Capitolo 31: Mela
LYDIA
Stavo seduta su di una sedia, vicino alla finestra che dava sulla via sottostante, mentre i miei occhi seguivano la gente sfilare ordinata come tante formichine.
Sentii il portone al piano inferiore chiudersi e subito dopo vidi Chris ed Ilan comparire all'esterno e mescolarsi tra la gente in maniera anonima. Testa bassa, passo svelto e, in men che non si dica, anche loro erano scomparsi tra la folla.
«Tè caldo, cara?»
La voce dolce e lievemente tremante dell'anziana signora che ci aveva ospitati spostò la mia attenzione dalla grigia strada alla verde tazza fumante che mi stava porgendo.
Vidi Octavia, oltre la spalla dell'anziana, scuotere la testa, ma ignorandola afferrai la tazza e ringraziai la signora col tono più cortese che ero in grado di sfornare.
Octavia sbuffò smuovendo una ciocca di capelli che le era caduta davanti il viso e si voltò dandomi le spalle.
Non si fidava, non si fidava affatto e, anche se si vedeva che era stanca morta, non era riuscita a rilassarsi neanche per mezzo minuto.
In effetti, nessuno era particolarmente convinto della scelta che avevamo fatto. Fidarsi di un'estranea che di punto in bianco ti offre vitto e alloggio è esattamente l'opposto di quello che insegnano alle elementari.
Eppure io mi fidavo.
Chiamatemi pazza, folle, sconsiderata... come vi pare, ma mi fidavo.
C'era qualcosa in quegli occhi nocciola che mi trasmetteva sicurezza. Era esattamente la stessa sensazione che avevo provato non appena avevo messo piede nella Base di Chris.
Era come se ci fosse una vocina dentro di me che mi diceva di fidarsi, proprio come aveva fatto quando Arjuna aveva iniziato il suo discorso logicamente improbabile, ma effettivamente reale, su mondi paralleli, guerre e gente che sapeva controllare la terra.
Sì, lo so, solitamente la gente che sente voci nella testa viene presa da dei simpaticissimi omini in bianco, fatta vestire con una particolarissima camicia di nuova tendenza e rinchiusa in manicomio.
Ma che volete che vi dica? Mi fidavo, e questo era tutto.
Inoltre, dubitavo che la signora avesse all'interno della sua cucina una collezione di arsenico e cianuro. Il massimo che avrebbe potuto fare sarebbe stato avvisare la polizia, non di certo avvelenarmi con un tè.
Allentai la presa che avevo sulla tazza bollente e iniziai a soffiarci delicatamente sopra, in modo da farla raffreddare un po'.
Niczia, così si chiamava la signora, senza aggiungere altro si era voltata e, riportando via il vassoio con sopra la tazza di Octavia, aveva preso le scalette che portavano al piano inferiore.
Non era una casa molto grande, ma decisamente molto accogliente anche se piuttosto vecchia. Era costituita da una ristretta sala per piano, sviluppandosi in altezza più che in larghezza. Il retro dava su di un piccolo cortile interno che il tempo aveva segnato con il suo lento e pesante passo, così come aveva fatto con la sua proprietaria.
Riportai istintivamente lo sguardo fuori dalla finestra alla ricerca di uno spiraglio di sole, ma l'effetto che ebbi fu esattamente l'opposto: mi rabbuiai. La gente, le case, l'intera Ynda erano avvolti da un'unica aura di grigiore e pesantezza che non potevo ignorare.
Sin da quando avevamo messo piede in quel paese, un senso di oppressione mi aveva avvolta nelle sue insidiose spire, quasi a volermi soffocare.
Non che fosse successo qualcosa in particolare. In fin dei conti, la gente era rilassata, tranquilla e avevo persino visto un paio di persone ridere. C'era chi chiacchierava in gruppi ristretti, chi leggeva giornali e molte moltissime persone che camminavano a passo svelto diretti chissà dove.
Nulla di particolarmente strano, no?
Eppure qualcosa di strano c'era, qualcosa di inquietante e freddo. Ogni movimento, ogni gesto, tutto sembrava freddo, finto e calcolato.
Fu esattamente questa sensazione che mi portò a fare il paragone con Eira.
Il primo aggettivo che avevo spontaneamente associato a quella città era stato "calore".
Ripensai alle lanterne di carta, ai vestiti colorati, al vociare nelle case, alle risate, a quei due bambini che, inseguendosi per le vie, mi erano quasi venuti addosso.
Calore. Luce. Allegria.
Freddo. Buio. Tensione.
Se ad uno associavo un aggettivo o una sensazione, all'altro non potevo che associare l'opposto. Eppure entrambi erano paesi della Nazione della Sabbia.
Voltai lo sguardo alla ricerca di April, senza riuscire a trovarla. Anche lei era cresciuta in una Colonia del Regno della Foresta. Probabilmente anche a Dragau l'atmosfera era la stessa. Come avesse fatto a crescere così solare per me era ancora un mistero.
Sentii la sua inconfondibile risata provenire dal piano inferiore, sicuramente stava parlando con Niczia. Decisi di scendere e unirmi anch'io alla conversazione.
Sorseggiai un poco il tè per evitare che strabordasse dalla tazza come spesso mi succedeva mentre mi muovevo e mi diressi verso le scalette, passando accanto a Octavia che come un'ombra silenziosa mi seguì senza proferire parola.
«Eccole!» disse April non appena ci vide comparire.
Stavano parlando di noi?
«Sicura di non voler anche tu una tazza di tè?» chiese nuovamente Niczia ad Octavia.
«La ringrazio, ma ripeto: non mi piace il tè» rispose la mia compagna.
«Sicura? Perché l'ho giusto finito con questa tisana e non potrò farne dell'altro.»
«Sicura» rispose.
«Vuole che glielo andiamo a ricomprare?» chiesi spontaneamente.
«Cara, non ti preoccupare, lo ricomprerò appena andrò a fare spesa.»
«Ma non ci son problemi, mi sembra veramente il minimo» insistei, e lo pensavo veramente.
«In questo caso, approfitto volentieri» disse, alzandosi con un po' di fatica e prendendo dei soldi da sotto un vaso «Ecco, prendete, questi dovrebbero bastare.»
«Vengo con te» si aggiunse subito Octavia.
Non sapevo se fosse per gentilezza o semplicemente per controllarmi; ad ogni modo, non obbiettai.
Non fu difficile arrivare al negozio del tè. Le indicazioni che Niczia ci aveva dato erano state chiare e concise e in pochi minuti eravamo arrivate a destinazione. In realtà più che un negozio di tè era un negozio di spezie, o almeno spezie mi sembravano quelle polveri profumate che riempivano le varie casse disposte ordinatamente nel piccolo locale.
Mentre facevamo la fila vidi Octavia inspirare a fondo ad occhi chiusi. Non era la prima volta che la vedevo fare una cosa del genere. Era come se si facesse avvolgere dagli odori che la circondavano, o forse uno dei mille profumi che le pizzicavano il naso le ricordava casa.
Io, dal mio canto, sfilavo ogni singola scatola di legno in cerca di qualcosa che somigliasse anche solo lontanamente a del caffè.
Com'è possibile che su Ddaear Arall esistano tymor, poteri e scrigni magici in grado di rinchiudere Dee, ma non del semplice, delizioso e puro caffè? Come fanno qui a trovare le forze ogni mattina per alzarsi e andare a lavorare?
Non hanno neanche le sveglie! Come si fa ad essere puntuali in questo mondo? Ognuno ha un gallo personale sul comodino?
Se fossi nata su Ddaear Arall probabilmente la selezione naturale mi avrebbe scartata ormai da molto tempo...
Purtroppo, la mia ricerca fu un buco nell'acqua. Neanche l'ombra di un chicco di caffè deliziò la mia vista.
La signora che serviva al bancone avrà avuto una quarantina d'anni. Capelli castani legati in una elaborata treccia, immancabili occhi marroni a mandorla e l'orecchio destro leggermente a sventola che faceva capolino tra i capelli.
Niczia doveva essere una cliente abituale del suo negozio poiché, non appena la nominammo, subito si illuminò, iniziando a raccontarci vari aneddoti. A quanto pareva, la nostra dolce vecchina era un po' rintronata, o semplicemente molto sbadata, proprio come me.
«... oppure mi ricordo di quella volta in cui aveva pagato la spesa e poi era uscita senza portarsela a casa, o di quella volta che aveva confuso l'ajowan col tamarindo, pur essendo così diversi...» continuava a raccontare mentre riempiva una bustina con l'unica varietà di tè che aveva.
E chi la fermava più? Guardai Octavia, cercando di nascondere un sorrisetto. La ragazza stava ferma con gli occhi puntati sul sacchetto in attesa che fosse finalmente pieno.
Ormai conoscevo Octavia da abbastanza tempo per capire che non vedesse l'ora di pagare e tornarsene a casa.
Io, al contrario, ero veramente felice di essere uscita a comprare quel tè. Incontrare quella donna del negozio e vederla così allegra mi aveva fatto rilassare.
Forse non è tutto così grigio e triste come mi sono immaginata. Forse mi sono fatta semplicemente troppi viaggi mentali, come al mio solito.
Non appena la signora finì pagammo e uscimmo dal negozio, pronte a fare la strada a ritroso.
Non avevamo fatto neanche una trentina di passi che un vociare molto più alto del normale tenore di Ynda attirò la nostra attenzione.
Guardai più attentamente verso il luogo di provenienza del chiasso e neanche un paio di secondi dopo vidi un ragazzo farsi strada correndo in mezzo a un gruppo di passanti che, come noi, stava osservando la scena.
Avrà avuto la mia età. Era alto, coi capelli corvini ed un sorriso strafottente ben visibile anche da dove ci trovavamo noi.
Il ragazzo continuò a correre nella nostra direzione a gran velocità senza mai fermarsi.
Tre figure in nero apparvero poco dopo dietro di lui, gridando qualcosa come "Qualcuno fermi quel ladro". Ovviamente, nessuno mosse un passo per bloccarlo.
Il ragazzo rovesciò dietro di sé una cassa di quelle che sembravano melanzane, cercando in questo modo di rallentare gli inseguitori, non mancando tuttavia di chiedere scusa al proprietario della verdura.
In una manciata di secondi fu praticamente alla nostra altezza.
Mi scansai il più possibile cercando di lasciargli spazio per scappare. Ma diciamo che non sono proprio famosa nel mondo per i miei riflessi ed involontariamente non riuscii a spostarmi del tutto, ricevendo così una spallata dal ragazzo in fuga.
«Mi scusi milady» riuscì a dirmi, voltando la testa e mostrandomi un sorriso sfrontato.
Guardandolo da più vicino, riuscii a notare che il suo naso era costellato da una miriade di lentiggini, pur essendo la sua carnagione di color olivastro.
Son certa che se avesse potuto avrebbe accompagnato quelle scuse con un inchino spavaldo, ma ovviamente di tempo non ne aveva.
Continuò a correre lungo la via fin quando non si ritrovò di fronte due guardie sbucate improvvisamente da una via laterale.
Si girò nuovamente, cercando una via di fuga, ma la strada era bloccata dalle tre guardie che già lo stavano inseguendo.
Lo vidi prendere la rincorsa e dare una spallata a una delle due guardie che gli impediva il passaggio davanti a sé, buttandola a terra, ma l'altra, estraendo velocemente dalla cinta una frusta, la fece scoccare in avanti, avvolgendo le gambe del ragazzo e facendolo cadere a terra.
Subito le altre guardie gli furono sopra; purtroppo, però, non si limitarono a immobilizzarlo e portarlo via.
Iniziò la guardia che aveva ricevuto la spallata dandogli un calcio allo stomaco così forte che l'eco riecheggiò fino a noi. Poi un secondo calcio ed un terzo. E allora si aggiunsero anche gli altri.
Distolsi lo sguardo ormai troppo tardi. Quelle immagini non si sarebbero mai più cancellate dalla mia mente.
Solo quando i gemiti del ragazzo smisero di riempire l'aria riuscii ad alzare lo sguardo: due delle guardie erano sparite dal mio campo visivo mentre le tre rimanenti avevano legato le mani al ragazzo e stavano trascinando il corpo via dalla strada. La testa del ragazzo ricadeva verso il basso a peso morto.
Lo avevano ucciso o era solo svenuto? Non lo seppi mai.
Rimanemmo a fissare quel punto della strada per lungo tempo, anche quando l'ultima guardia era scomparsa dalla nostra visuale.
A terra, brillava al sole un piccolo oggetto sferico dal colore rossastro. Ciò che il ragazzo aveva poco tempo prima rubato. Una mela.
Angolo Autrice
Buongiorno signori e signore, come va?
Un po' pesante come capitolo, vero? Non è successo molto, ma ho provato a farvi calare nell'atmosfera in cui si trovano i nostri ragazzi, spero di esserci riuscita almeno un po'.
Una ragazza nel capitolo precedente mi aveva giusto chiesto (più o meno parafrasando): "ma che paese è questo? Tutti ordinati ed in silenzio" ... mi è servito un capitolo dal punto di vista di Lydia per spiegarlo meglio.
Ringrazio anche oggi @__RedMoon__ per continuare a sfornare capolavori scaldandomi il cuore. In basso un disegno/fan art di Lydia (chiedo scusa, non sono riuscita a metterlo dritto... io e la tecnologia siamo due esseri assolutamente incompatibili)
Oggi invece di deliziarvi con le mie amorevoli pippe mentali volevo porre (ovviamente a chi volesse rispondere) un paio di domande. Siamo ormai quasi giunti alla fine del primo libro, e dopo tutte le avventure che abbiamo passato insieme vi chiedo:
1) Qual è il personaggio che preferite?
2) Ed il vostro momento preferito della storia?
3) C'è qualche personaggio su cui avete qualche curiosità o che semplicemente vorreste approfondissi di più?
4) In che modo potrei migliorare questa storia (mi chiarisco... c'è qualcosa che avete notato nella storia o sul mio stile/lessico su cui dovrei lavorare?)
Ad esempio: "Concentri troppo l'attenzione sui due personaggi principali lasciando gli altri in disparte usandoli solo come tappa buchi nella storia" o "Fai dei periodi decisamente troppo lunghi che difficilmente riesco a seguire" o "Fai Angoli Autrice più lunghi dei Rotoloni Regina" (il che è vero)
Non abbiate peli sulla lingua! Apprezzo infinitamente le critiche costruttive che possono aiutarmi a crescere, e non potrei mai ringraziarvi abbastanza per i consigli che mi potreste dare!
Ripeto: non dovete rispondermi per forza, ma solo se vi va!
Alla prossima! (sono riuscita a fare la scaletta dei prossimi capitoli *si sente un coro angelico provenire dall'alto mentre un raggio di luce la illumina completamente*, quindi non ci dovrei mettere troppo a scriverli... dico "non dovrei" perché non si sa mai, come minimo domani succede qualcosa che mi stravolge la vita e pubblicherò tra otto mesi *fa le corna*)ciao ciao! :*
TRIVIA
Il nome delle Basi del Regno della Foresta non è casuale (si sono malata)... se avete notato son tutte composte da una lettera e tre numeri... bene:
-Base A101= Il numero si riferisce alla "Carica dei 101" (fantasia portami via)
-Base A113= "A113" è una sigla che compare più volte in diversi carini Disney e Pixar (come nella targa della mamma di Andy, su una macchina fotografica in "Alla ricerca di Nemo", su un furgone in "Lilo e Stich" ed in moltiiiissimi altri posti di cui non starò a fare un listone ma che se siete curiosi potete andare a cercare). La sigla rappresenta il numero dell'aula del California Institute of Arts usata per il primo anno di corso dei Graphic Designe and Character Animation della Pixar, dove hanno lavorato e studiato appunto molti animatori che si son poi divertiti a nascondere questo numero all'interno dei vari cartoni.
-A116= molto più banalmente questo numero rappresenta il giorno in cui stavo scrivendo il capitolo in cui questa Base appare (16 gennaio)
-B124= il numero se notate è lo stesso che ho accanto al mio Nickname e rappresenta una crasi tra il giorno del mio compleanno (12) e quello di mia sorella (24)
-C818= il numero rappresenta (si, potrete ridere e giudicarmi) il numero di esami che quest'anno dovrò dare (8) ed il minimo per passarli (18)
Fatta eccezione per il secondo caso, nelle varie Basi la scelta della lettera invece è correlata soltanto alla storia, in quanto (breve ripasso perché in teoria l'ha già spiegato Chris):
A= sono le Basi del Regno della Foresta che si trovano lungo il confine con la Nazione della Sabbia
B= sono le Basi del Regno della Foresta che si trovano lungo il confine con Villaggi delle Montagne
C= sono le Basi del Regno della Foresta che si trovano lungo il confine con la Città di Metallo
È un TRIVIA piuttosto lungo e forse anche noioso, ma in realtà dovete sapere che io mi ci diverto ad infiltrare nella storia tutti questi riferimenti... quindi spero non sia risultato troppo palloso!
Un bacione! :*
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