Capitolo 6
“Cara Annie,
ieri io e Hitch siamo usciti assieme, manchi molto anche a lei. È una brava amica.
Tuo, Armin
P.S. Hai presente la Polaroid che mi hanno regalato Eren e Mikasa l'anno scorso? L'ho ritrovata!”
Armin non avrebbe saputo definire Hitch – forse ciò era dovuto dal fatto che non avesse mai avuto modo di interagire particolarmente con la ragazza, oppure era stato lui stesso a tenersi a distanza da lei, intimoritone – ciò che sapeva era che si trattasse di forse una delle poche amiche di Annie. O almeno era così che appariva il loro rapporto da un punto di vista esterno. Forse avrebbe potuto addirittura considerarla la migliore amica di Annie.
Armin era a disagio; era la prima volta che si ritrovava a vagare per le strade di quel paesino sperduto assieme a Hitch, prima d'ora, si era limitato a incontrarla casualmente in compagnia di Marlo, il suo ragazzo, o di qualche amica, e ogni volta non si era trattenuto a lungo a parlare con lei, limitandosi allo scambio di qualche superficiale convenevole.
“Sei stato tu a portarle quei, come si chiamano, non-ti-scordar-di-me?” chiese Hitch distrattamente, concentrata sul giocare con l'accendino che teneva tra le mani. Gli occhi celesti di Armin si erano concentrati sul movimento veloce delle mani della ragazza; altrettanto distrattamente le rispose.
“Sono belli, hanno lo stesso colore dei tuoi occhi... e dei suoi.” una nota di malinconia sembrava aver travolto Hitch. Armin continuava a domandarsi perché lo avesse fermato. Vuole parlare di Annie gli ripeté una voce, ma lui non voleva. Forse gli avrebbe fatto bene, ma non gli interessava, voleva conservare per sé il proprio ricordo di Annie, egoisticamente, senza volerlo condividere neanche con la migliore amica di quest'ultima.
“Sinceramente, mi sono sempre chiesta cosa ci vedesse in te.”
“Annie, ti parlava di me?” domandò Armin, improvvisamente rianimatosi.
“No, certo che no, però non era difficile da capire che tu gli piacessi... per il tuo compleanno, ero addirittura riuscita a convincerla ad andare a fare compere assieme.” spiegò Hitch, l'ombra di un sorriso le illuminava il volto. Hitch era sempre stata luminosa rispetto ad Annie, una contrapposizione simile a quella di sole e luna. Hitch era calda, affascinante, carismatica, d'altra parte, Annie era fredda, magnetica, distante. Insieme formavano un quadro perfetto per quanto dissonante. Ora quello spendole che caratterizzava Hitch sembrava essere scomparso – assieme al pallore lunare di Annie – eclissatosi anch'esso il giorno di quell'incidente. Armin ricordava vagamente di averla vista in ospedale, trattenuta a stento da Marlo. Al contrario, Armin ricordava chiaramente quell'ultimo compleanno, così spensierato, così distante nel tempo dagli eventi strazianti che avevano minato l'equilibrio del suo piccolo mondo.
“Ragazzi, penso di avere bisogno di una mano...” commentò Eren imbarazzato. Mikasa e Armin non poterono trattenersi dallo scambiarsi un'occhiata esasperata.
“Non chiedetemi come sia possibile.” aggiunse il castano, guadagnadosi gli sguardi sorpresi e incuriositi dei due amici, che avevano trovato Eren avvolto in nastri colorati di stelle filanti. Prima che Armin potesse fare domande su quanto accaduto, l'amico lo trattenne, ripetendo quanto detto poco prima. Liberare Eren dai nastri sarebbe stato l'ultimo dei preparativi, anche se sia Armin che Mikasa sarebbero stati d'accordo sul lasciarlo nelle condizioni in cui si trovava.
Avevano trascorso i giorni precedenti ad occuparsi personalmente dello stampare, ritagliare e incollare, festoni e decorazioni varie, tutte tendenti al celeste e con riferimenti marittimi, che appassionavano particolarmente il biondo. Avrebbero dovuto pazientare ancora un'ora prima che Marco e Jean portassero la torta che avevano preparato assieme – benché Eren si fosse dimostrato particolarmente contrariato, non fidandosi di Jean – mentre Connie si accertava che Sasha non ne mangiasse gli ingredienti. Neanche di fronte alla foto di quella torta apparentemente deliziosa, Eren era riuscito a convincersi che fosse stata una buona idea affidarne a Marco la preparazione. O meglio, non avrebbe avuto alcun problema se si fosse trattato soltanto di Marco. Eren non aveva approvato neanche l'aver invitato Jean alla festa, nonostante la scelta degli ospiti dipendesse da Armin. In definitiva, la lista di invitati comprendeva i già citati Marco, Jean, Connie e Sasha, sottintesi Eren e Mikasa, e si aggiungevano Ymir, Historia, Mina, Reiner e Bertholdt, altri loro compagni di classe. Infine, Annie, colei che Armin più sperava accettasse l'invito. Non era sicuro sarebbe venuta, ma non riusciva a non pregare di vederla attraversare la porta d'ingresso e augurargli un buon compleanno.
Marco e il suo gruppo erano stati i primi ad arrivare. Quando Armin si avvicinò al moro, intento a consegnargli delle scatole regalo incartate con motivi vivaci, riconobbe chiaramente sulla felpa di quest'ultimo la fragranza del profumo solitamente utilizzato da Jean. Aveva sentito alcuni pettegolezzi durante le ore di ginnastica, condivise in palestra con un'altra classe, riguardo i due amici, che forse solo amici non erano. Prima che potesse salutare anche Jean, Sasha e Connie gli si erano già gettati addosso, intonando in coro uno stonato canto di tanti auguri. Mikasa aveva immediatamente portato la torta in cucina, osservando con aria intimidatoria Sasha, che a sua volta osservava il dolce con uno sguardo da predatrice.
Poi arrivarono Ymir e Historia; Ymir aveva un anno in più di loro e sapeva già guidare, spesso era lei, quando i bus erano in sciopero, ad accompagnare il resto del gruppo a scuola, sotto richiesta di Historia. Fu quest'ultima a consegnare a Armin un'elegante busta da cui pendeva un biglietto su cui la ragazza aveva scritto i propri auguri. Successivamente era stato il turno di Bertholdt e Reiner, che ancora avevano indosso l'uniforme della squadra di calcio locale in cui giocavano, erano arrivati leggermente in ritardo, avendo appena terminato un allenamento. Anche Eren faceva parte della squadra, ma era stato poi allontanato dopo aver aggredito uno dei compagni.
Era trascorsa ormai un'ora dall'orario concordato e Armin aveva ricevuto un messaggio da Mina, in cui lo avvisava che aveva avuto un imprevisto e sarebbe arrivata il prima possibile. Di Annie invece non sapeva niente. Avrebbe voluto chiedere a Reiner o Bertholdt, suoi amici di infanzia, se avesse detto loro che sarebbe venuta, ma non voleva diventare l'oggetto delle chiacchiere dei suoi amici. Era il suo compleanno, era già l'attrazione principale della serata.
Quando il campanello suonò nuovamente, Armin non si aspettava di vedere Mina seguita da Annie. Quest'ultima si guardava intorno, impacciata, alle spalle dell'amica. Armin aveva sempre trovato Annie stupenda e non aveva mai pensato che potesse esserlo anche maggiormente. Per quell'occasione, aveva abbandonato le sue felpe su cui erano stampati loghi di gruppi di cui Armin avrebbe ascoltato l'intera discografia, se ciò gli avrebbe potuto permettere di risultare più simpatico alla ragazza, per un abito turchese, che si confondeva con il colore dei suoi occhi. Anche i capelli biondi, solitamente legati in una bassa crocchia disordinata, le ricadevano sciolti in boccoli sulle spalle. Quei suoi occhi del colore dell'oceano che Armin tanto amava brillavano come il ciondolo di apatite che portava al collo. Era incantevole – lo era sempre – ma quel giorno risplendeva di quella bellezza spettrale ancora di più. A spezzare la sua tenuta, era lo zaino che era solita usare, ricucito in alcuni punti ma sempre sul punto di strapparsi. Anche Annie, fragile come appariva, sembrava sul punto di rompersi – ma Armin preveriva non farci caso.
La torta era deliziosa, com'era prevedibile – anche Eren era stato costretto ad ammetterlo – Ymir e Reiner aveva portato di nascosto qualche bottiglia di birra analcolica e, per qualche arcano motivo, Connie, Eren e Sasha stavano cantando una loro versione rimodernata di “Tanti auguri a te”, mentre Reiner flirtava con Historia – accanto a una visibilmente seccata Ymir. Mina discuteva con Mikasa e Bertholdt di un argomento di cui Armin non riusciva ad afferrare il soggetto, essendo piuttosto distante dal trio. Jean e Marco erano seduti sul divano, il primo si limitava a sorridere e ridacchiare alle parole del secondo, discretamente tenendogli la mano. Annie osservava il bicchiere di carta che teneva tra le mani, senza però berne il contenuto. Sia Annie che Armin erano solo spettatori dello stralcio di vita quotidiana che si stava svolgendo ininterrottamente di fronte ai loro occhi, come il nastro di una pellicola di cui non potevano fermare lo scorrimento. Erano loro stessi parte integrante di quella scena, ma vi partecipavano come delle comparse, delle figure di sottofondo piatte e prive di un qualsiasi coinvolgimento. Vivevano una realtà a parte, interamente loro, in cui coloro che li circondavano non erano altro che parte dello sfondo.
Armin percorse quei pochi metri che lo separavano da Annie – nell'arco di quei secondi che impiegò per raggiungerla, cercò di immaginare i vari scenari che avrebbe potuto dover affrontare, ma nessuno di essi sarebbe stato utile o verosimile.
“Ti stai divertendo?”
Annie annuì; sembrava appositamente evitare lo sguardo del biondo, nonostante lui stesse facendo lo stesso. Armin non ricordava più di cosa avessero parlato, i suoi ricordi stavano già perdendo chiarore – e lui ne era disperato.
Imbarazzata, la ragazza si era scusata per non averle consegnato prima il proprio regalo. Fece quasi cadere a terra il proprio zaino, mentre cercava di aprirlo, per poter dare al ragazzo l'enciclopedia finemente decorata che aveva acquistato. Armin ricordava la sensazione di eccitazione che aveva provato nel tenere tra le mani quel tomo in edizione limitata che tanto aveva vagamente cercato, senza mai trovare. La stessa enciclopedia illustrata che era solito portare con sé ovunque andasse, come memento di quella ragazza a cui tanto teneva. La prima facciata presentava una scritta a penna, una grafia in corsivo disordinato, che fece fatica a leggere.
“Buon compleanno, Armin
ti voglio bene.
Tua, Annie”
“Odiava quel vestito. Ho dovuto comprarglielo io, altrimenti non l'avrebbe mai preso.” spiegò ridendo Hitch “È stata anche una fatica convincerla a non restituirmelo. Non le piaceva l'idea di dovermi un favore, ma a me non interessava granché.” Hitch sembrava raccontare una storia a lei estranea, lontana nel tempo e nello spazio.
“Stava veramente bene quel giorno...” la interruppe Armin, ripercorrendo mentalmente con chiarezza l'aspetto di Annie – era sicuro che non l'avrebbe mai dimenticata. E se avesse corso il riscio, gli sarebbe bastato sfogliare le pagine dell'album regalatogli da Mikasa ed Eren, assieme a una Polaroid. Quel giorno era stato immortalato attraverso una serie di fotografie più svariate. Non ricordava dove si trovasse quell'album, l'ultima volta che vi aveva aggiunto delle foto era stato in occasione del compleanno di Annie, qualche mese prima. Appena tornato a casa, lo avrebbe ricercato – anche se ciò avrebbe sicuramente rinnovato quel dolore non ancora arginatosi per via di Annie e Marco. Avrebbe sfiorato delicatamente le superfici lucide delle foto, i volti immobili dei suoi amici, risalenti a giorni che non sarebbero mai più tornati, stagnati in qualche anfratto della sua memoria, in attesa di non essere dimenticati.
Avrebbe voluto scattare anche nuove fotografie, di nuovi ricordi e esperienze, per quanto avrebbe altrettanto voluto scordare quanto accaduto quell'anno.
“Hitch, ti dispiacerebbe se andassimo un attimo a casa mia? Mi sono appena ricordato di una cosa...” commentò all'improvviso, impazientemente, Armi, sorprendendo la ragazza.
“Non c'è problema, spero che questo non ingelosisca Annie!” aggiunse ridacchiando Hitch, il suo volto si illuminò nuovamente con un sorriso “E fa troppo caldo per rimanere qui fuori.”
“Quindi abiti qui?” domandò Hitch. Armin non avrebbe saputo interpretare il commento della ragazza, quindi si limitò ad annuire.
“Mi piace!” nuovamente Armin era in difficoltà. Non aveva mai interagito particolarmente con delle ragazze, benché andasse d'accordo con alcune sue compagne di classe. Le uniche eccezioni erano , state Mikasa, che rappresentava per lui una sorella più che un'amica, e Annie, per cui nutriva dei sentimenti romantici. Era agitato alla prospettiva di invitare una ragazza – che percepiva come appartenente a un universo distante dal suo – all'inteno della sua piccola villetta. Avrebbe voluto chiedere consiglio a Eren su come comportarsi, ma questo avrebbe probabilmente soltanto peggiorato la situazione in cui si trovava, senza alcuna possibilità di miglioramento.
“Siediti pure sul divano, se vuoi, io devo prendere una cosa in camera mia.” Armin scomparve velocemente, accompagnato dal suono dei suoi passi sulle scale che portavano al piano superiore. Forse avrebbe dovuto offrirle qualcosa da bere, di solito faceva così suo nonno quando avevano ospiti. Una volta sceso le avrebbe chiesto se avesse sete.
Sarebbe stato difficile ritrovare sia l'album che la Polaroid nel caos della sua camera da letto. Era sempre stato ordinato, un perfezionista addirittura, ma nell'ultimo periodo non aveva trovato la motivazione di rimettere al proprio posto nella libreria i vari libri, che occupavano invece l'intera superficie della scrivania, mentre la sedia e il letto erano invasi da una quantità imbarazzante di abiti suoi e di Eren, che i due ragazzi erano ormai abituati a scambiarsi. Solo in quel momento però sembrò rendersi conto del degrado che prosperava nella stanza. Spalancò la finestra e respirò profondamente la ventata di aria fresca che gli colpì il volto. Avrebbe chiesto aiuto a Eren per riordinare la camera nei giorni seguenti – se non se ne fosse dimenticato e se l'amico si fosse dimostrato disponibile per aiutare.
Era disperato – e pronto ad arrendersi ancora prima di cominciare – quando il celeste della copertina di un libro appoggiato su una delle mensole catturò la sua attenzione. Lo avrebbe considerato un miracolo se non fosse stato lui stesso ad aver lasciato lì l'album, tempo prima. Lo afferrò, alzandosi leggermente sulle punte, per poterlo raggiungere. Nel processo, urtò una scatola appoggiata accanto al libro, che conteneva la stessa macchina fotografica che stava cercando. Con attenzione, prese anch'essa, prima che potesse cadere, rompendosi.
Quando raggiunse nuovamente Hitch, quest'ultima stava osservando attentamente alcune foto incorniciate ed appese alle pareti del soggiorno. Il matrimonio dei suoi genitori, ancora giovani e raggianti. Il primo giorno di scuola elementare, in cui Armin sfoggiava il suo grembiulino blu. Armin di fronte ad una torta su cui si stagliava una cadela a forma di numero otto, Eren, al suo fianco, colto nell'attimo di soffiare al posto del festeggiato. Una foto del ballo scolastico di terza media, Armin e Eren, vestiti con giacca e cravatta, troppo piccoli per quegli abiti così eleganti, Mikasa al centro, un abito scuro e dei fiori rossi nei capelli. Una foto di classe scattata durante la gita in prima superiore. Armin e i due fidati amici in barca, dei delfini apparivano alle loro spalle. Infine, la foto che Armin più preferiva, la prima scattata grazie a quella Polaroid, lui e Annie, colti di sorpresa mentre parlavano. Entrambi sorridenti, sereni. Era stata Sasha a voler provare la macchina fotografica.
Era proprio quell'ultima foto su cui Hitch si era concentrata. Osserva con nostalgia i lineamenti dell'amica.
“Sai, non siamo mai andate molto d'accordo... eppure la consideravo la mia migliore amica.” confessò Hitch e Armin poté giurare di aver visto gli occhi dalle sfumature verdi della ragazza riempirsi di lacrime, che però non si lasciò sfuggire.
“Sono sicuro che anche lei la pensi così.” le disse Armin, lasciando a Hitch la possibilità di appoggiarsi a lui. Si chiese cosa avrebbe pensato Annie se li avesse visti così, forse non le sarebbe importato. I capelli dai riflessi ramati di Hitch avevano un buon profumo – fragola, dedusse Armin – mentre la ragazza sprofondava il proprio volto nell'incavo del collo del biondo. Rimasero immobili, a lungo forse. Armin non avrebbe saputo quantificare quanto tempo fosse trascorso, prima che Eren citofonasse, interrompendo qualunque cosa fosse in corso.
Eren non sembrò notare l'imbarazzo sui volti dei due, né investigò. Però fu lui a insistere affinché Hitch comparisse all'interno dell'album, venendo anche lei immortalata in una di quelle tante fotografie. Era ancora vicina a Armin, questa volta però il calore nei suoi occhi era stato sostituito da un altro sentimento che il biondo non sapeva come definire.
Spazio autrice:
Ciao a tutti! Scusate tanto per l'attesa, ma ultimamente mi sono trovata mooooolto meglio a scrivere su Tumblr eheh
Comunque, nei prossimi giorni vorrei iniziare a scrivere dei capitoli extra dedicati a Jean e Marco, inoltre, nel caso vi interessasse leggere qualche capitolo aggiuntivo legato a degli aspetti in particolare della storia, ditemi pure, e vedrò cosa riesco a fare
++ su questo profilo, vorrei portare anche altre storie - non fan fiction - e vorrei sapere se vi interessasse comunque leggerle
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