Ottava Parte - La Fine è solo l'Inizio

Frammenti di carne e fiotti di sangue di sparsero per la strada, una visione che lasciò di stucco Tala ed Eclipso dentro di lei. Le due metà del cadavere dell'Uomo Capovolto caddero al suolo e Lucifer pulì la spada mentre osservava compiaciuto i resti del suo avversario.

- Eri molto potente, ma io sono io - sussurrò lui, sistemandosi la cravatta.
- Non mi sarei aspettata nulla di meno dall'arcangelo Samael - affermò l'Incantatrice. - Quanto a te, mi auguro tu subisca tutti gli atroci dolori dell'oltretomba dopo che ti avrò strappato il cuore dal petto - disse poi a Tala.
- Non puoi fermarmi! Ho ancora il potere di Eclipso dentro di me! - esclamò lei.
- Non più... - la corresse la strega, usando la telecinesi per estrarre dal suo corpo il diamante nero attraverso la bocca.
- NO!! - urlò a pieni polmoni Tala, in preda alla disperazione. - Restituiscimelo!!
- Non possiamo, dolcezza - intervenne Lucifer afferrando il Cuore di Tenebra. - È un oggetto troppo pericoloso per essere maneggiato da esseri abbietti come te.

Tala, con quel briciolo di forza che le restava, allontanò i due avversari con un'onda d'urto e corse via, aprendo davanti a sé un portale.

- Per questa volta ve la do vinta, ma non è finita! - gridò la maga infernale, per poi fuggire via e richiudersi il varco alle spalle.
- E se ne va... - sospirò l'arcangelo. - Senti, io vado a riporre il diamante in un luogo sicuro. Ti occupi tu dell'Uomo Affettato? - domandò poi alla strega di fianco a lui.
- Ci penso io. Ci rivediamo alla base, Stella del Mattino.

Mentre loro due sbrigavano quelle faccende, Xanadu spiegò finalmente a John, Zatanna, Sebastian e Swamp Thing perché li avesse fatti tornare nel mezzo dello scontro.

- Vi ho contattati perché avevo scoperto una cosa molto importante - incominciò la donna. - Mediante la mia sfera di cristallo, ho potuto utilizzare delle tecniche mistiche particolari e mi è apparsa una visione...
- Che visione? - le chiese Faust.
- Ho visto Tala, o meglio Eclipso, stringere un accordo con l'Uomo Capovolto appena dopo la sua liberazione. Gli ha promesso che se l'avesse aiutato a conquistare il mondo, sarebbe stato accettato per ciò che era da chiunque.
- E che razza di promessa è? - borbottò Constantine.
- Non conosci la storia? - esclamò Xanadu. - Lasciate che vi spieghi: prima di tutto il creato, c'era la magia. Non possedeva ancora una forma ben precisa, era solo una potente concentrazione di luce. Quella luce prese la forma di una donna, quella che ora noi tutti conosciamo come Ecate, la triplice dea e sacra protettrice della magia. In quel vasto nulla, tuttavia, Ecate non era da sola. Accanto a lei apparve un essere a testa in giù, che sembrava scrutarla dal basso. Era una creatura che rappresentava l'esatto opposto di ciò che era lei, poiché Ecate era la luce e lui l'ombra. Però il suo aspetto mostruoso la trattenne dall'interagire in qualsiasi modo con lui ed eresse un muro per impedire che il suo mondo venisse contaminato dalla bruttezza e dall'orrore - illustrò l'indovina.

Ascoltata quella storia, tutti rimasero a bocca aperta.

- Da quel momento in poi l'Uomo Capovolto soffrì la solitudine e il rifiuto. Non era sufficiente essere accettato dalla sua razza, proprio perché uguali a lui. Eclipso conosceva perfettamente questa "leggenda" nota a pochi e la sfruttò a suo vantaggio per guadagnare un alleato, il quale era ignaro del secondo fine dietro la promessa - proseguì Xanadu.
- Capisco... - mormorò Zatanna. - Potremmo provare a convincere l'Uomo Capovolto a ritirarsi. Forse, se gli spieghiamo come sono andate le cose--
- Non serve a nulla, ora... - esordì una voce maschile.

Tutti si voltarono a guardare la persona che era appena entrata nella stanza, constatando con stupore che si trattava di Lucifer.

- Io l'ho ucciso - disse semplicemente, alzando le spalle.
- T-tu... Tu cosa!? - domandarono tutti in coro.

L'Incantatrice sopraggiunse poco dopo con un incantesimo di teletrasporto.

- Tala è scappata, ma per sua sfortuna siamo riusciti a privarla del Cuore di Tenebra - li informò.
- Sì, e l'ho nascosto in un luogo in cui nessuno potrà trovarlo - aggiunse l'arcangelo.
- Be', direi che dovremmo festeggiare! Beviamo e lasciamoci andare, gente! - rise Constantine, mettendosi le mani nelle tasche e barcollando verso la porta della stanza.
- È già ubriaco prima ancora di bere - notò Faust.

Il gruppo lasciò la ACE Chemicals e si diresse alla nuova ubicazione dell'Oblivion Bar. La serata al locale andò bene e tutti si divertirono molto. Il tempo passò velocemente fra gradevoli chiacchierate, bicchieri di vino e boccali di birra. A un certo punto, però, Sebastian notò dell'apprensione: una persona in particolare sembrava che non si stesse godendo i festeggiamenti.

- C'è qualcosa che ti turba, vero? - chiese Faust.
- Purtroppo sì - confessò Madame Xanadu. - Come avrai intuito, abbiamo vinto la battaglia, ma non la guerra...
- Certo, lo so bene. Allora?
- I nemici con cui ci scontreremo più avanti, lungo il percorso, non saranno meno pericolosi dell'Altra Genia. Se abbassiamo la guardia, non avremo speranze - lo avvertì la donna, impensierita.

Altrove, in un luogo lontano dai mortali e traboccante di magia, una donna bellissima dai lunghi capelli color del fuoco stava osservando l'orizzonte. I suoi occhi erano dorati, le labbra erano rosse come il sangue e la carnagione bianca come l'avorio. Indossava una gonna sui toni del viola e i suoi seni erano coperti da un drappeggio della stessa tinta. Era nientemeno che la dea Circe, sulla spiaggia dell'isola di Eea, ed era in attesa di fare la sua mossa.

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