18.
Mangiarono e si ingozzarono come mai prima di allora. Sapevano che poteva essere l'ultima volta che si riempivano lo stomaco. Maude li rimirò con un'espressione che era tutta un programma. Non era facile impressionare un donnone di 150 kg e rotti, che mangiava come il gigante di una fiaba e usava punte di lancia come stuzzicadenti, ma lo spettacolo che quel giorno offrivano i ragazzi era tale che la vedova Fletcher non poté fare a mano di stupirsi.
«Dopo pranzo avete la camera a gas?» chiese Maude.
«Fiù o meno», grufolò Vince, la bocca stracolma di carne.
Quasi si strozzò. Joey gli mollò un cazzotto sulla schiena e lo aiutò a mandare giù il boccone.
«Cazzo, quasi ci resto secco», fece Vince.
Si guardarono e scoppiarono a ridere.
«Mai vista una cosa così», commentò Maude.
Gli astanti che occupavano i tavoli vicini a quello dei ragazzi non riuscivano a staccare gli occhi. Alcuni erano divertiti, altri disgustati. Bowie aveva ordinato due hamburger alti come enciclopedie e così stracolmi di grassi che un cardiopatico avrebbe tirato le cuoia al solo sentirne l'odore. Tra le due fette di pane morbido c'erano, oltre alla carne, due strati di pancetta, un uovo, sottaceti e salsa piccante. Bowie li fece fuori senza difficoltà, e divorò anche un cestino di patatine così unte che il tovagliolo sul quale stavano era diventato trasparente.
Hunter ordinò un hot dog, che sul menù era indicato come BIG DOG. Maude gli portò un salsicciotto grosso come il cazzo di Polifemo, schiaffato tra due fette di pane morbido e un contorno di patatine. Hunter ci diede dentro. E quando chiese a Maude di portargli una birra anziché la solita bibita gassata, i ragazzi gli tributarono un'ovazione.
«Il piscialletto sta venendo su bene», disse Vince.
«Chi hai chiamato piscialletto, ciucciacazzi?» rispose Hunter.
Vince scoppiò a ridere e i ragazzi con lui. Joey gli allungò il pugno. Hunter fece lo stesso e si scambiarono un cenno di intesa. Maude disse che non poteva servire birra a uno alto come un bonsai – a meno che non si trattasse di un nano di ventun anni – e allora Vince la ordinò per sé, salvo poi allungarla ad Hunter quando Maude non guardava. I ragazzi osservarono il loro piccolo amico che mandava giù un lungo sorso. E quando staccò le labbra dalla lattina e fece una smorfia, lo presero tutti per il culo. Hunter prese un altro sorso, a dimostrazione che non era una mammoletta, e mollò un rutto di tutto rispetto. I ragazzi gli tributarono un'ovazione. Maude accorse di gran carriera e Vince soffiò ad Hunter la birra.
«Dateci un taglio», disse ai ragazzi. Si rivolse poi ad Hunter. «Dove cazzo pensi di essere, in un'osteria per vichinghi?»
«Fottiti, culo a mappamondo», rispose Hunter.
Bowie sghignazzò. Vince calò il pugno sul tavolo e rise fino alle lacrime. Maude rivolse ad Hunter un'occhiataccia che avrebbe squagliato un ghiacciaio, girò i tacchi e traballò via.
Hunter sentiva la testa leggera. Aveva mandato giù mezza lattina in due sorsi e aveva voglia di ciarlare. Raccontò a Vince di quella volta che aveva fatto a botte con Mike Barker, un suo compagno di classe.
«L'ho messo col culo per terra», disse.
«Buon per te», rispose Vince con un largo sorriso.
«E quando ha provato a rialzarsi... bam!, gli ho stampato in faccia uno di questi.»
Tirò un calcio sotto il tavolo e beccò la tibia di Ozzy, che gli sedeva davanti. Ozzy lo guardò storto. Hunter mostrò i palmi per scusarsi.
«Ops», disse.
Vince ghignò divertito. «Sei proprio una sagoma.»
«Anche tu non sei male. A parte la faccia che sembra il culo di un babbuino», rispose Hunter.
Joey abbaiò come un coyote.
E mentre i ragazzi mangiavano, bevevano e facevano casino, quella vocina dispettosa nella testa di Hunter si infilò tra le maglie allentate dall'alcool e riprese a sussurrare. Hunter non fece nulla per cacciarla. Sapeva cosa voleva dirgli e l'ascoltò. Nell'atmosfera generale, che sembrava creata ad arte per scacciare i brutti pensieri, Hunter rispose alla voce che non gliene fregava niente di schiattare. Sua madre era morta, un gruppo di bikers gli aveva incendiato casa – del suo vecchio gliene fregava meno che niente, a parte il fatto che guadagnava qualche dollaro utile a non farli morire di fame – e le prospettive per il futuro non erano granché incoraggianti. L'unica cosa che aveva era la compagnia di quei ragazzoni pompati fino a midollo, e se anche loro andavano al Creatore non gli restava più nulla.
Prese un altro sorso di birra per impedirsi di pensare.
«Se continui così, per quando sarai maggiorenne avrai bisogno di un fegato nuovo», disse Vince.
«Il mio vecchio diceva che più ne mandi giù e più ti tira su», fece Hunter.
Iniziava a strascicare qualche parola.
«È più ciucco di un irlandese il giorno di San Patrizio», disse Bowie.
«Si scolava sei birre al giorno, quel bastardo», continuò Hunter. «Scommetto che dove sta ora gli servono solo acqua tonica, e che il diavolo gli piscia nel bicchiere.»
«Il ragazzo ha fantasia da vendere», fece Joey. «Scommetto che fai faville coi componimenti di scrittura creativa.»
«Li odio. E quello stronzo di insegnante mi guarda come se fossi una merda di cane. Se lo rivedo gli pianto una pallottola in pancia, come ho fatto con quel bastardo ciucciabirre...»
«Okay, direi che ne hai avuto abbastanza», disse Vince, e gli strappò di mano la lattina di birra.
«Ehi... che cazzo fai?» sbottò Hunter. «Quella è mia.»
«Era tua.»
«Sei un bastardo.»
«E tu sei ubriaco.»
«Non sono ubriaco. Tu sei ubriaco.»
«Come ha fatto a ridursi così con una birra?» fece Ozzy.
«È magro come un truciolo e non ha mai toccato un goccio d'alcool. È già tanto che riesce a sedere dritto», disse Joey.
Bowie si ficcò una mano in tasca, tirò fuori qualche banconota e la lasciò in bella vista sul tavolo. «Leviamo le tende», disse, e i ragazzi si alzarono.
Hunter scostò la sedia e si alzò barcollando come un rametto secco in balia del vento. Il mondo gli appariva inclinato di qualche grado e non c'era verso di farlo star dritto. Seguì i ragazzi attraverso il locale, e quando Maude lo vide che camminava come fosse su una barca che attraversa una tempesta, chiese: «Non avrà mica bevuto?»
«Tanto così», rispose Hunter.
Sollevò una mano e, barcollando un poco, tese pollice e indice e unì i polpastrelli. I ragazzi sghignazzarono.
«Che stronzi», disse Maude.
«Non prendertela con me», fece Bowie. «È lui che ha insistito.»
«Buono il salsicciotto», disse Hunter. «Scommetto che ne fai fuori una dozzina al giorno. E quelli che non mangi te li infili nella passera.»
«È proprio forte», commentò Vince.
«Fuori di qui, animale», sbottò Maude.
Hunter gli mostrò il medio e seguì i ragazzi fuori dal locale. Inforcarono le moto.
«Voglio guidare», disse Hunter a Vince.
«Per come sei conciato non ti farei guidare neanche un trenino elettrico, figurati la mia bambina», rispose Vince.
«Ne voglio una anch'io.»
«Più tardi passiamo da un negozio di giocattoli e ne freghiamo una. Una figa, senza rotelle.»
«Vaffanculo», rispose Hunter, e provò a montare in moto arrampicandosi come se dovesse salire sul pianale di un pick-up. Vince lo aiutò e partirono.
Dopo neanche mezzo miglio Hunter posò la testa sulla schiena di Vince e si appisolò. Vince sorrise e lo stesso fecero i ragazzi disposti in formazione alle sue spalle. Tornarono alla roulotte e Vince scaricò Hunter sul divano. Il piccolo ubriacone sollevò appena le palpebre quando l'altro lo adagiò su quell'ammasso di molle sporgenti.
«Mamma?»
Vince grufolò una risata. «Fatti una dormita. E se devi dare di stomaco, cerca di arrivare al cesso.»
«Ti voglio bene», disse Hunter prima di richiudere gli occhi.
«Sì, be', neanche tu sei malaccio», rispose Vince.
Lo lasciò a ronfare e uscì.
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