Capitolo 4: Locanda
LYDIA
Stavo aspettando Chris fuori dall'ennesima locanda.
Per quanto avessi insistito, non mi aveva permesso di entrare e ancora una volta mi ritrovavo sola nelle strade di Ynda, ad aspettare che il ragazzo uscisse con delle informazioni.
Il silenzio che avvolgeva le strade era più gelido del vento desertico notturno che, incanalandosi tra le strade del paese, accelerava in maniera quasi irreale.
I lembi del mio mantello, che danzavano al ritmo del suo silenzioso canto, erano l'unico movimento a caratterizzare la via. Tutto il resto era fermo. Persino gli spessi rami dell'albero a cui ero poggiata erano immobili, immuni al sospiro del vento.
Mossi la mano, sfiorando lievemente la corteccia, quasi fossi spaventata a farlo. Era delicata, ma ruvida allo stesso momento.
La carezzai lentamente, muovendo il polso come fosse il cardine di una porta.
Con tutto quello che era successo in quelle ultime ore, non avevo ancora avuto il tempo di elaborare ciò che era successo. Avevo usato il Dono. Avevo usato il Dono e quell'albero aveva preso vita.
Piegai di scatto i polpastrelli delle dita, ricordando i gesti che April aveva fatto nella prigione.
Trattenni il fiato per qualche secondo, sperando inconsciamente che qualcosa accadesse. Ma niente, nulla si mosse, ad eccezione di un'ulteriore folata di vento che fece ondeggiare i bordi del mio cappuccio.
Espirai rumorosamente.
Come posso sperare di aprire un antico scrigno e liberare una Dea se non riesco a smuovere volontariamente neanche una foglia di questo stupido albero?
Il fatto che il mio inconscio fosse più bravo di me mi dava a dir poco sui nervi. Perché riuscivo ad usare il Dono solo nei momenti di pericolo? Involontario, rapido, risolutivo.
Un fascio di luce, seguito da un confuso brusio, si proiettò lungo il terreno sconnesso fino a giungere ai miei piedi; qualcuno aveva aperto la porta della locanda per uscirne fuori.
Arretrai di due passi, aggirando il possente tronco e sottraendomi alla morsa rivelatoria della luce.
Una figura si stagliò in controluce sull'uscio mentre la porta, richiudendosi, catturò il bagliore e i suoni che per pochi secondi avevano colorato la via.
«Allora?» chiesi, una volta riconosciuto il mio compagno.
«Niente» rispose con una punta d'amaro «Un buco nell'acqua anche questa volta, è come se fossero svaniti nel nulla; eppure devono essere da qualche parte, lei deve essere da qualche parte» aggiunse, marcando la parola "lei".
Raramente avevo visto Chris così agitato. Avevamo girato ormai molte locande e anch'io stavo iniziando a perdere le speranze. Più il tempo passava più le probabilità che le avessero fatto qualcosa aumentavano.
Eppure non capivo se quella di Chris fosse solo preoccupazione o qualcosa di più.
«Perché sei ancora nascosta dietro l'albero?»
Ebbi un sobbalzo. Non mi ero neanche accorta di essermi distaccata dalla realtà. Staccai le mani dal tronco e mi avvicinai a lui lentamente.
Sentivo le guance ardere, ma speravo che la notte mi aiutasse a celare le mele rosse che sicuramente si erano formate sulle mie gote.
Mi sentivo sempre impacciata quando venivo colta a viaggiare nel mio mondo, come fossi stata sorpresa a fare qualcosa di sbagliato.
«Aspettavo che venissi tu, no?» dissi con voce controllata «Non dobbiamo andare da quella parte?» aggiunsi, indicando dietro di me.
La mano mi tremava leggermente quindi la riabbassai subito.
Ero sempre stata brava a mentire e celare le emozioni che si nascondevano dietro la mia voce. Purtroppo non ero altrettanto brava a controllare il mio corpo, erano sempre i gesti involontari a svelare le mie vere emozioni.
Ripensai ad Ally, lei era esattamente l'opposto di me: sguardo impassibile, ma voce tremante.
Eravamo una coppia vincente, pensai con un sorriso.
Mi bloccai.
"Eravamo"? Veramente ho pensato "eravamo"? Sto su Ddaear Arall da così poco e già ripenso alla mia vita sulla Terra come un tempo remoto?
«Hai ragione,» mi rispose Chris, riportandomi per la seconda volta alla realtà «dobbiamo andare di là!» continuò, sorpassandomi e andando nella direzione che avevo indicato.
Tirai un piccolo sospiro di sollievo, cercando di non far capire che in realtà avevo puntato una direzione a caso.
Mi rigirai di 180°, usando i talloni come perno, e raggiunsi il mio compagno con tre grandi falcate.
«Ecco Lydia-piede-di-fata» rise Chris.
«Stai veramente dicendo che non ho un passo leggero? Tu?» risposi, cercando di porre un accento il più sarcastico possibile sulla parola "tu".
Obbiettivamente parlando, Chris aveva la grazia di un facocero sui tacchi a spillo.
«Io ho il passo felpato di un gatto nella notte» aggiunsi, guardandolo convinta.
Errore. Mai distogliere lo sguardo dalla strada, soprattutto se si è dei maldestri cronici come me. La punta del mio piede urtò un sasso sporgente, facendomi inciampare.
Ci misi giusto due passi a recuperare l'equilibrio, ma questo bastò a Chris per avere la sua vittoria.
«Ho detto il passo, non la vista» mi difesi subito, intravedendolo sorridere dietro il cappuccio.
Non passò molto tempo prima che il mio compagno si fermasse di nuovo.
«Quella è la locanda.»
Chris indicò l'unico edificio con ancora le luci accese.
A differenza della locanda precedente, la confusione proveniente dal suo interno si sentiva sin da fuori.
«Oltre a questa, ci mancano veramente pochi posti da controllare, poi dovremmo per forza prendere in considerazione l'ipotesi di dover cercare nelle prigioni e lì sarà veramente dura entrare» continuò.
Annuii poco convinta. Entrare in una prigione non era esattamente facile come entrare in una locanda.
Ripensai al ragazzo della mela. Chissà se saremmo riusciti a trovare anche lui.
«Tu rimani qui dietro l'angolo, abbastanza vicina alla finestra così che possa vederti, ma non troppo» mi disse, iniziando già ad allontanarsi.
«Non potrei...» iniziai.
«No» mi fermò subito senza neanche girarsi.
Che senso aveva averlo accompagnato se poi dovevo rimanere fuori come un vaso da balcone?
Immobile. Utile quanto la data di scadenza della Nutella o le istruzioni dei rasoi.
Più ci pensavo più il mio corpo fremeva. Non riuscii a trattenermi un secondo di più, raccolsi i capelli in una frettolosa treccia e li nascosi sotto il cappuccio. Portai una ciocca ribelle dietro l'orecchio e mi incamminai verso la porta.
Non ero neanche a metà strada che la porta si spalancò facendo uscire un uomo a dir poco traballante che, dopo esser inciampato un paio di volte sui suoi piedi, iniziò a ridere di gusto da solo.
Mi passò a non più di quaranta centimetri, ma non sembrò degnarmi di uno sguardo e tirò dritto per la sua strada. "Dritto" si fa per dire, data la sua andatura.
Raggiunsi l'entrata e feci un profondo respiro prima di afferrare la maniglia e aprire la porta.
Il posto, considerando anche l'orario, era pieno di gente.
Sembrava che l'intera vita di Ynda fosse rinchiusa in quella bettola. La puzza di alcol e sudore era così pesante che sentii gli occhi pizzicarmi. Me li strofinai immediatamente col dorso delle mani per poi darmi un'occhiata attorno.
La maggior parte delle persone indossava le divise base del Regno, ma molti altri erano comuni cittadini, solo ubriachi fradici. Alcuni di essi indossavano mantelli simili a quello mio e di Chris, e ciò mi sollevò immensamente.
Ripensando alla città regolare e ordinata che avevo conosciuto di giorno, non avrei mai pensato di trovare gente ridotta in quel modo di sera.
Chris stava parlando al bancone con quello che immaginai essere il proprietario del locale.
Nei tavoli circostanti i soldati del Regno non facevano altro che alzare i calici e brindare alle cose più improbabili e stupide che mente umana potrebbe mai partorire. Molti uomini giocavano a carte urlando e sbattendo le mani sul tavolo ogni vola che buttavano giù una carta.
Il fumo sembrava essere un must. Non c'era un tavolo, dicasi uno, a cui non era seduto almeno un uomo con un sigaro nella mano destra.
Altri uomini più appartati, sedevano in compagnia di donne che, diciamo, non sembravano essere proprio le loro mogli. Chi gli offriva da bere, chi rideva esageratamente e chi invece preferiva andare più al sodo.
Una donna si alzò sgraziatamente facendo cadere la sedia su cui era seduta. Senza prestare attenzione al cadavere di legno abbandonato sul pavimento, si sporse in avanti afferrando la guardia di fronte a lei per il colletto e trascinandola con sé dietro la porta che, presumibilmente, portava alle camere.
Rabbrividii.
Non mi aspettavo di trovare un posto come quello.
La pelle d'oca non aveva neanche fatto in tempo a scemare che la porta delle camere si aprì di nuovo, facendo apparire in sala un uomo bello grasso che stava cercando, senza successo, di infilarsi la maglietta nei pantaloni.
Si fermò un paio di secondi accanto allo stipite, guardandosi attorno con occhi spaesati, fino a quando il suo sguardo non cadde su di me. Gli angoli della bocca gli si sollevarono fino agli zigomi, rossi di vino quasi quanto il suo naso. Ebbi un sussulto, pregando con tuta me stessa di non essere io la sua preda.
Voltai la testa verso il bancone alla ricerca di Chris. L'oste stava servendo una guardia dai capelli rossicci, ma del mio compagno neanche l'ombra. Lo cercai tra la folla trovandolo poco dopo, intento a raggiungere l' uscita. Dando un paio di spinte alle persone che si frapponevano tra di noi lo raggiunsi aggrappandomi al suo braccio.
La sua prima reazione fu quella di afferrarmi il polso e girarsi. Aveva i lineamenti tirati e lo sguardo serio, ma non appena mi riconobbe l'espressione dei suoi occhi passò da stupita ad arrabbiata in meno di un secondo.
«Ti avevo detto di rimanere fuori!»
Non ascoltandolo, mi girai verso l'uomo grasso. Vedendo che ancora mi fissava, mi rivoltai abbassando lo sguardo, costringendo anche Chris a spostarsi.
«Non guardarlo» gli dissi.
«Ma che...?» iniziò.
«Ma che razza di locanda è questa?!»
«Shhh» mi zittì.
Lo guardai con gli occhi spalancati. Veramente mi aveva azzittita con uno shhh?
«Ascolta» si limitò ad aggiungere.
Ma cosa? Chi?
Ci misi un po' a capire verso chi Chris avesse rivolto l'attenzione, fino a quando non vidi due guardie sedute a un tavolo.
«...è ingiusto» stava dicendo con voce rotta il primo.
«Smettila di prendertela per queste cose» lo canzonò il secondo, dandogli una pacca sulle spalle.
«Solo perché siamo di grado inferiore non significa che dobbiamo esser trattati come letame» singhiozzò il primo, facendo scoppiare in una grassa risata il suo compagno.
Guardai Chris interrogativamente. A parte il fatto che avessero due tipi diversi di ubriacatura, uno depressiva e l'altra euforica, non avevo notato niente di interessante nella loro conversazione.
«Zane è stato qui» sussurrò in tono fermo.
Che avesse sentito qualcosa di più importante prima di me?
«Ne sei sicuro?» domandai.
«Ora ammazzo l'oste» disse, girandosi verso il bancone e tirandosi su una manica.
Lo costrinsi a voltarsi nuovamente verso di me.
«Come fa di cognome Zane?» gli chiesi.
«Levian» mi rispose frettolosamente.
Chissà la sua mente già dove stava viaggiando.
«E com'è fatto?» chiesi.
Mi guardò perplesso.
«Di aspetto, intendo. Ha i capelli corvini, okay, e poi? Occhi? Età?» continuai.
«Ha diciotto anni, credo, e gli occhi nocciola; c'è chi dice li abbia dorati, ma a me non è mai sembrato» mi rispose «Ma perché? Perché queste domande?»
«Vado io dal locandiere a chiedere informazioni» affermai convinta.
«Compro un tymor e vado a vivere sulle isole Dor come eremita.»
«Cosa?»
«Ah, non stavamo elencando cose improbabili a caso?» mi rispose divertito.
«Dico sul serio, fai andare a me» ribadii, dandogli una gomitata mentre lui sghignazzava.
«Non possiamo rischiare, già non dovresti stare qui» disse, tornando serio.
«Se già la prima volta non ti ha risposto, non vedo perché dovrebbe farlo ora» feci una pausa «Lo hai detto tu stesso: forse le guardie possono riconoscerci, ma di certo non può farlo un semplice locandiere. Inoltre mi sembra che qui attorno» dissi, accompagnando le parole con un gesto della mano «non ci sia mezza persona abbastanza sobria da ricordarsi qualcosa domani mattina.»
Al contrario di quanto mi aspettassi, Chris non disse niente, forse ci stava veramente pensando su. Colsi la palla al balzo e mi diressi subito verso il bancone prima che avesse tempo di cambiare idea.
Non mi fermò.
Ad ogni passo il mio respiro si faceva sempre più pesante. I battiti del mio cuore erano così violenti che per un istante temetti che mi sfondassero la gabbia toracica.
Ancora due passi.
Feci un profondo respiro, ignorando le lamentele dello stomaco che mi sembrò essersi ridotto alle dimensioni di una mentina.
«Buonasera.»
Le parole mi uscirono dalle labbra calde e sensuali, esattamente come volevo.
«Buonasera a lei, signorina» mi disse l'oste, ignorando un altro cliente che gli aveva chiesto un boccale di birra.
Il suo alito sapeva di vino e morte, ma cercai di non darlo a vedere.
«Stavo cercando... diciamo un amico.»
Finsi una risatina frivola coprendomi la bocca con una mano. Sentii le mie dita, a contatto con le labbra, tremare. Allontanai subito la mano riportandola sotto il bancone.
«Si chiama Zane, Zane Levian.» ripresi «Stasera volevo fargli un po'... di compagnia» continuai con voce provocatoria «speravo che lei potesse aiutarmi a rintracciarlo.»
«Nessun Levian alberga da noi; tuttavia, se vuole un po' di compagnia, non penso di aver problemi a trovare qualcun altro di interessato...» mi rispose il locandiere avvicinandosi.
«Ma come no? Aveva detto che dormiva qui» continuai, impedendogli di finire la frase «Alto, capelli neri e indimenticabili occhi dorati» finii la frase con un sospiro.
L'uomo si grattò dubbioso la testa, facendosi cadere quantità industriali di forfora sulle spalle. Non contento, di ciò si annusò le dita per poi posare nuovamente la mano sul bancone. Trattenni a stendo un conato di vomito.
«Forse sta parlando del signor Twyll»
Il suo alito si insinuò nelle mie narici come fosse gas tossico.
«Ma certo» risi di nuovo «Li confondo sempre.»
Quella volta non mossi le mani, ma continuai a torturarle sotto il bancone.
«Mi spiace deluderla signorina, ma il suo amico è già partito qualche ora fa.»
Mi sentii mancare. Aveva lasciato la città?
«Come?» sussurrai, questa volta senza dover fingere.
«Ha chiesto un carro in fretta e furia ed è partito nella notte, verso Aer se non sbaglio.»
«Se le serve conforto posso darle una mano io» un ragazzo seduto al bancone si intromise, circondandomi le spalle con il braccio.
Sussultai per la paura, sostituita immediatamente da un profondo senso di disgusto.
«Magari... magari la prossima volta» dissi sgusciando via dalla sua morsa.
«Semmai dovesse tornare gli dica che l'ho cercato» feci un mezzo sorriso, che non oso immaginare come sia potuto risultare.
«Non mi ha detto il suo nome» mi gridò dietro il locandiere, ma io stavo già afferrando Chris sotto il braccio e uscendo dalla porta.
«Un certo Twyll, che corrisponde alla descrizione di Zane, è partito questa notte in fretta e furia con un carro» gli riferii, mentre la porta si richiudeva dietro di noi.
«Potrebbe aver dato un nome falso, non sarebbe la prima volta» disse.
«È quel che ho pensato anch'io.»
«Ma come diavolo hai fatto?» mi chiese, non riuscendo a mascherare un po' di stupore.
«Una donna sa sempre come ottenere qualcosa che desidera» risposi, vestendo uno dei soliti sorrisetti che faceva lui «Ha detto che era diretto verso Aer» aggiunsi.
«Aer? Ma è fuori dalla Nazione della Sabbia!»
Si portò una mano alla nuca abbassando lo sguardo.
«Come facciamo a raggiungerla?» chiesi.
Ci furono secondi di silenzio in cui temetti non mi avesse sentita poi, d'un tratto, alzò gli occhi.
«Forse non dobbiamo.»
Angolo Autrice
Hola ragazzi/e!
Questo capitolo mi è venuto inaspettatamente lungo! Spero comunque non sia risultato troppo pesante. Vi chiedo subito scusa se avete trovato degli errori o frasi poco sensate, ma sono piuttosto di fretta e non ho tempo di rileggerla bene, domani provvederò.
Siamo già ad agosto, io non ci voglio credere! Secondo voi è possibile che domani mi alzi e scopra che è ancora luglio?
Ma veniamo alle cose serie... qualcuno di voi ha mai letto le istruzioni per i rasoi? Sono imbarazzanti! (quasi quanto il motivo per cui io so che lo sono... perché si, le ho lette).
Ok la smetto di dire cavolate... ora vi pongo una riflessione profonda che richiederà una risposta altrettanto importante: perché ci sono migliaia di ragazzi che offrono da bere alle ragazze, ma poi vai in libreria e non ce n'è mezzo che offre un libro?! Ma dico io... che mondo...
Concludo questo utilissimo angolo autrice dicendovi che la descrizione di Lydia agitata prima di arrivare davanti al bancone è esattamente la descrizione di come mi sento prima di un esame. E la cosa divertente è che poi anche io quando mi trovo davanti ai professori sono calma di voce, ma sotto la cattedra mi torturo le mani.
Praticamente quest'ultimo era più un trivia, ma dettagli.
P.S. Tywell= Frode/Truffa/Inganno (Gallese)
TRIVIA
Nel progetto iniziale il gruppo doveva riuscire a passare il confine del Regno della Foresta a cavallo di delle aquile/grifoni giganti e non grazie al travestimento di Chris ed Octavia in Tenenti.
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