Capitolo 6

Dayana aprì gli occhi stanchi quando la luce del giorno li colpì.
Lentamente prese consapevolezza di sé, stropicciandosi lo sguardo e lasciando che uno sbadiglio le svegliasse il respiro.

Era sdraiata di fianco a Liz, sul suo letto, ma sopra alle coperte.
Guardò l'orario dall'orologio sul comodino: quasi mezzogiorno.
I ricordi di quella notte le tornarono in mente tempestosi.

Dopo che l'aveva riportata a casa, West era esplosa dicendole di tutto, o meglio; tutto.
Questo poco prima di avere una crisi e riprendere a vomitare. Aveva passato la notte a tenerle la testa in bagno, finché non era svenuta per la stanchezza.
Allora l'aveva pulita e portata a letto di peso.

Un vero inferno.

Si chiese chi glielo facesse fare, mentre si toccava la testa che le doleva per le poche ore di sonno. Eppure voltandosi verso West e vedendo la pace sul suo volto addormentato, trovò una risposta.

Ripensò a ciò che le aveva detto.
Liz stava fuggendo dalle proprie fragilità, dai propri errori. Già ai tempi di Adeline, Elizabeth era conosciuta per l'orgoglio, ma non avrebbe mai immaginato che potesse arrivare a tanto.  Abusare del ruolo di insegnante per usare sessualmente le proprie alunne, tanto da spingerle al suicidio... tutto ciò per sfogo? Ricerca? O forse era meglio chiamarlo sadismo?
Era talmente grave che Dayana non trovó parole per il proprio sconforto. Provò rabbia e disgusto per la sua amica.
Non c'era nulla che differenziasse West da un qualsiasi disgustoso pedofilo, addescatore e violentatore.

La fila fantasma di ipotetiche vittime della sua amica si aprì davanti ai suoi occhi: una sfilza di ragazzine traumatizzate nell'età più intensa ed importante.
Quando in terapia ascoltava i suoi pazienti maltrattati, non poteva fare a meno che odiare il carnefice che aveva rovinato le loro vite. West era come quei bastardi, era uno dei tanti.

Forse Elizabeth Jade West era malata, o forse era solo diventata un mostro completamente consapevole delle proprie azioni. Di certo tutti quei traumi non risolti l'avevano portata a diventare il peggio di sé.
Le pianse il cuore. La ragazza che aveva conosciuto anni prima non era così, non era quel corpo rigettato sul materasso, abbandonato alla violenza.

Dayana se la ricordava. Ricordava le uscite di gruppo, quelle a tre. Ricordava di come Liz sorridesse, sorridesse sempre insieme ad Adeline. Ricordava di come fosse spiritosa, allegra, premurosa.
C'era stato un tempo dove Elizabeth si apriva al mondo, trovando ragioni ben più valide per essere amata.

Dayana non si sentì in colpa, ma si rimproverò di non aver oltrepassato il limite, di non essere andata a fondo di forza, di non essersi accorta di quanto Liz fosse scivolata in basso, anzi, si rimproverò di averlo pensato, ma non aver fatto abbastanza per scoprirlo.

Dovevano parlare.
Elizabeth aveva bisogno di curarsi, di una terapia, di una psicologa, ma la conosceva. Non avrebbe accettato per nessuna ragione al mondo di tornare da una psicologa. Quanta ipocrisia! Liz diceva sempre di essere la terapeuta di se stessa. Come se fosse significato qualcosa.
Ma se avesse insistito forse l'avrebbe ascoltata. Sapeva di essere l'unica ad esserle vicina.

Dayana osservò la pelle bianca della giovane donna sollevarsi ed abbassarsi, sotto l'oscillare del suo respiro. Sembrava così pura, così morbida... Come poteva qualcosa di così pericoloso sembrare tanto indifeso? Non potendo farne a meno le accarezzò una guancia. Le piaceva il contrasto della carnagione bianco latte con la propria scura.

Jade al contatto aprì lentamente gli occhi e per un'attimo si aspettò di vedere Adeline al suo fianco, di sentire la sua voce e il suo profumo, ma la consapevolezza la colpì atrocemente, come ogni mattina. Le strinse il cuore, soffocando quei tre secondi sospesi tra sogno e realtà.

Facendo per alzarsi Jade sentì un peso gettarla sul cuscino. Tutto girava ancora. Il forte dolore allo stomaco le ricordò l'incubo di quella notte. Imprecò appoggiando la schiena al muro.
«Ma che cazzo...» borbottò vedendo l'orario sull'orologio appeso alla parete.

Poi si girò verso Dayana seduta sul suo letto. Indossava solo l'intimo, il suo reggiseno bianco era mal nascosto sotto ad una canottiera sottile.
«Buongiorno Liz. Dobbiamo parlare.» la accolse duramente. Il terribile presentimento di aver detto troppo la sera prima assalì Jade.
Non ricordava nulla, o meglio, ricordava solo di aver vomitato l'anima ed aver pianto dicendo cose incomprensibili.

«Eh? Di che?»
Sentendo la confusione dei propri pensieri si maledì. Si era ripromessa di non finire più così. Come aveva potuto? La frustrazione e la rabbia per essere tornata debole le diede la nausea.

Non sarebbe successo più.
Quel dolore allo stomaco serviva a ricordarle quante cellule e neuroni si stessero danneggiando dentro di lei.
Si sentì stupida. A quale scopo bere sostanze sapendo dei danni che avrebbero riportato al corpo? Che cosa inutile. Non poteva abbassarsi a quei livelli.

«Di ciò che mi hai detto questa notte.» insistette Dayana.
Liz aveva timore. L'espressione sul volto dell'amica non era di quelle rassicuranti che conosceva, sembrava più parte del repertorio dei discorsi noiosi e rompi scatole che non aveva voglia di affrontare. Non voleva sapere quanto aveva detto e di sicuro non voleva parlarle, né di Kat, né di quella stronza di Adeline. Non voleva parlare e basta.

Un sorriso sfacciato si accese sul suo volto.
«È la prima volta che ti trovo nel mio letto...
Abbiamo finalmente scopato?» chiese West con un ghigno.
La donna di risposta, strinse le labbra infastidita.
«No.» rispose lanciandole un'occhiataccia.
«Ho passato la notte a tenerti la testa mentre vomitavi.»

«Ah. Peccato.» con noncuranza le si avvicinò.
«Mi hai spogliato tu?» il suo sorriso malizioso 'sta volta trovò lo sguardo colpevole di Dayana.

Liz indossava solo una canottiera e le mutande.

Dayana si chiese come fosse possibile che dopo una notte del genere, con le occhiaie sotto gli occhi, West fosse ancora in grado di essere attraente.
«Ti ho...» si dannò, svagando con lo sguardo.
«Ti ho solo tolto il vestito che indossavi.
Era sporco di vomito.» si giustificò.

Jade si godette quell'attimo di disagio che era riuscita a provocare nell'amica, complimentandosi con sé stessa per averla distratta anche solo per il momento. Doveva essere davvero a stanca e a disagio per lasciarsi deviare così. Di solito era l'unica che riusciva a fermare i suoi tentativi di manipolazione. Sorrise compiaciuta realizzando dell'attrazione che Dayana stava nascondendo, sperando che quella fosse la volta buona.

«Ah ah, immagino tu non mi abbia toccacciata nel frattempo. Peccato...» si chinò verso il suo orecchio, accomodando il forte desiderio di provocare, di giocare a tentare. Dicendo ad alta voce qualche frivolo pensiero che era certa fosse di entrambe.
«No, sai non sono una molestatrice.» parole sprezzanti, che l'ego di Jade ignorò.

«Non sai quanto ti desideri, Dayana. Non sai quanto mi ecciti...» sorrise sussurrando quelle parole, scaldandosi.
L'alcol che le era rimasto nelle vene aveva ancora il potere di strappare qualche verità senza che alcun pensiero potesse bloccarla.
«Ti sei presa cura di me...
Allora lascia che ricambi il favore...» le dita di Liz sfiorarono la sua pelle scura.

Dayana sentì i brividi correre lungo la schiena, accarezzandole i pensieri. Quando si rese conto, si scostò da quel tocco velenoso, frustrata dalla propria reazione e ancor di più da quell'atteggiamento.

Come poteva comportarsi così dopo tutto quello che aveva fatto per lei?
Era semplicemente inopportuno.
Perché West continuava a voler rovinare quell'amicizia che lei stava proteggendo con tanto impegno?

«Liz, smettila. Non mi sembra il caso.» girò il volto nella direzione opposta, sopprimendo la rabbia tra le labbra strette.

«Perché non ti lasci andare?» le mani di West scivolarono sulle sue spalle risaltando come neve sull'asfalto.

Dayana sentì il calore di quel tocco invaderla. Lo sentì infondo alla gola, tra le costole.
Sentiva di desiderarlo, almeno in parte, forse più per solitudine viscerale. Lo desiderava ma non lo voleva. Non voleva rendere il corpo di West solo un corpo, il suo volto solo una maschera. Non voleva rendere il proprio corpo solo un trofeo sulla mensola d'orgoglio di una narcisista patologica.

Quel pensiero le riportò un po' di buonsenso e rabbia, disincantandola. Con un scatto si alzò dal letto, lasciando che le dita lattee ricadessero tra le coperte.

«Perché ogni volta che sei sbronza ci devi provare con me?» la rimproverò con il proprio sguardo dai riflessi d'oro.

Voleva una vera risposta, la voleva sul serio, nonostante la sapesse già. Voleva sentirglielo dire, voleva strapparle quella dannata maschera, con quei suoi modi provocanti che cercavano di umiliarla ogni volta, che cercavano con morbosità solo il sesso, fingendo non ci fosse altro, cercando di portare al nulla il loro rapporto.

Liz sorrise vedendo quanta frustrazione stava provocando. Osservò il corpo dell'amica nelle proprie forme e una forte scarica le passò lungo le ossa, risvegliando la sua voglia.
Scopare con Dayana si rivelava un'impresa impossibile, tanto da essere diventato il suo sogno erotico.

«Perché sei maledettamente sexy.» il ghigno sulla sua faccia non tardò il proprio ingresso spudorato, alla ricerca di un punto debole da varcare.
La sua voce roca, avrebbe voluto farle sentire tutto il proprio desiderio, mentre si protendeva alla ricerca del suo tocco.

Dayana la guardò arrossendo a quel complimento, ma stringendo i denti dalla rabbia alla sensazione del calore sulle guance. Sicura del fatto che Jade sapesse come quelle parole la colpissero, certa di essere solo un oggetto di desiderio e divertimento.
«Oppure perché sei maledettamente disperata...» rispose scocciata senza pensarci, o meglio, pensando esattamente ciò che disse.

Il sorriso della tentatrice si disintegrò sul suo volto. Il suo orgoglio colpito, affondò con fracasso, facendola infuriare.
«Vaffanculo!» urlò sconcertata da quel brusco rifiuto, tornando al proprio posto, tornando a sé.

La scura si dannò per essere stata impulsiva, ricordando il proprio scopo. Non doveva allontanarla. Doveva parlarci, farla riflettere.
«Scusa, scusami Liz.  Non volevo dirlo ad alta voce. È che... quando fai così mi fai incazzare.» prese un profondo respiro per calmarsi, sedendosi sul materasso.

Jade si chiuse a riccio e Dayana lo percepì. Lo vide nel suo sguardo scaltro e nascosto, nella sua postura chiusa ed accasciata.
In un'attimo Liz era tornata distante, era lì a qualche spanna da lei, ma già non la sentiva più.

West premette le mani sul materasso per alzarsi. Non aveva più alcun motivo per voler continuare quella conversazione, ma sentendo il corpo pesante trattenerla a letto, decise di prendersi un attimo.

«Senti vai a farti fottere.» borbottó dandole le spalle, senza degnarla di uno sguardo. Dayana non avrebbe dovuto permettersi di dire quelle cose. Tutti la desideravano, sicuramente Day era una stupida a non capirlo, ma prima o poi l'avrebbe fatta ricredere.
I brividi del pavimento ghiacciato le morsero i piedi quando li posò a terra.

La scura pensó che Liz pareva una bambina offesa. La trovò insopportabilmente debole. Senza dire nulla sospirò, stava per lasciar perdere e sopprimere quel miscuglio di ingiustizie e pensieri, perché era troppo.
Perché sapeva che Jade dopo una notte del genere non avrebbe retto, non dopo che l'aveva rifiutata per l'ennesima volta, non dopo che le aveva dato della disperata.
Non avrebbe retto una sola parola.

Eppure, per la prima volta decise di parlare, di dare vita ai propri pensieri, perché se lo avesse fatto prima forse le cose non sarebbero andate così.

«Elizabeth ti rendi conto che ogni volta che ne hai l'occasione ci provi spudoratamente con me? Anzi no. Non ci provi, diventi molesta e cerchi proprio di portarmi a letto. Io dico; ma ti sembra normale? Sono tua amica da una vita, se non come tua amica, per lo meno, dovresti vedermi come la migliore amica della tua ex.
Io ti voglio bene, e tu?  Tu cerchi di rovinare di continuo il nostro rapporto. Cerchi un modo per... non lo so, per fottermi!
Quando, Cristo, io sto chiedendo non che mi riconosci ciò che faccio per te. No, sarebbe troppo, eh...» fastidiosa ironia che West non apprezzó, si morse il labbro per zittirsi.

«Chiedo solo un po' di rispetto.
Solo quel che basta per non essere vista come una qualsiasi di quelle che ti vuoi scopare.» Dayana fece un profondo respiro per calmarsi.
Era arrabbiata, tutte quelle parole non erano mai venute fuori, e ora che le sentiva si rendeva conto di quanto pesassero e di come sputarle la facesse sentire leggera.

Al contrario West rimase immobile.
Qualcosa dentro di lei implose, per poi esplodere e travolgerla.
Era quello, che Day pensava? Tanto valeva, perché a lei non fregava un cazzo.
Il pensiero di Adel le diede la nausea, era sicura che l'avesse infilata dentro al discorso per dispetto e ciò la fece infuriare, ma non era così arrabbiata da urlare, non voleva perdere il controllo.

Poteva vincere a parole. Poteva schiacciarla così, come faceva con tutti. Umiliando a logica.

La mora si alzò e girandosi verso l'amica, con il letto a separarle, sfoggiò una maschera impassibile, contornata da un sorriso divertito, superficiale.

«Che c'entra Adel ora? Eh? Quindi se lei ha deciso di abbandonarmi, anzi no, di abbandonarci, secondo te, io ne devo pagare il prezzo? Che cazzo di problemi hai te!
Io ti faccio dei complimenti e tu mi aggredisci, manco ti avessi insultato, quando poi sei tu quella che vuole litigare.
Renditi conto del tuo atteggiamento e di ciò che fai passare: se ti scaldi e vorresti fottermi, ma il tuo spirito da santarellina te lo impedisce non prendertela con me. È colpa tua.Tu crei queste situazioni. Tu sei aggressiva e ambigua.
Tu decidi di starmi dietro, di preoccuparti, di dormire nel mio letto. Porca troia, sei sicura che il problema sia io e non il fatto che mi vuoi?» West dosó ogni parola in modo fosse il giusto passiva aggressiva.

Le veniva facile rigirare le cose a proprio comodo, con cinismo. Sperò che Dayana non mettesse altra benzina sul fuoco. Non voleva incazzarsi davvero e stava cercando in tutti i modi di trattenersi, ma la cattiveria non poteva fare a meno che sfilarle sulla lingua.

Dayana non poté credere a quello che stava sentendo. Il suo volto si gonfiò di sgomento.
L'ultima frase bruciò nelle sue orecchie.
Che fosse o no, attratta da West non era una cosa importante.

«Adesso mi incazzo Elizabeth. Non provare a rigirare le cose. Ma... io non ci credo!
Non provare nemmeno a darmi la colpa delle tue azioni. Hai proprio capito male.
Questo giochetto funzionerà con le donne che ti porti a letto, ma non pensare che basti così poco per fottermi il cervello. Non sono complimenti e non sono io che creo "queste situazioni".» fece le virgolette con le dita.
Elizabeth le rise in faccia, una risata divertita, come se tutto quello fosse uno spettacolino, come se non si fosse trattato della loro amicizia, come se la notte appena passata non fosse abbastanza.

Non sopportava di vedere West fare la sbruffona davanti ad un argomento così delicato. Come poteva essere una tale testa di cazzo? No, non poteva sopportarla. La rabbia la supplicò di parlare, di urlare la cruda verità.

«Sai cosa? Sai la verità?
La verità è che tu usi il sesso, Liz.
Tu usi il sesso in tutto, ovunque. Non ti capaciti di cosa sia un'amicizia perché il tuo unico modo per relazionarti con gli altri è controllandoli. Ed il miglior modo che hai per controllare le persone è scopandotele.
Perché l'unica cosa che sai fare è usare la sessualità per sentirti superiore, per intimidire, per sottomettere, per realizzare quel tuo minchia di delirio di onnipotenza.
Perché non c'è fiducia, non c'è altro in te, sei solo così... triste e sola.
Tu non ci provi nemmeno. Ti porti a questo con le tue mani. Rovini ciò che potrebbe essere amore e sessualità, riducendo il tutto ad uno strumento.

Mi scopavi e poi? Poi mi avresti umiliata? Mi avresti portata a letto quando più ne avevi voglia? Avresti usato la sessualità per zittirmi? Per deviarmi? Per controllare il mio pensiero e le mie parole? Per nutrire il tuo ego stracolmo di insicurezze? È così che fai, no?
Fai godere e poi usi qualcosa di naturale e bello come l'orgasmo, come se fosse un'arma.

Smettila Liz. Non funziona. Smettila di fare così con me, o meglio, con tutti nella tua vita.
Non ce n'è bisogno. Non devi, non ne hai bisogno. Fidati, almeno provaci. Io voglio solo aiutarti. Voglio solo un sacro santo rapporto d'amicizia. Posso volerti bene, ti voglio bene, senza volerti scopare.»

Liz rimase immobile.
Dayana non riusciva ad immaginare cosa potesse star pensando, o quale sarebbe stata la sua reazione.
Nel suo volto non traspariva alcuna emozione, ma almeno quel irritante sorriso era sparito.

Jade sentì un dolore atroce tra le costole. Non ci aveva mai pensato. Oppure sì?
Lo sapeva. Lo aveva sempre saputo, si conosceva, conosceva il mostro che era, ma non voleva affrontarlo. La cosa migliore era non pensarci. Non pensare a niente.
Lasciare che la rabbia di essere stata colpita nel profondo, parlasse per lei.
E la rabbia esplose, sulle note di quel "triste e sola" che aveva sempre negato.
Sul crollo dell'immagine di sé stessa, che davanti alle parole di Day rischiava di sgretolare.

Non poteva accettare di fidarsi, di non essere voluta, dopo una vita passata a controllare.
«Dayana, non me ne frega un cazzo.
Perché, quanto, come e con chi scopo sono solo cazzi miei, e se voglio fotterti è perché sei figa.
Non me ne frega un cazzo se questo deve rovinare il nostro rapporto. Non me ne frega un cazzo del nostro rapporto.
Io non ti ho mai voluto Dayana.
Io ti odio.
Perché sei l'unica cosa che mi lega a lei. Perché se tu fossi scomparsa come tutti gli altri, non avrei alcun problema con tutto questo. Mi sarei già scordata di lei. Mi sarei scordata di tutto. Ma tu rimani, tu continui a starmi addosso nonostante tutto questo casino ed io ti odio per questo.» le parole scendevano con rabbia, impetuose come lo scrosciare incontrollato di una cascata.

Di primo impatto Day sentì il colpo, ma si curò subito di allontanarsi dalle proprie emozioni, ricordandosi del comportamento vendicativo dell'amica, che le avrebbe detto qualsiasi cosa pur di ferirla in quel momento.

E poi sorrise, di un sorriso ferito, dolorante, ma vittorioso.
Lei lo sapeva che Liz aveva provato in tutti i modi a mandarla via, ma quella era l'amicizia per lei; era rimanere.
Era un bene che stesse dicendo quelle cose, nonostante fossero cattive nei suoi confronti, erano cose intime, che finalmente Liz stava lasciando uscire.
Senza accorgersene si stava aprendo, stava tirando fuori il malessere, la verità.

Nel momento in cui Jade vide il sorriso sul suo volto si maledì, capendo l'intento di Day. Sorrideva perché l'aveva fatta parlare delle proprie emozioni. Ci provava sempre.
Non voleva farle piacere, era incazzata, voleva solo farle male, ma soprattutto non voleva esporsi. Non avrebbe dovuto parlare senza pensare, ma era stata messa alle strette. Lei che stava sempre attenta a non dire mai la quel che provava, per non farsi conoscere, per non rischiare.

Mordendosi il labbro, come a dire a se stessa di tacere, riempì il petto d'orgoglio tornando al proprio apatico modo di (non) vivere le cose.
La sua maschera aveva ancora l'accenno di un ghigno.

Percepì l'istante in cui si perdeva nella crudeltà, nel cinismo, all'unico scopo di far soffrire. Non erano più le sue parole a fare male, era il male stesso a fare quelle parole e metterle sulla sua lingua.
«E comunque sì, ti avrei scopata, sottomessa, umiliata e ti avrei fatto godere così tanto che poi saresti venuta tu a pregarmi di fotterti ancora ed ancora.
Perché ti sarebbe piaciuto e non immagini quanto, oppure sì?
Lo so che ti piacerebbe. Lo immagini e lo desideri quanto me, che dico, più di me!
Per piacere. Dovresti vedere la faccia che fai ogni volta che ti dico che ti voglio. La tua voce dice di no, ma cazzo, il tuo corpo urla di sì e tu lo sai, lo sai meglio di me.
Sai di essere attratta da me.
Perché altrimenti saresti così interessata nello starmi accanto? Perché ti dovrebbe interessare con chi faccio sesso, come faccio sesso, perché faccio sesso?
Non è che il vero motivo per cui mi stai accanto è che, in realtà, non vedi l'ora di finire a letto con me?
Mi sembra ovvio… mi stai sempre attorno solo per provocarmi, sicura che sia io la disperata?
Sai, almeno io le cose le dico in faccia. Almeno io quando voglio scoparmi qualcuno lo dico. Pensa, lo ammetto pure a me stessa. Parli tanto di me, ma tu? Tu cosa hai fatto? Tu che nemmeno ammetti a te stessa che ad Adeline non è fregato un cazzo di te, che non sei riuscita a farla restare.
Io so chi sono. So cosa voglio, cosa sento.
Tu nemmeno riesci ad ammettere di volermi scopare. Di odiarmi per avertela rubata da sotto il naso. Di odiare Adeline. Di odiarti per non aver fatto nulla.
È inutile cercare di rimediare il tuo senso di colpa prendendoti cura di me ora.
Sei davvero così stupida o stai solo fingendo di non provare queste cose?» un ghigno stronzo comparve sul volto di Liz, felice di essere riuscita anche lei a giocare la carta di Adeline, sicura di aver fatto centro.

Dayana rimase senza parole.
Tutto quello era troppo, anche solo per sprecare energie per arrabbiarsi. Non riusciva a trovare parole per esprimere la propria delusione, non sapeva nemmeno da dove partire. Elizabeth aveva detto così tante cose sbagliate ed irrispettose da spiazzarla.
Sentirsi dire da un amica di essere solo qualcuno da scopare, da umiliare… Sentirsi incolpare di volerlo per giunta, quando lei stava ripetendo all'infinito di non volere quello.
Non c'entrava Adeline. Non avrebbe dovuto parlarne così, non era in grado di reggere un colpo basso del genere.

Dayana si passò una mano in faccia senza dire nulla. Liz non si mosse, ma sorrise compiaciuta dalla sua reazione.
«Senti, sai qual'è il problema Elizabeth?
Che io in questa discussione sto cercando di aiutarti, mentre tu stai solo cercando di vincere il tuo stupido gioco a chi fa più male.
Ma ti rendi conto cazzo? Ti rendi conto di quello che sei diventata?
Sei una cazzo di pedofilia, una stupratrice. Sei alla pari degli uomini che disprezzi ed odi tanto.
Ascoltati! Dici le stesse cose maschiliste, pensi al sesso nello stesso modo. Ti approfitti di ragazzine e te le porti a letto. E lo sai, lo sai benissimo che è violenza sessuale. Perché lo sai benissimo che il consenso di una persona minorenne, o di una persona che ha un ruolo subordinato al tuo non è valido, è forzato dal tuo ruolo. Sei da denuncia, cazzo! Sei fuori di testa.
E va bene, lo so che hai sofferto tanto. Lo so, ma questo non ti giustifica. Siamo tutti feriti a questo mondo, ma non possiamo diventare abusatori per questo. È ora che tu ti prenda le responsabilità del tuo schifo al posto di scaricarlo sugli altri. Perché è terribile, è disgustoso. Non so più come fartelo capire… Fatti un esame di coscienza e cresci. Hai completamente perso la testa. Hai bisogno di aiuto e non del mio, ma di quello di uno specialista. Mi sembra che il suicidio della tua alunna dica tutto, quindi...
Quando lo capisci chiamami. Io non ho bisogno di questa tua messa in scena.Voglio solo riavere indietro la mia Elizabeth… mi manca. Ci vediamo.»
Senza dire altro Dayana furiosa si alzò ed uscì con le proprie cose, senza posare la propria attenzione su Liz nemmeno per un attimo.

La stanza vuota le parve silenziosamente assordante.
'Terribile e disgustosa.' sentì echeggiare nei propri pensieri, Jade.

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