III. Tobruk, the Flying Fortress
Roma, quattro anni prima
Villa del Corso, Villa Borghese, due cappuccini per piacere, proprio come diceva la canzone.
Questo era tutto ciò che avevano potuto permettersi a Roma prima che un pesante acquazzone si abbattesse sulle loro teste: mentre il compagno si lamentava di quanto fosse stato uno spreco arrivare all'altra parte del mondo per poterla osservare solo dalla vetrata di un bar, l'irritante canzoncina si era impossessata di Dazai che, dopo averla sentita un paio di volte, non poteva fare a meno di canticchiarla.
Chuuya sospirava sconsolato.
L'Italia non era come se l'era immaginata, un luogo di classe in cui si distillavano vini pregiati e in cui giravano ancora Lambretti e Cinquecento come nella Dolce Vita. A dirla tutta un'aura rustica e un po' decadente permeava il tutto. Non avendo niente da fare sfogliava il depliant del programma dei Futuristi - tanti bei propositi per ammodernare e rivoluzionare la città, e gli faceva tanti auguri per la titanica impresa, chissà che non fosse poi meglio.
"Dazai... è da un po' che ci penso..."
"Mh?"
"Davvero apparirà qui?"
Dazai non gli rispose, voltò lo sguardo verso la vetrata appannata su cui scendevano rivoli d'acqua. Il lungo divanetto che avrebbe costituito un posto per due l'aveva preso tutto per sé, approfittando dell'assenza di clienti nel bar per sdraiarvisi sopra e relegare Chuuya a una scomoda seggiola di legno con cuscino imbottito accanto a lui: poteva apparire molto distratto ma in realtà era concentrato sull'osservare la situazione all'esterno. Stava appena diritto col busto in modo da poter scattare rapidamente all'occorrenza.
Al contrario di Chuuya lui aveva visto qualcosa: un'anomalia, mascherata dal temporale livido.
Il compagno naturalmente sospettava qualcosa a sua volta, ma quell'atteggiamento lo irritava e gli faceva dubitare seriamente che si trattasse del genio di cui parlavano tanto nella Port Mafia. Lui non sarebbe stato di certo ad attendere che strillasse 'Eureka!' dopo una meditazione di qualche ora: no, piuttosto si sarebbe alzato e lo avrebbe risvegliato lui, magari con un pugno.
"Ehi! Mi hai sentito?"
Dazai continuò a fissare il vuoto, ma il suo sguardo fu turbato da qualcosa. Avrebbe voluto intimargli silenzio, ma non ne ebbe il tempo: senza alcuna spiegazione si lanciò contro il compagno, placcandolo forte con le mani sul petto e facendolo cascare a terra con lui.
Nello stesso istante le vetrate si frantumarono all'unisono, spaccate da un'impetuosa corrente. Le schegge di vetro che ne derivarono piovvero su di loro, posandosi come polvere sul divanetto, sulla superficie del tavolo e sul pavimento - Dazai fremette quando avvertì un dolore affilato alla schiena, ma combattè contro il tentativo di Chuuya di divincolarsi e capire cosa stava succedendo.
Il rumore era stato talmente forte da renderlo sordo per alcuni istanti, nemmeno le esclamazioni di Chuuya riuscirono a scalfirlo mentre l'anomala corrente cominciava ad alzarsi e a strappare persino le poltrone dalla loro sede originaria.
Sarebbe stato trascinato a sua volta inesorabilmente di quel passo, ma qualcosa glielo impedì: dal contatto che aveva stretto con Chuuya si propagò un'aura vermiglia che lo avvolse annullando l'effetto opprimente che la gravità esercitava sul suo corpo; l'abilità del rosso aveva risparmiato ad entrambi un'orribile fine ancorando entrambi al terreno.
Le nuvole accelerarono rapide, risucchiate in una direzione, mentre Dazai ebbe l'impressione che tutto intorno a lui tremasse e si scomponesse.
Tutto finì com'era cominciato e subentrò una tiepida calma.
La pioggia aveva ripreso a scendere sempre più fitta dando loro la piacevole conferma che lo scorrere del tempo era tornato alla normalità: Dazai potè finalmente trarre un sospiro di sollievo. Avrebbe voluto accasciarsi per la tensione, ma lo sguardo intenso di Chuuya su di lui non gli diede scampo e gli fece riprendere fisicamente coscienza della posizione in cui erano stati immobili fino a quel momento: un polso di Chuuya era stretto nella sua mano sinistra, mentre la destra stringeva ancora la stoffa del suo gilet e nella foga di spingerlo e trattenerlo giù gli aveva spiegazzato quella camicia sempre ordinatissima - sul volto del compagno era intinto un rossore dovuto alla rabbia.
Non gli avrebbe perdonato quell'umiliazione.
"Alzati."
Lo invitò lui, stendendogli un calcio volutamente debole allo stomaco in modo da costringerlo a spostarsi in fretta - e Dazai diede una buona prova di riflessi rimettendosi rapidamente in piedi. Buona ma non ottima perché il dolore alla schiena gli impedì di starsene perfettamente diritto.
"Se n'è andato?"
"Credo di sì..."
"Cos'è stato?"
"Non posso dirlo con certezza..."
Accennò Dazai, sopportando dignitosamente un'espressione sofferente. Chuuya lo raggiunse rapidamente e con un gesto altrettanto brusco afferrò una manica del cappotto e lo tiro giù - le schegge graffiarono in profondità la pelle del mafioso ma si staccarono. Dazai dovette flettersi sulle ginocchia stringendo le braccia sugli avambracci opposti per cercare un po' di stabilità.
"Non ti dirò grazie. Adesso però andiamocene di qui, questo posto è un disastro" sentenziò, cercando di assumere il tono decisivo che aveva nell'amministrare i suoi uomini, ma uno sguardo rapido e preoccupato prima di voltarsi tradì un certo dispiacere, "E quelle... beh, dovremo fare qualcosa."
"Non è niente."
"Stronzate!"
L'irritabilità che aveva fatto scattare la sua lingua fu fin troppo palpabile. Deciso che l'avrebbe lasciato indietro se non si fosse mosso, Chuuya scavalcò la vetrata per avere un veloce accesso all'esterno: una volta fuori però non riuscì più a muovere un passo.
La pioggia, che continuava a scendere fitta su Roma, si era fermata nell'occhio del ciclone - lo stesso che come un tornado aveva squassato il bar e tutti i palazzi intorno in un largo e devastante anello. Al centro, infatti, qualcosa aveva oscurato completamente il cielo fino a impedire alla luce di filtrare al di sotto. Un'apparizione terribile e sublime allo stesso tempo.
Dazai lo raggiunse, affiancandosi a lui mentre il vento frustava le loro figure immobili.
"Chuuya... abbiamo problemi più importanti di cui occuparci adesso."
Sulle loro teste levitava una piattaforma immensa fatta di diversi metalli intrecciati semoventi: alcuni davano l'impressione dello scorrere di fiumi, altri costituivano ingranaggi che giravano continuamente, altri pistoni, ciminiere, lastre acuminate, cannoni... il solo tentativo di provare a inquadrare tutto in un solo sguardo fece avvertire il capogiro a Chuuya.
Non aveva struttura che lo reggesse e la sua forma, dai contorni in mutamento perenne, appariva allo stesso tempo quella di un'oasi o di un cristallo frastagliato con lunghe punte acuminate.
Sembrava quasi un castello sospeso nel cielo.
Dazai, al contrario del compagno, comprese subito di cosa si trattasse.
"Guarda!"
"E' comparsa finalmente!"
"La Fortezza Mobile..."
Sentiva che la ragione d'interesse del Vate, se non della Port Mafia stessa, stava nella prigione di Tobruk: la meravigliosa fortezza volante era qualcosa di unico nel suo genere, un nucleo che attirava la città a sè. E in effetti Dazai era curioso di sapere come mai Marinetti fosse in possesso di una cosa tanto bella: persino Chuuya gli aveva detto che smantellarla per un capriccio del boss gli era sembrata una stupidaggine, quasi si sentisse anche lui un devastatore di un'opera d'arte.
"La nostra missione comincia adesso."
+++
Angolo dell'Autrice!
Ciao a tutti!
Sono finalmente tornata ad aggiornare Daybreak! Per chi fosse rimasto ancora qui e abbia aspettato il capitolo vi ringrazio infinitamente: so che l'attesa è stata davvero lunga, ma spero che sia valsa la pena. Ho deciso di seguire il consiglio di Persefone -che approfitto per salutare!- di scrivere capitoli più brevi ma più frequentemente e prima di pubblicare questo ho fatto in modo di sistemare le prossime scene così da non farvi aspettare troppo negli aggiornamenti. Dovrei tornare a pieno regime, salvo imprevisti.
Ultimamente mi sono imbattuta in una storia di recente pubblicazione molto simile alla precedente Soukoku che ho scritto e la cosa mi ha intristita un po'. Ovviamente non penso di avere avuto idee talmente originali o belle da essere degne di imitazione e potrebbe essere semplicemente un caso, ma quest'episodio per un po' mi ha scoraggiata dal proseguire con la pubblicazione tutte le mie storie su questo portale. Se vedrò comparire in quella storia anche la Fortezza di Tobruk allora, beh... si vedrà xD
Detto questo, grazie infinite per aver letto fin qui! E grazie ancora per aver aspettato il mio ritorno, per chi mi sta ancora leggendo. Ce la metterò tutta e non vi farò attendere così tanto per il prossimo aggiornamento! Se vi fa piacere lasciatemi un commento :)
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