Capitolo 28: liberi

LYDIA

Carta. No, sasso. No no, carta. L'ho fatta anche ai due turni precedenti, non si aspetterà che la faccia di nuovo.

«But-tia-mo-le giù!» finì di sussurrare Ilan «Forbici! Ho vinto» esultò poi, con un sorrisetto.

Dovevo fare sasso.

Sbuffai smuovendo col fiato i capelli che mi erano caduti davanti agli occhi. 

«Mi dai la rivincita?» chiesi con sguardo innocente, portandomi la ciocca di capelli dietro l'orecchio.

«Purtroppo temo sia l'ora di svegliare anche gli altri» disse, alzandosi in piedi e pulendosi la polvere dai pantaloni.

Aveva ragione. Il cambio della guardia, che si effettuava ogni ora, era avvenuto già un bel po' di tempo prima e ciò voleva dire che saranno state già le cinque e venti, forse cinque e mezza.

Ci eravamo spartiti turni di due ore, in modo da controllare lo scorrere del tempo, attendendo il momento giusto per evadere.

Teoricamente quello sarebbe dovuto essere il turno di Ilan, ma, agitata com'ero, quasi non avevo chiuso occhio e di certo quella cella claustrofobica non aiutava a creare un ambiente confortevole. Nell'ultima ora avevo completamente smesso di provare a dormire e così avevo trascorso il tempo con lui.

Alla fine i minuti erano volati velocemente tra chiacchierate e partite a sasso, carta, forbice, anche se con una deprimente sconfitta di dieci a tre. Iniziavo a sospettare che leggesse nel pensiero.

«Pronta?» mi chiese, porgendomi la mano per aiutarmi ad alzarmi.

Per essere servita ad un banchetto con una mela in bocca? Probabilmente sì. Per evadere? Probabilmente no.

«Certo.»

Mi stupii io stessa di quanto suonasse convinto il mio tono.

Ci voltammo verso i nostri due compagni. April dormiva raggomitolata sotto la giacca di Ilan, le gambe portate al petto e la testa china in avanti. Al contrario, Chris stava a pancia in su, con le gambe aperte, un braccio sotto la testa e la bocca semi aperta; russava leggermente, come sempre del resto.

Mi avvicinai ad April e le scossi dolcemente la spalla, sussurrandole di alzarsi.

«È già l'ora?» mi chiese con voce da scoiattolina, strofinandosi gli occhi.

Nel frattempo, Ilan si era avvicinato a Chris e, adottando un metodo decisamente più drastico, gli aveva tappato il naso. Sentii Chris fare un rumore secco, come se si fosse strozzato, e poi tossire un paio di volte.

«Ti odio» grugnì, scuotendo la testa, mentre Ilan rideva di gusto; probabilmente non era la prima volta che veniva svegliato in quel modo «Ti auguro di passare il resto della tua vita a pulire i bagni della Base con uno spazzolino da denti.»

«Sappiamo entrambi che altrimenti non ti saresti alzato» rise Ilan. 

Il compagno non obbiettò.

Era interessante studiare il comportamento di quel ragazzo. Sembrava il cielo in aprile: in continuo mutamento. Timido e gentile la maggior parte delle volte ma allo stesso tempo determinato e disinvolto, soprattutto nei confronti di Chirs. Un'amicizia come la loro era veramente rara.  

April intanto si era alzata e stava cercando si vedere qualcosa oltre il vetro opaco della prigione.

«Finché non arriveremo fuori dalla prigione sarai l'unica in grado di difendersi» le ricordò Ilan, avvicinandosi a lei e constatando che quella sala era interamente composta di legno e vetro.

«Grazie» disse lei, senza dargli risposta ma restituendogli la giacca.

«Tienila, è ancora presto e fa abbastanza freddo» osservò lui, lasciando che i suoi occhi indugiassero sulla sua figura per un istante.

Lo vidi soffermarsi un secondo di troppo sulle sue gambe, coperte solo da un paio di pantaloncini corti, per poi distogliere lo sguardo arrossendo lievemente.

«Fate un passo in dietro» ci avvisò April, voltandosi.

Ilan fece appena in tempo a fare quei due passi che gli permisero di raggiungerci che delle sottili scie di polvere luccicante iniziarono a circondarci, senza mai sfiorarci.

Avevo pensato che l'operazione di frantumazione della parete le avrebbe richiesto un bel po' di tempo e invece in pochi secondi nella spessa parete di vetro che ci separava dall'esterno già si era creato un piccolo foro che andava allargandosi sempre più a vista d'occhio.

Sembrava che quella ragazza minuta fosse riuscita a generare dal nulla delle raffiche di vento che, trasportando le schegge di vetro, si muovevano in circolo per scagliarsi poi contro la parete scalfendola ogni volta di più.

La cosa più impressionante era che tutto ciò stava avvenendo nel più totale silenzio. Sì, le folate producevano dei moderati fruscii, ma non erano niente rispetto allo tzunami in cui mi sembrava di essere immersa.

In breve tempo tutto quel turbinio scintillante iniziò a darmi fastidio e fui costretta a chiudere gli occhi, almeno fin quando la mano di Chris non mi afferrò il polso trascinandomi fuori.

Eravamo liberi, ma non ancora in salvo.

Attraversammo il più in fretta possibile il lungo corridoio ai cui lati erano poste le celle. Solo quando stavamo per giungere alla porta la guardia si affacciò all'interno della sala, accorgendosi di noi. 

Vidi l'uomo esitare un istante, incerto sul da farsi e poi voltarsi per dare l'allarme. 

In una frazione di secondo April mi superò a destra e, controllando una raffica di vetro, falciò la guardia nell'incavo delle ginocchia.

Rimasi scioccata. Non tanto per il tonfo che l'uomo fece cadendo a terra, quanto per come April aveva agito: rapida, precisa e senza esitazione. 

Mi avevano raccontato come avesse affrontato i soldati del Regno quando Ilan ed Octavia erano andati a prenderla, ma mai mi sarei aspettata una April così. La dolce April che fino a pochi minuti prima dormiva raggomitolata come uno scoiattolino.

E mentre io non riuscivo a non farmi giri mentali anche durante una fuga, lei con uno scatto aveva raggiunto l'uomo, che nel frattempo si era sollevato sulle braccia e, afferrandolo da un lembo della giacca nera, gli aveva circondato il collo con un sottile collare di schegge di vetro.

«Non ti muovere e soprattutto non fiatare» gli aveva sussurrato. 

Era impossibile non seguire il consiglio della ragazza, un solo movimento e le schegge di vetro gli avrebbero lacerato la pelle del collo.

Nel frattempo Ilan gli aveva staccato il mazzo di chiavi che aveva appeso alla cintura e stava cercando di trovare quella giusta per aprire la cella più vicina a noi in modo da chiudercelo dentro. 

Per nostra fortuna non ci impiegò troppo tempo e già pochi secondi dopo stavamo correndo lungo le scale che portavano al piano superiore. Adesso stava Chris a capo del nostro gruppo.

Non ero mai stata una grande atleta e, dopo infiniti corridoi, almeno quattro rampe di scale e minimo venti svolte, il fiatone cominciava a farsi pesante.

Fortunatamente, data l'ora, non avevamo incontrato molte persone, e quei pochi che avevamo incrociato lungo il cammino erano stati in poco temo fermati dai tre Rheol. Sembravano tre eroi inarrestabili, mentre io sembravo la loro piccola mascotte che a malapena riusciva a stargli dietro.

Non appena Chris si fermò incerto su che corridoio prendere, poggiai la schiena al muro.

«Quanto manca?» chiesi tra un respiro e l'altro. 

Ti prego, di' poco, supplicai mentalmente.

«Veramente...» iniziò Chris, sospendendo le parole.

«Non ci credo, ti sei perso!» indovinò subito Ilan.

«No, non mi sono perso. Solo non riesco a trovare la strada giusta.»

«Che è la stessa cosa!» dicemmo in coro io ed Ilan.

«Hai detto che Octavia ti ha indicato un cortile secondario collegato a quello centrale, no?» intervenne April, ma senza aspettare una risposta continuò: «Dalle finestre della sala che abbiamo superato prima si vedeva il cortile centrale, quindi se scendiamo al piano terra sempre sullo stesso lato non dovrebbe essere troppo complesso trovare una via di uscita.»

«Non fa una piega» concordai.  

Non che non mi fidassi di Chris, ma il suo senso dell'orientamento era paragonabile a quello di Zoro di OnePiece.

Ma prima di capire se anche gli altri la pensassero come me mi sentii tirar su da una mano e riprendemmo a correre.

Quando finalmente arrivammo al cortile, fortunatamente deserto, era passato ormai parecchio tempo e doveva mancare poco alle sei.

«Quella deve essere la galleria di collegamento di cui parlava Octavia» disse Chris, indicando un arco in ombra posto sulla destra rispetto a dove ci trovavamo.

Ci infilammo senza pensarci nel tunnel in penombra. Il sole stava lentamente sorgendo e una luce aranciata illuminava il pavimento del piccolo cortile secondario verso cui eravamo diretti. Quella luce era la meta che i miei occhi bramavano di raggiungere.

Mancavano solo un paio di metri all'uscita del tunnel quando una figura in controluce ci si parò davanti.

«Mi raccomando, cercate di fare un po' più di rumore coi vostri passi!»

Riconobbi immediatamente la voce sarcastica di Octavia e tirai un sospiro di sollievo.

«Ehi, ma quello non è...» chiese Chris, indicando un ragazzo castano svenuto a terra. 

Notai un lievissimo rivolo di sangue che gli scendeva dalla tempia.

«Lasciamo stare, è una lunga storia» tagliò corto la ragazza.

«Gli hai spezzato il cuore, Aylen?» continuò Chris con un sorrisetto.

«Ho detto: lasciamo stare». La voce di Octavia era come una ventata di aria gelida.

«Salite sul carro, Wilbur tra poco partirà.»

Wilbur? 

Non capivo, ma non ci diede altre spiegazioni. Si girò e si avviò verso un carro coperto parcheggiato lì vicino, mentre altri due carri stavano partendo solo qualche metro più avanti, trainati da delle strane bestie non ben identificate.

Quando sollevò il telo che copriva la parte posteriore del veicolo, vidi una serie infinita di coperte sporche ammucchiate casualmente.

«Infilatevi alla bell'è meglio tra di queste. Nascondetevi, al resto ci penso io» ordinò Octavia, imperativa. 

Senza obbiettare facemmo come ci era stato detto.

Sommersa da quei panni non riuscivo a vedere assolutamente nulla. Con la gamba toccavo il braccio di uno dei miei compagni, pur non riuscendo a capire chi fosse. Mi sentivo leggermente soffocare, ma se stare immersa in panni sudati serviva ad uscire da lì non potevo lamentarmi.

Sentii Octavia dire qualcosa come "Puoi andare". 

Con un'iniziale strattonata, il carro iniziò a muoversi, fermandosi tuttavia poco dopo.

«Wilburn Diuter. Biancheria.» 

Una voce a me sconosciuta giunse ovattata fin sotto gli strati di coperte che mi coprivano.

Per un po' il carro rimase immobile, poi con un ulteriore scossone riprese a camminare. Una goccia di sugo piovuta da chissà quale straccio mi cadde sulla spalla.

Non sapevo come Octavia avesse convinto il cocchiere; eppure ce l'aveva fatta.

La parte più razionale e scettica di me mi urlava di non illudermi subito, eppure non potei far a meno di pensare: Siamo liberi.

Angolo Autrice
Ehilà gente! Sembrava impossibile, eppure ce l'hanno fatta! Sono riusciti a penetrare nei confini del Regno della Foresta!
Certo ora conoscono i loro volti e nomi e quindi saranno più riconoscibili... ma un problema alla volta dai.
Non essendoci tre senza quattro (mi sa che non era esattamente così...) anche oggi sto facendo l'angolo autrice senza aver fatto il capitolo.
Il fatto è che tra mezz'ora ho palestra e mi da noia iniziare il capitolo per poi bloccarlo a metà, di iniziare a studiare peggio me sento (cosa potrei mai fare in 30 minuti?!) e quindi mi avvantaggio qui.
E voi direte... "e al popolo?", che è un modo più carino per dire "e sti c*censura*!"
Bene e invece continuerò a scrivere cose inutili perché mi sento ispirata... oggi a merenda io e la mia coinquilina ci siamo fatte dei toast con avocado olio e sale (giuro, son buoni!) e alla fine abbiamo deciso che gireremo un film intitolato "la fine dell'avocado", il cui sequel sarà "il nocciolo dell'avocado" (era avanzato questo grosso nocciolo poeticamente tondo), a cui farà seguito "l'intreccio dell'avocado" (ovvero dopo aver capito che non riusciremo mai a finire veterinaria... 'na triste storia... finiremo lei a vendere toast con avocado sulla spiaggia ed io a fare le treccine ai capelli accanto a lei).
Allordunque (che bella parola) quando diventeremo famose per questa tormentata ed avvincente trilogia ricordatevi di questo giorno epico come il giorno in cui questo capolavoro è sbocciato.

Chi è riuscito a trovare il coraggio di leggere fin quaggiù? ... Nessuno immagino, avete fatto bene.
Torniamo su Ddaear Arall va... allora a questo punto manca poco, basterà arrivare a Ynda ed avremo queste benedette informazioni! 
... piccolo spoiler... sta per tornare un personaggio che abbiamo lasciato tempo fa... curiosi? Idee? Proposte? Pompelmi?
Ok la smetto sto degenerando.

TRIVIA
Il nome Hikari è un nome giapponese (ed anche una città) e significa (come zakuro-dono ci insegna) Luce.
Anche in questo caso abbiamo un riferimento: Hikari Yagami (Kari Kamiya in italiano) è un personaggio dei Digimon, per la precisione è la sorellina di Tai, l'ottava dei Bambini Prescelti.
Dovete sapere che io sono cresciuta coi Digimon, e penso sia stato IL cartone (a puntate) che più ha segnato la mia infanzia... sembra forse sciocco da dire, ma mi ha passato una serie di valori senza i quali non sarei la stessa persona che oggi sono.
Kari non era il mio personaggio preferito, lo ammetto (era Sora)
Tuttavia Hikari= Luce... e la nostra Hikari è quella che ha "riportato alla luce" Lydia e gli altri salvandoli (dopo l'avvelenamento con le bacche)... quindi direi che il nome le sta a pennello.

Taaaantissime parole scusate... oggi ho veramente esagerato
Vado a cambiarmi altrimenti faccio tardi!
Un saluto a tutti e soprattutto un enorme grazie! So di essere scostante e spesso noiosa, eppure voi ci siete sempre stati ed è soprattutto merito vostro se sono riuscita a portare avanti questa avventura qui su Wattpad, probabilmente se non ci foste stati voi, avrei mollato tutto assalita dai dubbi e dalle incertezze come al mio solito.
E quindi GRAZIE, non c'è altro da aggiungere.

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