Prologo: Sawrence il leogatto
(Questa sarà l'unica parte della storia che non ha come base il manga, è una semplice presentazione del personaggio)
Non a molti è noto che non esiste solo il nostro mondo. Ne esistono molti, moltissimi, ed ognuno abitato da differenti creature. Ma l'unico realmente noto a tutti è la Terra, luogo di nascita di grandi forme di vita, migliaia, tutti differenti fra loro. Così differenti e così vari che non sono ancora completamente conosciute dall'uomo, che è la specie dominante del pianeta. Quindi, non mi dilungherò a parlare del pianeta che ha contribuito a generare il nostro protagonista, e andremo direttamente a parlare della sua nascita.
Avete mai sentito parlare della magia? Molti non vi credono. Ma vi posso giurare che essa esiste. Altrimenti, i leogatti non esisterebbero. Non è che ne esistano molti, sono solo due, in effetti. Ma il primo, è nato fra le braccia di sua madre, generato dal potere dell'amore e del desiderio di salvezza. Da leoncino qual era, il suo corpo è mutato, assumendo le caratteristiche del piccolo felino noto come gatto: le zampe più morbide e tonde, lo orecchie a punta e il musetto più piccolo con brillanti occhi, uno verde come i prati in primavera, uno azzurro come il ghiaccio; la pelliccia rimase del dorato color del miele e presto sarebbe lui spuntata una morbida criniera arancione. Ma il nostro, di leogatto, non nacque con sua madre. Vedete, lui non è propriamente "nato". Egli si è generato da una lacerazione della realtà, essendo il primo leogatto nato subito dopo essere strappato alla morte, qualcosa ha corrotto lo spazio e il tempo, creando la nuova forma di vita: il secondo leogatto. Lui, però, non è dorato, non ha zampe minute orecchie a punta. Mentre il fratello somiglia di più ad un gatto, lui ha sembianze più simili ad un leone. Ha zampe possenti e muso grosso; l'ibridazione tra leone e gatto non ha trovato un vero compromesso, e gli ha donato un corpo tozzo e orecchie tonde, solo leggermente allungate. E lui, mio Dio, non ha pelo dorato, ma nero. Nero come la notte più tetra, ma lucidissimo e lunghissimo, con una criniera morbida morbida. E gli occhi? Oh, quegli occhi! Rossi come rubini purissimi che squarciano la notte del suo pelo.
Ma sapete cosa rende davvero unica la specie dei leogatti? Cosa hanno ottenuto ancora dalla loro nascita divina? Ali, amici miei. Ali. Il primo nascituro le ha sviluppate il larghezza, con piume lunghe, ma grosse, che si ricoprono tutta la superficie alare e che gli concedono di volare addirittura per cinque minuti, in parallelo al suolo. Non molto in alto, ma la distanza che può ricoprire è davvero notevole. Mentre il leogatto nero ha delle ali molto diverse. Sono esse sviluppate il lunghezza, con piume più corte e appuntite che ricoprono attentamente la pelle e le grosse ossa delle ali. Purtroppo, lui non può volare molto bene: due minuti e mezzo sono stato il suo maggior record, però, ha la capacità di librarsi molto in alto, al contrario del fratello.
Anche se non conosco le vostre simpatie, devo purtroppo chiedervi di dimenticare il leogatto color del miele: non è lui di cui parlerà questa storia, lui ha vissuto un'infanzia felice e piena d'amore, e se la cosa vi fa piacere, posso assicurarvi che tutt'oggi sta vivendo una vita felice nel mare Occidentale. Il nostro protagonista, invece, è stato generato in un punto del Giappone non molto lontano dal Kanto, ed è nato solo, senza nessuno, ma con tutti i ricordi del fratello e della madre che non ha mai conosciuto. I loro nomi, i loro volti, tutto è impresso a fuoco nel suo cervello. Non è questo un destino davvero crudele? Conoscere le persone che ti amerebbero, ma non aver mai la possibilità di incontrarli. L'unica compagnia che il leogatto avesse, era una pietra rossa dalla forma di rombo solido, di cui presto ne scoprì il potere: concedeva alla creatura il controllo sulla mente altrui. Così, amareggiato dalla realtà a cui era costretto (solitudine, abbandono, depressione) e senza davvero conoscere la differenza tra bene e male, diede inizio alla sua carriera criminale: disegnando il suo marchio sui muri (il "Sawrence's Mark") iniziò a cercare seguaci che lo aiutassero (cani, gatti, conigli, qualsiasi creatura riuscisse a sfuggire dal dominio umano assumendo il nome di "randagi") e imparò a creare il marchio aiutandosi con la pietra, e chiunque lo ricevesse, si ritrovava sotto il suo potere. In questo modo, iniziò a soggiogare umani per farsi portare cibo e bevande, ma preso la sua ingordigia lo portò a richiedere altro. Oro, gioielli e soldi iniziarono a riempire la loro base segreta, e concedette al leogatto di vivere una vita agiata, piena di lussi che elargiva ai suoi compagni, a discapito dei poveri umani ipnotizzati. Naturalmente, il denaro non lo rendeva davvero felice, anche una volta imparato a contarlo e ad usarlo, ma c'è da dire che fosse un ottimo modo per distrarsi. Questa cosa continuò per molti anni, tutti erano terrorizzati dal Sawrence's Mark, tanto che arrivarono addirittura a dare l'ordine di sparare a vista a chi lo portava.
Fu a quel punto che iniziò a spargersi il verbo.
Il verbo di Kira. La divinità superiore che giustiziava i malvagi e gli impuri, con la speranza di un mondo privo dal marciume della società. Per un bel po' , la nostra creatura non se ne preoccupò e continuò con la sua vita, noiosa e boriosa. Finché una dei suoi sottoposti non portò alla sua attenzione il reale pericolo di Kira, e allora, annoiato a morte, si alzò dal suo trono e affermò: "allora, lo ucciderò". Quindi, si avviò per la sua strada, seguendo le indicazioni fornitegli dagli uccelli che abitavano il Kanto e cercò il famigerato Kira con l'intenzione di ucciderlo.
E così, dal loro incontro inizia la nostra storia, amici miei. La storia del fedele apostolo di Kira: il leogatto alato, Sawrence.
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