IV. Spectacular Dreams
Fortezza di Tobruk
Quattro anni prima
Abbandonate tutto ciò che conoscete.
Questo recitava l'indicazione all'entrata: si inoltrarono in un mondo sconosciuto e surreale.
L'interno della fortezza, freddo e metallico, era strutturata come un'immensa nave da crociera.
Vi erano diversi piani e scomparti, ascensori rapidi e scale gemelle, ogni cosa però era costruita senza simmetria: nonostante la struttura fosse estremamente solida dava spesso l'impressione che giocasse troppo sui punti di equilibrio e che il sostegno sarebbe potuto venire a mancare sotto i piedi in qualsiasi momento.
I corridoi inoltre, sviluppati in arcate a sesto acuto entro le quali vorticavano incessantemente ingranaggi di grandi dimensioni, creavano un senso di smarrimento nello spettatore - perdersi era facile, fin troppo facile, come vagare ininterrottamente per un labirinto di specchi.
In più, si erano divisi.
Era tutto a beneficio del piano naturalmente: dal momento che avevano poco tempo prima dell'inizio della manifestazione, avevano concordato che uno dei due avrebbe esplorato la fortezza per informarsi il più dettagliatamente possibile sulla struttura, la fisionomia ed eventuali punti deboli, l'altro invece avrebbe avuto il compito di recarsi al ricevimento e raccogliere quante più informazioni era possibile ottenere su Marinetti e i Futuristi; quindi avevano giocato il ruolo più scomodo tramite una scommessa.
"Scommetto che riesco a bere questo bicchiere di vino sotto il tuo cappello senza toccarlo."
"Stronzate."
Stronzate, si ripeteva Chuuya mentre ticchettava il bordo del calice di vetro nell'enorme salone adibito al ricevimento – un ampio spazio con un soffitto alto come quello di una cattedrale, pareti con particolari intarsi nel metallo che a volte scorrevano e si arricciavano prendendo vita, un palco costituito da un'enorme scala culminante in un trono posto al di sotto di un orologio il cui enorme quadrante metteva gli ingranaggi a nudo. Il rosso aveva fatto il suo ingresso trionfale su un banale tappeto rosso che conduceva sino alla scala, con la persistente impressione di essere stato catapultato in un altro mondo: l'esasperante attesa -durata due ore rigorosamente in piedi, un'eventualità che l'aveva fiaccato e irritato- era però valsa ogni minuto quando al dispiegarsi di un sipario vermiglio si era aperta la vista sul l'interno della fortezza.
Avrebbe voluto che il compito del collega toccasse a lui, invece oltre la sconfitta tutto ciò che aveva ottenuto era stato un dozzinale 'in fondo tu conosci così bene il francese!' d'incoraggiamento da parte di Dazai prima che questi si allontanasse. Maledetto Dazai, e poi nessuno lì parlava francese.
Palazzeschi, Benedetto, D'Alba... troppi nomi difficili da ricordare.
In brevissimo tempo era venuto a contatto con una ventina di invitati, dei quali gli erano rimasti impressi meno della metà: un carosello indefinito di volti simili, amichevoli, sorridenti – tutti uomini vestiti con pantaloni neri, eleganti giacche e cravatte. Non aveva avuto ancora il tempo di distinguerli a dovere, ma ricordava nitidamente che D'Alba aveva i suoi stessi gusti in fatto di vino.
Chuuya aveva ricambiato ogni stretta di mano con aria confusa rincuorandosi del fatto che Dazai, che non gli sarebbe comunque stato di aiuto alcuno, non fosse lì presente a canzonarlo domandandogli suggerimenti sui nomi degli ospiti. Di quel passo integrarsi nell'ambiente sarebbe stato complicatissimo, già la loro nazionalità li faceva spiccare come estranei... se non intrusi. Poi era finito ad un tavolo insieme a tre artisti, due di cui mori che ancora faticava a distinguere se non grazie alla scelta differente del gilet.
"Il tuo amico ti ha fregato" gli aveva detto Benedetto, se ricordava bene il suo nome; un uomo snello, asciutto e dai capelli rossi come i suoi, che annacquava italiano e francese per imbastire la conversazione "E' una scommessa che è impossibile perdere!"
Non aveva capito bene cosa significasse, ma quando ne avevano tutti riso la sensazione di essere stato nuovamente gabbato da Dazai era diventata una solida realtà. Sospirò sconsolato: ormai non avrebbe dovuto più nemmeno sorprendersene.
"Ti chiami Benedetto, è così?"
"Sì."
Enzo Benedetto, per la precisione. Chuuya in realtà non aveva ancora capito quale fosse il nome e quale il cognome, era un miracolo che ricordasse uno dei due: se pensava che avrebbe potuto essere in un cafè francese a parlare con Baudelaire e Hugo e invece era intrappolato in una fortezza gelida a chiacchierare con degli sciroccati...
"E sei un amico di Marinetti?"
"Sì."
"Vi scrivete per lettera."
"Sì," l'altro assunse una smorfia incuriosita, "Discutiamo di arte. Tutti i presenti conoscono personalmente Marinetti, chi più, chi meno."
Interessante. Finalmente gli aveva rivelato un'informazione interessante, dopo tutti quei discorsi assurdi sulla cromo-paro-libera! Chuuya sentì un leggero alito di speranza riaccendersi in lui.
"Non l'ho ancora incontrato... posso farti una domanda? Che tipo è?"
"Ah, Marinetti..."
Era sempre così.
Fino a quel momento ne aveva sentite di tutti i colori sul suo conto.
E' un grande artista, gli aveva detto Benedetto.
E' un pessimo cuoco, aveva scherzato Palazzeschi.
E' sicuramente un romantico, così sosteneva D'Alba.
E poi un poeta, un innovatore, un inventore, un grande critico, un'ispirazione, un folle, un sognatore... di tutte le cose che aveva udito sul suo conto di una cosa Chuuya era ormai certo: quel Marinetti doveva esercitare grande fascino su tutti i Futuristi. Questi ultimi invece gli avevano dato l'impressione di essere un allegro circolo artistico, forse un po' tanto esagitato: sembravano tutto fuorchè un'organizzazione al livello di poter destare preoccupazione nei vertici della Port Mafia. L'avrebbe definita un'organizzazione di terz'ordine, un gruppo di utopisti senza speranza... l'esperienza però gli aveva insegnato che dietro ogni facciata potevano nascondersi grandi insidie.
Era ancora presto per trarre conclusioni.
Sperò che Dazai se la stesse cavando meglio di lui...
A volte faceva ancora quel sogno.
Saliva sulla Yokohama Marine Tower, spiegava le braccia e si lasciava cadere giù.
Forse era per quello che era inevitabilmente attratto dalle altezze – esponendosi a un rischio così grande cercava un brivido trasportato dalla brezza. In quel momento sulla sommità della fortezza tirava un vento fortissimo: Dazai aveva potuto finalmente riposarsi appoggiandosi a una ringhiera che al tocco aveva impercettibilmente vibrato.
Dopo una lunga esplorazione era giunto alla fine e aveva deciso di prendersi una pausa: aveva già memorizzato il percorso a ritrovo tramite la posizione delle sculture nascoste dai veli e di quegli inquietanti quadri delle mani, tante mani, così tante mani che sembravano volerlo ghermire in qualsiasi angolo delle stanze; non credeva di avere altro da esplorare.
Certo, aveva annotato le stranezze della fortezza, come ad esempio la sua eccessiva mobilità, lo stile articolato della struttura e altre chicche architettoniche che presto sarebbero state un vago ricordo su qualche progetto edile. Dazai si era sempre detto un uomo incapace di comprendere l'arte moderna, per cui aveva cercato di scorgere l'utile e l'essenziale dietro le decorazioni che ingannavano l'occhio – così la prima cosa che aveva notato era che non vi era alcuna uscita: non una scala che conducesse a terra, non un'uscita di sicurezza, neppure una finestra che sarebbe stato possibile aprire senza spaccarne il vetro.
Non mi piace, aveva riflettuto mentre guardava il vuoto, sembra tutto una grande trappola.
Avrebbe voluto chiedere una conferma a Chuuya riguardo l'atmosfera, soprattutto sul se e quanto gli ospiti sospettassero della loro presenza, ma nel buio di quel cielo notturno così alto che non si riusciva a vedere un fondo una strana malinconia l'aveva assalito.
Scavalcò la ringhiera di sicurezza ponendosi di spalle ad essa, lasciando che il vento lo scuotesse impetuoso. Sperò di provare qualcosa, ma anche in quel momento non provò nulla: nessun senso d'angoscia, nessun senso di pericolo, nulla lo scuoteva dall'oblio dei sensi in cui versava da anni.
Dubitava che la manifestazione di Marinetti potesse suscitare in qualche modo sentimenti di speranza nel suo animo infelice, senza contare che avrebbe dovuto distruggere ogni cosa; nemmeno rischiare la vita ogni giorno per la Port Mafia lo portava a provare quell'attaccamento per la vita che dava la forza di sopravvivere, di andare avanti.
La Chiave, la Fortezza, il Vate. Era tutto così inutilmente complicato. Chiuse gli occhi emettendo un sospiro sconsolato e lentamente spiegò le braccia, lasciando che la brezza lo accarezzasse e gli facesse provare l'oscillazione di una perdita di equilibrio imminente. Se si fosse lasciato semplicemente scivolare giù... sarebbe bastato così poco, sarebbe stato così semplice...
"Non farlo!"
La piacevole sensazione di scivolare nel vuoto fu bruscamente interrotta da uno strattone che gli mozzò il respiro. Qualcuno si era sporto dalla ringhiera per lui e gli aveva afferrato la giacca con delle mani forti arrestando la sua caduta verso il baratro: Dazai si scosse, opponendo resistenza, ma l'altro ebbe ragione di lui e quando riaprì gli occhi si scontrò con dei tenaci occhi azzurri sotto sforzo infossati da occhiaie livide.
Il suo soccorritore era un giovane che in statura e corporatura gli era molto simile, di qualche anno più grande, con dei capelli neri scarmigliati che il vento aveva completamente disfatto, denti bianchissimi e uno strano cravattino che stonava con l'impratico completo elegante.
Alla fine ebbe la meglio e riuscì a trascinarlo sulla piattaforma, accasciandosi a sua volta sdraiato sul pavimento per la fatica mentre prendeva ampie boccate d'aria. Dazai era pervaso da un'insoddisfazione cieca, ma allo stesso tempo era interdetto da quel gesto e non intervenne finché non fu l'altro a richiamarlo una volta rialzatosi col busto.
"Grazie al cielo! Temevo di essere arrivato tardi."
...tch. Maledetto guastafeste.
Gli dispiaceva non aver potuto sperimentare un suicidio così spettacolare, ma ormai era costretto a rimandarlo – o quantomeno assicurarsi che la volta successiva non ci fosse nessuno sul tetto. Sospirò ancora e l'altro l'interpretò come tristezza e sollievo.
"Non so cosa ti abbia spinto a quel gesto, ma ti prego di desistere. Sono ancora tante le cose che credo tu debba vedere prima di morire, altrimenti perché avresti viaggiato fino all'altra parte del mondo?"
La mente di Dazai cominciò a snebbiarsi: pur restando appoggiato di schiena alla ringhiera, ancora con le gambe distese sul pavimento e la testa bassa mentre riprendeva un respiro regolare, afferrò qualcosa che risvegliò il suo interesse.
"Vedi... i miei occhi hanno visto cose terribili... più di quanto tu possa immaginare." accennò quindi, mentre un sorriso tutt'altro che tiepido si allargava sulle sue labbra, "Credi di riuscire a farmi cambiare idea?"
"Certamente. Lascia alle tue spalle questi ricordi del passato: la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova e oggi, in questo evento straordinario, te la mostrerò. Più di ogni cosa io credo nel futuro."
A quel punto non c'erano più dubbi. Il sorriso si tramutò in una risata bassa, a labbra serrate, che per un po' non riuscì a interrompere. Solo allora tese la mano al suo soccorritore affinché lo aiutasse ad alzarsi.
"Non avresti dovuto salvarmi questa sera, Marinetti..."
+++
Angolo dell'Autrice!
Ciao a tutti!
Come potete immaginare, il motivo per cui questa volta compaiono gli OC è... preciso.
Nell'altra storia gli OC sono stati le mie pedine sacrificali, ma è stato un piacere per me incuriosire una lettrice sulle opere di Kawabata. Per quanto riguarda i Futuristi: questa volta temo di fare uno scempio nostrano, ma sono una corrente che vale davvero la pena di approfondire dato che spesso non vengono trattati in nessun libro di testo. Fu la mia professoressa del liceo a farmici appassionare - ho sentito persino la musica che producevano!
Ovviamente la versione dei Futuristi della mia storia è molto fantasiosa, cerco di essere in linea con la serie di BSD, e a proposito di Marinetti... dato che i capitoli sono stati tagliati in modo più breve servirà un po' di tempo per conoscerlo, ma datemi fiducia! Ho delle belle sorprese per i prossimi capitoli.
Grazie per aver letto fin qui e se vi fa piacere lasciatemi un commento o una stellina!
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