Capitolo 19: Sole del Mattino

LYDIA

Avevo sentito bene?

Assalto?

Mi avvicinai al muro, cercando di appiattirmi il più possibile contro di esso, nella speranza che l'ombra della casa fosse sufficiente a nascondermi.

Alzai lo sguardo, seguendo i contorni della casa a cui mi ero affiancata: le pareti erano alte, più alte di quelle delle case che costituivano il centro, e formate da una serie di pietre irregolari simili a quelle dei vecchi casali che si trovano talvolta in campagna.

Le numerose lanterne di cartone, che illuminavano la città, avevano smesso di contornare le vie già da un bel pezzo, sin da quando il ragazzino si era inoltrato in un'area meno battuta della cittadina.

La via in cui mi trovavo si trovava immersa nel buio, giocando, per fortuna, a mio favore.

Solo la luce delle due lune, ormai alte nel cielo, rischiarava alcune porzioni di strada e la cima delle pareti, creando un irregolare gioco di ombre e luci sui contorni smussati delle grosse pietre che le componevano.

Una persona normale e sana di mente avrebbe semplicemente girato i tacchi e si sarebbe allontanata il più possibile da quelle losche figure che confabulavano nella semioscurità, parlando sommessamente di assalti.

Ma, al contrario, una persona curiosa non avrebbe resistito. Una persona curiosa avrebbe gettato all'aria il naturale istinto di autoconservazione e si sarebbe avvicinato per saperne di più. Ed io ero, anzi, sono, una persona curiosa.

«Assalto, ma sei matto? Non puoi essere così pazzo da voler veramente sfidare Lei

Feci un paio di passi in avanti. Il lieve rumore provocato dai miei piedi a contatto con il brecciolino mi fece salire il cuore in gola. Anche questo, il pietrisco minuto ed irregolare, era assente nel centro della città; perciò dovevo aver inseguito quel ragazzino un bel po'.

E mentre mi chiedevo come avrei fatto a ritrovare la strada per il centro, mi sporsi in avanti quanto bastava per riuscire a vedere chi stesse parlando.

Una ciocca ramata mi cadde davanti agli occhi. Con un rapido gesto della mano la riportai dietro l'orecchio iniziando seriamente a considerare l'ipotesi di tagliarmi i capelli.

Due uomini stavano in piedi al centro di una piccola piazza rettangolare.

Uno, quello che mi dava le spalle, era piuttosto alto, di corporatura massiccia ed aveva i capelli chiari colore del miele. L'altro, invece, se ne stava con le braccia conserte e la schiena appoggiata ad un albero. Era stato lui a parlare.

Vidi il primo iniziare a gesticolare nervosamente, ma parlando a voce così a bassa che non riuscii ad udire neanche un singolo suono. Il secondo sollevò gli occhi, gialli come lo zafferano, verso il suo interlocutore e, passandosi una mano tra i mori capelli, riprese la parola.

«So benissimo qual è il tuo piano e concordo pienamente coi tuoi ideali, ma non puoi chiedermi qualcosa del genere e sperare che ti segua in tale impresa senza batter ciglio.»

Che stessero organizzando un assalto alla città? Magari erano sostenitori del Regno della Foresta, o, forse, era il contrario, forse stavano preparando l'assalto di un villaggio nemico. E poi, chi era la "Lei" che non voleva mettersi contro?

«So qual è il nostro obiettivo: recuperare...» non riuscii a sentire la fine della frase perché l'uomo si era staccato dall'albero e si era avvicinato all'altro concludendo la frase, immaginai, a voce più bassa.

Da quel momento non fui più in grado di udire nulla, almeno fino a quando l'uomo dagli occhi zafferano non fece nuovamente due passi indietro e, poggiando il braccio all'albero, disse «Non so... mi devi dare un po' di tempo per pensarci.»

Fantastico! Non ero riuscita a capire nulla e l'unica cosa che ne avevo ricavato era ansia.

Stavo per tornare indietro sui miei passi, sperando di ritrovare la strada corretta, quando una luce abbagliante mi colse del tutto alla sprovvista.

Alzai istintivamente le braccia a coprirmi gli occhi.

Ecco, mi hanno scoperta! Pensai, mentre già mi immaginavo legata ad una sedia e costretta a rispondere a mille domande con un luce puntata in faccia, come succedeva in tutti i film polizieschi.

Abbassai lentamente le braccia strizzando gli occhi fino a ridurli due fessure. Solo in un secondo momento iniziai ad aprirli con cautela, dando loro il tempo per abituarsi all'intensità di quell'improvviso bagliore.

Mi sembrò di essere tornata a casa, in una di quelle tremende mattine in cui non sentivo la sveglia e mia madre saliva in camera mia ed accendeva la luce sostituendo il "Buongiorno tesoro, alzati e vieni a fare colazione, ti ho preparato i pancake" che si vede nei film americani con il più realistico "Alzati, Lydia, tra dieci minuti esco di casa e se non vuoi andare a scuola a piedi ti conviene darti una mossa".

«Lo vedi? Vedi questo esile fiore? Lui sarà la nostra carta vincente!»

Una nuova voce catturò la mia attenzione. Mi sporsi nuovamente oltre il muro per vedere chi avesse raggiunto gli altri due uomini.

Con stupore, notai che la piazza era illuminata a giorno. Non capivo assolutamente cosa stesse succedendo.

Alzai lo sguardo per scoprire meravigliata che il sole era alto nel cielo. Ok, dovevo star sognando, non c'erano altre spiegazioni.

Odiavo i sogni lucidi, mi facevano sentire in trappola. La consapevolezza che si aveva di ciò che stava capitando si mescolava ad una nauseante domanda che cominciava con quelle due famigerate parole: e se...

E se non fosse un sogno? E se mi succedesse qualcosa seriamente? E se non stessi sognando, ma fossi in coma?

E poi, quando mi ero addormentata?

L'ultimo ricordo che avevo era di me che inseguivo il ragazzino!

«Signore?... Sire?» riprese la voce, prolungando la "S" più del dovuto.

Era un omino. Non avrei saputo come descriverlo meglio. Una figura umana in formato mignon. Calvo, con occhiali quadrati e papillon al collo. Non potei fare a meno di associarlo a Sir Biss di Robin Hood.

Si trovava sotto lo stesso tronco di prima, solo che questa volta l'albero era coperto da una cascata di foglie gialle che danzavano ritmicamente seguendo le note del vento.

«Quassù, Pascal!»

Una voce, nascosta tra le foglie canarine, riempì l'aria.

Pascal, così avevo capito si chiamasse l'omino, poggiò entrambe le mani sulla corteccia dell'albero, guardando verso l'alto alla ricerca del proprietario della voce.

«Cosa ci fate lassù, Sire?» chiese.

«Agilità. Ho bisogno di più agilità Pascal» fu la risposta.

«Agilità?»

«Siete venuto a tediarmi con le vostre domande o avete intenzione di parlarmi della vostra scoperta?» rispose il "Sire" spazientito.

«Oh sì, giusto» riprese Sir Biss, aggiustandosi con una mano gli occhiali «Vede questo delicato fiore che ho in mano? Ri... riesce a vederlo Sire?» chiese, sollevando un piccolo fiore azzurro con petali a forma di goccia che, partendo dal centro e diffondendosi verso l'esterno, erano striati di un giallo acceso.

«Lo vedo Pascal, lo vedo.»

«Ah, giusto. Lei vede, Sire. Allora continuo» balbettò, sistemandosi nervosamente gli occhiali un'altra volta «Bene, coi miei studi sono riuscito ad estrarre la linfa del "Haul y Bore" che, combinata con un pizzico di Cwarts e lavorata con Tân Oer, diviene un potentissimo veleno in grado di distruggere dall'interno qualsiasi tipo di cellula, sia animale che vegetale.»

Ok, mi stavo decisamente confondendo con tutti quei nomi.

«Una pianta in grado di distruggere qualsiasi tipo di cellula, eh?»

Vidi le fronde dell'albero oscillare e poi una macchia scura uscire da esse con un solo balzo ed atterrare, accompagnandosi con una capriola. Lo riconobbi quasi subito. Era lo stesso uomo dai capelli biondo miele di prima, colui la cui voce non ero riuscita a sentire.

"Eccellente", lo vidi mimare con le labbra, ma nuovamente senza riuscire di nuovo ad udire i suoni emessi dalla sua bocca.

Era come se mi arrivassero all'orecchio soltanto le parole di coloro che, mentre parlavano, avevano un contatto fisico con l'albero.

Ok, era un'ipotesi assurda, eppure non riuscivo a darmi altre spiegazioni.

«E non è tutto, Sire. Esiste soltanto una cura a questo veleno, e si trova nel fiore stesso o, meglio, nelle sue foglie. Soltanto una cura, senza la quale nessuna vittima potrà avere scampo» continuò più convinto l'omino, mentre si rigirava nervosamente tra le mani una foglia del fiore.

«Certo, Sire, che ho il veleno con me» affermò poi, rispondendo alla domanda che il Sire gli aveva posto e che io, nuovamente, non ero stata in grado di afferrare.

Le labbra dell'uomo di incurvarono in un ghigno sinistramente soddisfatto mentre con gli occhi, due pozzi bui e profondi, seguivano attentamente i movimenti di Sir Biss... cioè, volevo dire di Pascal.

Non esitò un istante di più, e, non appena l'omino ebbe tirato fuori il piccolo contenitore in vetro, si gettò in avanti, afferrando la boccettina e guardandosi intorno in cerca di una cavia su cui testare il suo nuovo "giocattolo".

I suoi occhi guizzarono a destra e sinistra, indugiando, a mio parere, più volte su Pascal, per infine andaresi a posarsi sull'albero sopra cui poco prima era arrampicato.

Stappò la piccola fiala e versò qualche goccia del liquido in essa contenuto sul tronco dell'albero.

All'inizio non accadde nulla. Poi, dopo pochi secondi, la corteccia iniziò a fumare, prima lentamente, poi sempre di più.

Stavo assistendo ancora alla scena quando sentii un lieve bruciore sul lato destro della pancia.

Mi massaggiai distrattamente la zona, sicura che passasse in fretta, ma, invece di scemare, il bruciore cominciò ad aumentare sempre più, progressivamente.

Una fitta, così forte da farmi piegare in due, mi colse completamente alla sprovvista.

Sollevai la maglia e vidi con orrore che una chiazza rossa si stava espandendo sul mio ventre mentre delle sottili righe blu e nere si formando al centro della chiazza, diramandosi verso l'esterno a mo' di ragnatela.

Un altro forte bruciore mi prese la spalla. Mi controllai quel pezzo di pelle per scoprirlo anch'esso arrossato.

Nei sogni non si sente dolore. Cosa stava succedendo? Non poteva essere tutto reale.

Un'altra fitta, alla base della schiena, mi fece cadere in avanti. A malapena riuscii ad attutire la caduta, portando in avanti le mani. Sentii i minuscoli ciottoli del brecciolino conficcarsi sotto la pelle e vidi del sangue ricoprirmi lentamente i palmi.

Una terza fitta, poi una quarta e molte altre. Non riuscivo più a fare nulla. Neanche le urla potevano essere contemplate perché il dolore era tanto forte da congelarmi la voce in gola.

La vista mi si appannò, coperta dalle lacrime che sgorgavano dai miei occhi senza che io ne avessi minimamente il controllo.

"Lydia, non piangere. È solo una sbucciatura"

Mi tornò in mente il giorno in cui avevo imparato ad andare in bicicletta. Ero caduta sbucciandomi un ginocchio e, scoppiando a piangere, avevo deciso di non voler più salire su quell'aggeggio. Mia madre mi aveva asciugato una lacrima col pollice e, togliendomi i sassolini dal ginocchio, mi aveva detto: "Non devi mai mollare, Lydia"

«Lydia!» conoscevo quella voce, ma non era quella di mia madre.

«Lydia, svegliati. Dai su, guardami!»

Il dolore era scomparso e tutto ciò che sentivo era solo il peso del mio corpo contro il duro pavimento. Aprii gli occhi e mi trovai di fronte il cielo azzurro di quelli di April.

«Oh grazie al cielo!» la sentii sospirare «Mi hai fatto prendere un grande spavento!»

Altre voci lontane ed indistinte rientrarono nel mio campo uditivo. Alcuni chiedevano: "Si è ripresa?" ed altri: "Sta bene, quindi?"

A quanto avevo capito, inseguendo il ragazzino, avevo urtato un paio di persone, ma, a differenza di quello che ricordavo, mi ero girata nel chiedere scusa, non notando così il signore che trasportava travi di legno contro cui ero andata rovinosamente a sbattere con la testa, perdendo i sensi.

Travi di legno.

Ma vogliamo scherzare?!

Quante volte vi è capitato di incontrare gente che trasportasse travi di legno per il paese? E invece io l'ho incontrato! Ebbene, sono riuscita a beccare l'unico falegname di tutta Eira ed andargli addosso. Non avevo parole!

Mi sollevai sui gomiti e, guardandomi intorno, constatai che la folla di gente si era radunata tutta attorno era bella numerosa e, mentre April mi aiutava ad alzarmi, un ragazzo mi porse una coperta mentre un paio di signori mi raccoglievano le buste che, ovviamente, erano cadute a terra, sparpagliando tutto il loro contenuto sulla strada.

Dovevo aver fatto proprio un bel volo, per aver attirato tanta gente. Io e le figure di merda eravamo una cosa sola.

April stessa mi aveva trovato proprio perché, non vedendomi arrivare alla statua, aveva iniziato a cercarmi e, notando un bel po' di gente radunata in un angolo della via, era andata a controllare cosa fosse successo.

«Tra l'altro,» continuò April, mentre ritornavamo verso la piazza «ho anche incontrato Chris che mi ha detto di raggiungerlo alla Locanda dei Sette Cerchi. A quanto pare staremo lì questa notte.»

Annuii, ascoltandola distrattamente, mentre mi chiedevo quando avuto il coraggio di sollevare la maglietta e scoprire se fossero rimasti dei segni di quelle bruciature che dovevo aver sognato.

Angolo Autrice

Buongiorno a tutti miei impavidi eroi!
come state? Ecco il secondo capitolo della settimana! Avevate capito sin dall'inizio che era un sogno?
Vi chiedo scusa se questo capitolo è risultato noioso, ma sappiate che come tutti anche questo è un piccolo tassello indispensabile per la storia!
Oggi piove, tira vanto ed io sono in casa con la mia tisanina calda tra le mani! Amo questo tipo di situazioni... e lo amerei ancora di più se non dovessi uscire tra meno di un'ora...

Poche piccole parole nuove nella nostra lingua antica:
Ok ecco la frase detta da Pascal/Sir Biss che ci ha messo in crisi: "Haul y Bore" che combinata con un pizzico di Cwarts e lavorata con Tân Oer
Haul y Bore (il fiore)= Sole del mattino
Cwarts= quarzo
Tân Oer= fuoco freddo

Sarò molto breve promesso, volevo solo rendervi partecipi della mia grande scoperta del giorno: si può vedere da quale parte del mondo provengono i lettori! Ok sicuramente è una cosa che tutti voi già sapevate... ma dovete considerare che io sono un po' tarda in queste cose È una cosa bellissima! Cioè io davo per scontato di avere solo lettori italiani! E invece salta fuori che ho lettori anche dalla Romania, Australia (io amo l'Australia, è sempre stato il mio sogno andarci), Svizzera, America, Inghilterra, Slovacchia e Belgio.... Ok al 99% sono lettori di quei paesi che per sbaglio hanno aperto e subito richiuso la mia storia... ma è comunque una cosa troppo carina!

Ok detto ciò mi dissolvo!
*scompare in una nuvola di fumo*





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