Capitolo 1

"Cara Annie,

non so se leggerai mai queste lettere, spero di sì. Voglio solo farti sapere che mi manchi.

Tuo, Armin"

"Tuo Armin?" Armin ripeté dubbioso la dicitura con cui si concludeva il messaggio. Sperava nessuno potesse leggerle, neanche la persona a cui erano indirizzate.

Ritrasse la mano, allontanandola dal cassetto in cui aveva riposto il biglietto. Era ancora in tempo per fingere di non averlo mai scritto. Non si considerava un poeta o una scrittore e quel breve messaggio era bastato a metterlo in difficoltà. Non credeva che l'idea di Jean potesse aiutarlo veramente ad affrontare la realtà. Si domandava ancora perché, tra tutti, proprio Jean avesse deciso di stargli accanto.

No, non è vero. Lo sapeva eccome. Si trovavano entrambi nella stessa situazione. Circondati da persone che gli rivolgevano occhiate impietosite. Armin odiava quegli sguardi e conosceva abbastanza il carattere testardo di Jean per sapere che quest'ultimo sarebbe stato ancora maggiormente infastidito dalla pietà altrui.

"Annie..." lasciò le sue dita sfiorare la mano pallida della ragazza. Sembrava stesse solo dormendo. Se si fossero trovati in un qualsiasi altro luogo non avrebbe pensato ad un'altra opzione. Non era questa la situazione in cui si trovava però. Non sapeva quanto tempo sarebbe trascorso prima che la ragazza potesse riprendere conoscenza.

Armin pensò nuovamente a quanto fosse inutile indirizzarle delle lettere. Non le avrebbe mai lette.

La suoneria del suo telefono riecheggiò per la stanza. Il biondo si maledisse per non essersi ricordato di abbassare il volume. Osservò lo schermo del dispositivo, che riportava il nome del suo amico d'infanzia, Eren. Non era stato abbastanza veloce a rispondere, lo avrebbe chiamato in un altro momento.

Controllò l'orario. Era ormai pomeriggio inoltrato. Sarebbe dovuto tornare a casa.

Si diresse incerto verso l'uscita. Si fermò prima di spalancare la porta. Si voltò nuovamente verso il letto. Annie dormiva ancora. Avrebbe dormito anche il giorno seguente. E quello dopo ancora.

"A domani, Annie." la salutò istintivamente, benché le sue parole non potessero essere udite.

Chissà come avrebbe reagito Annie leggendo il suo biglietto. Lo avrebbe preso in giro probabilmente. Forse avrebbe addirittura sorriso. Armin avrebbe voluto vederla sorridere più spesso. Gli dispiaceva non averne avuto la possibilità.

Richiuse la porta alle sue spalle delicatamente.

"Andiamo a casa?" Jean tentava di fingersi indifferente benché i suoi occhi castani fossero lucidi. Aveva pianto – constatò Armin. Cercò di ignorare l'espressione sofferente dell'amico. Jean si sarebbe offeso nel caso il biondo si fosse interessato delle sue condizioni.

"Devo riportare dei libri in biblioteca... penso di essere un po' in ritardo." involontariamente Armin si ritrovò a fissare il braccio ingessato del compagno di classe.

"Sasha e Connie sono in biblioteca... ti accompagno." Jean si sforzò di sorridere "Stanno lavorando a un progetto per scuola... dovrei aiutarli ma mi hanno detto che possono farcela da soli. Non ne sono convinto sinceramente."

"Anch'io dovrei aiutare Eren e Mikasa con quel lavoro!" si ricordò improvvisamente Armin. Aveva bisogno di qualcosa che lo tenesse occupato. Il progetto scolastico sarebbe stato utile per distrarlo.

"Siamo proprio dei pesi morti..." commentò aspramente il castano "Dobbiamo impegnarci o ci ritroveremo a dover recuperare tutto all'ultimo..."

Qual era stato il momento in cui avevano iniziato a parlare così normalmente tra loro? Nonostante avessero frequentato la stessa scuola e la stessa classe per due anni, non erano mai riusciti a legare. Forse il loro distacco era causato dalla rivalità tra Jean e Eren. Ultimamente però Armin non aveva più prestato molta attenzione a quanto lo circondasse. Non gli dispiaceva avere legato con Jean. Gli sembrava fosse l'unico in grado di comprenderlo in quel momento. Forse avrebbe dovuto iniziare a rivalutare il loro rapporto.

Durante il tragitto verso la biblioteca rimasero in silenzio. Si sedettero vicini sull'autobus, quasi completamente vuoto rispetto alla mattina. Jean osservava un punto indefinito, appoggiato al vetro del mezzo. Alcune note della canzone che stava ascoltando tramite gli auricolari giungevano anche alle orecchie del biondo. Armin conosceva quella canzone, l'aveva sentita spesso a casa di Marco. L'unico amico di Jean. Non voleva pensare a lui.

Si concentrò nuovamente sul braccio ingessato del castano. Alcune firme colorate spiccavano sul gesso bianco. Riconobbe anche il proprio nome, scritto in azzurro.

Armin cercò di rivolgere la propria attenzione ad altro. Jean si sarebbe accorto prima o poi di essere l'oggetto dell'interesse del biondo, il quale aveva iniziato a frugare all'interno dello zaino che portava con sé. Prese quel libro che era solito non abbandonare mai, come se fosse un talismano portafortuna. Si trattava di un'enciclopedia dedicata alle creature marine regalatagli da Annie per Natale. Iniziò a leggere distrattamente qualche pagina, benché i suoi occhi continuassero a posarsi sulla figura dell'amico, assopitosi durante il viaggio.

Un auricolare si era sfilato dall'orecchio del ragazzo, continuando a riprodurre il ritornello della stessa canzone.

"There's only a shadow of me in a matter of speaking I'm dead"

Armin avrebbe saputo continuare la frase seguente. Ripeté tra sé e sé il testo, seguendo il ritmo della canzone, finché questa non si concluse. Per poi cominciare nuovamente.

Il biondo controllò la fermata. Erano quasi arrivati a quella più vicina alla biblioteca. Avrebbe dovuto svegliare Jean. Gli dispiaceva disturbare il sonno del castano. A giudicare dai cerchi scuri che circondavano i suoi occhi non doveva avere dormito molto recentemente – rifletté Armin, nonostante lui stesso si trovasse nella medesima situazione.

Prima di scuotergli una spalla così da svegliarlo, il biondo osservò attentamente per qualche secondo i lineamenti dell'amico. L'espressione stanca e tormentata, benché stesse dormendo. Il volto oscurato da qualche ciocca di capelli castano cenere che ricadeva sui suoi occhi chiusi, ma che Armin ricordava bene essere color nocciola.

"Jean, siamo arrivati." disse poi, riconoscendo la fermata a cui sarebbero dovuti scendere.

Armin aveva sempre considerato la biblioteca come una seconda casa, eppure, ultimamente, anche quel luogo così accogliente sembrava aver perso il suo calore. Ricordava quando, da bambino, suo nonno fosse solito accompagnarlo ogni fine settimana. Con il trascorrere del tempo aveva imparato la strada per raggiungere la biblioteca, andandoci da solo.

La bibliotecaria gli rivolse un sorriso gentile che Armin ricambiò forzatamente. Aveva imparato a distinguere lo sguardo impietosito delle persone che conosceva. Non si sarebbe sorpreso se la donna avesse commentato con un "Mi dispiace". Sembrava essere diventata la norma per lui. Jean aveva nuovamente indosso i suoi auricolari, fingendo così di ignorare chiunque potesse tentare di parlargli.

Armin non aveva mai dato particolarmente nell'occhio. Eppure nelle ultime settimane aveva acquisito una fama da lui non gradita. Tutti sapevano chi fosse in città e – lui sospettava – anche nei paesi vicini.

Era cresciuto in una cittadina qualsiasi in cui la notizia più interessante sarebbe stata il furto di caramelle dalla tabaccheria. Non era sorprendente che l'incidente in cui erano stati coinvolti un gruppo di studenti della scuola superiore locale avesse provocato un tale scalpore.

Avrebbe voluto chiudersi nella propria camera e non uscirne fino al momento in cui l'incidente non fosse stato dimenticato. Odiava gli sguardi che gli erano rivolti.

Jean era altrettanto infastidito. Procedette senza fermarsi fino alla sala in cui si trovavano Sasha e Connie, da cui provenivano le voci allegre dei due amici. Dovevano essersi dimenticati di trovarsi in una biblioteca – Jean non era sorpreso dal loro comportamento.

Connie e Sasha. Gli unici che non erano cambiati. Jean si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo nel vederli sgranocchiare delle patatine incuranti del disordine che stavano provocando.

"Ciao Jean, ne vuoi un po'?" domandò Sasha, senza essersi preoccupata di masticare quando avesse in bocca prima di parlare.

"No... sto bene così, grazie." declinò cordialmente il castano "A che punto siete con il lavoro? Vorrei aiutarvi."

"Non preoccuparti, ce la stiamo cavando egregiamente!" esclamò Connie in risposta. Jean non si aspettava che l'amico utilizzasse un termine come 'egregiamente'.

"Pensavamo di andare a prendere qualcosa da mangiare al fast food qui vicino, sei dei nostri?" chiese Sasha, iniziando a riporre all'interno del suo zaino i libri che aveva con sé "E non accetto un no come risposta." aggiunse prima che Jean potesse rifiutare la proposta della ragazza.

"Immagino di non avere altra scelta allora..." commentò Jean, esasperato "Va bene se viene anche Armin?"

"Armin?" ripeté interrogativamente Connie. "Da quando tu e Armin siete amici? Non mi dispiace, ma da te non me l'aspettavo..."

"Non me l'aspettavo neanch'io." concordò il castano.

Armin si scusò per il frastuono causato dai suoi compagni di classe, perfettamente udibile anche dalla postazione della bibliotecaria. Non gradiva particolarmente che quel luogo a cui era così legato fosse contaminato dalla confusione dei suoi amici. Non si trattava di un posto appropriato in cui urlare, era qualcosa di cui dovevano essere a conoscenza anche loro, ma a cui non prestavano attenzione.

Era trascorso un mese dall'ultima volta che aveva incontrato Sasha e Connie. Solo un mese. Trentuno giorni. Eppure la sua intera vita sembrava essere stata stravolta. E sarebbe continuata a cambiare per i mesi a seguire, senza che lui potesse fare nulla per impedirlo.

Anche percorrere quei corridoi così famigliari gli risultava estraneo. Non si era reso conto di quanto tutto fosse mutato nella sua breve assenza. O meglio, era lui a percepire quei cambiamenti.

Armin si fermò sulla soglia della sala in cui si trovavano i suoi compagni. Non osava disturbarli. Sasha teneva stretto a sé Jean, non lasciando la possibilità a quest'ultimo di divincolarsi dalla presa. Un sorriso si formò sulle sue labbra, Sasha era sempre Sasha. Connie rideva sguaiatamente al disagio ben visibile sul volto del castano. Anche Connie era sempre Connie.

Andava d'accordo con Connie e Sasha, ma voleva intromettersi. Era una scena a cui lui non apparteneva. Nonostante questa sua impressione, Connie non condivideva questa visione.

"Armin!" esclamò il ragazzo, salutando il biondo con un cenno della mano "Andiamo al fast food, vieni con noi, vero?"

Prima che potesse tentare di declinare l'invito, Connie gli aveva già cinto le spalle con un braccio, sorridendogli spensieratamente.  


---- Spazio autrice ----

Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto! Era da un po' che pensavo a scrivere per il secondo profilo e finalmente ho trovato qualcosa che mi prendesse, in futuro comunque arriveranno molte altre storie!

Comunque, un po' di contesto per questa storia, nonostante i personaggi siano ispirati a quelli di Attack on Titan, non ci saranno riferimenti alla serie, quindi anche nel caso non seguiate l'anime non dovrebbero esserci spoiler. Semplicemente i personaggi mi sembravano particolarmente azzeccati per l'idea che avevo in mente!

++ la canzone che ascolta Jean è "John My Beloved" di Sufjan Stevens... mi sembra il tipo di musica che ascolterebbe Marco. Avete qualche headcanons sui generi musicali che piacerebbero ai vari personaggi di AoT?

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