Four
Yeosang sperò si trattasse di un incubo da qui si sarebbe risvegliato in breve tempo. Chiuse gli occhi, prese un profondo respiro e li riaprì lentamente. Infrangendo ogni sua speranza però la sua visuale non cambiò. A riportarlo alla realtà un tintinnio contro le sbarre di quella che era diventata la sua cella. Ancora non riusciva a credere a ciò che gli era accaduto.
Una volta trascinato in superficie, ancora costretto in quella rete, si era ritrovato circondato da una moltitudine di sguardi. La maggior parte di questi erano di sorpresa, altri di pura venerazione. Nessuno degli uomini però si avvicinò a lui. Sentì lo scalpitare di passi contro il legno del ponte, come se qualcuno avesse preso a correrci agitatamente sopra mentre una parola ripetuta come fosse un mantra arrivò alle orecchie del ragazzo, "Capitano".
Il tritone aveva provato a voltarsi in direzione di quella voce, ma ogni minimo movimento compiuto in quella rete non faceva altro che intrappolarlo sempre di più.
Aveva osservato attentamente gli abiti degli uomini che lo avevano circondavano. Pantaloni in stoffa o in pelle, camicie giallastre, un tempo bianche, strappate qua e là e ricucite goffamente, barbe incolte, varie cicatrici a decorare il viso o le parti scoperte di pelle.
Il suo studio era stato interrotto dall'improvviso cessare del mormorio della ciurma. Gli occhi dei presenti erano tutti fissi in un punto preciso alle sue spalle. Una parte di lui gli aveva intimato di non voltarsi, l'altra l'aveva incitato a farlo, ed era stata questa sua parte ad avere la meglio. Si sforzò trascinandosi leggermente sul pavimento per voltarsi. La cosa non gli fu facile, e fece sì che la rete si attorcigliasse sempre più saldamente alla sua cosa provocandogli un dolore lancinante che si presentò in un lamento leggero. Nonostante quello il tritone non si fermò, continuò fino a quando non fu totalmente rivolto nella direzione opposta a quella in cui era stato poco prima. La prima cosa che i suoi occhi incontrarono furono degli stivali in cuoio nero, ve ne erano di varie altezze e misure, un paio era più vicino degli altri ed era su quello che si era concentrato. Lentamente era risalito lungo i comodi pantaloni neri. All'altezza delle cosce vi erano delle fasce in palle che risalivano fino ai fianchi, dove lasciavano posto ad una camicia di un bianco puro. In vita, con la canna ben interita nella fascia stretta vi era quello che Yeosang riconobbe essere un moschetto. I laccetti della camicia erano slacciati, lasciando in bella vista una piccola collana in perle che adornava un collo niveo. I capelli castani del ragazzo erano lucidi sotto la luce del sole, e arrivavano a posarsi leggermente alle spalle. In mezzo alla lunghezza vi erano un paio di piccole treccine legate con un nastrino rosso.
Dietro di lui Yeosang aveva intravisto altre cinque figure, ma non era riuscito ad osservarle attentamente perché il ragazzo in piedi davanti a lui aveva catturato tutta la sua attenzione. O meglio, il suo sguardo serio e autoritario lo costringevano a mantenersi sull'attenti. Qualcosa di lui lo terrorizzava. Pensò che doveva essere sicuramente lui il capitano che aveva sentito chiamare poco prima.
<<Ve lo avevo detto capitano>> aveva detto un uomo poco lontano da lui<<È un vero tritone>>
<<Lo vedo>> gli aveva risposto velocemente il ragazzo, riservandogli uno sguardo serio.
L'uomo che aveva parlato aveva successivamente abbassato lo sguardo, come un bambino che era stato ammonito per aver supposto qualcosa di sbagliato.
<<Cos'è successo?>> aveva chiesto un altro ragazzo dietro di lui.
La comparsa della nuova voce consentì al tritone di spostare il suo sguardo sulla fonte di questa. Il ragazzo era più alto e sinuoso del capitano. I capelli biondo cenere gli ricadevano sull'occhio destro, nascondendolo in parte, mentre sul lato sinistro erano tirati indietro in uno strano intreccio tenuto fermo da quelli che sembrano essere dei semplici fermagli, lasciando intravedere l'orecchino da cui pendeva una perla bianca.
Dei pantaloni di un grigio scuro, non troppo stretti, gli fasciavano le gambe. Un cinturino in pelle marrone ne attraversava i passanti e sul lato destro nella in una fodera dello stesso colore si intravedeva il manico di un coltello. Una nera camicia morbida gli avvolgeva la parte superiore del corpo. Le braccia erano incrociate contro il petto e il suo sguardo era serio e scrutatore, puntato sul tritone.
<<Stavamo provando a pescare un po' di pesce data l'insicurezza che le nostre scorte bastino fino a Port Royal>> aveva iniziato a raccontare a raccontare un uomo, facendosi spazio fra i compagni <<Abbiamo sentito la rete pesante così credevamo si fosse riempita, ma quando l'abbiamo tirata su abbiamo trovato...>>
L'uomo si era fermato dal parlare e aveva portato il suo sguardo su Yeosang, incerto sul termine da utilizzare per rivolgersi a lui.
<<Quindi è stato un caso?>> aveva chiesto nuovamente il ragazzo dai capelli biondi, inarcando un sopracciglio.
L'uomo annuì velocemente.
<<Che cosa vuoi fare?>> aveva chiesto una nuova voce.
Yeosang spostò nuovamente lo sguardo, sul nuovo ragazzo. I pantaloni in pelle nera fasciavano perfettamente le gambe sottili ma muscolose del ragazzo. Una camicia di lino, leggermente tagliata sulle spalle, era infilata per metà in essi dal lato destro mentre per il resto era lasciata libera. Un gilet nero cob una sola spallina, quella sinistra, era legato sul fianco opposto. Sulla tempia sinistra un ciuffetto bianco spiccava fra i capelli neri che ricadevano leggermente mossi sulla fronte del ragazzo. Il piccolo ciuffo era tenuto legato alla radice da un nastro bianco alla quale estremità pendevano delle perle bianche.
Il tritone si trovò a rispondere al posto del capitano a quella domanda.
<<Lasciatemi andare>> aveva detto, in un tono quasi supplichevole <<Non sapete, io devo tornare indietro prima che accada il peggio>>
Yeosang si agitò al suo posto, ma né la sua richiesta né il suo sguardo ansioso aveva smosso i ragazzi davanti a lui.
<<Capitano io credo che dovremmo lasciarlo andare prima che re tritone possa aizzarci i mari contro>>
La voce del mozzo era sembrata terrorizzata alle orecchie dei presenti. Questo si era distaccato dal resto della ciurma e si era leggermente avvicinato a Yeosang. Gli sguardi di tutti si erano posati su di lui.
<<Re tritone non esiste>> aveva urlato un altro di rimando <<Non è altro che una favoletta per marinai creduloni>>
<<Allora come lo spieghi questo?>> aveva ribattuto il mozzo, indicando il tritone.
A quella chiara evidenza l'uomo non aveva risposto perciò il mozzo si era voltano nuovamente verso il suo capitano.
<<Capitano dobbiamo tornare indietro e lasciarlo andare>> lo aveva pregato, come se da quel gesto dipendesse la sua intera vita.
Il capitano rimase in silenzio per qualche istante. I suoi occhi non avevano lasciato la figura del tritone nemmeno per un istante.
<<Non peschi un tritone per puro caso>> aveva detto il ragazzo fra sé e sé <<Per ora continueremo a far rotta verso Port Royal come era stato deciso, ho intenzione di riprendermi ciò che ci è stato tolto e non ho intenzione di aspettare più del dovuto per farlo>> aveva aggiunto poi.
<<Ma capitano>>
Il mozzo provò ad interromperlo, ma gli occhi seri e perentori del capitano si posarono su di lui e se gli sguardi avessero potuto incenerire il povero uomo sarebbe divenuto immediatamente un mucchio di cenere.
<<Io sono il capitano di questa nave>> aveva urlato, con un tono così profondo da far venire i brividi persino al tritone, che si ritrovò ad abbassare il capo <<Tutti voi avete giurato mi avete giurato fedeltà. Questi sono i miei ordini, procederemo verso Port Royal. Non sono ammesse discussioni. Se alcuni di voi sono troppo codardi, tanto da spaventarsi per possibili scaramanzie o superstizioni, accettò che lasciate la nave, in questo preciso istante>>
Con quelle parole aveva indicato il parapetto di babordo con la sua mano, lasciando intendere che non avrebbe dato alcuna imbarcazione, al contrario se avessero voluto lasciare la nave avrebbero dovuto farlo a nuoto.
<<Portate il tritone nelle prigioni, sarà quello il suo posto fino a quando non avrò deciso altrimenti, sono stato chiaro?>>
E con quell'ordine alcuni uomini avevano preso Yeosang di peso, ignorando ogni sua protesta, e lo avevano portato in una delle celle che si trovavano sottocoperta, solo allora lo avevano liberato dalla rete che lo aveva costretto fino a quel momento.
Yeosang lasciò cadere la testa indietro, contro il duro legno della nave, al ricordo di tutto ciò che gli era accaduto in quella giornata. Non sapeva da quante ore si trovava rinchiuso in quella cella, non sapeva più se fosse giorno o notte. Non sapeva nemmeno se in qualche modo sarebbe sopravvissuto, nonostante quello i suoi pensieri tornarono all'alba di quella mattina, quando sorrideva insieme a tutti i suoi fratelli, ed una piccola lacrima gli solcò il viso.
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