Capitolo 11: l'inizio di un viaggio
LYDIA
Il fumo s'innalzava da ogni dove, ricoprendo ogni angolo di terra, ed anche dal punto elevato in cui mi trovavo era quasi impossibile distinguere le orribili scene che inesorabilmente si svolgevano ai miei piedi.
La cenere mescolata al grigio fumo si levava trasportata dal vento, avvolgendomi in una nube che odorava solo di disperazione e dolore, ma che non mi costringeva a chiudere gli occhi, perché i miei occhi non erano lì. I miei occhi erano ovunque, i miei occhi erano "l'Ovunque".
Nelle valli disboscate, nelle montagne innevate, nei villaggi incendiati. I miei occhi erano l'albero abbattuto, il ramo spezzato, il filo d'erba calpestato dagli uomini appesantiti dall'unica vera arma che possedevano e mai avrebbero abbandonato: la sete di potere.
Dovevo intervenire.
Il possente tonfo di un'enorme quercia abbattuta riecheggiò nell'aria mentre la figura di due uomini con in mano la grossa sega che aveva portato via la vita di quel meraviglioso albero si stagliava tra la fuliggine.
D'un tratto, un ragazzo comparve con un unico salto da dietro una delle colonne di fumo e, usando il Dono, costrinse sotto il suo volere la quercia, utilizzandone la poca linfa che ancora scorreva nel suo tronco mozzato. I rami, come un colpo di frusta, si abbatterono sui due uomini facendo loro perdere la stretta presa che avevano sulla sega e scaraventandoli violentemente a terra.
Come un libro aperto, il volto del ragazzo lasciva trasparire ogni suo pensiero: li aveva in pugno.
Ma proprio in quel momento una lama trapassò il ventre del ragazzo. Una folata di vento scostò per qualche secondo il fumo e la cenere che avevano parzialmente nascosto la sua figura per tutto quel tempo, rendendo chiaramente visibili i suoi lineamenti. Naso dritto, profilo greco, e capelli di un biondo platino quasi bianchi.
Rimase in piedi per qualche secondo a fissare la chiazza di sangue che lentamente gli si stava allargando sulla maglietta, poi emettendo solo un sommesso grugnito si accasciò sulla fredda pietra del pavimento mentre tutto intorno il panorama cambiava divenendo più scuro e roccioso ed una voce mi graffiava le orecchie
«Noll!»
Mi svegliai in un bagno di sudore. La luce dei primi raggi del sole filtrava dolcemente tra le fessure delle imposte. Qualcuno doveva essere andato a letto dopo di me perché quando eravamo entrati nella stanza della locanda le finestre erano aperte, ne ero certa.
Doveva essere ancora abbastanza presto perché il colore della luce era ancora fredda, sui toni del blu, e non gialla e calda come quando il sole è già alto.
Mi sollevai sui gomiti ed aspettai finché i battiti del mio cuore non si fecero più lenti e regolari. Un brivido percorse tutto il mio corpo a causa del sudore che nel frattempo mi si era freddato addosso.
Provai a ristendermi e riprendere sonno, ma senza successo. Ormai la mia mente era partita ed i pensieri avevano incominciato a rincorrersi nella mia testa quasi stessero facendo una staffetta.
Riaprii gli occhi e, cercando di fare il minor rumore possibile, scesi dal letto.
Ovviamente, il pavimento era in legno e quasi ad ogni passo scricchiolava sotto il mio peso.
E ti pareva, la legge di Murphy non sbaglia mai, pensai.
Feci i primi passi molto lentamente trattenendo il fiato ogni volta che il legno emetteva quello sgradevole suono, ma in poco tempo capii che neanche il passo di un elefante sarebbe riuscito a svegliarli. In più il rumore dei miei passi era silenziato dal leggero russare di uno dei ragazzi. Non riuscivo a vederli bene, ma dentro di me ero convinta fosse Chris.
Di Octavia invece non c'era traccia, ma non mi preoccupai troppo. Ero convinta che si fosse già alzata, mi dava l'idea di essere una ragazza mattiniera, esattamente l'opposto di me insomma.
Arrivata in corridoio mi fiondai nel bagno comune. Non me n'ero accorta fino a quel momento, ma avevo la vescica che stava per esplodere.
Ma perché nei libri i protagonisti non devono andare mai in bagno?! Non è qualcosa di molto elegante da scrivere in effetti, ma è una cosa naturale in fin dei conti.
Uscita, andai al lavandino per lavarmi le mani e darmi in generale una sciacquata, ma quel che vidi riflesso nello specchio per poco non mi fece prendere un attacco di cuore.
Quella cosa lì sarei io?! mi chiesi, osservando disperata le condizioni della mia faccia.
Oltre ai piccoli lividi e i graffi superficiali che costellavano deliziosamente il mio viso, avevo la pelle marrone, sporca qua e là di fango, gli occhi contornati da macchie nere dovute al trucco sbafato ed in testa quelli che prima erano i miei capelli si erano trasformati in un polveroso nido di cicogne.
Non che mi aspettassi di essere pronta per sfilare per Miss Universo, ma non pensavo di essere ridotta in quello stato. Eppure, il giorno prima Octavia non era così! Sì, aveva un po' di polvere e graffietti sul visto e i capelli con qualche ciocca in disordine, ma era rimasta bella come quando l'avevo incontrata.
Mi sciacquai il viso più volte, fino ad arrossarmelo. Mi sciolsi quello che era rimasto della treccia che mi ero fatta e mi pettinai i capelli con le dita come meglio potei. Infine decisi di slegarmi la fasciatura che avevo ancora in testa. Le bende da bianche si erano tinte di un colore misto tra il grigio e il marrone. Iniziai a svolgerle e quando arrivai agli ultimi strati dovetti procedere più lentamente perché il sangue rappreso aveva incollato le bende alla mia tempia. Fece un po' male staccarle completamente, ma strinsi i denti fino alla fine. Per fortuna la ferita non si riaprì. Mi lavai via anche il sangue secco e mi diedi uno sguardo finale. Non ero un granché, ma indubbiamente meglio di prima.
Scesi le scale fino ad arrivare alla sala da pranzo. Una signora stava posizionando dei dolci ancora fumanti sul bancone. Appena mi vide mi fece un lieve cenno con la testa accompagnato da un dolce sorriso che le illuminò lo sguardo. Era una donna molto bella, aveva i capelli biondi e lunghi come quelli di Isabelle, probabilmente era sua madre.
Le risposi nel medesimo modo, indicando il tavolo e chiedendole con un filo di voce «Posso?»
Lei fece un altro cenno d'assenso con la testa e poi scomparve dietro la porta. Avevo intenzione di prendere soltanto una fetta di torta, ma appena mi trovai davanti a tutto quel ben di dio il mio stomaco si spalancò, chiedendo disperatamente di essere riempito; del resto non avevo né pranzato né cenato il giorno prima.
Presi un po' di tutto, colmando il piatto fino a creare una montagnola di cibo.
Stavo giusto per addentare la prima frittella quando la porta che dava sul retro si aprì e Octavia entrò. Anche lei si era data una pulita ed aveva sciolto i capelli che le ricadevano morbidi sulla schiena.
Appena entrata tirò dritta diretta verso le camere. Non saprei dire se mi avesse vista o meno, fatto sta che non era fermata e senza dire nulla aveva salito le scale che portavano al piano superiore. Non capivo se fosse arrabbiata con me per qualche motivo o meno, ma non me ne feci un gran cruccio e continuai a divorare le uova strapazzate che minacciavano di cadere dal bordo del piatto.
Finii tutto quello che avevo messo nel piatto e rifeci il giro del bancone per riprendere tutto da capo. Chiesi alla signora anche un cappuccino ma, guardandomi storto come se non sapesse di cosa stessi parlando, mi rispose che non lo avevano; decisi quindi di optare per due bei bicchieri di succo d'arancia.
Senza che me ne accorgessi, il tempo cominciò a scorrere velocemente. Nel giro di pochi minuti la sala aveva già cominciato a riempirsi piano piano e, tra battute e risate, l'aria si stava facendo calda ed accogliente.
Quando stavo sul punto di finire anche il secondo piatto scesero assonnati anche Ilan e Chris, seguiti poco tempo dopo da Octavia. Riempirono il piatto anche loro e si vennero a sedere al mio tavolo.
«Ma voi sulla Terra non dormite?» chiese Chris subito dopo aver fatto un sonoro sbadiglio.
«Di solito sì, ma questa notte ho fatto un sogno molto strano; sembrava quasi un ricordo che sul finale si è trasformato in un incubo. Ho visto...» troncai a metà la frase. Stavo per dirgli di aver rivissuto la morte di Noll, ma poi pensai che a loro avrebbe di certo fatto più male che a me ricordarla.
«... casa mia, sì... casa mia incendiata» continuai, mordendo l'ultima fetta di torta, sperando che non mi chiedessero altro.
Non ero molto brava a mentire, ma erano ancora così intontiti da non accorgersi di niente.
«Io mi sveglio sempre presto» rispose secca Octavia, ma forse accorgendosi di essere stata un po' troppo dura aggiunse «Mi... mi piace l'aria pungente del mattino.»
«Ragazzi, eccovi qui!»
Alzai lo sguardo dal mio piatto con la bocca ancora piena. Isabelle si era avvicinata al nostro tavolo con un vassoio in mano ed un grembiule allacciato alla vita. I capelli erano intrecciati in una fine treccia a spina di pesce che le arrivava fino al sedere.
«Buongiorno Belle!» disse Ilan con un sorriso gentile.
«Queste sono per te, Riche ha detto che ti servivano un paio di scarpe comode, spero ti stiano bene» disse rivolta a me, dandomi un paio di scarpe color bianco panna che assomigliavano a delle Converse.
Mi brillarono gli occhi, io amavo le All Star!
«Cosa vi posso portare?» aggiunse rivolta ai ragazzi, con un sorriso bello quanto quello della madre.
«Succo di mela per me ed un dôl per Chris, giusto?» rispose Ilan guardando il compagno che, con la bocca piena anche lui, alzò i pollici in segno di assenso.
«Perfetto!» rispose «Ah, quasi dimenticavo, abbiamo solo due tymor per voi, mi spiace, ma così all'ultimo siete stati già fortunati a trovarli. Selle e tenda sono nella stalla. Richie...» sospirò «Richie è già lì a sistemare il tutto.»
Appena finirono la loro colazione e bevvero le loro bevande (quella di Chris aveva una strana sfumatura che virava sul verde prato) i ragazzi andarono in stalla ad aiutare Richie e risolvere il "problema dei due tymor".
Restai da sola al tavolo con Octavia. All'inizio ebbi la scusa delle scarpe e quindi persi tempo a provarle, stringerle e constatare che Isabelle aveva esattamente il mio stesso numero. Ma finita quella pratica mi raddrizzai sulla panca e il silenzio che ci avvolse divenne assai imbarazzante, almeno per me.
«Allora... hai già fatto colazione? Non ti ho vista prendere nulla dal bancone» cercai di riempire quel silenzio in un modo qualsiasi.
«Ho mangiato prima che voi vi svegliaste» mi rispose.
Non era un granché, ma almeno stavamo parlando. Non mi illudevo di poter diventare sua amica così, su due piedi; tuttavia non volevo far chiudere quello spiraglio di conversazione.
«Così ti piacciono le mattine, eh? Beata te, non avrai problemi ad alzarti la mattina prima di andare a scuola!»
Lei alzò gli occhi verso di me. Era la prima volta che li vedevo da così vicino. Il colore era come lo avevo sempre visto, un azzurro glaciale. Ma quello che non avevo mai notato era il contorno esterno: una marcata e sottile linea blu intenso.
«Già» mi rispose semplicemente con un tono molto poco convinto, forse aveva capito che la mia conversazione si basava sul nulla «Forse è meglio raggiungere i ragazzi» aggiunse, spostando indietro la sedia ed alzandosi.
Un po' delusa feci per alzarmi anche io quando la porta del retro della locanda si aprì tutta d'un tratto. Controluce vidi due uomini ed una donna entrare nella locanda tutti e tre vestiti di nero. Non potei fare a meno di fissarli, avevo un brutto presentimento.
Il più grande dei tre si voltò per fermare la madre di Belle e chiederle qualcosa permettendomi di vedere il tatuaggio nero come la pece che dal colletto della maglia saliva verso l'alto. Era lo stesso simbolo che aveva l'uomo-lupo che avevo travolto con l'albero sulla Terra.
Afferrai Octavia per un braccio e la costrinsi a sedersi di nuovo.
«Ma che diav...»
«Shhhh» mi portai un dito alla bocca avvicinandomi a lei per poi sussurrarle «Newid.»
Lei sgranò per un attimo gli occhi, per poi riprendere immediatamente il controllo. Questa volta fu lei ad avvicinarsi a me.
«Loro cercano te, quindi io provo a distrarli mentre tu raggiungi i ragazzi nella stalla. Vi raggiungerò il prima possibile.»
«Ma...» feci per obbiettare, ma il suo sguardo mi gelò persino la lingua.
Non era una ragazza con cui si poteva discutere. Arrendendomi, feci un silenzioso cenno col capo. Senza aggiungere altro, si alzò andando al bancone e riempiendo un piatto con una serie di cose alla rinfusa. Con tranquillità fece per tornare al tavolo, ma non appena passò accanto ai tre Newid finse di inciampare, rovesciando il cibo su due di loro e cadendo lei stessa tra le braccia del terzo.
Subito mi alzai e presi la porta, camminando il più in fretta possibile ma senza correre per non dare nell'occhio. Oltrepassai la porta che portava alle scale ed aprii il portone principale che dava sull'esterno giusto in tempo per sentire Octavia dire «Scusatemi, a volte sono proprio così sbadata» con un tono così dolce che mi sembrò quasi impossibile fosse uscito dalle sue labbra.
Feci il giro del palazzo. Non avevo idea di dove fossero le stalle ma non fu difficile trovarle.
«Newid, alla locanda! Ma in forma umana» dissi forse un po' troppo ad alta voce, mentre mi appoggiavo allo stipite della porta, cercando di riprendere fiato.
Solo dopo pochi secondi sollevai lo sguardo, tenendomi ancora una mano sulla milza, e allora li vidi. Due enormi leopardi si paravano di fronte a me. Ma no, erano più grandi di dei "semplici" leopardi, sembravano delle mucche per la loro taglia. A stento trattenni un grido.
«Newid?» chiese Richie.
«Le...leopardi!» dissi, indicando quegli enormi felini.
«No, sono i tymor, gli animali più veloci di tutte le Terre delle Montagne» mi spiegò sbrigativamente Ilan «Octavia?»
Non ci posso credere, dovremo cavalcare quei così?!
Ma non mi diedero il tempo di pensarci troppo perché il ragazzo dai capelli biondo cenere saltò in groppa ad una di quelle bestie e si avvicinò a me, mentre due mani mi afferravano dalla vita e mi montavano di peso sopra l'animale.
«Octavia?» ripeté Ilan.
«Sta alla locanda, li sta rallentando» riuscii a dire.
«Vado a prenderla io, tu Chris finisci di sellare quel tymor e preparati a scappare» disse Richie che stava ancora sotto di me e Ilan. Era stato lui a farmi salire sul tymor.
Detto ciò, come un fulmine sfrecciò fuori dalla stalla. Vidi Chris sellare in fretta e furia il secondo tymor e montargli in groppa. A quanto pareva quegli animali si potevano sellare. E in più ai lati delle selle notai appese alcune sacche di tela.
«Tranquilla sono sicuri, e sono più veloci dei Newid. In poco tempo li distanzieremo» mi rassicurò, con voce dolce, Ilan.
Solo allora mi accorsi di avere le mani strette attorno alla sua vita, come solo una piovra avrebbe saputo fare.
«Scusa» dissi, slegandolo dalla stretta e portando le mani indietro, ma non appena le mie dita sfiorarono il manto di quell'animale il mio corpo si irrigidì, così tornai ad avvolgere i fianchi del ragazzo, ma senza soffocarlo questa volta.
«...hanno chiesto alla madre di Belle di Lydia» sentii la voce di Octavia avvicinarsi «Lei gli ha detto qual è la nostra camera, ma presto si accorgeranno che non siamo lì dentro e... oh mio dio!» la vidi bloccarsi alla vista delle due bestie sull'entrata della stalla.
Chris le si avvicinò e come con me Richie la sollevò di peso e la mise sulla seconda bestia.
«Via, via!» gridò Richie, mentre i due Rheol facevano partire i due animali a razzo.
Vidi Octavia stringersi a Chris e soffocare un urlo sulla sua giacca mentre chiudeva gli occhi. Non sapevo spiegare bene il perché, ma quella scena mi diede non poco fastidio.
Gli alberi sfrecciavano velocissimi ai nostri lati rendendosi visibili ai nostri occhi solo come macchie indefinite. Il vento creato dalla corsa era così forte che gli occhi mi iniziarono presto a lacrimare e fui costretta a chiuderli.
Mi chiedevo come facesse Ilan a guidare quel coso senza andare a sbattere contro qualche ramo.
«E Richie?» chiesi urlando.
«Non ti preoccupare per lui. Tornerà al campo per aiutare Arjuna e gli altri a ricostruire la base. Non poteva venire con noi, i tymor possono trasportare al massimo della velocità solo due persone. Ci ha dato delle mappe da seguire. Ce la faremo» mi disse gridando anche lui «Ce la dobbiamo fare» lo sentii aggiungere con tono più basso.
Non so per quanto tempo corremmo. So solo che quando rallentammo era già tardi e il sole stava calando. Come avevano fatto quei cosi, quei tymor, a non fermarsi per tutto il giorno per me resterà sempre un mistero.
Quando il sole era già calato dietro l'orizzonte ci fermammo e creammo un piccolo accampamento. Chris diede da mangiare alle bestie due grosse bistecche grondanti di sangue che teneva dentro una delle borse di tela ed io non potei non pensare che se quelli avessero avuto ancora fame durante la notte ci avrebbero potuto tranquillamente "assaggiare", ma rimossi subito questo pensiero dalla mia testa fidandomi dei due Rheol.
Noi cenammo con un po' di pane e affettati presi dalla locanda e poi decidemmo di dormire all'aria aperta per quella notte.
Il cielo era limpido e la temperatura abbastanza calda. Mi coprii col maglione che mi ero tolta durante il tragitto e mi stesi usando come cuscino una delle borse di tela, facendo accuratamente attenzione a non usare quella contenente le bistecche.
«Mi ricorda molto quando andavo in campeggio coi miei genitori» dissi a un tratto.
«È sempre bellissimo dormire all'aria aperta. Alla base non capita molto spesso» la voce di Chris si aggiunse alla mia nel buio.
«Io non ho mai dormito all'aperto» disse Octavia.
Era la prima volta che la sentivo interagire in un discorso comune e ciò mi fece sorridere, anche se nessuno mi vide perché eravamo tutti stesi e coperti dall'oscurità della notte.
«Veramente?» domandai stupita.
«Perché ti sembra strano?» chiese lei.
«Un po' sorprende anche me» mi supportò Ilan, poi aggiunse «Guardate Du e Gwyn, le nostre lune stanno sorgendo.»
Seguii l'ombra della sua mano e vidi spuntare, dietro la cima degli alberi, due corpi luminosi. Una era quasi una sfera mentre l'altra aveva ancora la forma di una sottile falce.
«Sono bellissime» mi lasciai sfuggire in un sussurro.
E lo erano veramente.
Angolo autrice
Ciao ragazzi miei! Allora questo capitolo nella mia mente doveva essere molto corto e spiegare un paio di cose in più... e poi tutto d'un tratto puff mi sono ritrovata con pagine e pagine scritte, quindi ho deciso di spostare alcune cose più in là.
Non sono successe grandi cose in realtà, ma mi sono divertita molto a scriverlo... non so perché ahahaha
Spero sia piaciuto anche a voi leggerlo, almeno un po'
buona serata a tutti! :*
E sì, questo era un angolo autrice decisamente inutile, ma poi mi sono ricordata di una cosa che magari potrebbe renderlo un po' più interessante: abbiamo nuove parole nella nostra amata lingua antica, quindi per chi volesse saperlo:
Tymor = correre... significa anche stagione, ma dettagli (volevo scegliere "velocità", ma in gallese usciva fuori una parola totalmente cacofonica quindi ci ho rinunciato)
Newid= cambiamento/trasformazione
Du= nero
Gwyn= bianco
Dôl= prato
(Tutte derivano dal gallese)
Ed anche stasera abbiamo concluso le nostre lezioni di Gallese.
Alla prossima puntata!
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