Capitolo 30: Ynda

OCTAVIA

«Tenente?»

Un ronzio fastidioso mi solleticò l'orecchio, svegliandomi. Sventolai la mano per mandarlo via.

«Tenente?»

Sentii un bruciore all'avambraccio sinistro. Mi forzai ad aprire gli occhi e vidi le grassocce dita di Wilbur strette attorno al mio polso.

«Che c'è?» chiesi, ritraendo il braccio lontano da quella mano sudaticcia.

Quell'idiota era riuscito a beccare l'unico punto in cui, la notte prima, Simon mi aveva graffiata nel tentativo di fermarmi.

Ricordavo ancora come le sue dita si fossero strette attorno al mio polso e come le sue unghie, penetrate nella carne, mi avessero lievemente lacerato la pelle mentre io, sottraendo il braccio, mi ero girata colpendolo alla tempia con l'impugnatura dell'arco che tenevo stretta in mano.

«Siamo a venti minuti da Ynda. L'ho svegliata prima di arrivare, come aveva chiesto.»

Potevi comunque lasciarmi dormire dieci minuti in più, pensai.

Mi tirai giù la manica coprendo i graffi e mi voltai verso quell'inetto di un cocchiere chiedendogli: «E i prigionieri?»

«Non hanno fiatato per tutto il tempo» mi confermò Wilbur.

Voltai lo sguardo indietro giusto quel che bastava per vedere la testa di Lydia poggiata sul fianco di Chris, la cui testa invece era impossibile da intravedere sotto quel cumulo di panni sporchi.

Riportai lo sguardo in avanti e mi feci una coda alta. Per tutto quel tempo mi ero lasciata i capelli sciolti sperando di mascherare il più possibile i lineamenti del mio viso per non essere riconosciuta. Vedendomi riflessa mi ero quasi sembrata Samara per quanto avevo nascosto il viso dietro le ciocche di capelli.

Era ora di far prendere un po' d'aria alla pelle.

Il cinghialone dal nome impronunciabile che trasportava il carro respirava in maniera ritmica e pesante, emettendo qualche grugnito ad intervalli regolari.

Era tozzo, peloso e assolutamente sgradevole alla vista. Tuttavia, per tutto il viaggio non si era mai fermato, il che denotava una grande resistenza fisica che mai gli avrei attribuito vedendolo.
Di certo quella massa pelosa era l'essere vivente più utile tra tutti noi e probabilmente anche uno dei più intelligenti.
Riportai brevemente lo sguardo su Wilbur.

Di sicuro più intelligente di lui, mi dissi.

Ripensai a quanto era stato semplice la sera prima convincerlo a portarci via. Era bastato inventarsi che quella fosse una "missione top secret", ordinata dal Generale Orlok in persona. Del resto cercare di convincerlo era l'unica possibilità.

Per uscire dalla Base bisognava essere un addetto certificato. Nel suo caso: Wilbur, biancheria.
Avevo pensato di corromperlo, ma con quali soldi?

Poi di minacciarlo, ma avevo temuto si mettesse a urlare svegliando l'intero edificio. L'unica alternativa rimasta era quello di convincerlo, mentendo, a collaborare.

Fortunatamente aveva funzionato. Sembrava quasi impossibile: pochi minuti e saremmo finalmente arrivati a destinazione.

In lontananza iniziavano già a contornarsi i profili di quella che poi si sarebbe rivelata essere Ynda stessa.

Entrare ad Ynda fu più semplice del previsto. Ordinai a Wilbur di fermarsi in una via piuttosto nascosta in modo da passare più inosservati, di far scendere e legare i prigionieri assicurandosi che non scappassero e poi di andarsene senza fare domande.

Non appena vidi il carro svoltare a destra, prendendo il vicolo più vicino e scomparire dal mio campo visivo, mi voltai verso i miei compagni. Erano tutti legati alla trave di legno che solitamente veniva usata per legare cavalli ed asini.

«Ce l'abbiamo veramente fatta?» Lydia teneva la testa bassa e lo sguardo diretto sui suoi polsi legati.

La voce era fievole e l'ultima parola era uscita dalle sue labbra come un sussurro. Temetti per un secondo che scoppiasse a piangere e, stanca com'ero, decisamente non lo avrei sopportato.

«Avevi forse qualche dubbio?» le chiese Chris col suo solito tono da sbruffone, dandole una lieve gomitata.

«"Qualche" dubbio?» Lydia alzò la testa, mostrando finalmente il suo viso, incurvato in un unico grande sorriso «Ne avevo un'infinità!» concluse, ridendo.

Pericolo lacrime scampato.

Il problema non era il pianto in sé per sé, ma il fatto che non sapessi mai come reagire davanti ad un pianto altrui. Mi paralizzavo e l'unica cosa che riuscivo a fare era sentirmi impotente, cosa che proprio non tolleravo.

Estrassi una freccia dalla faretra e ne utilizzai la punta affilata per tagliare i lacci che imprigionavano i miei compagni. Mi concentrai totalmente sulla punta lucente dell'arma, isolando all'esterno tutti i complimenti e le domande che iniziarono a porre.

Forse a qualcuno può sembrare strano, ma per me quei giorni non erano stati solo troppo carichi di avventura, ma anche troppo pieni di persone. Io avevo bisogno del mio spazio personale, e ultimamente era stato invaso da un eccessivo numero di persone.

Non appena anche le corde di Kari cedettero, le posai ai piedi il suo zaino.

Raddrizzai nuovamente la schiena riponendo la freccia nella faretra e massaggiandomi i lombi.

«Chris?» richiamai l'attenzione del ragazzo e, senza aggiungendo altro, gli lanciai il sacchetto di pietre che aveva dovuto consegnare quando era stato catturato.
Lo avevo preso assieme allo zaino di Kari quando ero andata a recuperare il mio arco.

Con un rapido movimento, il ragazzo lo afferrò con una sola mano «Sempre più impeccabile Anderson, grazie» mi disse «Ci dirai mai come hai fatto? A fare tutto intendo.»

A quanto pareva era impossibile ignorare per sempre quella domanda. Ma ero stanca, e la mia voglia di conversare si era abbassata ai minimi storici.

«Una volta trovato questo benedetto informatore» risposi.

«Giusto, dove dobbiamo andare?» chiese Lydia.

«A quanto ci ha detto Arjuna, quest'uomo dovrebbe trovarsi tutti i giorni alle nove di sera ad un Bar chiamato"i Due Pazzi"» rispose Chris.

«E quindi il piano è...?»

In questi momenti ringraziavo mentalmente che ci fosse Lydia a cavare di bocca le informazioni ai ragazzi. Avevano l'insopportabile vizio di dire le cose a rate.

«E quindi stasera io ed Ilan cercheremo di incontrarlo nel luogo stabilito.»

«Come tu ed Ilan?»

«Diciamo che non è esattamente una persona molto socievole, meglio non essere in troppi.»

«E noi cosa dovremmo fare nel frattempo, di grazia?»

«Riposarvi» fu la semplice risposta di Ilan.

Per quanto odiassi essere trattata inferiormente, in quell'unica e rara eccezione non obbiettai. La notte precedente non avevo chiuso occhio e la mia vitalità era pari a quella dell'iPod di Lydia. Ripensai a Wilburn e al fatto che avrebbe potuto lasciarmi dormire dieci minuti in più.

«Sì... ma dove?» chiese Kari.

Hikari: la voce della verità.

«In un...» iniziò Ilan.

«... in effetti no» concluse Chris.

«Eh, no, non possiamo andare in una Locanda, siamo ricercati ricordate?» disse Kari.

Passarono dei secondi di puro silenzio che assaporai appieno, rilassando quanto più possibile la mente.

Poi Lydia squarciò quel velo muto che ci circondava con la sua voce «Propongo di cercare qualcosa da mangiare.»

Tra le tante caratteristiche che ci distinguevano questa probabilmente era una delle maggiori: Lydia proprio non riusciva a sopportare i silenzi prolungati.

«Non abbiamo soldi» le ricordai.

«Io... Io ho questo braccialetto» disse, rigirandosi il gioiello d'argento «Secondo voi accettano un baratto da queste parti?»

Vidi Kari portarsi spontaneamente una mano al collo e nascondere dentro la canotta il ciondolo che portava al collo.

«Possiamo provarci. Se non lo hanno svuotato, forse posso trovare anche io qualcosa nello zaino da scambiare» le rispose.

Non avendo alternative, ci dirigemmo verso il centro della città il più tranquillamente possibile, cercando di mescolarci alla folla.

Io mi ero tolta la parte superiore della divisa da Tenente legandola in vita e mi ero lasciata solo la canottiera bianca.

A Chris avevano sequestrato la divisa alla Base e indossava degli abiti normalissimi che fortunatamente non saltavano all'occhio.

All'inizio ero più tesa di quanto volessi temendo che qualcuno mi rivolgesse degli sguardi curiosi.

Fu solo dopo un paio di svolte che mi accorsi che quasi nessuno in quella città prestava veramente attenzione a ciò che lo circondava. La maggior parte della gente camminava a passo svelto con lo sguardo rivolto verso terra.

Non ci volle molto a raggiungere la via del mercato. Kari aveva chiesto informazioni e in poco tempo eravamo arrivati a destinazione.

Lungo la via file e file di banchi si susseguivano a ripetizione esponendo i prodotti più svariati possibili. La gente si affacciava a controllare la mercanzia ordinatamente, decidendo se acquistarla o meno.
C'era qualcosa di stano nell'aria, ma ancora non riuscivo a capire cosa fosse.

Un uomo sulla quarantina, che veniva dalla direzione opposta alla nostra camminando a testa china come tutti gli altri, mi venne addosso dandomi una forte spallata che mi fece perdere l'equilibrio ed arretrare di un paio di passi, costringendo così anche Ilan ad indietreggiare.

Sentii un botto, accompagnato da una lieve imprecazione, da parte di una voce a me sconosciuta.

Solo allora capii cosa ci fosse di strano in quel mercato: il silenzio.

Quel botto, che voltandomi constatai esser dovuto al crollo di un carretto di cavoli, era risuonato lungo tutta la via del mercato.

Inquietante.

Nel mio paese la confusione che si creava il sabato mattina al mercato era così tanta che se fosse precipitato un elefante nel centro della piazza nessuno se ne sarebbe accorto.

Riportai la concentrazione sull'accaduto. Ilan era ancora a terra, sommerso dai cavoli, mentre una anziana signora dai lunghi capelli bianchi cercava di chinarsi a terra, borbottando parole incomprensibili. Aveva la carnagione olivastra ed il taglio degli occhi leggermente a mandorla, caratteristico che ormai avevo imparato ad attribuire agli abitanti delle Tribù della Sabbia.

Subito, il ragazzo si era rialzato e aveva raccolto quanti più cavoli possibili, mollandoli poi, non trovando un altro appoggio, a Hikari che, sfortunatamente per lei, si trovava proprio accanto al ragazzo.

Con una velocità quasi inverosimile già si era ripiegato e aveva raccolto i cavoli ai piedi dell'anziana e glieli aveva porti, chiedendole scusa almeno cento volte.

All'inizio la vidi sbuffare e borbottare qualcos'altro, ma poi scosse la testa e gli disse «Grazie ragazzo, ma la prossima volta fai attenzione a dove metti i piedi.»

«Che le Lune le sorridano.»

Guardai Ilan, cercando di capire cosa avesse detto e giungendo alla conclusione che fosse un modo di ringraziare su Ddaear Arall.

Anche la signora lo fissò per un po', poi aggiunse: «Non siete di qui, vero?»

A questo punto fu Kari ad intervenire, ridando a Ilan tutti i cavoli che le aveva messo in mano «Ha ragione, veniamo da Dragau e siamo arrivati oggi stesso.»

Se non ricordavo male, Dragau era il suo paese di provenienza.

«E avete già un posto dove stare la notte?» chiese.

«Ancora no, signora» rispose la mia compagna, evitando furbescamente di dare troppe informazioni. La sua voce era più dolce del miele.

«Se ne avete bisogno, potrei ospitarvi io. La mia casa non è grande, ma potreste sistemarvi nella camera di mio nipote» continuò.

Ci stava veramente offrendo un posto dove dormire?

Ero molto scettica in quel momento e ogni cellula del corpo mi diceva di non fidarmi.

«La ringraziamo, ma non abbiamo abbastanza soldi da offrirle» intervenne Chris, avvicinandosi.

«Se mi aiuterete a riparare il carretto che il vostro amico ha rotto, non ce ne sarà bisogno» disse rivolta a tutti noi.

Lanciai uno sguardo interrogativo ad Ilan. Potevamo fidarci?

Angolo Autrice
"Welcome, welcome, welcome to the 74th Annual Hunger Games"
Come va? Ho rimandato questa pubblicazione fin troppo a lungo, quindi ho deciso che non sarei andata a dormire fino a quando non avessi finito e pubblicato questo capitolo...anche se questo significa pubblicare tardi.
Proprio per questo vi chiedo scusa se avete trovato molti errori, prometto di controllarlo nuovamente domani mattina con la mente un po' più lucida.
Ragazzi: siamo al 30°! Mi sembra quasi impossibile!
Stiamo per giungere alla fine di questo primo libro (eh si, alla fine ho deciso di fare la trilogia, mi impegnerò, promesso)...
Mancano veramente pochi capitoli, circa quattro, capitolo più capitolo meno (che considerando la mia velocità nel pubblicare equivarranno a minimo ancora un mese).
Qui sotto un magnifico disegno/fanart di Octavia fatto da __RedMoon__ che ringrazio infinitamente! Mi ha illuminato la serata e soprattutto mi ha spronata a pubblicare più velocemente! Non è bellissimo?

Nuova scoperta del giorno... oggi abbiamo fatto a parassitologia le zecche (disgustose)... ad ogni modo se avete animali in casa ricordatevi di non usare l'olio o l'aceto per rimuoverle (come spesso c'è scritto su internet e come io stessa credevo si dovesse fare) poiché fanno solo che peggio (non vi romperò le palle con la spiegazione, non temete ;) )
Una cosa... non ho scritto nel capitolo come mai sia l'arco di Octavia che lo zaino di Hikari che Il sacchetto di Chris si trovassero nello stesso posto perché nel discorso non c'entrava assolutamente nulla... ho provato ad inserirci la motivazione ma risultava lunga, noiosa e incompatibile col resto del discorso... ad ogni modo c'è una motivazione, non è sparato così alla cavolo... quindi se volete saperlo fatemelo sapere e lo aggiungerò al prossimo angolo autrice (o ad un trivia)
A proposito... io di curiosità da dirvi ancora ne ho, non temete, ne ho tantissime.... Ma se avete delle richieste specifiche chiedete pure e vi risponderò coi prossimi Trivia
N.B. non vale chiedere quale sia il vero nome di Chris! ;)

TRIVIA
Il primo capitolo (senza il prologo) è stato scritto nel 2012 quando ero andata in Kenya coi miei genitori. È lì che ho deciso di scrivere una storia sul sogno strano che avevo fatto. Poi però non ero andata avanti essendo insoddisfatta del risultato.
Soltanto pochi mesi fa ho scoperto Wattpad e quindi tuuutti gli altri capitoli sono stati scritti tre anni e passa dopo.

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