3. I cani ce l'hanno con me

Avvertivo una luce soffusa e calda anche attraverso le palpebre. Un soffio di vento raggiunse il mio viso scompigliandomi i capelli che ricadevano morbidi sulle mie guance. Strinsi in una mano la coperta. Un bruciore improvviso e in un certo senso piacevole mi trapassò il petto. Volevo aprire gli occhi, ma avevo paura di ciò che mi avrebbe aspettata... Non volevo tornare in quel posto buio. Ma c'era la luce, e la luce di solito porta cose buone. Così sollevai appena la palpebra destra, aspettandomi la mia solita stanza a soqquadro. Per lo stupore spalancai immediatamente entrambi gli occhi: quella non era la mia stanza. La mia prima idea fu di essere stata rapita, ma osservando il posto in cui mi trovavo ebbi l'impressione di esserci già stata. Ero in un'ampia stanza dalle pareti bianche e rosa, alte circa quattro metri che terminavano in uno splendido soffitto a volta. L'ambiente era arredato con numerosi mobili di ogni dimensione, che parevano di legno antico. Alle pareti erano appesi molti quadri incorniciati d'oro. Infine una scrivania intarsiata di elaborate sculture floreali in legno scuro. Mi trovavo sdraiata su un letto non particolarmente comodo, ricoperto di soffici cuscini e coperte di cotone.

Scattai in piedi, con il bruciore al petto che aumentava sempre di più. Diedi la colpa al panico che ormai mi stava invadendo il corpo millimetro per millimetro. E quella sensazione straziante di aver già visto quella stanza... Corsi verso la finestra e guardai il giardino all'esterno. Mi trovavo probabilmente al terzo, a circa dieci metri dal suolo. Osservai il paesaggio che circondava il luogo in cui ero: verdi colline e alti alberi, sparpagliati in campi fioriti. Era identico al posto che stavo per descrivere nel mio libro...

Allora stavo sognando. Sicuro. Doveva essere così. Una persona non viene risucchiata nei libri... A meno che non mi fosse successa davvero una cosa simile... "Nah! Non ha senso..." pensai. "Oppure sì...". Mi servivano altri elementi per poter confermare la mia teoria, che seppur eccitante mi metteva ansia e paura. Molta paura. Sarebbe stato sicuramente fantastico vivere l'avventura progettata per la mia protagonista, incontrare Alyson ed Elise... ma volevo tornare a casa, a meno che non stessi sognando.

Mi accorsi di essere in pigiama. Mi avvicinai allo specchio difronte al letto, rabbrividendo al contatto dei miei piedi nudi con il pavimento freddo. Sobbalzai a quella vista. Orrenda e stupefacente. Sul mio petto, proprio dove avevo avvertito il bruciore, c'era un segno... Una specie di cicatrice simile ad un fulmine. La sfiorai con un dito, facendomi formicolare la pelle bruciata del petto.

Dovevo fuggire. Quella non era casa mia e se ero finita nel mio libro... Bé, se ero nella casa della protagonista voleva dire che dovevo comportarmi da protagonista; probabilmente. Non ne ero del tutto sicura.

Iniziai a cercare negli armadi qualcosa di comodo da indossare. Ma se la ragazza che avrebbe dovuto vivere lì era davvero una principessa delle favole, sarebbe stato difficile trovare un paio di jeans e una T-shirt. Dopo tre o quattro minuti abbondanti di ricerca tirai fuori da un cassetto una specie di maglietta larga e piena di fronzoli e merletti e un paio di pantaloni aderenti. La chiave e la penna non erano da nessuna parte. Eppure ero sicura di averle avute in mano appena un minuto prima...

Con un nastro raccolsi i miei lunghi capelli biondi in una treccia scarmigliata, poi presi una sacca da mettere a tracolla e vi infilai dentro una specie di mantello di stoffa scura. Tenermi occupata in qualcosa mi distraeva dal fatto che probabilmente ero dentro un libro o una roba del genere.
Mi avvicinai alla porta della stanza, a destra c'era un arco in legno scuro con una faretra e delle frecce. Non sapevo tirare con l'arco, ma ci avrei provato, in caso di pericolo. "Tutt'al più, se qualcuno mi becca, gli tiro in testa l'arco..." pensai.

Non avevo ancora calcolato quanta strada avrei dovuto fare, perciò non sapevo se mi occorrevano delle provviste. In quel momento qualcuno bussò alla porta.
Non potevo permettermi di essere trattenuta, così non risposi e mi avvicinai alla porta. C'era una chiave nella toppa, così la girai. Evidentemente, la persona che avevo chiuso fuori aveva intuito ciò che avevo fatto, perché si mise a sbattere i pugni contro la porta.

Era il momento di mettere in atto uno dei trucchi che si vedevano nei film. Non avevo decisamente voglia di fare un salto di dieci metri, perciò tolsi le lenzuola dal letto: prima la coperta, poi il lenzuolo, poi l'altro... Infine vennero fuori ben quattro lenzuola. Ne annodai i capi tra loro, lasciandone due sciolti, all'estremità; uno lo legai al piede del letto e portai la lunga corda bianca fino alla finestra. Lanciai le lenzuola giù dal davanzale. Guardai in basso e vidi che non arrivavano a terra. Mancavano ancora un paio metri prima del suolo, però sentivo che dovevo andarmene. Afferrai la sacca e l'arco con la faretra e le frecce. Me li misi a tracolla e saltai sul davanzale. Strinsi la corda con sue mani e mi lanciai nel vuoto.

Sbattei dolorosamente il viso contro la parete di pietra dell'edificio: mi ero data troppa spinta. Nel saltare avevo udito un rumore stridulo e fastidioso, come un gesso contro una lavagna. Probabilmente era il letto che si stava spostando...Iniziai a scendere, i piedi puntati contro il muro e una mano attaccata alla corda, l'altra più sotto che si alternava con la prima.
Dopo non molto tempo, un paio di minuti, arrivai alla fine delle lenzuola. Mi aspettava un bel salto.
Un forte rumore, come una piccola esplosione, giunse fino alle mie orecchie. Presto vidi dei visi affacciarsi dalla finestra: avevano sfondato la porta. Uno dei tre uomini iniziò a tirare su la corda.
Mi sarebbe piaciuto dire che sapevo esattamente cosa fare, ma era palesemente il contrario. Ero in balia dell'indecisione, buttarsi o non buttarsi?

La frase di Shakespeare mi balenò nella mente... Essere o non essere? Questo è il dilemma.
Dipendeva da me, chi avrei voluto essere. E non avrei mai accettato di diventare una principessa o qualunque altra persona costretta ad indossare vestiti grandi quanto una casa. Così mollai la corda.

Me ne pentii immediatamente, con i miei glutei che invocavano pietà. Atterrai con il sedere, su un cespuglio. Ma faceva comunque male, tanto che mi venivano le lacrime agli occhi.
Mi rialzai stringendo i pugni, le unghie conficcate nei palmi. Barcollai per un attimo, poi lanciai un ultimo sguardo agli uomini alla finestra. Non c'erano più.

Mi misi a correre in direzione di una recinzione. Saltellavo tra l'erba secca cercando di evitare di storcermi una caviglia. Arrivai al muro di pietra, alto due metri e largo uno, più o meno. Mi arrampicai su per le pietre fino ad issarmi sulla struttura. Mi rimaneva mezzo metro di spazio, a vista d'occhio, dato che a metà della larghezza vi era una rete metallica alta un paio di metri. Iniziai a camminare in equilibrio, tenendo la sacca lontana dalla rete. Non potevo correre o sarei caduta, ma non potevo neanche andare troppo lenta, altrimenti mi avrebbero trovata.

Come se il solo fatto di averlo pensato fosse bastato a rendere reali i miei timori, udii delle voci. Sempre più vicine. Non potevo guardare indietro, non volevo. Ma qualcosa mi costrinse a farlo. Lentamente, come se fossi immersa in una vasca e l'acqua salisse fino a soffocarmi, il panico mi raggiunse in ogni punto, invadendomi la mente poco per volta, come una straziate tortura fatta a rallentatore.

Accelerai il passo. Eccolo, di nuovo. L'abbaiare di un cane... Anzi più cani.
Non che io avessi paura dei cani... Ma di quelli che mi inseguivano per farmi chissà cosa ne avevo molta. Perché, poi, avrebbero dovuto mandarmi dei cani?
Li sentivo sempre più vicini. Sempre di più. Pensai che mi sarebbero saltati addosso di colpo... E non mi sbagliavo.

Mi sentii afferrare per un braccio, i denti del cane che mi affondavano nella carne facendomi sgorgare il sangue caldo lungo tutta la mano. Urlai e cercai di divincolarmi, ma riuscii solo a peggiorare le cose. Sentivo le zanne del cane che mi dilaniavano provocandomi un bruciore insopportabile... Continuai ad urlare finché un altro cane mi sbatté giù dal muro. Urtai il terreno, sbattendo la testa. Come ultima cosa mi sentii i cani addosso, poi persi i sensi.

***

Non avevo idea di che ore fossero, non volevo neanche saperlo. Era buio, e ciò significava che ero nella mia stanza, di notte, sveglia dopo un terribile incubo, il secondo. Sentii l'aria umida della mia stanza e un letto duro sotto di me. Poi mi accorsi che quel letto duro era la terra: ero stesa nell'erba secca, con il braccio ancora sanguinante appoggiato sul petto. Per la precisione stavo letteralmente sognando ad occhi aperti. Avevo le palpebre spalancate e lo sguardo fisso sulla forma indistinta di un albero scuro.

Sollevai di poco la testa da terra, un dolore straziante mi percorse la spina dorsale. Magari sarebbe venuto qualcuno a salvarmi... No. Impossibile. Ce la dovevo fare da sola. "Sogna finché puoi", disse per me la mia (utile) coscienza. Niente cani, per fortuna. Se n'erano andati senza mangiarmi tutta, almeno una cosa buona.

Poi mi resi conto della mia situazione: morivo di fame e di freddo, con il braccio che sembrava un cumulo di carne sbrindellata. Con la mano sana cercai a tentoni la sacca, setacciando il terreno intorno a me fino a dove mi consentivano le dita della mia mano. Con l'indice toccai una superficie che non era né erba né terra: stoffa. Tirai verso di me il mantello. Me ne misi un lembo tra i denti e ne tirai l'altro capo con la mano destra, quella integra. Riuscii a ricavare una lunga striscia di tessuto. Sollevai il braccio ferito, per quanto mi permettesse la spalla completamente dolorante. Avvolsi la stoffa attorno a ciò che rimaneva del mio avambraccio, stringendo i denti e sforzandomi di non gridare. Volevo solo rimanere lì a morire in silenzio... Ma era ciò che volevo. Avrei avuto tutto il tempo per morire dopo essere uscita dal libro o essere tornata a casa, in qualche modo. Avevo degli obbiettivi ben precisi, nonostante la mia età.

Provai a girarmi sul fianco che mi faceva meno male, cadendo di pancia come un sacco di patate. Puntai le ginocchia e aiutandomi con la fronte ed il gomito destro mi sedetti sui talloni. Infine riuscii a mettermi in piedi, intontita e traboccante di dolore perfino dagli occhi e con un gran mal di testa. Scoprii che l'arco e la faretra erano spariti, mi avevano lasciato solo la sacca. Mi chinai mugolando di dolore, con una smorfia in volto e presi la sacca. Quella strana chiave era sparita dal mio collo. "Probabilmente se la sono presa quelle persone che hanno mandato i cani"

Inspirai profondamente e iniziai a camminare, zoppicando e mormorando imprecazioni contro i cani.
La luna era poco sopra l'orizzonte ed illuminava a malapena il campo, una pallida sfera argentata sul cielo blu scuro punteggiato di stelle.

Continuai ad arrancare, trascinandomi dietro i piedi. Ormai la luna era alta, quando arrivai davanti ad una piccola costruzione di pietra. Non c'era la porta, solo un'apertura da cui ci sarei passata solo chinando la testa.

Vi entrai. Non c'era nemmeno un mobile o un tavolo. L'unico arredamento era composto da due strutture di legno accostate sul fondo dell'ambiente circolare. Erano composte da due pali di legni piantati nel terreno verticalmente, con legato all'estremità un'asta. Vi erano appese delle foglie e dei frutti rossi, gialli e verdi. Accanto all'entrata, girando subito a sinistra c'era una nicchia molto piccola, infossata nella parete di pietra. Proprio al centro della stanza, un minuscolo fuocherello ardeva incerto, circondato da delle pietre. Di tanto in tanto una scintilla saltava via dalle fiamme rosse, per poi spegnersi non appena toccava la terra, smossa in alcuni punti.

Il mio braccio era migliorato molto, stranamente, e non mi faceva male come prima anche se a volte dovevo stringere i denti per non gridare, a causa di alcune fitte. Mi avvicinai alla parete e mi accoccolai sotto il mantello. Chiusi gli occhi e pregai chiunque fosse l'artefice dei miei guai di farmi addormentare serenamente, per una volta buona.

*Angolo Scrittrice*

Ciao a tutti!

Sono davvero felice di avere dei lettori e mi rincuora molto questo fatto...
Significa molto per me e la piega che sta prendendo questa storia mi soddisfa! Voi che ne pensate?
Vi ringrazio di tutto, per i voti, i commenti e l'incoraggiamento!
Vi mando tanti bacioni e abbracci coccolosamente pucciosi! By your Aury :)

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