Capitolo 33: Il Salto
LYDIA
Vi siete mai ritrovati, per puro caso, in una situazione a cui non eravate affatto preparati?
È come essere colti del tutto alla sprovvista e posti all'interno di un grande show che, da un momento all'altro, inizia a girare attorno a te.
Ecco, Ddaear Arall era lo show ed io la povera ragazza del pubblico estratta a sorte, su cui gravava il peso di una buona puntata.
Quando Ilan e Niczia ci avevano avvisati dell'arrivo della Polizia mi si era gelato il sangue.
Ormai mi ero convinta di avercela quasi fatta, che finalmente fossimo riusciti a trovare un po' di pace. Credevo sarebbe bastato ricevere le tanto attese informazioni per poter giungere una volta per tutte allo scrigno contenente Au Maite e aprirlo.
E invece no, ci trovavamo di nuovo a dover lottare e scappare. Per un momento, non riuscii a trovare le forze neanche per proferire parola e così, inerte com'ero, mi sentii afferrare il polso da Gomer e sollevare verso l'alto, mentre il gusto della sconfitta mi riempiva la bocca di amaro.
Le mie gambe si mossero automaticamente, un passo dopo l'altro giù per i gradini. Fu solo quando Chris spalancò la porta che dava sul retro che i miei sensi cominciarono nuovamente a funzionare.
Una folata di vento, carica di polvere e muschio, accolse le mie narici non appena mettemmo piede in quel cortile, ormai da molto tempo abbandonato.
«Sono quasi arrivati» udii Ilan gridare.
Una sensazione sgradevole al braccio destro iniziò a farsi spazio nella mia mente, mentre gli occhi iniziavano a mettere a fuoco quella che si rivelò essere la mano sudata di Gomer, ancora stretta attorno al mio polso.
Quando udimmo la porta principale spalancarsi, era ormai arrivato il momento di tornare padrona del mio corpo, del mio tempo e delle mie azioni.
Sottrassi, con un unico gesto, il polso alla stretta del nostro informatore e mi voltai fugacemente verso la casa dell'anziana signora. Delle urla confuse provennero dall'interno di essa.
Non l'ho neanche ringraziata, pensai, facendomi assalire dal rimorso.
Vidi con la coda dell'occhio la porta del retro aprirsi mentre, voltandomi, riportavo lo sguardo verso Ilan che, davanti a tutti, imboccava il breve corridoio che portava all'uscita indicataci da Niczia.
Un fischio acuto, ormai fin troppo familiare, accompagnò la freccia che si piantò sulla parete di roccia alla mia destra. Abbassai la testa, sollevando automaticamente le braccia per proteggermi, mentre entravamo tutti all'interno del piccolo corridoio che ci avrebbe portati alla porta. Nel momento in cui Chris si volse innalzando da terra una lastra di roccia per dividerci dai nostri inseguitori, una seconda freccia fu scagliata nella nostra direzione prendendo di striscio April al braccio e andandosi a piantare sul portale di legno di fronte a noi.
«Tutto apposto?» le chiesi, avvicinandomi.
Afferrandosi forte il braccio, alzò il capo e, trattenendo un mugugno, mi fece un cenno d'assenso.
Un rumore secco mi fece capire che qualcuno era riuscito ad aprire la porta di legno. Non ebbi il tempo a sollevare di nuovo la testa che già Gomer e Octavia erano usciti sulla via.
Li seguimmo, iniziando a correre in quella che, per me, poteva benissimo essere una direzione completamente casuale. Speravo solo che Gomer avesse ben in mente dove andare.
Non eravamo arrivati neanche alla prima svolta, che riecheggiò alle nostre spalle l'eco di una parete in frantumi.
«Hanno dei Rheol anche loro» sibilò tra i denti Chris, più a se stesso che a qualcun altro, poco prima che delle persone in nero sbucassero dallo stesso punto da cui eravamo usciti poco.
Per quel poco che avevo visto, Ynda sembrava una città creata secondo schemi razionali. Le vie erano quasi tutte delle rette parallele, intersecate, a intervalli pressoché regolari, da vie ortogonali.
Visibilmente gradevoli ed armoniche, per carità, ma per fuggire erano decisamente poco funzionali. Nessun vicolo da prendere e nessuna serie di svolte in grado di sviare gli inseguitori.
A pochi passi dalla prima traversa verso la quale avremmo potuto svoltare, un gruppo più piccolo di guardie ci sbarrò la strada: era esattamente quello che avevano fatto con il ragazzo che aveva rubato la mela.
Guardai indietro per vedere le sette figure avvicinarsi sempre più.
Panico.
L'unica via di fuga era oltre uno dei due blocchi e c'era un solo modo per superarli.
Le guardie del Regno che si schierano davanti a noi sono solo quattro, quindi un attacco lì sarebbe...
Non feci in tempo a finire il pensiero che Ilan e Chris avevano già reagito e, mentre il primo creava una parete di roccia per separarci dagli inseguitori alle nostre spalle, il secondo sollevava il suolo, andando a circondare due delle guardie fino al busto.
Vidi un uomo sulla destra lanciare un pugnale in direzione di Octavia. Il lancio era preciso e diretto, ma la lama scintillante non arrivò neanche a due metri dalla ragazza che una lastra di roccia, innalzata da uno dei due ragazzi, bloccò la sua corsa. La lama cadde al suolo dopo aver cozzato contro la dura pietra, provocando un acuto stridio, simile a quello di una moneta caduta a terra, solo un po' più greve. La terra non aveva ancora fatto in tempo a riassorbirsi completamente che la ragazza dagli occhi di ghiaccio aveva già scoccato la sua prima freccia, colpendo il suo aggressore al polpaccio.
Sentii la roccia dietro di noi frantumarsi sotto il controllo di uno dei Rheol che ci inseguivano.
«Attenta!» gridai, mentre mi gettavo, istintivamente, addosso a Octavia, spostandola dalla traiettoria di uno dei grossi massi crollati.
La mia mano era già pronta a sollevare la maglia e portarla al naso, per evitare che la polvere creatasi dalla distruzione del muro mi soffocasse, quando mi accorsi che nemmeno una minima quantità di pulviscolo aveva invaso i miei polmoni. Rialzai la testa e mi accorsi che era ancora tutto lì, sospeso in aria, immobile, come congelato nel tempo e nello spazio.
Fu solo quando quella polvere si radunò a formare una lunga scia, avvolta su se stessa, che capii che non si trattava di una magia. Seguii con gli occhi la traiettoria della stria che, più veloce di un falco, si andò a scagliare contro il fianco dell'ultima guardia rimasta; esattamente dove April aveva mirato.
Il colpo fece indietreggiare di un paio di passi l'uomo che, automaticamente, si portò una mano all'anca e poi, come fosse stato privato di tutte le energie, crollò sulle ginocchia, mentre le sue dita si coloravano di rosso e un lieve rivolo di sangue cadeva a terra.
Ci eravamo creati un varco e, scambiandoci solo un breve cenno di intesa, iniziammo a correre in quella direzione.
Senza arrestare la corsa, mi chinai a raccogliere il pugnale che l'uomo aveva lanciato contro Octavia. Non che lo sapessi usare, ma mi dava comunque una certa sensazione di sicurezza.
Non appena li superammo, le due prigioni di roccia che Chris aveva creato furono frantumate, probabilmente dagli stessi rheol che avevano distrutto il muro poco prima. In quel modo, le due guardie furono libere e, unendosi alle altre, anche loro ripresero a inseguirci.
Riuscimmo a stento a prendere due svolte, quando una parete di roccia si sollevò da terra, separando me e Octavia dal resto del gruppo. A quel punto ne ebbi la certezza: saremmo morte.
Fu nell'istante in cui il muro, che continuava a crescere senza sosta, raggiunse il metro e mezzo che una figura in controluce lo scavalcò nella nostra direzione, senza troppi problemi.
Non capii chi fosse, fin quando non mi afferrò il polso con la sua mano sudaticcia: Gomer.
Mentre mi stupivo della sua agilità e ringraziavo il cielo che fosse con noi, lui dava una spallata a una porta, logorata dal tempo e dalle tarme, ed entrava in una delle case che contornavano la via. lo seguii, mentre con un ultimo sguardo vedevo la parete che ci divideva dagli altri arrivare fino a quasi la cima delle case.
Octavia entrò subito dietro di noi e, scagliando un'ultima freccia, chiuse dietro di sé quello che rimaneva della porta.
Aiutai Gomer a spostare un tavolo e piazzarlo di fronte alla soglia mentre attorno a me davo una rapida occhiata. Non mi sembrò di vedere nessuno, anzi, probabilmente quelle mura non vedevano nessuno già da un bel po' di tempo.
«E adesso?» chiesi.
Stavamo per fare la fine dei topi in trappola. Strinsi più forte l'impugnatura del pugnale.
«Saliamo» fu la risposta secca dell'uomo.
Riafferrandomi per il polso e strattonandomi come fossi una bambola di pezza, Gomer mi fece passare nella stanza accanto e salire le scale. La casa sembrava strutturata esattamente come quella di Niczia: sviluppata in altezza più che in larghezza. Arrivammo appena al secondo piano che la porta d'ingresso venne sfondata. Senza fermarci neanche un secondo, imboccammo la terza rampa di scale.
Per quanto possiamo andare avanti così? Mancherà al massimo un piano. Octavia ha sì e no cinque frecce rimaste e io... io non so neanche usare uno stupido pugnale! Non so che fare, non so...
Di punto in bianco, le forti braccia di Gomer mi afferrarono le spalle, strappandomi alla marea di pensieri che minacciava di affogarmi.
«Ascoltami bene ragazzina. Fuori dalla città c'è il vecchio pozzo abbandonato.»
Fece una pausa, in cui non capii se volesse assicurarsi che lo stessi ascoltando o se si aspettava che gli chiedessi qualcosa. Nel dubbio, optai per la seconda.
«Un pozzo abbandonato?» ripetei con un accento lievemente interrogativo.
«Chiudi la bocca e apri quelle orecchie.»
Bene, ottima scelta Lydia.
«Lì è dove abito, e lì troverete tutte le informazioni che vi mancano. Non fatevi seguire» mi disse, fissandomi negli occhi «Mi hai capito?»
«S-Sì, ma...» balbettai.
Perché mi sta dicendo ciò?
«E adesso andate» gridò a noi ragazze «Veloci!»
«Non capisco...» iniziai.
In realtà, avevo capito fin troppo bene cosa volesse fare, ma non riuscivo a rassegnarmi all'idea. Non per me. Non di nuovo. Le mie gambe erano di puro cemento e solo quando Octavia mi diede una spinta decisa, riscoprii la possibilità di muoverle.
Prendemmo la quarta e ultima rampa di scale. Diedi un ultimo sguardo a quell'uomo: le gambe ben salde a terra e le braccia allargate, come pronte a dare un abbraccio a qualcuno. Un altro passo e scomparve per sempre dalla mia vista.
Di fronte a noi la scalinata terminava con una porta che ci avrebbe portato sicuramente al tetto. Sentii le voci dei nostri inseguitori urlare qualcosa di indefinito, poi una violenta scossa fece tremare l'intero edificio.
Octavia, con un energico calcio, sfondò la porta dinnanzi a noi e, con la rapidità di un fulmine, uscì all'aperto. La seguii, mentre già sentivo i gradini sotto ai miei piedi cedere. Un altro veemente scossone e l'intero piano sottostante crollò, come risucchiato da un buco nero.
Gomer!
Era stato lui? Anche lui era un Rheol?
Non ebbi tempo per pensarci che mi sentii afferrare la caviglia. Mi voltai e vidi una donna in divisa aggrappata al bordo dell'uscita che dava sul tetto.
«Octavia!» gridai, mentre la donna, con una strattonata, mi faceva perdere l'equilibrio e cadere sulle ginocchia.
Sollevai il pugnale, ma non ebbi il coraggio di usarlo; allora cercai di voltarmi il più possibile e, con la gamba libera, le diedi un calcio in faccia. Sentii la sua presa allentarsi, così, recuperando tutte le forze rimaste, strattonai la gamba, liberandomi dalla sua morsa.
Le braccia di Octavia mi aiutarono a issarmi e, in men che non si dica, ero di nuovo in piedi.
Arretrammo il più possibile fino al bordo del tetto. Un'altra violenta scossa percorse l'intero edificio facendo perdere l'equilibrio alla donna che stava cercando di sollevarsi facendo forza sulle braccia per salire sul tetto.
Octavia estrasse un'altra freccia dalla faretra e fece per incoccarla.
«Aspetta» la fermai «L'edificio che sta per crollare dalle fondamenta, è inutile sprecare altre munizioni, dobbiamo trovare il modo si uscire di qui.»
«E come? Siamo su un tetto, in mezzo al nulla! E gli altri sono troppo impegnati a sopravvivere per aiutarci» mi rispose in fretta.
Diedi uno sguardo nella direzione che aveva indicato e vidi i nostri compagni a terra combattere contro altre figure in nero.
April e Ilan erano schiena contro schiena, cercando di contrastare alla bell'è meglio gli attacchi nemici; Chris sembrava invece coinvolto in uno scontro con un unico ragazzo snello e corvino, i cui occhi brillarono al sole non appena sollevò lo sguardo verso di noi.
Questa volta è davvero la fine, pensai, alzando a mia volta lo sguardo.
Fu in quell'istante che lo vidi. Le sue fronde spoglie si intravedevano appena oltre il bordo del tetto, elevandosi verso l'alto, come braccia verso il cielo.
«Saltiamo» le dissi, quasi in un sussurro.
«Cosa?» mi chiese scioccata.
«Saltiamo» le ripetei convinta, indicando l'albero nella via perpendicolare a quella in cui prima ci trovavamo.
Mi guardò con uno sguardo accigliato, al quale risposi con un'espressione il più possibile convinta.
In realtà, non avevo la più pallida idea di quello a cui stavamo andando in contro; avevo solo la sensazione che fosse la cosa giusta da fare. C'era qualcosa, nel mio cervello, che mi diceva che saltare fosse la nostra unica alternativa.
Ancora titubante, Octavia ripose la freccia nella faretra.
L'ennesima scossa, seguita da un greve rumore, fu il nostro segnale di partenza. Pochi passi per darci la rincorsa e poi il salto.
Sentii i battiti del cuore rallentare e rimbombarmi in testa come cannoni.
Ci fu un momento di stasi in cui, contro ogni previsione, riuscii a sentirmi libera, come un palloncino nel cielo sfuggito di mano a un bambino.
Poi accadde.
Fu come se i rami dell'albero avessero preso vita e, come braccia di una madre, ci avvolsero stringendoci a loro e proteggendoci come il guscio di una noce.
Chiusi gli occhi, concentrandomi solo sulla respirazione del mio corpo e pregando con tutta me stessa di arrivare a terra sana e salva
Inspira, espira, inspira...
Solo quando le piccole scosse cessarono e fui certa di essere ferma, mi costrinsi ad aprire gli occhi. Dei raggi di luce passavano attraverso le fronde che lentamente andavano aprendosi.
Mi alzai e, facendo capolino, vidi che i rami dell'albero ci avevano effettivamente portate a terra.
Mi girai e vidi Octavia che, ancora immobile, teneva lo sguardo fisso sulle sue mani, leggermente tremanti.
Questa volta fui io a reagire e, afferrandola per i polsi, l'aiutai a sollevarsi.
Uscimmo entrambe da quel che rimaneva del nostro guscio protettivo. La strada era completamente deserta, fatta eccezione per una donna con lo sguardo scioccato e una brocca d'acqua in frantumi ai suoi piedi.
E adesso? Dovremmo fuggire e nasconderci o raggiungere i nostri compagni?
Angolo Autrice
Buonasera ragazzi come va? Si, questo capitolo mi è venuto leggermente più lungo degli altri, ma credo sia normale, no?
Ebbene, era da un po' che non assistevamo a dei combattimenti... com'è andata? Temo sempre di non essere all'altezza. Senza alcun dubbio le scene d'azione sono quelle che mi riescono più difficili da scrivere (assieme a quelle d'amore). Spero comunque sia riuscita a farvi calare un po' nell'atmosfera e di non aver fatto un pastrocchio!
Come sempre wattpad decide di inviare le notifiche dell'aggiornamento a rate... quindi ad alcuni non sono arrivate le notifiche del capitolo 31 (mela) e 32 (l'informatore). Mi scuso veramente tanto per questi disagi, purtroppo Wattpad è fatto così.
Qui sotto abbiamo la nostra Hikari April disegnata da @__RedMoon__ che veramente ringrazio con tutto il cuore! Ogni volta che mi scrive inviandomi questi disegni bellissimi il cuore mi fa una capriola!
Sapete dove mi trovo adesso? Mi trovo in un magnifico caffè/backery house assieme alla mia coinquilina mentre mangio un delizioso cupcake al doppio cioccolato sorseggiando un fresco cocktail (analcolico) al lampone, pesca e zenzero.
È stato proprio un paio di giorni fa che lei mi ha detto "Ma perché un giorno di questi dopo lo studio (fino a un'ora fa stavamo in aula studio a... beh studiare ovviamente) non andiamo da Alphaville a prenderci qualcosa e scrivere; farebbe molto scrittrice seria/poeta maledetto". E così abbiamo fatto. E giuro, consiglio a tutti una volta nella vita di farlo.
Mi sembra di star vivendo in un film. Noi, due computer, due cupcake e le nostre storie. Eh già, perché anche lei sta scrivendo una storia da poco e questa cosa mi elettrizza un sacco.
In realtà nessuna delle due ha mai letto un rigo della storia dell'altra. Anche perché per me scrivere è come entrare in un mondo parallelo. Estraniarmi dalla realtà e liberare la mente come fosse una tigre in cattività in fuga. Non a caso nessuno che conosco (eccetto Lapi, la ragazza che ha scritto lo speciale) ha mai letto qualcosa scritto da me. Non è che me ne vergogni, capiamoci. È che è qualcosa di mio. Non avete mai avuto un segreto tutto vostro? Non importante in sé per se. Ma importante per voi... un po' come la rosa del Piccolo Principe.
Chi lo sa... forse un giorno tutto cambierà... lo scopriremo solo vivendo ;)
A presto miei cari. E come sempre: grazie di tutto.
TRIVIA
Chris doveva avere come "gesto che lo contraddistingue/tic" il toccarsi i capelli, ma ha finito col non toccarseli mai e col sostituire questo gesto con il suo solito sorrisetto spavaldo che gli dipinge la bocca. In realtà alla fine sono contenta, perché già in molti altri libri il protagonista maschile si tocca i capelli.
Lydia invece doveva mordicchiarsi il labbro, ma anche lei si è rivoltata ed invece si porta spesso una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
L'unico bravo che ha seguito il copione è stato Arjuna che fa le virgolette anche nei sogni ;)
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