6. Un giorno in più

📌 Irama


Mi hai insegnato a perdere e ora non puoi perdere più

Mi hai insegnato a vivere, ora devi farlo anche tu


Camille non sapeva più come comportarsi. Quello che aveva provato quando Charles l'aveva abbracciata non era assolutamente normale e sapeva di aver davvero oltrepassato di troppo le regole angeliche.

Era innamorata del suo protetto, inutile negarlo. Non le sarebbe servito a niente fare la finta tonta, anche perché - secondo il suo modesto parere - più che tonta era solo cretina.

Le scuole angeliche, tuttavia, esprimevano chiaramente il pensiero di Dio. Ricordava bene la sua Maestra, quella gran pu..., dire <<Gli Angeli hanno solo due regole. La prima è "Non innamorarsi del proprio protetto, chiunque esso sia", la seconda è "Non infrangere la prima">>

Di certo, Camille non poteva permettersi di far sapere la verità. Avrebbe perso i suoi poteri angelici e avrebbe lasciato Charles da solo ed era ancora troppo presto. In realtà, delle conseguenze che lei avrebbe avuto non gliene poteva importar di meno, era preoccupata per lui invece.

Avergli mostrato i suoi ricordi aveva significato aggiungere un ulteriore mattone alla parete del loro rapporto, ma forse Cami ne aveva aggiunti troppi, di mattoni. Era andata troppo avanti in quella specie di relazione e ora rischiava di perdere tutto.

Ma ne valeva la pena?

Da quello che aveva imparato a scuola, gli Angeli avevano la possibilità di chiedere un favore a Dio una sola volta e lui avrebbe cercato di risolvere la questione al meglio. Per tanto tempo, lei aveva pensato di chiedere di diventare umana, ma aveva sempre accantonato l'idea.

Sospirò, grattandosi la guancia destra. Charles si era addormentato e lei era rimasta da sola, in preda a tanti sentimenti contrastanti.

Quella sera avrebbero fatto la famosa follia di Capodanno e sarebbero partiti insieme in macchina, per questo il pilota si stava riposando. Non voleva rischiare di addormentarsi alla guida, soprattutto considerando che si sarebbe praticamente fatto male solo lui, data la chiara immortalità di Camille.

L'Angelo si fermò alla finestra, per guardare il sole. I raggi le scivolavano addosso, illuminandola, ma non riuscivano a riscaldarla.

Ripensò alla discussione avuta con la sua famiglia e si sentì triste. Avrebbe dato di tutto per avere un rapporto madre-figlia come quello di Pascale e Charles o Arthur o Lorenzo. Lei, invece, si ritrovava con una donna che la odiava.

Aveva deciso di non mostrare a Charles le poche parti dei suoi ricordi in cui Marguerite De Clairment tentava di volerle bene ma falliva e non riusciva a guardarla in faccia perché quello avrebbe significato regalare a quel pilota da strapazzo il lato più vulnerabile di sé e non era ancora pronta per un passo come quello.

Deglutì, scrutando minuziosamente il cielo. Non pioveva quel giorno, per fortuna, e c'era anche un clima abbastanza normale. Cami odiava il freddo, perché tutto le sembrava spoglio, quindi era contenta di dove vivesse il suo protetto.

L'Angelo rimase ferma lì per diverso tempo, a contemplare il paesaggio fuori dalla finestra. Le sembrava di impersonare un'anziana novantenne che non aveva niente da fare e che come unico passatempo aveva il fare la maglia. C'era solo un problema, lei non aveva né i ferri né l'abilità di toccarli.

La bionda si risvegliò dai suoi pensieri solo quando Charles iniziò a muoversi nel letto e a svegliarsi.

<<Buongiorno, demente>> lo salutò ridacchiando la ragazza, con un cenno della mano.

<<Buongiorno, demente>> replicò il monegasco, passandosi una mano in faccia e alzandosi a fatica <<Come stai?>>

<<Bene, grazie. Ma basta chiedermelo. Mi metti in ansia!>> commentò la creatura celeste <<Davvero, ormai ci sono abituata a litigare con la mia famiglia e vedere quei ricordi... bah, acqua di rose>> mentì. Mentì perché in realtà l'aveva distrutta.

E Charles se n'era reso conto, ma faceva finta di niente. Perché sapeva che se glielo avesse fatto capire, lei non avrebbe più detto una parola al riguardo.

<<Okay!>> il pilota si sfregò le mani, cambiando argomento <<Ascolta, verso che ora vogliamo partire?>>

<<Non lo so, però sicuramente prima di mezzanotte. Voglio vedere dove riusciamo ad arrivare per Capodanno>>

<<Perfetto, mi bastava sapere questo!>>

<<Senti una cosa, ma la tua famiglia non vuole passare questo giorno con te?>>

<<Ho già trovato una scusa abbastanza convincente. Tu non preoccuparti!>>

<<E quando l'avresti trovata, scusa? Sono stata sempre con te!>>

<<Beh, ne ho approfittato andando in bagno!>> le confessò, passandosi una mano tra i capelli <<Comunque sia, mangiamo qualcosa?>>

<<Tu mangia pure, io non ho fame. In realtà, non ce l'ho mai. Non ho lo stomaco!>> scherzò Camille, sdrammatizzando come al suo solito <<Forza, voglio vederti cucinare>>

<<Ah ah ah. Come se tu sapessi farlo!>>

<<Attento a non mandare a fuoco casa!>> gli gridò la ragazza, mentre camminava fischiettando verso la cucina e con le mani giunte dietro la testa <<Non vorrei morire>>

<<Sei una bastarda, Cami!>> replicò Charles, fermo lì. Si posò le mani sui fianchi e sospirò. Per quanto ancora lei avrebbe finto di star bene?

Rimase ad osservare il punto in cui il suo Angelo custode era uscito, stringendo i pugni. Cami aveva fatto di tutto per aiutarlo, arrivando anche a concedergli di vedere la parte più fragile di sé, e lui ora si sentiva impotente, di fronte alla sua tristezza.

Che cosa poteva fare per farla ridere?

<<Charles!>> lo chiamò Cami <<Sei morto lì?!>>

<<Arrivo!>>


Il momento della partenza era quello che entrambi aspettavano di più. Non vedevano l'ora di saltare in macchina e non fermarsi. La voglia di provare libertà era il desiderio più forte.

Charles sospirò, era la prima volta che guidava dopo aver perso il mondiale. Posò le mani sul volante e chiuse gli occhi per un istante. Le immagini di lui che usciva di pista erano vivide nella sua mente.

<<Non farti prendere dal panico, stupido>> gli disse subito Camille, intuendo, poggiando la testa contro il sedile e stirandosi un po'.

<<Il tuo scopo di vita è insultarmi ad ogni frase?>> replicò il monegasco, allungandosi e tirando un buffetto alla ragazza.

<<Potenzialmente>>

<<Cami...>> sussurrò Charles, dopo istanti di silenzio assoluto <<Io non so se posso farcela. Non so se mi sento pronto per guidare>> finché non era salito in macchina non se n'era reso conto.

<<Okay, ascoltami>> l'Angelo si drizzò, ruotando il busto e guardando il ragazzo dritto negli occhi <<Non ti senti pronto ed è normale. Ma tu sei nato per guidare. La Formula 1 ti rende felice e devi riuscire a ricordarti quella sensazione. Un po' come il primo amore, no? In ogni relazione, rivedrai sempre i tratti della prima. E deve essere così anche mentre guidi. In ogni metro, dovrai rivedere quella sensazione. Hai vinto tante gare, Charles. Ricorda il brio. Ricorda la sensazione di gioia e appagamento!>>

Carico e forte dell'incoraggiamento di Camille, il monegasco si decise a girare la chiave e a mettere in moto la macchina. Il rombo del motore gli inebriò le orecchie e subito si sentì potente.

La ragazza, d'altro canto, se lo aspettava. I motori erano sempre stati parti fondamentali della vita del suo protetto e immaginava che avrebbe avuto paura di sporcare i suoi ricordi più belli, così si era preparata un discorso che sapeva avrebbe fatto centro.

Lo conosceva proprio bene, quell'idiota.

Camille sorrise, quando Charles sgommò. La velocità non era mai stata un problema e mai lo sarebbe stata. Almeno per uno come quel depravato del suo protetto.

<<Wow...>> si lasciò scappare lui, scuotendo la testa <<Non riuscivo a ricordare l'ultima volta che mi sono goduto una guidata>>

<<Beh, d'ora in poi avrai questo ricordo. Che, dai, ammettiamolo, è perfetto soltanto perché ci sono io!>> ironizzò Camille, facendo ridere Charles.

<<Sì, sì. È stupendo già solo per questo!>>

<<Oooh, grazie, tesoro! Sono così felice di sapere che lo pensi di testa tua e non solo perché te l'ho appena detto io e non vuoi fare figuracce! Grazie!>> sorrise Cams, scrollando le spalle. Si divertiva proprio a prendere in giro Charles, soprattutto perché lui ci cascava davvero sempre.

<<Nemmeno a capodanno smetti di prendermi in giro? Potrei seriamente offendermi, un giorno o l'altro!>> fu la risposta.

<<Povero stellino... ti offendi? Ti sei fatto la bua?>>

<<Il problema è che non puoi morire...>> sibilò Charles, curvandosi con il corpo verso Camille <<Altrimenti ti avrei già scaraventata giù dalla macchina>> e poi le rivolse un gran sorriso, di circa 75 denti.

<<Certe volte vorrei essere nata come Beethoven>>

<<Un genio della musica?>>

<<Sorda>>

Charles sbatté le palpebre, tornando a prestare il 100% della sua attenzione alla strada. Certe volte, Cami se ne usciva con delle affermazioni che gli facevano rivalutare il genere angelico sempre di più. Li considerava tutti dei pazzi? Sì, assolutamente sì.

Man mano che i minuti passavano, ad entrambi sembrava che il tempo si fosse fermato. C'erano solo loro due, vicini, a godersi un viaggio senza meta e senza orari.

Sorridevano, ridevano, scherzavano. Erano felici. Il mondo sarebbe potuto finire e loro non se ne sarebbero nemmeno accorti.

Camille aveva dimenticato tutto il dolore che aveva iniziato ad affliggerla e Charles sembrava rinato. Erano due persone completamente diverse quando le sofferenze delle loro vite erano lontane. Come due bambini spensierati che si godevano tutto quello per cui si erano sacrificati.

Intorno alle undici e quaranta, Charles accostò la Ferrari. Secondo ciò che diceva il navigatore, si trovavano a Martigue, pochi chilometri ad ovest di Marsiglia. Ci avevano messo circa due ore e cinquanta per arrivare.

Seguendo qualche cartello, arrivarono fino alla spiaggia di Sainte Croix a piedi. Per strada non c'era praticamente nessuno, se non pochissime, pochissime persone.

Si sedettero sulla sabbia, persi ad ammirare le stelle. Ogni tanto, Cami buttava lì qualche battuta e Charles le rispondeva. Ma altrimenti se ne stettero in silenzio fino alle undici e cinquanta.

<<Non pensavo che quest'anno potesse terminare in questo modo>> si decise a dire il pilota, intrecciando le mani sopra il petto e sospirando <<Sono successe così tante cose che quasi ho paura di doverne affrontare un nuovo>>

L'Angelo sorrise <<La verità è che nessuno può sapere cosa succederà. L'importante è non avere rimpianti>>

<<Io il rimpianto ce l'ho, però>>

<<Non è stata nemmeno colpa tua l'aver perso il mondiale, Charles!>> sospirò Cami, sorridendogli <<Tu non c'entri niente. Che colpa ne hai tu se quel deficiente della Haas non capisce che deve curvare in un punto che, guarda te, si chiama curva?>>

<<Beh, in effetti...>>

<<Davvero, non preoccuparti inutilmente. Fosse stata colpa tua, avresti avuto qualcosa da rimproverarti. Ma sei stato bravo. Hai vinto tante gare e perso per due punti. Okay, e allora? Hamilton nel 2007 perse, ma non si è mica arreso!>>

<<Hai ragione, Cami, lo so che ce l'hai...>>

<<Guarda che non ti giudico per quello che stai dicendo!>> gli ricordò Camille, chinandosi e appoggiandosi alla spalla del ragazzo con la testa <<Ma questo nuovo anno è alle porte e potrai avere tutte le occasioni che vuoi. Sei un pilota straordinario, non dimenticartelo>>

<<Come mai ora sei in vena di complimenti?>> ridacchiò Charles, lasciando scorrere il braccio e sistemandolo attorno al busto della sua custode.

<<Perché mi sono resa conto di non avertene mai fatti abbastanza>>

<<Cami, ma non devi farmeli! Non ti preoccupare, sul serio!>>

<<Lo so, lo so. Ma i complimenti fanno sempre piacere e tu ne ricevi troppo pochi!>> affermò la bionda, chiudendo gli occhi e lasciando che il vento le sbattesse contro <<Sei una persona troppo in gamba per non ascoltare le cose belle che gli altri pensano di te>>

Charles, preso da un istinto, non riuscì a trattenersi e si ritrovò a desiderare di star ancora più vicino a Camille. Approfittò di un suo movimento per sistemarlesi davanti e afferrarle il viso con le mani. La ragazza, colta di sorpresa, rimase di stucco, ma non si tirò indietro.

Il pensiero delle leggi angeliche era ancora troppo lontano perché potesse anche solo sfiorarla. L'orologio ormai segnava le ore undici, cinquantanove minuti e cinquantacinque secondi.

Cinque secondi.

Charles si chinò in avanti.

Quattro secondi.

Si perse negli occhi lucenti di Camille.

Tre secondi.

Impazzì per il suo buon profumo.

Due secondi.

Non pensò a nient'altro se non a lei.

Un secondo.

Le loro labbra si scontrarono.

Zero secondi.

I fuochi d'artificio coprirono il cielo di colore, illuminandolo e rischiarando la scura notte invernale.

Charles continuava a rimanerle attaccato, a baciarla, a stringerle forte la mano mentre i loro corpi si toccavano. Camille invece rimase ferma, paralizzata dallo stupore, a desiderare che quei momenti durassero in eterno.

Perché già dal giorno dopo le cose sarebbero cambiate. E quello sarebbe sicuramente stato l'ultimo momento di pace prima della tempesta.

Si separarono solo quando l'ultimo dei fuochi d'artificio si spense. Rimasero tuttavia così vicini che gli occhi di uno iniziarono a vedere l'altro come un mucchio di pallini sfocati.

I loro respiri erano intrecciati.

<<Buon anno, Cami>> sussurrò Charles, spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio e facendole venire i brividi.

<<Buon anno, Charles>> replicò l'Angelo, quasi completamente ammaliata.

Quel bacio l'aveva completamente mandata in tilt e lui... lui se n'era perfettamente reso conto.

Ma, tuttavia, Charles non disse niente. Si limitò solamente ad abbracciarla e a tenersela il più stretta possibile.

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