19. Katherine
La gola della ragazza ardeva, le labbra secche e l'espressione stanca lasciavano intendere quanto fosse tesa e preoccupata per quella situazione così stressante.
Lo sceriffo la osservò attentamente, gli sembrava l'adolescente più spaventata tra tutti quelli con cui aveva avuto un colloquio fino a qual momento.
Che avesse qualcosa da nascondere?
«Posso portarti qualcosa a bere? Stai bene?» domandò l'uomo gentilmente.
Katherine annuì e lo ringraziò con voce flebile, poi iniziò a sfregarsi nervosamente le mani.
Balver fissò il finto specchio nella sala per far capire che qualcuno doveva portarle dell'acqua.
«Puoi stare serena, ti voglio solo fare qualche domanda» provò a rassicurarla.
Tuttavia la giovane non sembrava per nulla a suo agio, nonostante il tono pacato usato dall'uomo.
«Ok, va bene, mi scusi non sono abituata a parlarle con la polizia» ribatté lei senza guardarlo in volto.
«Meglio che sia così, almeno non sei una che si mette nei guai» rispose lo sceriffo con un sorriso, che però la ragazza non poté vedere.
«Cerco di fare del mio meglio per non creare problemi ai miei genitori» mormorò lei con voce bassa, portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio e senza staccare lo sguardo smeraldino al pavimento grigio.
Entrò un agente con in mano un bicchiere d'acqua e lo porse a Katherine che ringraziò e se lo portò alle labbra.
Sembrò rilassarsi rispetto a poco prima.
Balver si preparò alla prossima domanda.
«Sono qui per via del mio collegamento con Mia?» lo precedette la cheerleader.
Lo sceriffo fu preso in contropiede, si schiarì la voce e scosse la testa.
«No, sappiamo che non sei coinvolta con quella faccenda».
La giovane bevve ancora dal bicchiere e poi finalmente guardò il suo interlocutore negli occhi.
«Volevo che sapesse che non c'entro niente con quello che le è successo questa estate» precisò, cercando di rimanere rilassata.
«Non è per questo che sei qui oggi o te lo avrei detto prima» disse l'uomo sistemandosi più comodo sulla sedia di alluminio.
«Risponderò a qualsiasi domanda, anche se non credo che avrò molto da dire, io non conoscevo...»
«Però conosci molto bene altre persone che noi reputiamo possibili sospettati».
Balver fu più diretto e meno cordiale di prima.
Katherine tornò fragile e impaurita e finì il bicchiere d'acqua.
«Io non ero a quella festa, sceriffo» confessò la bruna con un nodo alla gola.
«Lo sospettavamo, ma sei sicura che tu non fossi lì? Nessuno ti ha vista, è per quello che ti abbiamo convocato qui» sentenziò Balver severo.
La gamba di Katherine iniziò quasi a tremare da sola e poi si passò una mano lungo il viso provato e stanco.
«Mi sta forse accusando di qualcosa?»
La voce della liceale fu rotta dal pianto e i suoi occhi divennero lucidi.
Balver sembrò sentirsi in colpa per come aveva reagito la giovane.
«No, ma ho bisogno che tu sia sincera con me!»
Ci fu un lungo silenzio, rotto solo dal pianto soffocato di lei.
«Ero a trovare Mia. Nonostante non posso più vederla non sono disposta a lasciarla andare...»
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