24. Mia
Lo sguardo torvo della giovane passava da Balver a Kowaski in maniera ossessiva.
«Devo tenere per forza queste affari addosso?» chiese indicando con il capo le manette ai suoi polsi.
Lo sceriffo guardò il suo vice e sospirò, poi fece un cenno di assenso al collega.
L'uomo sembrò contrario a quell'ordine visto la sua espressione contrita, ma poi usò la chiave in suo possesso per liberare la ragazza da quella costrizione.
«Cosa volete da me?» domandò monocorde Mia.
Restò con lo sguardo fisso sul muro incolore dietro a gli agenti e si limitò a massaggiarsi il punto dove prima era imprigionata dal freddo metallo.
«Informazioni sui tuoi compagni di scuola, forse puoi aiutarci?» ribatté cordiale Balver, mettendosi seduto di fronte alla detenuta.
La bruna ridacchiò sardonica.
«E cosa ci dovrei guadagnare? Sentiamo!»
Mia si stiracchiò arcuando le schiene e portando le braccia verso l'alto.
«Una buona condotta può sempre servire, la pena può ridursi. Potresti tornare a casa prima coi domiciliari, avere dei permessi speciali... » incalzò Kowaski prima che potesse rispondere il suo capo.
Il vice si sedette appena sulla scrivania incrociando le braccia al petto.
La bruna schioccò la lingua sul palato, la sua espressione faceva trasparire un certo scetticismo.
«Mi paiono solo un mucchio di stronzate e promesse false. Non mi fido più di nessuno ormai» rispose secca poggiando le mani sul tavolo metallico di fronte a lei.
Picchiettò le dita sulla superficie, portando lo sguardo sui due uomini di legge.
«Possiamo aiutarti. Noi ci conosciamo ormai...»
«Lei non è lo sceriffo Kenneth! Non provi a imitarlo facendo il buono con me» sbottò improvvisamente Mia con uno sguardo infuocato verso il suo interlocutore.
«Ti stiamo dando un'opportunità, dovresti starci a sentire, ragazzina!» si agitò Kowaski rispondendo a tono, puntandole contro un dito.
Balver lo fulminò con lo sguardo.
«Lasciaci soli, grazie» ordinò glaciale al suo vice, gli indicò con il capo la porta alle loro spalle, invitandolo a uscire.
L'uomo scosse la testa, e senza replicare lasciò la stanza a passo spedito.
«Dovrebbe dirgli che con i ragazzi non si fa così» mormorò polemica l'ispanica alzando un sopracciglio.
Balver sospirò e si schiarì la voce. Poi distese le braccia, incrociando le mani e guardando in maniera compassionevole la persona che aveva di fronte.
«Voglio aiutarti, ma non posso farlo senza che tu lo faccia con me, qualsiasi informazione può esserci utile».
«Ero già rinchiusa quando è successo tutto, cosa posso sapere?»
Balver portò il busto in avanti, abbassando il tono della voce.
«Tu conosci bene tutti i possibili sospettati. Qualsiasi cosa tu sappia su di loro potrebbe aiutare le indagini».
Mia alzò lo sguardo sul soffitto bianco, era pensierosa, poi annuì in segno di assenso e mise le mani dietro la testa.
«Quindi, è probabile che, con quello che so, uno di loro finisca dietro le sbarre proprio come me?»
Domandò con tono maligno la bruna.
Lo sceriffo fu preso in contropiede.
«Se le informazioni coincidono con le prove che potremo trovare è probabile che venga fatta giustizia».
«Penso che dovremmo spifferare i segreti di tutti. Sarà divertente e magari arresteranno qualcuno» esordì l'Ombra, palesandosi dietro Balver in maniera improvvisa.
Mia la fissò e poi ghignò, l'uomo si girò e poi la guardò confuso.
«Tutto bene?» domandò al quanto inquietato mentre la liceale si passava una ciocca di capelli tra le dita.
«Quando possiamo iniziare? Devo firmare qualche accordo?».
Ignorò la domanda, determinata ad assecondare l'Ombra ancora una volta.
Lo sceriffo rimase interdetto, ma si alzò lentamente annuendole.
«Possiamo iniziare tra poco, ti lascio qualche minuto le riordinare le idee e bere un bicchiere d'acqua» concluse infine, per poi uscire dalla stanza.
Andò nella sala accanto dove c'erano i suoi colleghi.
«Quella ragazza mi preoccupa molto, ma può dirci qualcosa d'importante ...»
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