32. Kenneth
Lo sceriffo era tornato in città.
Poteva sembrare una frase fatta di qualche film western di serie b, ma corrispondeva alla pura realtà.
Aveva subito pensato che a Darkvylle tutto era rimasto come l'aveva lasciato e, in cuor suo, non sapeva se questo fosse un bene o un male.
«Immagino che ora il capo sia di nuovo tu...» lo accolse Balver con sorriso amaro, ma allo stesso tempo sincero.
Kenneth scosse la testa, e ricambiò il gesto, sollevando un angolo della bocca in una specie di ghigno maligno.
«No, amico mio. Non sarà così, ma a tempo debito avrai una spiegazione» rispose, poi posando lo sguardo sui vecchi colleghi che trafficavano indaffarati per la stazione di polizia.
«Come vuoi tu, capo!» disse ironico quello che era stato per anni il suo vice.
Kenneth alzò il medio verso l'altro uomo e poi si schiarì la voce, facendosi serio.
«Mi dispiace per il quarterback, hai qualche novità sul suo caso?» domandò poi con tono cupo l'ex sceriffo.
«Qualche pista, siamo vicini alla soluzione, ma non vogliamo accada come col caso dell'anno scorso ... » ribatté Balver, ma fu poi interrotto dal collega.
«Ho fatto io un casino, voi non avevate colpa. Ma ti assicuro che ho rimediato, è stata tutta colpa dei Valenti. Hai la mia parola che pagheranno per quello che hanno fatto alla cittadina di Darkvylle in tutti questi anni.» parlà con fervore Kenneth puntandosi il dito al petto.
«Non ti seguo. Abbiamo arrestato la vera colpevole» mormorò confuso lo sceriffo.
«Valenti ha coperto la fidanzata della figlia. Lei era presente durante l'omicidio di Noah, ne sono certo così come lo sono del fatto che il suo tirapiedi ha nascosto il corpo di quel povero ragazzo nel lago. Sono stati quella famiglia di mafiosi, hanno organizzato tutta la messa in scena del suicidio di Sally Gravestone incolpandola di un omicidio che non ha mai commesso. Sto raccogliendo le prove di tutto, sono vicino alla verità e farò testimoniare tutti loro in un modo o nell'altro. Fosse l'ultima cosa che faccio» affermò con tono duro e determinato fissando l'altro negli occhi.
Balver lo ascoltò rapito, ma anche confuso, cercò di assimilare quelle informazioni e rimasi in silenzio.
«Perché me lo dici solo ora?» domandò dopo alcuni attimi di tacita riflessione.
«Non potevo compromettere le mie indagini, inoltre il caso, per ora, ufficialmente è risolto. Tu hai ottenuto il merito per questo e io posso continuare a fare luce sulle malefatte dei Valenti. Pensano di averla fatta franca, ma hai la mia parola che non sarà così.»
«Pensi c'entrino loro anche con la scomparsa di Ethan?»
Kenneth scosse la testa e mise le braccia conserte.
«No. La figlia ha un alibi di ferro, non era nemmeno nei paraggi della scena del crimine quella notte».
«Sei informato come se fossi stato qui...»
«Ho provato a dare una mano a modo mio»
«Apprezzo molto, grazie» asserì Balver poggiandogli una mano sulla spalla.
«In ogni caso, il ritrovamento di Spencer e del suo distintivo saranno la chiave per mettere dietro le sbarre quei mafiosi maledetti» sussurrò poi Kenneth.
«Lo immaginavo, lascio a te lavorare a questa cosa, io e Kowaski ci occuperemo del caso di Ethan».
«Spero che quel tipo sia la metà bravo di quanto eri tu come vice».
«Lo prendo come un bel complimento, comunque si è in gamba».
«Non montarti la testa pero. Ti lascio al tuo lavoro!»
«A presto, sceriffo!» concluse infine Balver stringendo la mano all'amico, che ricambiò la stretta vigorosa, per poi allontanarsi dall'ufficio.
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