Decima Parte - Nuove Minacce

Nelle viscere di Gotham, un manipolo di individui si era riunito attorno a un fuoco azzurro. Si trovavano all'interno di alcune rovine appartenenti a un tempio costruito ben prima che la città divenisse ciò che era nel presente. Quelle persone avevano circondato la zona con un incantesimo di occultamento, così da non poter essere rilevati da forze esterne. La maga Circe si fece avanti, mentre la sua fluente chioma rossa e i drappeggi del suo abito viola svolazzavano per le leggere folate di vento.

- Vedo che avete ricevuto il mio invito. Lieta che siate tutti qui - esordì.
- Sii celere, donna. Ci sono questioni politiche nel Kahndaq che richiedono la mia attenzione - brontolò il divino Black Adam, vestito con una tunica nera con una folgore dorata sul torace.
- La tua impazienza mi ripugna oltre ogni dire, Adam - ribatté Circe. - Dovresti sapere che, ora più che mai, la cosa più importante è la prudenza. Quel gruppetto di eroi magici è riuscito a sconfiggere l'Altra Genia ed Eclipso... Quindi non dobbiamo sottovalutare quei mortali.
- Non hanno chance contro di noi, mia incantevole strega - intervenne Fratello Sangue, leccando poi le sue mani sporche del sangue di alcuni suoi fedeli precedentemente uccisi da lui per il loro tradimento. - Sono avversari formidabili, questo è fuor di dubbio... Ma noi siamo delle divinità - asserì, alzando il capo con grande superbia.

La misteriosa suora dalle vesti rosse, che si trovava dietro il sacerdote dai poteri di vampiro, annuì senza proferire parola, tenendo lo sguardo leggermente verso il basso. La sua carnagione era incredibilmente pallida e le sue labbra erano di un color carminio deciso. Sembrava un'inquietante bambola di porcellana dalle guance scavate e gli zigomi affilati. I suoi occhi erano vacui come quelli di un cadavere.

- Io ho un piano - riprese Circe, mettendosi le mani sui fianchi e atteggiandosi come una sovrana. - Grazie ad alcune ricerche, ho scoperto che Lucifero Stella del Mattino ha nascosto il Cuore di Tenebra di Eclipso nel suo nightclub, il Lux, situato nella città di Los Angeles. Basterà uno di noi per andare a recuperarlo. Adam, affido a te questo incarico.
- I mortali conosceranno la mia collera - proclamò il kahndaqeno.

La riunione giunse al termine e ognuno si ritirò: spiccando il volo, Black Adam si diresse a Los Angeles: Circe si teletrasportò verso una meta nota solo a lei; e Fratello Sangue spalancò un varco scarlatto e lo attraversò insieme alla sua accolita, tornando nei suoi appartamenti.

La grande camera da letto del sacerdote immortale era a dir poco tetra e macabra: drappeggi rossi pendevano dalle pareti e dal soffitto, ossa e teschi sparsi ovunque sul pavimento, una vasca piena di sangue in cui si bagnava per rinvigorirsi e infine un letto molto spazioso con lenzuola vermiglie. L'uomo si spogliò delle sue vesti e del copricapo, mostrando la sua ultraterrena bellezza, talmente perfetta da risultare paragonabile a quella di una statua greca. Aveva occhi color del fuoco e capelli corti neri come la notte. La suora rossa, pur nella sua apparente freddezza, fu colta da un insolito brivido nel guardare le nudità del suo padrone.

- Mio signore... - tartagliò lei, con una voce spezzata. - I fedeli stanno ultimando i preparativi per la cerimonia. Il nuovo membro è pronto a essere iniziato.
- Molto bene. Più servitori accumulo, più energia potrò assorbire nel momento del bisogno - disse lui, non potendo fare a meno di sorridere. - Sei la creatura più efficiente che io abbia mai creato... Agata. Sei riuscita ad attirare così tanti umani... Complimenti.
- Sono lusingata, mio signore - rispose la donna, incrociando le braccia dietro la schiena, nel tentativo di mantenere la sua aria algida.

L'uomo si accomodò sul letto e vi si appoggiò con i gomiti.

- Vieni a ricevere la ricompensa per il tuo operato - sussurrò lui con tono suadente.

La donna gli si avvicinò, denudandosi completamente. Anche lei aveva capelli neri, tanto lunghi da raggiungerle i fianchi. Inginocchiatasi su di lui, ella lo baciò appassionatamente, mordendogli con forza il labbro inferiore, tirandolo a sé. Dopo prese lentamente un pugnale da sotto le lenzuola e si lacerò un polso, facendo sgorgare il sangue nella propria bocca, per poi versarlo in quella dell'uomo con un altro bacio. I due non si separarono un solo istante e, nel loro sanguinario amplesso, alternarono alcuni movimenti delicati ad altri più aggressivi, in una specie di danza carica di sensualità, di passione, di desiderio e di violenza. Il petto di lui era schiacciato contro il seno di lei, facendo incontrare anche il loro sudore, e il battito dei cuori rimbombava nelle loro gabbie toraciche. Agata infilò le unghie nella schiena del vampiro e la graffiò con la ferocia di una belva selvatica ed egli si lasciò scappare un verso fragoroso, mentre lei lo faceva godere in tutti i modi possibili. Lui fece affondare i suoi canini nel collo della donna e questa gemette, mentre le sue pupille si dilatavano per l'eccitazione. Alla fine, quando entrambi si abbandonarono a delle grida di pura gioia mentre i loro corpi ancora fremevano, Agata cadde su di lui quasi come se si stesse lanciando da una scogliera, stringendolo a sé.
Senza dire niente, Fratello Sangue scivolò fuori dal letto e recuperò dall'armadio nero una vestaglia bordeaux, per poi abbandonare la stanza. La suora si svegliò pochi istanti dopo, si rivestì velocemente e uscì. Nel richiudersi la porta alle spalle, ripensò inevitabilmente a cosa era successo con il suo signore: non era una sciocca, sapeva che il sesso per lui era un gioco, nient'altro che un divertimento a cui non sarebbe seguito nulla di importante o profondo, però Agata trovò inspiegabilmente conforto nel farsi cullare dall'illusione che, in un modo o nell'altro, al sacerdote importasse di lei. Ritornò dalle altre sorelle e fratelli e di lì a poco la cerimonia di iniziazione cominciò. Il nuovo fedele della Chiesa del Sangue fu battezzato in una densa pozza scarlatta.
Agata, la donna dotata di una bellezza d'altri tempi, guardò con ammirazione Fratello Sangue nell'atto di accogliere il giovane tra i ranghi del culto, perdendosi nello sguardo ricolmo di perfidia di quell'uomo così attraente.

In quel momento, nel suo salotto a Greenwich Village, Madame Xanadu ebbe una visione: in uno scenario catastrofico, in cui tutto il mondo si era trasformato in un inferno di fuoco e cenere, le si parò innanzi una figura, che si stagliava minacciosa sul panorama di morte. Un vaticinio funesto che fece rabbrividire l'indovina. John, Zatanna e gli altri, preoccupati per lei, le chiesero quale fosse il motivo di tanta angoscia. Ella descrisse meticolosamente cosa le era apparso e tutti caddero vittime di un forte sgomento.

- Possibile che... - farfugliò Zatanna.
- Cosa, Zee? - le chiese Faust.
- Che quel tenerone di Eclipso abbia rimpiazzato Tala con un nuovo ospite? - li interruppe Constantine.
- Ci hai pensato anche tu...? - domandò la maga.
- Ho imparato che se ti aspetti sempre il peggio, non sbagli mai - biascicò lo stregone inglese, cercando di tenere la sigaretta con i denti.
- Ma... In quale futuro Eclipso avrà la possibilità di scatenare un'apocalisse? Se l'abbiamo fermato una volta, basterà rifarlo, no? - chiese June, mentre si sforzava di celare la paura che provava in quel momento.
- Aspettiamo a elaborare teorie, ok? - disse Lucifer. - Quando avremo qualcosa di più concreto in mano, potremo fare qualche ipotesi. Tanto non possiamo evitare l'avverarsi di un futuro di cui non conosciamo un bel niente.
- Io tornerò alla palude - affermò Swamp Thing. - Non posso proteggerla se sono qui ad aiutare voi. Devo impiegare tutte le mie forze nella difesa del Verde.
- Comprendiamo, Alec. Va' pure - lo rassicurò Zatanna, stringendogli la mano piena di edere e foglie.

La creatura vegetale lasciò il salotto e andò via. L'atmosfera che si creò dopo l'abbandono di Swamp Thing parve leggermente diversa: era la stessa di sempre, se non per un accenno di malinconia. Il resto della squadra si congedò e, uscendo dal palazzo, si recò di nuovo a Gotham con una magia di teletrasporto di Sebastian.

- Venite. Sento che l'Oblivion Bar è da queste parti - disse lui. Raggiunta la porta magica, il gruppo entrò nel locale e si accomodò a un tavolo.
- Cerchiamo di stare tranquilli, adesso - riprese Faust. - Finché i nostri nemici non faranno la prima mossa, non potremo agire. Mettiamoci l'anima in pace.
- Sagge parole - mormorò John, facendosi portare da bere con un semplice cenno della mano. - Questa è la pace che intendo io - spiegò, scolandosi tutta la bottiglia di birra.
- Cristo, vacci piano - lo richiamò Zatanna.
- Dai, lascialo stare. Mi affascina chi la pensa come me - ridacchiò Lucifer, facendo materializzare un Martini cocktail nella sua mano.
- Sentite, secondo voi abbiamo bisogno di qualche alleato in più? - balbettò June. - Voglio dire... Tralasciando Lucifer, che ha poteri di livello universale, siamo tutti molto forti... Ma le nostre capacità basteranno?
- Suggerisci di reclutare qualcun altro? Sei sveglia, bambolina - si complimentò l'arcangelo.
- Potremmo chiedere a Boston, a Black Orchid... O a Frankenstein? - propose Sebastian.
- Deadman non è in città, Black Orchid è in viaggio in Perù per fermare i piani di alcuni fanatici religiosi autoproclamatisi divinità - asserì la prestigiatrice. - Credo che Frankenstein sia in missione per conto della S.H.A.D.E.
- Cazzo... - esclamò il mago. - Quindi dobbiamo accontentarci di ciò che abbiamo...

In quel preciso momento, un giovane uomo dal fisico possente e lo sguardo gentile andò da loro. Indossava una tuta rossa, con un grosso fulmine sul petto, bracciali e stivali dorati e un mantello con cappuccio bianco. Aveva occhi azzurri e capelli corvini.

- Se volete, io ci sto - canticchiò lui, mettendosi in posa con i pugni sui fianchi.

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