*8. Sangue

[2015]

Muoveva il braccio con mosse controllate, precise e leggere.

Dall'elegante agilità delle sue dita sembrava quasi stesse dipingendo un quadro, ma invece di un pennello nel palmo stringeva un bisturi. La lama era sporca di sangue.

Si trovava nel bagno di casa sua: alla sinistra le finestre chiuse – il vetro sfaccettato che impediva di vedere dall'esterno –, pareti bianco candido e mobili costosi ora ricoperti da un telo di nylon. Dal soffitto pendeva una catena.

Il metallo era un po' arrugginito, ma teneva ancora bene, come provato dal corpo che vi era appeso. L'uomo era legato per le braccia, tirate per lo sforzo di sopportarne il peso, e sotto di lui si trovava una vasca di ceramica in cui stava colando il suo sangue.

C'era silenzio in casa, non si udivano suoni oltre al respiro regolare dell'uomo che, vestito di una vestaglia di lino rossa, stava tagliuzzando la vittima.

Non c'era lotta.

Non c'erano urla.

Non c'erano gemiti.

Eppure, il vecchio che era appeso per le mani a una catena di metallo era ancora vivo. Bastien lo aveva drogato, prima di appenderlo; non voleva farlo soffrire più di tanto, non aveva interesse per lacrime e preghiere, no. Ciò che voleva era soltanto una nuova tela su cui incidere tagli e un altro po' di sangue. Non aveva mai avuto preferenze riguardo al gruppo sanguigno, andava bene qualunque tipo, a patto che provenisse da un maschio caucasico tra i sessanta e gli ottant'anni.

Incidere le loro carni come stesse creando dell'arte alleggeriva la sua anima, trasformando il peso che aveva sul petto in qualcosa di più sopportabile.

Dal vecchio, incosciente, uscirono parole senza senso, che Bastien ignorò, limitandosi a tagliuzzarne il petto. Continuò e continuò, non fermandosi nemmeno quando la vittima cominciò a dimenarsi goffamente, ancora debole per via del sedativo.

Invece di interrompere il lavoro, Bastien iniziò a incidere tagli più netti e profondi, lacerando la carne di addome, gambe, braccia e fianchi, dove si concentrò con particolare accanimento, quasi volesse scavare per raggiungere i reni.

Man mano, i gemiti divennero più forti, fino a trasformarsi in grida, ma l'uomo continuò a ignorare, l'unica reazione le labbra strette in una linea sottile.

Una volta terminato, Bastien si passò l'avambraccio sulla fronte sudata, sospirando sollevato. Il viso giovane e bello era illuminato da una forte allegria, una nota di orgoglio nel modo in cui fissava il lavoro compiuto, indietreggiando prima di lasciarsi cadere all'indietro sulla tavoletta del gabinetto.

Si passò una mano insanguinata fra i capelli biondi, gli occhi blu inumiditi.

Fantastique – mormorò annuendo fra sé. Scattò in piedi, – Ora vado a farmi uno spuntino. Tu, amico mio, resta qui! – terminò la frase con un sorriso, superò il vecchio semi-cosciente immerso nelle lacrime e oltrepassò la porta mormorando un: – Accidenti se lavorare stanca.

Quando tornò in bagno, erano passate tre ore e nell'aria c'era un forte e denso odore metallico. Con un sorriso, Bastien vide che il vecchio non stava più respirando.

Inspirando forte il profumo che permeava la stanza, l'uomo si avvicinò al cadavere e lo abbracciò, contento. – Mio caro amico – mormorò, posandogli la guancia contro il petto, – hai servito bene allo scopo. Ti ringrazio davvero tantissimo.

Poi si scostò e, togliendosi la vestaglia, mise un piede dopo l'altro dentro la vasca. Non appena la sua pelle toccò il sangue, Bastien venne attraversato da un piacevole brivido. Quegli appuntamenti settimanali erano i suoi preferiti, iniziati per caso con delle sacche di sangue rubate all'ospizio dove lavorava.

Mentre abbassava la benda davanti agli occhi emise un sospiro di sollievo, si portò un dito, intinto di rosso, alla bocca e succhiò. – Oh, Hans, quanto sei delizioso.

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