VII. His living masterpiece


"Marinetti, gli ospiti giapponesi, come dire..."

"Mh?"

"Mi inquietano un po'?"

"E cosa mai ti ha dato quest'impressione?"

Folgore emise appena un sospiro perplesso nel voltarsi verso il buffet.

Erano nel mezzo dei festeggiamenti, mano nella mano, palesemente ubriachi. Quello col complesso di Napoleone aveva bevuto troppo, l'altro invece si era complimentato per i funghi speciali usati in una pietanza - il che aveva lasciato interdetto persino Marinetti, di quali funghi stava parlando? Non c'erano portate con i funghi nel menù.

Però si stavano divertendo un sacco, ne era certo. Le espressioni lugubri di poco prima sembravano svanite e così anche la reticenza che avevano mostravo nell'integrarsi con il gruppo non bilingue: trovava in un certo senso interessante il modo febbrile in cui si muovevano – convulsi, scomposti e rumorosi come fino ad allora non erano mai stati – ed assottigliò lo sguardo su di loro.

"Quello rosso è decisamente andato." osservò quindi, escludendo Dazai dalla visuale, e stiracchiò le braccia dietro la schiena per sgranchirsi un po', "Non regge bene, eh? Poveretto. Tra un po' li sentiremo parlare di alta filosofia, chissà che non contribuiscano con qualche inventiva interessante alla serata."
Folgore, ancora perplesso, gli rivolse uno sguardo obliquo accortosi che, con quella mano sulla spalla, Marinetti lo aveva appena salutato. Non gli domandò dove stesse andando, ma restò a disposizione abbastanza a lungo da sentire la sua richiesta.

"Versagliene ancora, non te ne dimenticare"



Dazai non poteva dire di disprezzare lo spettacolo che Chuuya aveva dato di sé.

Il suo compagno raramente perdeva il controllo -e questo lui lo aveva capito da tante piccole cose, poteva percepire il suo sforzo di mantenersi composto e calmo anche dal modo in cui indossava i guanti- e quando accadeva... non era mai il tipo che gli avrebbe risparmiato brutte figure.

Anche se erano cresciuti in fretta in un ambiente ostile erano pur sempre ragazzini e quelli erano i momenti in cui i diciotto anni del demoniaco prodigio si facevano sentire.

"Wow, Chuuya! Non sapevo che ballassi così bene!"
"...ah? Che hai detto, bastar... -hic!- ...do?"
Il rossore non si era ancora convertito in senso di nausea, ma un singhiozzo involontario gli impedì di terminare la frase: quando poi Dazai abbandonò la presa del casquet sulla sua schiena, che fino ad allora l'aveva sostenuto in quella danza, si sentì scivolare nel vuoto come se fosse precipitato direttamente dalla Fortezza di Tobruk.

Il compagno ebbe quantomeno la premura di afferrarlo in tempo per un polso, prima che potesse veramente sbattere a terra in modo vergognoso – Chuuya rifiutò.

"Lasciami...!" si lamentò lui, mentre un senso di vertigine lo portò a tastare il pavimento sotto di lui con l'impressione che fosse semovente, "E cosa hai -hic!- da ridere, ah?!"

"Oh, niente!"

Non rideva solo lui ovviamente, ma tutto l'entourage di poeti incendiari. Benedetto aveva mostrato una qualche compassione per lui, ma dopo il terzo bicchiere di vino anche il suo senso del pudore aveva cominciato ad allentarsi – svanito come una nuvola fumosa. Aveva ancora uno schizzo del tango ballato dai due giapponesi e non ricordava come mai la sua camicia fosse sbottonata, ma non importava.

"Che avete da ridere voi... tutti?!"

D'Alba invece aveva partecipato al tutto battendo le mani al coro, così da incoraggiarli. Palazzeschi si era unito a loro, sfilandosi con una certa allegria il gilet. Non c'era stato bisogno di una lingua in comune, nell'ebbrezza tutti avevano avuto l'impressione di comprendersi alla perfezione - e la voce alterata e lagnosa di Chuuya ubriaco era divertente di per sé.

"Non prendertela, amico" commentò Benedetto facendosi aria con un pamphlet spiegazzato per costruirci un aeroplanino, "Ma a una gara di bevute perderesti miseramente!"
Il pensiero che quello fosse un insulto lo colpì solo perifericamente, ma avvampò comunque a causa di uno spossamento momentaneo. Era ancora in ginocchio e si arrampicò malamente con le braccia su una sedia per rimettersi in piedi, dimenticandosi poi cosa volesse fare: si voltò quindi confuso verso il vociare più forte, in un indistinto orizzonte liquido.

"Prendi quello che hai di più forte... hic! E vedremo..."

Anche il suo francese doveva essersi disciolto.

Benedetto scoccò uno sguardo confuso a Dazai, che potè solo stringersi nelle spalle.

E' andato, conveniva con lui: era stato divertente metterlo in imbarazzo e prenderlo un po' in giro, ma lo spettacolino era stato sufficiente – ora toccava a lui intervenire.

"Bene, Chuuya!" gli annunciò battendosi le mani sui fianchi "Tempo di andare a letto!"

"...eh? Insieme?"

"..."

"..."

"Con te?"

Dazai scoppiò a ridere ma questa volta toccò a lui piegarsi e portarsi una mano alla bocca – tanto violenta era stata l'ilarità quanto l'improvvisa sensazione di un conato di vomito. Aveva un tantino esagerato anche lui nell'alzare il gomito, doveva ammetterlo.

Chuuya sorrise, vendicativo, lo sguardo perso tra le statue dell'installazione della danza che in quel momento credeva i suoi veri interlocutori.

"Ho bisogno di un po' d'aria o di un bagno... e tu... vieni con me!"

"No...! Aspetta!"

Non gli lasciò molta scelta: afferrarlo per le spalle e portarlo via con lui, allontanandolo dal gruppetto che salutò calorosamente con un gesto delle mani, fu un gioco da ragazzi.

"E la sfida?!"

No, non gli permise neppure di portarsi l'ultimo calice pieno.



Era riuscito a scendere di un paio di piani prima di perdere fiato.

Appoggiò Chuuya con la schiena a una parete, lasciandolo seduto in un punto del corridoio abbastanza coperto – un paio di volte gli scivolò mollemente tra le mani, ormai in uno stato di semicoscienza dettato dall'ebbrezza.

"Mh... no, così mi sgualcirai il cravattino..."
"Non essere sciocco," gli sussurrò severamente Dazai, insistendo nello scioglierlo, e per permettergli di respirare meglio gli spalancò anche il gilet e la camicia fino al terzo bottone: restò per un po' ad osservare il petto di Chuuya gonfiarsi e sgonfiarsi ritmicamente chiedendosi cosa fare di lui. Era talmente ubriaco da non riuscire a opporre alcuna resistenza, non riusciva neppure a tenere la testa dritta senza che inconsapevolmente gli cascasse sulla spalla sinistra.

"Chuuya..."
A quel punto si guardò intorno con circospezione: ora che non c'era nessuno a vederli poteva anche smettere la farsa. Lui, al contrario di Chuuya, era sobrio: aveva simulato lo stato di ebbrezza per avere la scusa per potersi allontanare con lui indisturbato.

La ricerca di un bagno o di uno spazio d'aria non erano state di suo reale interesse sin dall'inizio: aveva già perlustrato la fortezza e sapeva come accedere a ciascuno dei due, quello che continuava a tormentarlo era una certa stanza in quell'area.

I suoi passi controllati ticchettarono appena sul pavimento di metallo di quel corridoio, fino a che non si arrestarono di fronte ad una porticina di metallo. Aveva catturato la sua attenzione sin dall'inizio poiché, mentre la Fortezza era tutta finemente arredata, quella era l'unica porta composta in quel modo: non c'erano vetri, non c'erano spiragli, rassomigliava a una via di mezzo tra porta blindata e cella d'isolamento.
Chissà cosa nascondeva.

Se solo Chuuya fosse stato un po' più sveglio...

"Mi lasci fare tutto il lavoro da solo, non è carino." sospirò tra sé e sé, nell'impossibilità di forzare la serratura con Tainted Sorrow, "Vediamo..."
Si ritrovò scioccamente nell'indecisione tra il tentare di scassinare la serratura con una forcina o il bussare per ottenere una reazione – sì, la seconda sarebbe stata una gloriosa entrata in scena, decisamente da lui, ma valeva la pena rischiare? Ah, sperò davvero che una forcina bastasse a forzare una serratura così particolare.

Straordinariamente però funzionò: l'ingranaggio cedette alla sua manovra -fin troppo facilmente, si disse- e in un attimo nascose la forcina tra le bende che gli fasciavano il braccio sinistro; a quel punto afferrò la maniglia, premendo con cautela.

Riuscì a scorgere un solo, buio spiraglio dell'interno quando sentì improvvisamente il fiato di una persona sul collo. Trasalì con un brivido freddo, e poi sentì la sua voce.

"Cosa stai cercando?"

Dietro di lui non c'era Chuuya, bensì Marinetti.

Non l'aveva sentito arrivare, né aveva sentito la sua ombra, e quella mancanza di previdenza lo fece sentire per un momento in pericolo – sul volto del futurista però non riusciva a leggere sospetto o rabbia, la sua espressione piatta non comunicava niente.

E in una frazione di secondo doveva fornirgli una scusa formidabile.

"...Marinetti! Mio poeta incendiario, mio grande amico futurista! Grazie al cielo sei qui!" esclamò, rianimatosi improvvisamente, e agitando in aria le braccia in modo drammatico – impossibile non essere distratti da quel movimento, "Stavo cercando il bagno! Il mio amico, quello là dietro, è ubriaco fradicio e ha proprio bisogno di una rinfrescata!"

Il tic. Durò solo un attimo: Marinetti ammiccò impercettibilmente l'occhio destro in quel tic.
"Oh" fece poi, ciondolando con la testa di lato, "Hai sbagliato strada, allora. Il bagno è da quella parte."
Come previsto, gli indicò vertendo indietro il pollice il corridoio opposto, quello che riconduceva alla scala: Dazai stirò un sorriso grato, confezionato quasi a meraviglia, e poi si colpì la fronte con le nocche della mano destra.

"Che sbadato! Era dall'altra parte... grazie, grazie! E grazie anche da parte del mio sciocco amico!"

"Fai attenzione."
Gli suggerì lui, bonariamente, lasciando che andasse a prendere l'amico che aveva lasciato sprofondare in un sonno rumoroso – non si mosse più dalla sua posizione, difendendo implicitamente la porta. Dazai intese che non avrebbe potuto più entrarci, in quel momento sarebbe stato rischioso: così si passò il braccio sinistro di Chuuya intorno alle spalle e lo issò su con un lieve sforzo. Era più pesante di quanto ricordasse.

"La Fortezza è immensa, potresti perderti. Ed allora chissà cosa accadrebbe..."



Una volta raggiunto il lussuoso bagno della Fortezza Volante, Dazai mise Chuuya a sedere sul ripiano di ossidiana dei lavandini, cercò di fargli mantenere un equilibrio precario con il busto contro lo specchio e poi gli spruzzò addosso senza troppi complimenti il doccino acceso.

L'acqua inzuppò rapidamente i vestiti stretti, delinando i suoi lineamenti più del necessario, e scivolò gelida sul petto nudo; inizialmente Chuuya fu troppo debole per opporsi, ma la doccia fredda gli fece esprimere dapprima un mugolo di fastidio e poi lo portò a combattere spostandosi con il torso.
"Mh...ma che cosa...?"

Dazai impietosamente continuò quella tortura puntando il getto sulla faccia.

Chuuya lo subì, poi interpose una mano per potersi schermare: solo quando lo sentì tossire Dazai chiuse il rubinetto, fissandolo con sguardo severo mentre cercava di riprendere fiato.

"Alzati. Non posso portarti con me in questo stato."
"Ma che cazzo, Dazai!"

A quella protesta il braccio bendato del mafioso si interpose tra lui e lo specchio, tagliandogli una possibile via di fuga e costringendo ad affrontare il suo sguardo: gli occhi ancora arrossati dall'ubriachezza di Chuuya faticavano a distinguere la sua espressione, ma era certo di aver scorto una ruga di disappunto sulle sue labbra.

"Non dimenticarti il motivo per cui siamo qui. Un'imprudenza come quella di oggi potrebbe costarci molto caro..."

"Ah... ora sì che ti riconosco, demoniaco prodigio..." si lamentò quindi, emettendo un gemito infastidito – non era nelle condizioni adatte per affrontare un discorso di quel genere, ma gli sorrise sfrontatamente, "Sono certo che non è lo stordimento... sei diventato improvvisamente serio."
"Chissà" sospirò l'altro che, ottenuto ciò che voleva, si allontanò di un passo, "Ma dobbiamo cercare un riparo e consultarci. Qui... non è sicuro..."

"Quel Marinetti," Chuuya parve sia ammirato che infastidito a quel pensiero, "Non ti ha perso di vista per un attimo, da quando tu... da quando tu..."

"Non è importante. Forza, adesso andiamo!"

Scacciare quel brutto presagio con un sorriso dipinto su una poker face però non fu semplice.

Dazai stesso in realtà aveva l'impressione che non fossero mai effettivamente soli: c'era evidentemente qualcosa che gli sfuggiva, un tassello mancante, ma finché non l'avesse scoperto non avrebbe potuto riposarsi in pace – quanto a Marinetti, avvertiva ancora il retrogusto amaro sul palato da quando gli aveva parlato.



Circospetto, silenzioso, fu Marinetti ad aprire la camera dei segreti.

La porta si aprì e dietro di essa scorsero insieme gli ingranaggi armonici delle serrature e dei chiavistelli, preannunciando il suo arrivo. Era una stanza assolutamente spoglia, quasi del tutto buia, e geograficamente era anche la più profonda e centrale della fortezza: quel che cercava di tenere al sicuro al suo interno era un essere umano.

Un ragazzo.

Difficile attribuirgli un'identità, deumanizzato com'era dalla sua condizione.

Era sospeso nel vuoto tramite un intricato sistema di catene: due ganci affondavano nelle costole, tendendogli la pelle fino a sformarla, mentre delle catene d'acciaio sostenevano busto, ascelle, caviglie e terminavano in un giro intorno alla gola casomai al prigioniero fosse venuta voglia di ribellarsi: il reticolato che lo imprigionava senza mai spezzarsi sembrava frutto di una complicata arte giapponese, e il prigioniero era l'installazione d'arte in movimento di cui Marinetti era più geloso.

Naturalmente non era in vendita, e la sua esistenza era segreta.

"Ho visto gli uomini del Vate alla festa."

Il prigioniero ebbe un sussulto spontaneo a quelle parole, ma si ritrovò a mordere disperatamente il bavaglio per il dolore - relegato al buio da una benda nera che gli copriva gli occhi e all'immobilità dalle catene serrate, non poteva che esprimere la sua presenza tramite mugugni soffocati a causa del morso che Marinetti gli aveva infilato. C'erano sicuramente attrezzi più moderni usati in certe pratiche private, ma sfortunatamente aveva fatto progettare apposta dai suoi ingegneri un apparecchio simile alle briglie di un cavallo che terminava in un lungo cilindro di ferro: quando batteva i denti contro il metallo li contava sempre credendo di averne perso qualcuno.

"Non agitarti: è impossibile che raggiungano il nucleo della fortezza."

Vedere scorrere quella lacrima al di sotto della fascia scura non scosse l'animo del suo aguzzino.

Non aveva avuto pietà della sua giovane età, del suo aspetto pietoso, della sua sensibilità: Marinetti non aveva pietà di nessuno.

"Piuttosto gioisci con noi: questa notte sarà festa anche per te!"




+++

Angolo dell'Autrice


Ciao a tutte!

Continuo a essere senza una dimora precisa, ma mentre mi sposto da una parte all'altra sono riuscita ad aggiornare.

Questa volta per farmi perdonare un po' per l'attesa non ho tagliato il capitolo che, come potete vedere, è più lungo degli altri. Non vedevo l'ora di arrivare (a pubblicare) questa svolta nella storia e mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate, anche magari sentire qualche supposizione su cosa sta succedendo secondo voi *coff*

Inoltre ho fatto una modifica: la parte di Atsushi nel primo capitolo per il momento è rimossa, ho deciso di fare una cosa più lineare e parlare prima della nascita della Soukoku e poi del loro incontro dopo quattro anni, perchè il modo in cui sto tagliando i capitoli non è molto efficace. Avevo intenzione di aprirne ognuno con un flashback e... beh, ci credete che questo capitolo sette chiude l'intero primo capitolo, tutto spezzato? xD

Il pezzo con Atsushi quindi ricomparirà più avanti, nella parte che si ricollega al primo capitolo. Per il momento godetevi Chuuya ubriaco che balla!

Come sempre, grazie per i voti alla storia!

Non sono riuscita nemmeno questa volta a ringraziarvi personalmente, quindi colgo l'occasione di farlo qui!

Se volete aggiungetela anche all'elenco lettura: sto cominciando a capire come funziona wattpad e ho notato che la mia storia è invisibile grazie al fatto che ha il rating rosso, in poche parole si trova solo facendo passaparola... non me la sento di togliere il rating rosso o di fare una versione uncensored perchè non si capirebbe nulla e, come avrete capito, questo capitolo è uno dei motivi per cui non posso farlo. Quindi sarei molto grata se mi aiutaste con l'elenco!

Io non sono capace di spammare ed effettivamente non conosco altri amanti di Bungou...

Detto questo, al prossimo aggiornamento!

Grazie per aver letto fin qui! :)

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