Eight
Rimasti da soli finalmente Yeosang riuscì a rilassare i nervi fino a quel momento tesi. Nonostante lo sguardo serio e spaventoso di Jongho il ragazzo sentiva, in una parte profonda di sé, che questo non gli avrebbe fatto del male. Non lo conosceva per nulla ma l'averlo salvato da quel mozzo per lui era abbastanza.
Avrebbe tranquillamente potuto lasciarlo fare, in fondo da ciò che sapeva Yeosang dei pirati questi erano soliti non interessarsi ad altro che a saccheggiare navi a cui rubare più tesori possibili, ed ovviamente ad uccidere chiunque si frapponesse fra loro e i loro obbiettivi. La loro vita era un misto di alcool, bottini, lotte e avventure. Non avevano alcuna morale se non la propria, per la maggior parte delle volte totalmente differente da quella comune, e non rispettavano alcuna legge se non quella dei pirati. Yeosang aveva appreso tutto questo da racconti da anziani che vivano ad Atlantide.
Molti raccontavano che chiunque avesse avuto a che fare con dei pirati non avrebbe mai avuto la possibilità di far ritorno a casa. E se anche vi fossero riusciti non sarebbero stati più li stessi. Il tritone aveva sempre tremato all'idea di cadere nelle loro mani, non poteva però dimenticare quell'unico racconto trovato per puro caso nella libreria del castello di Atlantide. Questo parlava di una sirena che, innamoratasi di un pirata, aveva stretto un patto con la strega del mare in cambi di un paio di gambe. La strega però non avrebbe mai fatto nulla senza inserire una clausola a lei favorevole. La sirenetta avrebbe avuto infatti solo un mese per far sì che il pirata si innamorasse di lei tanto da ritenerla più importante di qualsiasi tesoro, se ciò non fosse accaduto la sirenetta sarebbe diventata proprietà della strega del mare. Sfortunatamente per il tritone, quel racconto era privo di finale. Non era mai riuscito a capire quale fosse il finale di quella storia. In parte non riuscì a credere che qualcuno sarebbe stato disposto a sacrificare il suo stesso essere, a cambiare sé stesso pur di restare al fianco di qualcun altro. Quella storia lo aveva però così incuriosito dal volerne conoscere la fine. Aveva chiesto ai suoi fratelli, a suo padre, agli anziani bibliotecari, ma nessuno era stato in grado di dargli una risposta. Aveva domandato anche a sua madre, molto più avvezza ai racconti, ma questa si era limitata a rispondergli con qualcosa che lo aveva leggermente confuso.
"Perché non scegli tu quale sarebbe il finale migliore per la sirenetta?"
In che modo avrebbe potuto scegliere? Il tritone non conosceva nulla degli umani. Non conosceva nulla dell'amore. Per quante volte avesse provato ad immaginare cosa potesse significare amare qualcuno tanto da donargli la propria vita, non era mai riuscito a capire se lui ci sarebbe mai riuscito.
I suoi occhi erano fissi su Jongho. Il ragazzo sembrava star contenendo tutta la sua furia, in attesa poi di liberarsene in unico momento. Si trovava con la schiena posata contro una trave in legno che percorreva verticalmente la stanza. Una gamba era sollevata, lasciando che il piede poggiasse su essa mentre le braccia erano incrociate e i pugni stretti. Lo sguardo era puntato contro la porta, come se non vedesse l'ora di attraversarla e Yeosang si domandò se fosse per l'ordine del suo capitano di raggiungerlo sul ponte o perché non aveva alcuna voglia di restare da solo con lui. Il tritone gli era grato per ciò che aveva fatto, e voleva che l'altro lo sapesse. Si mosse sul letto, in modo da poter guardare meglio l'altro, facendo comunque attenzione che le coperte non gli scivolassero sul corpo nudo.
<<Jongho?>>
La voce del ragazzo uscì in quello che sembrò essere un sussurro incerto, ma che l'altro riuscì a sentire comunque dato il silenzio che riempiva la cabina. Questo si voltò nella sua direzione, in parte sorpreso di sentirlo utilizzare il suo nome. Lo guardò leggermente di traverso e Yeosang si ritrovò a stringere saldamente le coperte fra le mani e farsi leggermente indietro. Era sicuro di non aver mai visto nessuno di più spaventoso e al tempo stesso così indescrivibilmente bello.
<<Io...ecco...volevo ringraziarti>>
Passarono nuovamente qualche secondo in silenzio prima che l'espressione di Jongho cambiasse in una indefinita tra l'oltraggiato e lo sconvolto. I suoi occhi si spalancarono come se avesse appena visto un fantasma e le braccia sciolsero il loro intreccio così che potessero ricadere lungo i fianchi, lentamente. Yeosang non riuscì a capire il perché di quel comportamento, né ebbe il tempo di poterlo fare perché la porta si spalancò lasciando che San facesse il suo ingresso. Il ragazzo entrò quasi come una furia nella cabina, stringendo al petto una sacca ben arrotolata. Anche lui sembrava essere furioso e Yeosang si chiese se Mingi non gli avesse riferito ciò che fosse accaduto poco prima.
<<Sono tutti sul ponte, vai anche tu>> disse in quello che al tritone sembrò quasi un ringhio.
Jongho posò lo sguardo su San, poi lo spostò sul Yeosang, poi nuovamente sul suo compagno prima di annuire ed uscire dalla cabina.
Yeosang lo seguì con lo sguardo attentamente prima di vederlo sparire dietro a quella porta e per qualche istante continuò a guardare in quella direzione. Spostò la sua attenzione sul nuovo ragazzo solo quando questo gli si avvicinò. Questo posò la sacca sul letto, ai suoi piedi, e da esse cominciò a tirare fuori vada indumenti, spostando varie volte lo sguardo da questi al corpo del tritone.
<<Questi dovrebbero andar bene>> disse, passandogli dei pantaloni grigi e quella che sembrava essere una camicia nera adornata da alcune fibbie che gli avrebbero permesso di stringerla di più in vita, in modo da renderla più comoda <<Puoi andare lì a cambiarti, io aspetterò qui>>aggiunse indicandogli un piccolo separé che si trovava vicino a lui.
Yeosang annuì velocemente e, desideroso di poter finalmente coprirsi al meglio, si mosse per scendere dal letto e raggiungerlo. Non appena posò i suoi piedi sul pavimento però ebbe bisogno di qualche secondo per trovare un giusto equilibrio e nel momento di compiere il primo passo inciampò fra essi. Sarebbe finito sul pavimento se San non lo avesse afferrato in tempo, rimettendolo in piedi.
<<Scusami>> disse imbarazzato Yeosang <<È la mia volta con...questi>>
San lo guardò per qualche secondo poi annui leggermente. Il tritone doveva aver vissuto tutta la sua vita nell'oceano senza uscire mai. Una parte di sé era però molto curiosa di capire come un tritone potesse passare da una coda a dei piedi.
<<Andiamo>> lo incoraggiò, cominciando ad accompagnarlo facendogli da appoggio.
Una volta raggiunto il separé il tritone si riparò dietro ad esso e lentamente, cercando di coordinare i suoi movimenti, indossò i vestiti che l'altro gli aveva dato. San era fermo dal lato opposto, lo sguardo puntato verso la porta della cabina.
Delle urla arrivarono attonite dall'esterno, facendo traballare di sorpresa il tritone che proprio in quel momento si mosse per uscire dal separé.
<<Cosa...cosa succede?>> domandò, cercando di muovere i piedi in direzione della porta.
San lo intercettò immediatamente e, afferratolo, lo riportò sul letto.
<<Resta qui>> gli ordinò <<È meglio per te non vedere cosa stia accadendo>>
<<Perché?>>
San sospirò leggermente a quella domanda posta con tono così genuino. Il tritone non doveva avere alcuna idea di quanto il modo potesse essere crudele.
<<Quell'esultanza significa che hanno deciso cosa fare di Johyun>> disse velocemente San, spostando lo sguardo nuovamente verso la porta <<E se conosco bene la ciurma, dato ciò che ha provato a farti, non saranno stati per nulla clementi. In più Jongho...>>
Al sentire il nome del ragazzo il tritone scattò immediatamente in avanti, come se quel gesto gli avrebbe permesso di sentire meglio.
<<Jongho era furioso>>
Yeosang percepì che quella precisazione fu aggiunta in modo da far capire che le cose fossero più serie del normale.
***
Jisung non aveva lasciato la stanza in cui era stato rinchiuso per nessun motivo in quei giorni. Aveva anche cercato di non avere alcuna interazione con quei guerrieri. Felix non sembrava però essere d'accordo con il suo pensiero. Spesso si era rintanato nella sua stanza rimanendo seduto a parlargli nonostante il suo silenzio. Alla fine il tritone si era arreso alla sua presenza e di tanto in tanto aveva anche cominciato a rispondere a ciò che gli diceva.
Nonostante tutto non si sarebbe aspettato che quel giorno l'avrebbe raggiunto con degli abiti e un invito sorprendente.
Felix si era offerto di fargli fare un giro per il castello. Inizialmente Jisung fu sul punto di rifiutare, ma al pensare di passare un altro giorno chiuso in quel posto si convinse ad accettare. Sapeva che non gli avrebbero mai fatto del male, avevano bisogno di lui vivo. Non aveva nemmeno alcun bisogno di nascondere il suo segreto, poiché il tritone che li aveva traditi lo aveva già rivelato loro, perciò trasformò la sua coda in due gambe. Indossati quei pantaloni neri e quella tunica rossa lunga fino alle cosce, chiusa da una cintura in vita, camminando per i corridoi del castello si rese conto che il rosso doveva effettivamente essere un colore di molta importanza per quel posto. La servitù che incontrò di tanto in tanto ebbe quasi sempre la medesima reazione. Tutti interruppero il proprio lavoro per osservarlo, lasciando cadere la mascella e sgranando gli occhi. Jisung cominciò a sentirsi in imbarazzo e Felix che ridacchiava al suo fianco non fu per lui un aiuto. Tornò a concentrarsi sull'aspetto del castello. Non vi era molta luce al suo interno nonostante fosse mattina, perciò ad illuminare i vari corridoi vi erano delle classiche torce e degli alti ed enormi lampadari colmi di candele. Vari quadri dall'aspetto cupo e misterioso erano appesi lungo le pareti, raffiguranti uomini o paesaggi. Jisung non fu sicuro se fosse una sua impressione, ma l'aria intorno a lui sembrava essere pesante, nonostante tutto decise di continuare a seguire il biondo al suo fianco. Questo lo guidò lungo diversi corridoi prima di fermarsi davanti ad una porta, alta quasi fino al soffitto, e lo guardò per qualche istante prima di spingerla ed aprirla con uno scricchiolio. Subito davanti agli occhi del ragazzo si aprì una stanza più illuminata naturalmente grazie alle grandi finestre adorate da tende rosse con dei ricami dorati. Al suo interno vi era un lungo tavolo in legno scuro intorno al quale vi erano sistemate otto sedie. Il pavimento era ricoperto da un grande tappeto nero e su di esso, in nero, vi era lo stesso uccello che decorava la vela principale della nave. Sul lato destro della stanza vi era un enorme camino il cui fuoco scoppiettava danzando al suo interno. Alle pareti vi erano quelle che sembravano delle armi ornamentali. Su di sé si posarono immediatamente sei paia di occhi. Alcuni di questi erano incuriositi, altri impassibili, altri ancora sembravano quasi annoiati.
Il tritone riconobbe immediatamente gli stessi guerrieri che avevano catturato il suo sguardo sulla nave. I suoi occhi si incrociarono per un secondo con quelli del ragazzo che lo aveva minacciato a prima vista e, quella volta, fu lui a distogliere lo sguardo.
<<Perché lo hai portato qui?>> domandò il ragazzo, all'apparenza infastidito.
<<Oh andiamo che male c'è a farlo uscire un po'>> disse il ragazzo da i capelli lunghi.
<<C'è, Hyunjin, che questo non è il suo posto>>ribatté il ragazzo, con un tono secco.
<<Se la mettiamo in questo modo dovremmo riportarlo nell'oceano>> fece notare un altro ragazzo. Questo era sistemato vicino al camino e il gomito era posato contro il marmo di questo, in una posa comoda.
<<Seungmin ha ragione, il tuo ragionamento non regge Changbin>> disse il ragazzo dai capelli biondo cenere, con un tono divertito sul viso.
<<Perché sembri così soddisfatto Jeongin?>> rispose stizzito il ragazzo dai capelli scuri, prima di spostare lo sguardo sul ragazzo dai capelli porpora, seduto a qualche sedia di distanza da loro. Questo aveva tenuto lo sguardo sul tritone sin da quando aveva varcato la porta della stanza, ma era rimasto in totale silenzio. Al sentire lo sguardo dell'altro fisso su di lui si voltò a guardarlo.
<<Minho non ha detto nulla sul tenerlo chiuso lì>> disse, scrollando le spalle tranquillo <<E poi qua ci siamo comunque noi, è certamente più sicuro che lasciarlo da solo>>
<<Non che possa comunque fuggire>> aggiunse Seungmin, come se fosse qualcosa di scontato.
<<Bene, siamo tutti d'accordo>> disse Felix, prendendo il tritone per il polso trascinandolo fino ad una sedia disponibile e facendolo accomodare.
Lo sguardo serio e minaccioso di Changbin faceva chiaramente capire che non fosse d'accordo con l'averlo lì, non che lui avesse voluto restare in sua presenza, ma non ribatté contro nessuno degli altri e si limitò a posare le gambe sul tavolo accavallandole e incrociando le braccia.
In quel momento Jisung ebbe un piccolo pensiero e si domandò se sarebbe riuscito a ricavare da quei ragazzi qualche informazione utile. Non sarebbe stato facile, ma credeva nemmeno impossibile.
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