stringersi nel suo cappotto pesante - così tanto che, se Chris fosse stato lì, l'avrebbe definito un agglomerato di pecore tutte insieme -, mentre il cielo sopra Winterford si illuminava di una tenue luce invernale.
La piazza centrale era un trionfo di colori e vita: le bancarelle, allineate una accanto all'altra, coperte da tendoni rossi e verdi, esponevano ogni tipo di oggetto, dai dolci artigiani agli ornamenti natalizi intagliati a mano.
L'aria era impregnata del profumo di vin brulé, zucchero filato e resina di pino, mentre i bambini correvano entusiasti con i loro dolciumi tra le luci scintillanti, con le guance arrossate dal freddo.
Stava camminando tra gli stand, salutando volti familiari e ricevendo occhiate curiose da chi si era trasferito dopo la sua partenza, quando Ethan si sentì più osservato di quanto gli sarebbe effettivamente piaciuto.
La vita di un villaggio come Winterford aveva un ritmo lento e meticoloso, dove tutti conoscevano ogni dettaglio di ogni abitante, e il suo ritorno non era di certo passato inosservato. Cercava, sì, di mantenere un basso profilo, concentrandosi soltanto sulle decorazioni che voleva acquistare, ma un'energia latente lo agitava.
Una parte di lui era ancora in allerta, come se temesse un incontro che sapeva inevitabile.
Per sua fortuna, venne in suo soccorso un gruppo di ragazzini, di non più di sedici anni, ed Ethan non ebbe problemi a riconoscerli: gli stessi studenti che aveva seguito dal primo anno di scuola elementare fino a quando se n'era andato, aiutandoli con i compiti.
«Mary Ann! Jonathan! Laura! Ohh, ci sei anche tu, Daniel? Ciao splendori!», li salutò calorosamente, abbracciandoli uno ad uno. «Come state? È passato così tanto tempo da quando ci siamo salutati!»
«Ciao professore!», replicarono loro, in un coro perfetto. «La signora Patty ci ha detto che sei tornato e speravamo di trovarti in giro! Ci manchi tantissimo! Lo sai che il nostro prof di storia se n'è andato? Ci ha lasciato così, nel buio più totale.»
«Oh no! E come mai?»
«Dice che non ne può più di un branco di capre come noi, testuali parole sue.»
«L'avete fatto arrabbiare?»
«Beh no, ma lui alle verifiche ci dà sempre cose complicate, per esempio... ci ha chiesto il giorno preciso di inizio e fine della Guerra dei Trent'anni e quale evento ha dato inizio, in quale anno!»
Ethan sorrise: «23 maggio 1618 e 24 ottobre 1648, termina con la firma della Pace di Vestfalia. Per quanto riguarda l'evento... beh, credo si riferisca alla defenestrazione di Praga del 1618.»
I ragazzi sbuffarono, alzando gli occhi al cielo: «Perché non puoi essere tu il nostro professore?!»
Lui rise teneramente. «Coraggio ragazzi, sono certo che troverete qualcuno di capace ad insegnarvi, al massimo posso farvi da sostituito fino all'inizio delle vacanze di Natale.»
«Ma mancano due settimane!»
«Non vedo il problema, Mary Ann», le rispose, divertito.
«Noi ti vogliamo più a lungo.»
«Che ve ne pare se domani passo a parlare con il vostro preside? Poi vediamo cosa ne verrà fuori.»
«Ti prego, prof!»
Esclamarono nuovamente tutti in coro.
Ethan alzò le mani guantate. «Non vi prometto nulla però, perciò non andate a spargere la voce, va bene? Mi fido di voi.»
«Ti amiamo, prof!»
Lui si poggiò la mano al petto, all'altezza del cuore: «Coraggio ragazzi, adesso devo comprare degli addobbi, perciò vi lascio andare. Buon divertimento.»
«Grazie prof, anche a te!»
E così com'erano apparsi, sparirono nella folla.
Finalmente, acquistato ciò che doveva, raggiunse la bancarella di Patty, che come al solito vendeva i suoi celebri biscotti allo zenzero.
La abbracciò, sfregando la mano sulla sua schiena calorosamente, lei che gli schioccò un bacio sulla guancia.
Si mise a fissarlo, fieramente: «Ma guardati, sei proprio un uomo, Ethan! Sei veramente bellissimo, e guarda che occhi!»
Prese a pizzicargli le guance, le lacrime per la gioia di vederlo lì tutto bello cresciuto e lui che non aveva né il coraggio né la forza di tirarsi indietro.
A salvargli la faccia, letteralmente, ci pensò Lucas appena qualche secondo dopo.
L'aveva visto ancora prima che Ethan si accorgesse di lui e non aveva esitato a recuperarlo, strappandolo dalla presa di Patty con la scusa di aver bisogno di biscotti.
«Oh ciao Lucas caro, hai visto? È tornato Ethan!»
Lui annuì. «Ci siamo incontrati ieri, Patty.»
La donna gli rivolse i suoi migliori occhi a cuoricino. «Ah sì?»
«Non farti strane idee, Patty», si aggiunse subito Ethan, ricomponendosi. «Ah, volevo proprio chiederti. Fino a quando lavorerai prima delle ferie natalizie? Il mio ragazzo aveva pensato di venire qui a Winterford per un po' e volevo portarlo da te a fargli assaggiare i tuoi capolavori!»
Alla menzione di ragazzo Patty quasi ebbe un mancamento. «E non hai pensato di dirmi che esci con qualcuno???», fece, colpendolo alla spalla con una busta vuota. «Tua madre che dice? Cosa pensa di lui? Ti tratta bene??»
«Patty, sta' tranquilla. Chris è una persona magnifica.»
Molto più di quello che avrebbe anche solo potuto immaginare.
«E rimarrà a casa con te?»
«Sì. Anche se la mamma non vuole che la veda così e che soprattutto veda la casa spoglia, per questo sono qui a fare compere.»
«Oh certo, la capisco, povera luce!»
Lucas nel frattempo si era piegato in avanti, sgraffignando un biscotto dalla totalmente distratta Patty, con il sorriso illuminato dalla luce calda delle lucine della bancarella.
Ethan lasciò cadere l'attenzione su di lui di sfuggita, cercando di non ridere, mentre annuiva distrattamente ai discorsi della signora Patty.
Era cambiato, Lucas, ma nemmeno troppo: i capelli bruni, ora un po' più lunghi, gli cadevano sugli occhi in un modo che lui ricordava fin troppo bene.
La postura rilassata, le mani infilate nei guanti di lana, e quella risata silenziosa quando combinava qualcosa che sembrava sempre scaldare l'aria intorno a lui.
Ethan rimase immobile, come se muoversi potesse spezzare quell'illusione. Ma il suo cuore lo tradì, battendo così forte da sembrare assordante nella quiete del mattino.
«Stai bene, tesoro? Sei diventato improvvisamente molto pallido!»
«Sì, tranquilla, sicuramente è la mia cervicale, che con questo freddo si è infiammata. Ti ricordi, no? Da bambino stavo malissimo tutti i giorni!»
«Per forza», lo interruppe Lucas, tirandosi su e nascondendo dietro la schiena il biscotto rubato. «Non hai mai indossato una sciarpa in tutta la tua vita, mi sorprende che tu abbia iniziato.»
«Sono maturato», rispose scherzando, accennando una risata.
A quel suono, però, Lucas si irrigidì per un istante, come se vedesse un fantasma, poi il suo volto si aprì in un sorriso esitante. Era lo stesso sorriso che Ethan aveva custodito nei ricordi, un po' incerto ma comunque carico di tenerezza.
«Ohh», esclamò Patty, agguantando le braccia di entrambi i ragazzi, ignara della tensione che sembrava riempire l'aria, intromettendosi con il suo entusiasmo caratteristico. «Cari ragazzi, che bello vedervi di nuovo insieme! Sapete, quando eravate ragazzini non facevate altro che litigare su chi avrebbe mangiato l'ultimo biscotto, ma io sapevo che c'era qualcosa di speciale tra voi! Sono veramente contenta che siate qui insieme ora!»
Ethan arrossì brutalmente, mentre Lucas abbassò lo sguardo, un sorriso accennato in volto.
L'atmosfera tra loro era palpabile, un misto di nostalgia, imbarazzo e speranza.
E Patty, forse accorgendosi del silenzio e del mezzo danno che aveva provocato, fece scivolare nelle mani di Ethan un sacchetto di biscotti bollenti. «Ecco, tieni, caro! Questo è il mio regalo di bentornato, perché è davvero meraviglioso riaverti qui!»
Ethan quasi si mise a piangere mentre la abbracciava. «Grazie Patty, per me significa molto. Beh... io credo di dover andare...», mormorò, mostrando ai due l'altro sacchetto. «Devo andare ad appendere le decorazione per la mamma. Mi ucciderebbe se non lo facessi.»
Lucas sorrise. «Quando hai intenzione di appenderle?»
«Supponevo domani, perché la mamma mi ha affidato il compito della legna e conoscendo le mie grandi agilità, e abilità, penso proprio che ci metterò tutto il pomeriggio.»
«Vuoi una mano?»
«No, tranquillo, ce la farò in qualche modo.»
«Okay, ma... se dovesse servirti qualsiasi cosa, non esitare a chiamarmi. Il mio numero è sempre lo stesso. Ce l'hai ancora?»
Era quello il momento per dire che sapeva ogni singola cifra a memoria?
Che avrebbe potuto recitarglielo lì, seduta stante, senza sbagliare neanche una volta?
«Sì, credo di sì.»
«Beh... allora io vado», fece Lucas. «Arrivederci ad entrambi.»
A lui e alla signora Patty.
«Ciao tesoro!», lo salutò la donna.
Lui che si limitò ad un cenno della mano.
Fu mentre Lucas si allontanava che il sacchetto di biscotti nella mano di Ethan sembrò divenire più pesante di quanto avrebbe mai potuto immaginare.
Perché, per la prima volta, il suo ritorno a Winterford gli sembrò meno semplice di quanto avesse sperato.
Perché, per la prima volta, Lucas non gli sembrava più un ricordo solamente del passato.
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